ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 52, comma 4,
lettere c)  e  d), comma 19 e comma 21, della legge 27 dicembre 2002,
n. 289  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale  dello  Stato  -  legge  finanziaria 2003) e dell'art. 3,
comma 32,  della  legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria   2004),   promossi   con   due   ricorsi  della  Regione
Emilia-Romagna  notificati  il  1 marzo  2003 ed il 24 febbraio 2004,
depositati  in  cancelleria  il  7 marzo  2003  e  il 4 marzo 2004 ed
iscritti  al n. 25 del registro ricorsi 2003 ed al n. 33 del registro
ricorsi 2004.
    Visti  gli  atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  12 ottobre  2004  il  giudice
relatore Piero Alberto Capotosti;
    Uditi  gli avv. Franco Mastragostino e Giandomenico Falcon per la
Regione  Emilia-Romagna e l'Avvocato dello Stato Giancarlo Mando' per
il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - La Regione Emilia-Romagna, con ricorso notificato il 1 marzo
2003  e  depositato  il  successivo 7 marzo 2003 (ed iscritto al reg.
ric.   n. 25  del  2003),  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 52,  comma 4,  lettere c)  e d), comma 19 e
comma 21,  della  legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2003),  in  riferimento  agli artt. 4, 41, 51, 97, 117 e
119, comma quarto, della Costituzione.
    1.1. -  La  Regione  censura, in primo luogo, l'art. 52, comma 4,
della  predetta  legge n. 289 del 2002 nella parte in cui, prevedendo
un  «adeguamento  del  finanziamento del Servizio sanitario nazionale
per gli anni 2003, 2004 e 2005» al quale le regioni potranno accedere
ad una serie di condizioni, creerebbe un meccanismo di «finanziamento
futuro»,   costringendo  le  regioni  ad  operare  in  condizioni  di
insufficienza   strutturale,   salvo   il   futuro   adeguamento  del
finanziamento,  in  contrasto  con  l'art. 119,  comma  quarto, della
Costituzione,  che prescrive che le risorse finanziarie delle regioni
devono  consentire di «finanziare integralmente le funzioni pubbliche
loro attribuite».
    La    predetta   norma   sarebbe,   inoltre,   costituzionalmente
illegittima   per   il   fatto   di   subordinare  l'adeguamento  del
finanziamento,  costituzionalmente  dovuto in relazione alle funzioni
obbligatorie,  a condizioni ed adempimenti di per se' illegittimi. In
particolare, il predetto art. 52, comma 4, lettera d), nella parte in
cui   impone  alle  Regioni  di  adottare  «provvedimenti  diretti  a
prevedere,   ai   sensi  dell'articolo 3,  comma 2,  lettera c),  del
decreto-legge    18 settembre    2001,    n. 347,   convertito,   con
modificazioni,  dalla  legge  16 novembre  2001, n. 405, la decadenza
automatica   dei   direttori   generali   nell'ipotesi   di   mancato
raggiungimento  dell'equilibrio  economico  delle aziende sanitarie e
ospedaliere, nonche' delle aziende ospedaliere autonome» violerebbe -
oltre  agli  artt. 4  e  51  della  Costituzione  per  la  soggettiva
privazione   del   lavoro   nell'amministrazione  -  l'art. 97  della
Costituzione,  prevedendo la rimozione sanzionatoria dalla carica per
il  puro  verificarsi  di circostanze oggettive, in assenza di alcuna
prova  o  riscontro  che  il  mancato  raggiungimento dell'equilibrio
economico  fosse  in  qualche  modo  evitabile  da parte dello stesso
direttore generale, e poi anche l'autonomia finanziaria e legislativa
regionale, spettando alla Regione, responsabile generale del Servizio
sanitario   ed   amministrazione   nominante,   la   valutazione  del
comportamento  del  direttore generale e del grado di responsabilita'
che    ad   esso   possa   imputarsi   nel   mancato   raggiungimento
dell'equilibrio economico.
    Anche  la  previsione  contenuta  nella  lettera c)  del medesimo
comma 4  dell'art. 52,  nella  parte  in  cui  impone alle Regioni lo
svolgimento,  «senza  maggiori  oneri  a  carico  del  bilancio dello
Stato»,  degli accertamenti diagnostici «in maniera continuativa, con
l'obiettivo  finale  della  copertura  del  servizio nei sette giorni
della   settimana»   recherebbe   vulnus   all'autonomia  legislativa
regionale,  in  quanto  «anziche' limitarsi a fissare un principio in
termini  di risultato, che le Regioni rimangono libere di raggiungere
secondo le proprie scelte organizzative» conterrebbe la previsione di
misure puramente organizzative.
    La  ricorrente  censura inoltre il comma 19 del medesimo art. 52,
nella  parte in cui, limitando alla «misura massima del cinquanta per
cento  di quelli notificati al Ministro della salute nell'anno 2003 o
autorizzati ai sensi del comma 7 del citato articolo» la possibilita'
per    le    imprese   farmaceutiche   titolari   dell'autorizzazione
all'immissione   in   commercio   di  medicinali  «di  organizzare  o
contribuire  a  realizzare  mediante finanziamenti anche indiretti in
Italia  o  all'estero  per  gli  anni 2004,  2005  e  2006 congressi,
convegni o riunioni ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo
30 dicembre  1992,  n. 541,  e  successive modificazioni», violerebbe
l'autonomia   organizzativa   del  servizio  sanitario  e  la  stessa
autonomia  privata  ed  iniziativa  economica  privata,  ed  inoltre,
esonerando  dalla  predetta  limitazione  «gli  eventi  espressamente
autorizzati dalla Commissione nazionale per la formazione continua di
cui  all'articolo 16-ter  del  decreto  legislativo 30 dicembre 1992,
n. 502,    e   successive   modificazioni»,   lederebbe   l'autonomia
legislativa  delle Regioni interessate dallo svolgimento dell'evento,
spettando  solo alle medesime la valutazione e l'autorizzazione degli
eventi sottratti a tale limitazione.
    La   Regione   Emilia-Romagna   impugna   altresi'   il  comma 21
dell'art. 52, deducendo che tale disposizione, nella parte in cui non
prevede  alcuna  forma  di  «codecisione» delle regioni ne' in ordine
alla  localizzazione  del Centro nazionale di adroterapia oncologica,
al  quale  e'  assegnato  l'importo  di  cinque  milioni  di euro per
l'anno 2003 e di dieci milioni di euro per ciascuno degli anni 2004 e
2005,  ne'  in  ordine all'attivita' che esso e' chiamato a svolgere,
sarebbe  lesiva  della  competenza regionale in materia di assistenza
sanitaria.
    1.2.  - Nel giudizio si e' costituito il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  -  sia nell'atto di costituzione che nella memoria
depositata  nell'imminenza  dell'udienza  pubblica  -  il rigetto del
ricorso.
    La  difesa  erariale  deduce  che, quanto al comma 4 del predetto
art. 52,  la disposizione censurata non farebbe altro che specificare
gli  adempimenti  cui  sono  tenute  le  Regioni ai fini dell'accesso
all'adeguamento  del  finanziamento  del Servizio sanitario nazionale
(per  gli  anni 2002,  2003  e  2004),  in  attuazione  degli accordi
intervenuti  tra  lo  Stato  e  le  Regioni  in  sede  di  Conferenza
permanente    Stato-Regioni-Province    autonome,    con   l'espressa
previsione,  in  particolare,  dell'adozione  di  iniziative  volte a
promuovere   la   decadenza  dei  direttori  generali  delle  aziende
sanitarie  locali,  in  quanto  nella specie sussistano i presupposti
della  misura sanzionatoria; quanto al comma 19 del medesimo art. 52,
la  limitazione  ivi  disposta risponderebbe ad evidenti finalita' di
moralizzazione  e  di contenimento delle forme di finanziamento anche
indiretto  di  convegni e congressi da parte di imprese farmaceutiche
titolari di autorizzazione all'immissione in commercio di medicinali,
senza  che da cio' derivi una limitazione all'autonomia organizzativa
del  servizio  sanitario  o  della  stessa autonomia privata; quanto,
infine,  al  comma 21 dello stesso art. 52, non sarebbe comprensibile
per  quale  motivo l'erogazione di un contributo da parte dello Stato
al  Centro  nazionale di adroterapia oncologica - gia' istituito come
ente  non  commerciale  dotato  di  personalita' giuridica di diritto
privato  dall'art. 92 della legge n. 388 del 2000, da un ente privato
(una  Fondazione)  che  ha  dato  inizio  all'attuazione del relativo
progetto  -  dovrebbe  «passare  attraverso  una  codecisione  con le
Regioni».
    2.  -  Con ricorso notificato il 24 febbraio 2004 e depositato il
successivo  4 marzo 2004 (ed iscritto al reg. ric. n. 33 del 2004) la
Regione   Emilia-Romagna   ha  sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 3,  comma 32, della legge 24 dicembre 2003,
n. 350  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2004) in riferimento agli
artt. 4, 51, 97, 117 e 119 della Costituzione.
    2.1.  -  La  Regione  Emilia-Romagna  deduce  che la disposizione
impugnata  non  fa  che  ribadire  ed ampliare alcune delle misure di
«razionalizzazione»  della  spesa  sanitaria  introdotte  dalla legge
finanziaria  2003  (legge  n.289  del  2002)  in  specie all'art. 52,
comma 4, gia' oggetto del ricorso da parte della medesima ricorrente,
alterando  ulteriormente  l'assetto  dei  rapporti  tra lo Stato e le
Regioni  consensualmente  stabilito  come metodo di razionalizzazione
della spesa sanitaria.
    La  Regione  pertanto  ribadisce  le  censure gia' sollevate, nel
ricorso n. 25 del 2003, nei confronti dell'art. 52, comma 4, al quale
la  norma  censurata fa riferimento nell'identificare gli adempimenti
posti  a  carico delle Regioni cui viene condizionato l'accesso delle
medesime  Regioni  al finanziamento integrativo previsto dall'Accordo
dell'8 agosto  2001,  rilevando  che alcuni di tali adempimenti, come
l'obbligo  di introdurre norme che comportano la decadenza automatica
dei direttori generali, corrisponderebbero a misure non configurabili
come   «principi  fondamentali  della  materia»,  non  essendo  norme
inderogabili,   ma   «condizioni»   per   l'accesso  ad  integrazioni
finanziarie,  mentre  altri,  come,  ad  esempio,  l'imposizione alle
Regioni  del  compito  di  rafforzare  i  servizi  diagnostici  senza
maggiori oneri a carico dello Stato, non potrebbero prospettarsi come
parte della definizione dei livelli essenziali di assistenza, essendo
incompatibile  con  il quadro costituzionale in cui si inseriscono le
garanzie  dell'autonomia  finanziaria  regionale che lo Stato imponga
alle Regioni l'esercizio di funzioni senza finanziarle.
    2.2.  - Nel giudizio si e' costituito il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  -  sia nell'atto di costituzione che nella memoria
depositata  nell'imminenza dell'udienza pubblica - che il ricorso sia
dichiarato in parte inammissibile e comunque infondato.
    3.  -  All'udienza pubblica la difesa erariale ha insistito nelle
conclusioni  rassegnate  nelle  difese  scritte,  mentre  la  Regione
Emilia-Romagna ha insistito nelle conclusioni rassegnate nelle difese
scritte   ad   eccezione   delle   censure  sollevate  nei  confronti
dell'art. 52, comma 21, della legge n. 289 del 2002.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Le  questioni  di  legittimita'  costituzionale sono state
promosse   con   i   ricorsi   indicati  in  epigrafe  dalla  Regione
Emilia-Romagna  nei  confronti  dell'art. 52, comma 4, lett. c) e d),
comma 19   e   comma 21,   della   legge   27 dicembre  2002,  n. 289
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato  - legge finanziaria 2003) e dell'art.3, comma 32, della
legge  24 dicembre  2003,  n.350  (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2004),
in  riferimento  agli  artt. 4,  41, 51, 97, 117 e 119, comma quarto,
della Costituzione.
    La   ricorrente   denuncia,  in  riferimento  ai  vari  parametri
indicati,   svariati   vizi   delle   norme   oggetto   dei  ricorsi,
principalmente   sotto   i   profili   della  lesione  dell'autonomia
finanziaria  e  legislativa  regionale  in  materia  di sanita'. Tale
lesione  sarebbe determinata, ad avviso della ricorrente, per effetto
della  previsione  della  subordinazione  dell'accesso  delle Regioni
all'adeguamento  del  finanziamento  del servizio sanitario nazionale
per  gli  anni 2003,  2004  e  2005,  in primo luogo, all'adozione di
provvedimenti   diretti  a  prevedere  la  decadenza  automatica  dei
direttori    generali    nell'ipotesi   di   mancato   raggiungimento
dell'equilibrio  economico  delle  aziende  sanitarie ed ospedaliere,
nonche'  delle  aziende ospedaliere autonome (art. 52, comma 4, lett.
d),  della  legge  n. 289  del  2002 ed art. 3, comma 32, della legge
n. 350 del 2003) - disposizione questa censurata anche in riferimento
agli  artt. 4  e  51 della Costituzione per la «soggettiva privazione
del  lavoro nell'amministrazione» ed in riferimento all'art. 97 della
Costituzione  per  la  previsione della rimozione sanzionatoria dalla
carica  per  il  puro  verificarsi  di circostanza oggettive - ed, in
secondo luogo, allo svolgimento, «senza maggiori oneri a carico dello
Stato»,  degli accertamenti diagnostici «in maniera continuativa, con
l'obiettivo  finale  della  copertura  del  servizio nei sette giorni
della  settimana» (art. 52, comma 4, lett. c), della legge n. 289 del
2002  ed  art. 3, comma 32, della legge n. 350 del 2003). La predetta
lesione  dell'autonomia  regionale  sarebbe  determinata  - ad avviso
della   ricorrente   -  anche  per  effetto  della  previsione  della
limitazione  della  possibilita'  per  le  imprese  farmaceutiche  di
«organizzare  o contribuire a realizzare mediante finanziamenti anche
indiretti  in  Italia  o  all'estero  per gli anni 2004, 2005 e 2006,
convegni, congressi o riunioni» alla misura massima del 50% di quelli
notificati  al  Ministero  della  salute nell'anno 2003 o autorizzati
dallo stesso Ministero - ritenuta lesiva anche dell'autonomia privata
e   della   iniziativa   economica   privata  -  e  della  previsione
dell'esonero   dalla   predetta   limitazione   per  i  soli  «eventi
espressamente   autorizzati   dalla   Commissione  nazionale  per  la
formazione  continua  di  cui all'art. 16 ter del decreto legislativo
n. 502 del 1992» (art. 52, comma 19, della legge n. 289 del 2002). Un
ulteriore  vulnus della competenza regionale in materia di assistenza
sanitaria   deriverebbe,   infine,   ad   avviso   della  ricorrente,
dall'art. 52,  comma 19,  della  citata  legge  n.289  del  2002, per
effetto  della  mancata  previsione in esso di forme di «codecisione»
della  Regione  in  ordine  alla  localizzazione  ed allo svolgimento
dell'attivita' del Centro nazionale di adroterapia oncologica.
    2.  - In via preliminare va disposta la riunione dei giudizi che,
avendo  ad oggetto disposizioni legislative sostanzialmente omogenee,
censurate in riferimento agli stessi parametri costituzionali e sotto
profili coincidenti, possono essere decisi con un'unica pronuncia.
    3.  -  Tra  gli interventi nel settore finanziario disposti dalla
legge  27 dicembre  2002, n. 289 (legge finanziaria 2003) e' prevista
una  serie  di  adempimenti  cui  sono  tenute  le  Regioni  «ai fini
dell'accesso all'adeguamento del finanziamento del servizio sanitario
nazionale  per  gli  anni 2003,  2004 e 2005». Tali adempimenti vanno
considerati   nel   quadro  della  competenza  legislativa  regionale
concorrente  in  materia di tutela della salute (cfr. sentenza n. 329
del  2003)  e specialmente nell'ambito di quegli obiettivi di finanza
pubblica  e  di contenimento della spesa, al cui rispetto sono tenute
Regioni  e  Province  autonome,  ai  sensi  di  una  lunga  serie  di
disposizioni di carattere legislativo e pattizio tra Stato e Regioni,
le  quali stabiliscono progressivi «adeguamenti» del concorso statale
nel  finanziamento della spesa sanitaria a fronte della realizzazione
da  parte  delle  Regioni di determinati impegni di razionalizzazione
nel  settore in oggetto. Per le Regioni eventualmente inadempienti e'
previsto  il  ripristino  del precedente livello di finanziamento. In
questa  ottica  di  regolazione  dei rapporti tra Stato e Regioni nel
settore sanitario vanno dunque esaminate le censure prospettate dalla
Regione ricorrente nel ricorso n. 25 del 2003.
    3.1.  - La prima doglianza riguarda l'intero comma 4 dell'art. 52
della  predetta  legge  n. 289  del  2002,  il  quale,  prevedendo un
adeguamento  del  finanziamento  del servizio sanitario nazionale per
gli   anni 2003,   2004,   2005,  cui  le  Regioni  possono  accedere
subordinatamente  a  specifici  adempimenti  e condizioni, lederebbe,
secondo   la  ricorrente,  l'autonomia  regionale,  determinando,  in
violazione  dell'art. 119,  comma  quarto,  della  Costituzione,  uno
«squilibrio  strutturale»  tra risorse finanziarie ed obbligazioni di
spesa  delle  Regioni,  incompatibile con il principio dell'integrale
finanziamento delle funzioni pubbliche attribuite alle Regioni.
    La questione non e' fondata.
    Al    rigetto    della    censura    si    perviene    attraverso
un'interpretazione  delle  norme  in  esame, che tenga essenzialmente
conto,  nella  valutazione  del rispetto del riparto di competenze in
materia  di  tutela  della salute, del complessivo quadro normativo e
delle  relazioni  tra  Stato e Regioni ai fini del contenimento della
spesa  sanitaria  e  degli  oneri  a  carico  del  servizio sanitario
nazionale.
    Ed invero, nell'accordo tra Governo e Regioni e province autonome
dell'8 agosto  2001  -  finalizzato  a definire «un quadro stabile di
evoluzione  delle  risorse  pubbliche  destinate al finanziamento del
servizio sanitario nazionale che, tenendo conto degli impegni assunti
con  il  patto  di  stabilita'  e  crescita,  consenta di migliorarne
l'efficienza   razionalizzando   i   costi»   --   lo  Stato  si  era
espressamente  impegnato  ad  integrare,  nei  termini  fissati nello
stesso    accordo,    il    finanziamento    del   servizio   stesso,
condizionatamente  all'adozione  di una serie di adempimenti da parte
delle  Regioni,  al  fine  di  conseguire  la  migliore  efficienza e
qualita'  del servizio sanitario (punti nn. 2 e 15). Il decreto-legge
18 settembre 2001, n. 347, convertito nella legge n. 405 del 2001, ha
poi  stabilito che l'ammontare delle spese per l'assistenza sanitaria
restava  regolato  nei  predetti  termini  sino al 2004, nel rispetto
degli obiettivi di programmazione sanitaria e di risparmio. L'art. 40
della  legge  28 dicembre  2001,  n. 448  ha  quindi  disposto che il
mancato  rispetto  di  tali  adempimenti  comportava  per  la Regione
inadempiente il ripristino del livello di finanziamento stabilito nel
precedente   accordo   del   3 agosto   2000.   Infine  l'art. 4  del
decreto-legge  15 aprile  2002,  n. 63, convertito nella legge n. 112
del  2002, ha esteso l'applicabilita' del sistema previsto dal citato
art. 40 della legge n. 448 agli anni 2002, 2003 e 2004. E' inoltre da
ricordare  che,  anche  dopo  l'entrata  in vigore del nuovo Titolo V
della  Costituzione,  si  e'  proceduto all'approvazione, in linea di
continuita' con la precedente disciplina, degli ulteriori accordi del
24 luglio  2003  e  del  29 luglio  2004,  di  attuazione  del  Piano
sanitario nazionale 2003-2005.
    La  disposizione in esame va dunque inserita in questo articolato
quadro   normativo,   dal   quale   emerge   costante   il  carattere
«incentivante»  del  finanziamento  statale ai fini del conseguimento
degli   obiettivi   di   programmazione   sanitaria  e  del  connesso
miglioramento del livello di assistenza. Anche in questa circostanza,
infatti,   gli   ulteriori   adempimenti   richiesti   alle   Regioni
costituiscono  condizione  necessaria  per «l'accesso all'adeguamento
del finanziamento del s.s.n.», in conformita' al consolidato schema -
perdurando l'attuale regime transitorio di applicazione dell'art. 119
della  Costituzione  (cfr.  sentenza n. 36 del 2004) - di regolazione
finanziaria  tra Stato e Regioni nel settore sanitario, cosicche' non
risulta,  sotto  questo  profilo,  alcun  contrasto  con  la predetta
disposizione costituzionale.
    4.  -  La  seconda  censura  concerne  in  particolare l'art. 52,
comma 4,  lettera c), della stessa legge n. 289 del 2002, nella parte
in cui subordina l'accesso delle Regioni al finanziamento integrativo
alla condizione che siano eliminate o significativamente contenute le
liste  di  attesa,  mediante  lo  svolgimento,  presso  gli  ospedali
pubblici,  degli  accertamenti  diagnostici  in maniera continuativa,
fino  alla copertura del servizio per i sette giorni della settimana.
Tale norma, secondo la Regione ricorrente, sarebbe costituzionalmente
illegittima, in quanto violerebbe la competenza legislativa regionale
in  materia,  stabilendo  misure  meramente  organizzative,  anziche'
«limitarsi a fissare un principio in termini di risultato».
    La questione non e' fondata.
    Innanzi  tutto  va rilevato che la previsione della legge statale
concernente   «adeguate   iniziative»   regionali   per  favorire  lo
svolgimento   continuativo   degli  accertamenti  diagnostici  «nella
prospettiva dell'eliminazione o contenimento delle liste di attesa» e
«con l'obiettivo finale della copertura del servizio nei sette giorni
della  settimana» non impone affatto obblighi lesivi della competenza
legislativa  regionale,  ma  costituisce proprio la prefissione di un
principio  in  termini di risultato, che lascia alla discrezionalita'
delle  Regioni  la scelta delle misure organizzative piu' appropriate
per  la  realizzazione  degli scopi indicati. E' infatti evidente che
l'individuazione  delle prestazioni essenziali, cui hanno diritto gli
assistiti  del  servizio  sanitario  nazionale, rientra tra i compiti
specifici  del  legislatore e della programmazione statali, anche per
rendere  confrontabili,  nell'ambito  dell'unitarieta'  del  servizio
sanitario, le prestazioni rese (sentenze n. 507 e n. 63 del 2000).
    Ne',  d'altra  parte,  la  norma  impugnata  vincola  l'autonomia
regionale  nel  settore  dell'organizzazione  sanitaria.  Ed infatti,
tenendo presente (cfr. sentenza n. 88 del 2003) il ruolo determinante
assunto  dagli  accordi in materia, va ricordato che sia nell'accordo
del  14 febbraio  2002,  cui  ha  fatto seguito il d.P.C.m. 16 aprile
2002,  recante  «linee  guida  sui criteri di priorita' per l'accesso
alle  prestazioni  diagnostiche e terapeutiche e sui tempi massimi di
attesa»,  sia  nell'accordo  dell'11 luglio  2002  sulle modalita' di
accesso  alle  prestazioni diagnostiche e indirizzi applicativi sulle
liste  di  attesa,  sono  state  previste,  in  attuazione  di quanto
disposto  dal  citato  decreto-legge  n. 347  del  2001 in materia di
livelli essenziali di assistenza, ai sensi dell'art. 3, comma 10, del
decreto   legislativo   n. 124   del   1998,  iniziative  dirette  al
conseguimento  di tali obiettivi, senza maggiori oneri per lo Stato e
neppure  per  le  Regioni,  dovendosi fare fronte a tali spese con il
recupero di risorse inutilizzate e conseguenti forme di risparmio.
    5. - La terza censura ha ad oggetto il medesimo art. 52, comma 4,
lettera d)  della  stessa  legge  n. 289 del 2002, nella parte in cui
subordina  l'accesso  delle  Regioni al finanziamento integrativo del
servizio  sanitario  nazionale  alla  condizione  che  esse  adottino
provvedimenti   diretti  a  prevedere  la  decadenza  automatica  dei
direttori    generali    nell'ipotesi   di   mancato   raggiungimento
dell'equilibrio  economico  delle  aziende  sanitarie ed ospedaliere.
Tale norma sarebbe, secondo la Regione ricorrente, costituzionalmente
illegittima   per   la   violazione   degli  artt. 117  e  119  della
Costituzione,   in   quanto   lesiva   dell'autonomia  legislativa  e
finanziaria regionale, nonche' per il contrasto con gli artt. 4, 51 e
97  della  Costituzione,  a  causa  della  «soggettiva privazione del
lavoro   nell'amministrazione»  e  della  previsione  di  una  misura
sanzionatoria     incompatibile     con     il     buon     andamento
dell'amministrazione.
    La questione e' in parte inammissibile ed in parte infondata, nei
termini di seguito specificati.
    In  riferimento  ai profili di preteso contrasto con gli artt. 4,
51  e  97  della  Costituzione,  la  questione non e' ammissibile, in
quanto   investe   parametri   costituzionali,  che  non  riguardano,
direttamente  o  indirettamente,  la  tutela della sfera di autonomia
regionale (cfr. sentenze n. 345 e n. 196 del 2004).
    Per quanto invece concerne gli altri profili, va ricordato che la
misura  della  decadenza  dei  direttori  generali  delle  aziende in
oggetto  e'  piuttosto  «risalente»  nella  legislazione  statale. Ed
infatti,   gia'   nell'art. 3,   comma 6,   del  decreto  legislativo
30 dicembre  1992, n. 502 come modificato dal d.P.R. 7 dicembre 1993,
n. 517,  e' stato previsto che, nel caso in cui «la gestione presenti
una situazione di grave disavanzo», la Regione «risolve» il contratto
con  il direttore generale «dichiarandone la decadenza» e provvedendo
alla  sua sostituzione. Inoltre va ricordato che, in riferimento alla
competenza   delle   Regioni,   prevista   dall'art. 32  della  legge
27 dicembre   1997,   n. 449,   ad   individuare  «le  modalita'  per
l'attribuzione  delle  diverse  responsabilita' ai direttori generali
(...)   per  l'adempimento  degli  obblighi  derivanti  alle  aziende
sanitarie»,   questa  Corte,  nella  sentenza  n. 507  del  2000,  ha
affermato   che  i  meccanismi  «sanzionatori»  di  tipo  finanziario
intercorrenti  nel settore tra Stato e Regioni comportano che ad esse
spettino  il  compito  e  la  responsabilita'  di utilizzare i propri
poteri  di  riparto  per  «trasferire»  la eventuale «sanzione» dello
Stato  a  livello  delle  singole aziende, oltre che per «azionare la
responsabilita'   dei   direttori   generali».   Successivamente   il
richiamato decreto-legge n. 347 del 2001, come convertito nella legge
n. 405  del  2001,  all'art. 3,  comma 2,  lettera c),  ha confermato
questa  forma  di responsabilita', stabilendo che le Regioni adottano
le  disposizioni  necessarie  per «determinare le misure a carico dei
direttori    generali    nell'ipotesi   di   mancato   raggiungimento
dell'equilibrio economico».
    Si  tratta  dunque di una misura sanzionatoria, nell'ambito della
responsabilita'  dei  predetti  direttori  generali, ricorrente nella
legislazione  e  che  ha  gia'  superato,  nella  sua  configurazione
essenziale,  il  vaglio  di  costituzionalita'.  Peraltro,  la  norma
impugnata,  che  prescrive  l'adozione,  da  parte  delle Regioni, di
«provvedimenti»  diretti  a  prevedere  la «decadenza automatica» dei
direttori    generali    nell'ipotesi   di   mancato   raggiungimento
dell'equilibrio  economico,  non  puo' essere considerata, per il suo
tenore  letterale, come impositiva di un obbligo cogente, che elimini
in  materia  ogni  spazio  di  autonomia legislativa ed organizzativa
regionale.  Ed invero, criteri interpretativi sistematici, nonche' il
puntuale   richiamo   al   citato  art. 3,  comma 2,  lettera c)  del
decreto-legge  n. 347 del 2001, inducono a ritenere -- in concordanza
con  l'opinione  dell'Avvocatura  dello  Stato  -- che al legislatore
regionale competa comunque determinare i presupposti sostanziali e le
forme procedimentali per infliggere la predetta sanzione ai direttori
generali.  Pertanto  la norma in esame deve essere letta come recante
un principio che «sollecita» le Regioni a configurare, per le ipotesi
di  mancato  conseguimento  dell'equilibrio  economico  delle aziende
sanitarie,  un'apposita  disciplina  relativa  all'irrogazione  della
misura della decadenza dei rispettivi direttori generali. Non risulta
quindi fondata la prospettata censura.
    6.  -  La  quarta  censura  ha  ad  oggetto  il medesimo art. 52,
comma 19,  della  legge n. 289 del 2002, nella parte in cui la stessa
norma   limita  la  possibilita'  per  le  imprese  farmaceutiche  di
contribuire  ad  organizzare, mediante finanziamenti anche indiretti,
convegni,  congressi  o  riunioni,  nella  misura  massima del 50% di
quelli  notificati  al  Ministro  della  salute,  esonerando  da tale
limitazione   solo   gli   eventi   espressamente  autorizzati  dalla
Commissione  nazionale per la formazione continua. Tale norma sarebbe
in  contrasto con l'autonomia privata e di iniziativa economica delle
imprese  farmaceutiche,  oltre che con «l'autonomia organizzativa del
servizio sanitario».
    La questione e' in parte inammissibile ed in parte infondata.
    Premesso  che  sono inammissibili le pretese lesioni di parametri
costituzionali che non riguardano la sfera di attribuzioni regionali,
va  ricordato che l'art. 12 del decreto legislativo 30 dicembre 1992,
n. 541,  cosi'  come  modificato  dall'art. 48,  comma 23,  del  d.l.
30 settembre  2003,  n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003,
n. 326,   stabilisce   che   ogni   impresa   farmaceutica,  titolare
dell'autorizzazione  all'immissione  in  commercio di medicinali, nel
caso   in   cui  organizzi  o  contribuisca  a  realizzare,  mediante
finanziamenti  anche  indiretti,  convegni  o  congressi su tematiche
attinenti  all'impiego di medicinali deve farne comunicazione, per il
parere   favorevole,  sentita  la  Regione  interessata,  oppure  per
l'espressa  autorizzazione  -  a seconda delle ipotesi - al Ministero
della salute.
    La   norma   in   esame   contiene   dunque   un   principio   di
razionalizzazione  e  contenimento  della spesa farmaceutica a carico
del  servizio  sanitario  nazionale,  dato  il concreto rischio che i
predetti  oneri  organizzativi  delle  imprese  farmaceutiche possano
trasferirsi  sui  prezzi anche dei medicinali forniti dalle stesse al
servizio  sanitario,  con  conseguente  aumento  dei  costi  da  esso
sopportati.  In  ogni  caso, le eventuali limitazioni alle iniziative
«promozionali»  delle  imprese farmaceutiche non possono pregiudicare
in alcun modo l'autonomia organizzativa della Regione ricorrente.
    7.  -  Per quanto riguarda infine la censura relativa al comma 21
del medesimo art. 52 della legge n. 289 del 2002, va osservato che la
difesa  della  ricorrente,  in  sede  di  discussione orale, ha fatto
presente  che,  in  considerazione  della natura giuridica del Centro
nazionale   di  adroterapia  oncologica,  la  Regione  Emilia-Romagna
sostanzialmente  rinunciava  al  prospettato  motivo  di  ricorso. La
questione  di  legittimita' costituzionale relativa a questo comma e'
pertanto inammissibile per difetto d'interesse della ricorrente.
    8.  -  Da ultimo, va esaminato il ricorso n. 33 del 2004, con cui
la  Regione  Emilia-Romagna  solleva in via principale, sotto diversi
profili,  la  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 3,
comma 32,  della  legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2004),  in  riferimento  agli artt. 4, 51, 97, 117 e 119
della Costituzione.
    Secondo  la  ricorrente  la disposizione impugnata essenzialmente
reitera  e  ribadisce  alcune  delle  misure di «razionalizzazione» e
contenimento  della  spesa  sanitaria  gia'  stabilite  dall'art. 52,
comma 4,  della legge n. 289 del 2002, cosicche' nel ricorso in esame
vengono   sostanzialmente  riprodotte  le  argomentazioni  addotte  a
sostegno  delle  censure  gia' formulate nel precedente ricorso n. 25
del 2003. Di conseguenza sono pienamente riferibili alla questione di
legittimita'  costituzionale  concernente il citato art. 3, comma 32,
della  legge  n. 350  del 2003 le motivazioni che hanno condotto alla
pronuncia  di  infondatezza in ordine ai diversi profili del predetto
art. 52, comma 4, della citata legge n. 289 del 2002.