ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi di legittimita' costituzionale della legge della Regione
Sardegna 3 luglio 2003, n. 8 (Dichiarazione della Sardegna territorio
denuclearizzato); dell'art. 1, commi 1 e 2, della legge della Regione
Basilicata  21 novembre  2003,  n. 31 (Modifiche ed integrazioni alla
legge  regionale  31 agosto  1995,  n. 59); della legge della Regione
Calabria   5 dicembre   2003,  n. 26  (Dichiarazione  della  Calabria
denuclearizzata.  Misure di prevenzione dall'inquinamento proveniente
da  materiale  radioattivo.  Monitoraggio e salvaguardia ambientale e
salute  dei  cittadini),  del  decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314
(Disposizioni   urgenti   per   la  raccolta,  lo  smaltimento  e  lo
stoccaggio,   in   condizioni   di  massima  sicurezza,  dei  rifiuti
radioattivi)  e della relativa legge di conversione 24 dicembre 2003,
n. 368  promossi  con  tre  ricorsi  del Presidente del Consiglio dei
ministri  e  con  un  ricorso  della Regione Basilicata notificati il
4 settembre  2003,  il  19  gennaio, il 6 febbraio e il 9 marzo 2004,
depositati  in  cancelleria  l'11 settembre  2003,  il 26 gennaio, il
6 febbraio  e  il  17 marzo  2004  ed  iscritti al n. 67 del registro
ricorsi 2003 ed ai nn. 7, 19 e 40 del registro ricorsi 2004.
    Visti   gli   atti   di   costituzione  delle  Regioni  Sardegna,
Basilicata, Calabria e del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  12 ottobre  2004  il  giudice
relatore Valerio Onida;
    Uditi  l'avvocato  dello  Stato Glauco Nori per il Presidente del
Consiglio  dei  ministri e gli avvocati Alberto Romano per la Regione
Sardegna e Benito Spanti per la Regione Calabria.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso  notificato  il 4 settembre 2003 e depositato
l'11 settembre  2003  (r.ric.  n. 67  del  2003)  il  Presidente  del
Consiglio  dei ministri per il tramite dell'Avvocatura generale dello
Stato   ha  impugnato  in  via  principale  la  legge  della  Regione
Sardegna 3 luglio 2003, n. 8 (Dichiarazione della Sardegna territorio
denuclearizzato),   che  all'art. 1.1  ha  dichiarato  il  territorio
regionale  denuclearizzato  e «precluso al transito ed alla presenza,
anche  transitoria, di materiali nucleari non prodotti nel territorio
regionale»,  sulla  base  delle  «competenze  esclusive in materia di
urbanistica  ed  ambiente  attribuite  dall'art. 3,  lettera f, dello
Statuto  speciale»  nonche' delle «attribuzioni in via concorrente in
materia   di   salute  pubblica,  protezione  civile  e  governo  del
territorio».
    Tre  sono  i  punti  di  indagine  toccati dalla difesa erariale:
l'individuazione  della  materia  investita  dalla  legge  impugnata,
l'eventuale  interferenza rispetto a competenze legislative esclusive
dello Stato, la legittimita' di tale interferenza.
    Il  ricorrente  osserva  anzitutto  come  le  materie ambiente ed
urbanistica  non  siano  idonee  a  fornire  base costituzionale alle
competenze   esclusive   della  Regione,  considerato  che  la  norma
statutaria non fa in realta' alcun cenno all'ambiente, la cui tutela,
insieme  a  quella  dell'ecosistema,  e'  riservata  alla  competenza
esclusiva  dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera
s  della  Costituzione,  e a salvaguardia di esigenze unitarie. Fermo
restando,  naturalmente,  come  chiarito  da  questa  Corte (sentenze
n. 407  e  n. 536  del  2002), che cio' non esclude la titolarita' in
capo alle  Regioni  di  competenze legislative sulle materie (governo
del territorio, tutela della salute, ecc.) per le quali quel «valore»
costituzionalmente   protetto   assume   rilievo.   Quanto  alla  non
pertinenza   della   materia  urbanistica  rispetto  alla  disciplina
censurata,  l'Avvocatura  ritiene  che  sia  cosi'  evidente  da  non
richiedere  chiarimenti. La stessa palese estraneita' varrebbe per le
materie protezione civile e governo del territorio, richiamate in via
subordinata dall'art. 1.1.
    Il riferimento alla tutela della salute potrebbe fondare, secondo
la  difesa  erariale,  la  competenza  legislativa  regionale di tipo
concorrente,  e  pertanto  vincolata  ai  principi  fondamentali.  La
disciplina  censurata  invece, oltre a ledere la competenza esclusiva
statale  in  materia  di  ambiente, lederebbe altresi' tali principi,
che,   sebbene   non  espressi,  devono  desumersi  dalla  disciplina
preesistente  nel senso che «restrizioni generalizzate alle attivita'
economiche,  non  legate  a  situazioni  particolari di ambiente o di
operatore,  vanno  fondati  su  dati scientifici attendibili e non su
valutazioni  genericamente  prudenziali,  suggerite dalle convinzioni
locali, non motivate sperimentalmente».
    La  legge  impugnata sarebbe costituzionalmente illegittima anche
per  violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., considerato che il
d.lgs.  17 marzo 1995 n. 230, in attuazione di direttive comunitarie,
disciplina integralmente la materia. Tale disciplina regolamenta, tra
l'altro,   il   trasporto   di   materie  radioattive  (art. 21),  le
spedizioni,  importazioni  ed  esportazioni  di  rifiuti  radioattivi
(art. 32),  i  limiti  di esposizione (art. 96); prevede disposizioni
particolari  per i rifiuti radioattivi (art. 102), il controllo sulla
radioattivita'  ambientale  (art. 104) e particolari disposizioni per
le   attivita'   di   protezione   civile   e   polizia   giudiziaria
(art. 126-quater).
    La  preclusione  in  via  generale  del transito e della presenza
nella  Regione  di  materiale  nucleare  non  prodotto nel territorio
regionale   lederebbe   altresi'   l'art. 23  del  trattato  CE,  che
garantisce  la  libera  circolazione  delle  merci  -  tra  cui vanno
ricompresi  i  rifiuti e dalla quale discende il divieto di qualsiasi
restrizione  quantitativa  (art. 2)  -  e  l'art. 117, secondo comma,
lettera  e),  Cost.,  interferendo nel mercato di materiali nucleari,
anch'esso  soggetto  alla  disciplina  della concorrenza nel rispetto
della normativa richiamata.
    Considerato  che  dalla illegittimita' costituzionale dell'art. 1
della  legge  regionale  discenderebbe  quella  degli artt. 2 e 3, in
quanto  norme  destinate  ad  operare  sul  presupposto  di efficacia
dell'art. 1,  l'Avvocatura  conclude  perche'  tutta  la  legge della
Regione Sardegna sia dichiarata costituzionalmente illegittima.
    2.  - Si e' costituita in giudizio la Regione Sardegna chiarendo,
anzitutto,  che  la  legge  regionale  censurata  «come  risulta  dai
relativi  atti consiliari - ha inteso prevenire il rischio che, anche
in conseguenza della sua collocazione geografica, il territorio della
Regione Sardegna potesse essere utilizzato come "discarica" di scorie
nucleari  prodotte  in altre regioni italiane. Rischio concreto anche
alla  luce  di  dichiarazioni rese nei mesi precedenti l'approvazione
della  legge  da  esponenti  del  Governo italiano». La legge avrebbe
carattere  cautelativo  e  transitorio,  dato  che,  sulla  base  dei
risultati  dell'inchiesta  condotta  dalla  Commissione  istituita ai
sensi   dell'art. 2,  saranno  adottati  ulteriori  e  piu'  puntuali
provvedimenti   in   materia   di  deposito  di  sostanze  e  rifiuti
radioattivi.
    La  difesa  della  Regione  contesta  che  la  «materia» ambiente
rientri  nella  competenza  esclusiva  dello Stato, dando una diversa
lettura    della    stessa   giurisprudenza   costituzionale   citata
dall'Avvocatura  erariale  (sentenze  n. 407  e  n. 536  del  2002) e
concludendo  nel  senso  che  le  Regioni sono titolari di competenze
(esclusive  o  concorrenti)  intrecciate con la tutela dell'ambiente,
che non possono essere cancellate dalla competenza esclusiva statale.
In  particolare  verrebbero  in  rilievo  la  competenza esclusiva in
materia  di  urbanistica  (art. 3,  lettera  f  dello  statuto),  che
ricomprende  la  protezione  della  natura (ex art. 58 delle norme di
attuazione  dello statuto) e la protezione dell'ambiente (art. 80 del
d.P.R.  n. 616  del  1977),  la  competenza concorrente in materia di
salute  (art. 4,  lettera  i,  dello  statuto  e  ora anche art. 117,
comma 3,  Cost.),  di  protezione  civile  e  governo  del territorio
(art. 117,  comma 3,  Cost.,  applicabile  alla  Regione  Sardegna in
virtu'  dell'art. 10  della  legge cost. n. 3 del 2001). L'apodittica
affermazione  di inconferenza anche di quest'ultima sarebbe confutata
dalla  stessa  giurisprudenza  costituzionale  (sentenza  n. 382  del
1999).   In  realta',  quando  la  legge  regionale  «interviene  per
soddisfare   esigenze   pubbliche   che   fanno  capo direttamente  e
prevalentemente   alle   suddette  competenze»,  non  esorbita  dalle
proprie,  anche  se incide in via mediata sulla tutela dell'ambiente.
Come si sostiene in dottrina, la competenza esclusiva statale sarebbe
violata  solo allorquando la legge regionale persegue direttamente ed
esclusivamente  (o prevalentemente) la tutela diretta dell'equilibrio
ecologico della biosfera o degli ecosistemi, ovvero allorquando viola
gli  standard  minimi  di  tutela  fissati  dallo  Stato per tutto il
territorio  nazionale.  Il  che,  secondo  la  difesa  regionale, non
accadrebbe nel caso in questione.
    La  finalita'  essenziale  della  legge regionale, come del resto
anche quella del d.lgs. n. 230 del 1995 e delle direttive comunitarie
cui  da'  attuazione,  sarebbe  la  tutela  della salute («protezione
sanitaria») della popolazione e dei lavoratori. Sotto questo profilo,
il  ricorso  statale lamenta, oltre alla illegittima interferenza con
la  competenza  esclusiva in materia di ambiente, anche la violazione
di  principi fondamentali desumibili dalla legislazione preesistente.
Questa  seconda censura sarebbe da ritenersi palesemente infondata se
non  addirittura  inammissibile  per  genericita', considerato che il
ricorrente  non  avrebbe individuato alcun principio e che darebbe ai
principi un contenuto generico, frutto della sua stessa elaborazione,
non  desumibile  affatto  da disposizioni di legge. Comunque, anche a
ritenere  esistente  un  simile  principio, la legge non stabilirebbe
affatto  «restrizioni  generalizzate»,  considerato  che  esclude dal
divieto  «i  materiali  necessari per scopi sanitari, per il supporto
della  sicurezza,  del controllo e della produzione industriale e per
la  ricerca scientifica», e che si tratta di una disciplina cautelare
e sostanzialmente transitoria (nel senso gia' chiarito sopra).
    Quanto  alla  violazione  dell'art. 117,  primo  comma, Cost., le
censure  della difesa erariale sarebbero infondate. In primo luogo il
d.lgs.  n. 230  del  1995  non  conterrebbe  alcuna  norma  ne' alcun
principio  fondamentale  (considerato  che in materia di tutela della
salute  il  legislatore  statale  non  potrebbe  porre la «disciplina
integrale  della  materia»,  bensi' solo i principi fondamentali) che
impedisca  alla  Regione Sardegna di stabilire il divieto di cui alla
legge   censurata.   In   secondo  luogo,  neppure  dalla  disciplina
comunitaria  potrebbe  farsi  discendere  la  illegittimita'  di tale
divieto,  ed  in  particolare la direttiva 92/3 Euratom, rilevante in
tema  di  rifiuti  radioattivi,  riguarderebbe soltanto le spedizioni
transfrontaliere   e   si   limiterebbe  a  prevedere  un  regime  di
autorizzazioni  e controlli in funzione della tutela della salute. In
merito alla liberta' di circolazione garantita dal trattato CE, se e'
vero  che  non  puo' venire impedita ai sensi dell'art. 28 essa puo',
tuttavia,  subire  limitazioni giustificate da motivi di tutela della
salute   e  della  vita  delle  persone  e  degli  animali  ai  sensi
dell'art. 30 del medesimo trattato.
    Infondata,    infine,   sarebbe   anche   la   censura   relativa
all'art. 117,   secondo   comma,  lettera  e,  Cost.  Il  legislatore
regionale,   infatti,  non  ha  posto  alcuna  tassa  o  tariffa  per
l'immissione  dei  rifiuti  radioattivi nel territorio sardo, sicche'
l'incidenza  sul mercato dei materiali nucleari, non meglio precisata
nel  ricorso,  sarebbe  soltanto  indiretta: la disciplina impugnata,
infatti, e' diretta a tutelare la salute.
    In  conclusione  la  difesa  regionale chiede che la questione di
costituzionalita'  della  legge della Regione Sardegna 3 luglio 2003,
n. 8, sia dichiarata infondata.
    3.  -  Con  ricorso notificato il 19 gennaio 2004 e depositato il
successivo  26 gennaio  (r.ric.  n. 7  del  2004),  il Presidente del
Consiglio dei ministri ha impugnato la legge della Regione Basilicata
21 novembre   2003,   n. 31  (Modifiche  ed  integrazioni  alla  L.R.
31 agosto  1995,  n. 59),  che all'art. 1 ha dichiarato il territorio
regionale  «denuclearizzato  e precluso al transito ed alla presenza,
anche  transitoria, di materiali nucleari non prodotti nel territorio
regionale. Tale preclusione non si applica ai materiali necessari per
scopi sanitari e per la ricerca scientifica».
    Considerato  che  la legge n. 59 del 1995 riguarda lo smaltimento
dei  rifiuti,  il  ricorrente  reputa che la norma sia posta a tutela
della  salute,  ma  osserva  che  essa  investe  altresi'  la  tutela
dell'ambiente,  di  competenza  statale in base all'art. 117, secondo
comma,  lettera  s),  Cost. La disciplina statale che qui verrebbe in
rilievo  sarebbe  il d.lgs. n. 230 del 1995, che ha dato attuazione a
diverse  direttive comunitarie, applicabili a tutti i rapporti, anche
a quelli che non investono due Stati diversi.
    Secondo  la difesa erariale, nell'applicazione di norme attuative
di  disposizioni  comunitarie  la  nozione  di  ambiente  va ricavata
dall'ordinamento   comunitario,  e  nella  specie  dall'art. 174  del
trattato CE, che ha come obiettivo di assicurare un ambiente salubre:
dunque,  per  quanto  riguarda  le  materie radioattive la disciplina
dell'ambiente  comprenderebbe  anche  quella della salute ricadendosi
percio'   nell'ambito   della  legislazione  esclusiva  dello  Stato.
Soltanto  se  la  legge  statale  avesse attuato non correttamente la
normativa  comunitaria,  la  legge  regionale  potrebbe derogare alla
nozione di ambiente discendente da essa, ed in questo caso sorgerebbe
una questione sulla portata della normativa comunitaria di competenza
della Corte di giustizia.
    Alla  medesima  conclusione  si  perverrebbe  anche  lasciando la
prospettiva    comunitaria    e    guardando    alla   giurisprudenza
costituzionale  (sentenze n. 407 e n. 536 del 2002). Il d.lgs. n. 230
del  2005  ha fissato gli standard di tutela; esso ha disciplinato il
trasporto  di  materie  radioattive  (art. 21)  ed  ha  confermato le
disposizioni  della  legge  31 dicembre 1962, n. 1860, che all'art. 5
richiede  un'apposita autorizzazione ministeriale nella quale possono
essere  stabilite particolari prescrizioni definite dall'ANPA, valide
per  l'intero  viaggio e da attuare sui territori di tutte le Regioni
interessate.  Pertanto,  «il  divieto  di transito nell'ambito di una
Regione,  incidendo sui rischi connessi al viaggio», puo' rendere non
piu'  adeguate le prescrizioni imposte, pregiudicando le possibilita'
di  prevenzione  e di controllo dello Stato». Un trasporto di materie
radioattive  che  interessi  territori  di  piu' Regioni non puo' non
essere disciplinato dallo Stato, che solo puo' provvedere con effetti
ultraregionali   e  puo'  coordinare  gli  interessi  dei  vari  enti
interessati. E se l'organo amministrativo deve essere statale in base
all'art. 118,  primo  comma, Cost., allora anche la fonte legislativa
non  potrebbe  che  essere  tale. Si aggiunga inoltre che se tutte le
Regioni  adottassero  una  simile  disciplina, come del resto ha gia'
fatto  la  Regione  Sardegna,  le  materie radioattive non potrebbero
uscire dalla Regione in cui sono prodotte.
    Sotto  il  profilo  della  violazione dell'art. 117, terzo comma,
Cost.,  la  difesa  erariale osserva che valutando la legge impugnata
dal  punto di vista della tutela della salute essa contrasterebbe con
i  principi  fondamentali contenuti nel d.lgs. n. 230 del 1995, tra i
quali  in  particolare il regime dell'autorizzazione con prescrizioni
(art. 21)  cui  la legge regionale, imponendo il divieto di transito,
non si atterrebbe.
    Quanto  alla  violazione  dell'art. 117,  primo  comma, Cost., il
ricorrente propone le medesime censure gia' ricordate sopra (relative
al  giudizio promosso nei confronti della legge sarda), chiarendo che
sebbene  l'art. 30  del trattato CE consenta divieti e restrizioni al
transito  di merci per ragioni di ordine pubblico, pubblica sicurezza
e   tutela  della  salute,  tuttavia  la  giurisprudenza  comunitaria
costante ritiene che tali limitazioni debbono essere proporzionate ed
indispensabili  per  la  tutela  dell'interesse  rilevante,  come non
sarebbe  invece nel caso di specie. La tutela della salute si sarebbe
realizzata, infatti, attraverso misure che investono tutte le materie
radioattive,  anche  quelle  prodotte  all'interno  della Regione. Ad
avviso  della  difesa  erariale,  la legge regionale sembra piuttosto
voler  evitare  oneri  di  controllo  e  di  intervento  in  caso  di
incidenti,  ma,  sempre  secondo  la giurisprudenza comunitaria, tale
obiettivo  non  sarebbe sufficiente a giustificare la preclusione del
transito.
    In   conclusione,   l'Avvocatura   chiede   la  dichiarazione  di
incostituzionalita' di tutta la legge regionale censurata considerato
che  «dalla  illegittimita'  costituzionale dell'art. 1 deriva quella
dell'art. 2».
    4.  -  Si  e'  costituita la Regione Basilicata, chiedendo che il
ricorso  sia  rigettato  per l'inammissibilita' ed infondatezza delle
censure prospettate.
    Quanto  alla  lamentata  violazione  della  competenza  esclusiva
statale  in  materia  di ambiente ex art. 117, comma secondo, lettera
s),  Cost.,  la  difesa  regionale  sostiene  che,  come emerge dalla
relazione  al  disegno di legge della Giunta Regionale, le norme sono
state  dettate  «per  finalita'  afferenti  alla  tutela della salute
pubblica  e nell'esercizio delle competenze della protezione civile e
governo del territorio» e per contrastare «la "concreta possibilita'"
ex  D.L.  n. 314  del 2003 che il territorio regionale fosse oggetto,
"inaudita  altera  parte", dell'intervento statale, legislativo prima
ed   amministrativo  poi,  diretto  all'elezione  del  territorio  di
Basilicata   quale  deposito  nazionale  delle  scorie  radioattive».
Pertanto   non   sussisterebbe   alcuna  invasione  della  competenza
esclusiva  statale  in  materia  di  ambiente, tanto piu' che da tale
attribuzione  non  potrebbe  farsi  discendere  una  compressione del
potere  delle  Regioni  di  legiferare in altri settori, tanto in via
concorrente  che residuale, salvo che il legislatore statale dichiari
quale  interesse  unitario intenda tutelare attraverso l'esercizio di
una  competenza che incide anche su quelle regionali. Nella normativa
richiamata   dal   Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  non  si
troverebbero  «ragioni  giustificatrici  che  possano  risolversi  in
termini  di  limitazioni  al potere legislativo regionale riferentesi
alle   materie   di   legislazione   concorrente,   atteso   peraltro
l'inconfutabile  dato  storico  della sua emanazione antecedente alla
riformulazione  del titolo V della Costituzione e l'assoluta mancanza
di una preordinazione alla tutela ambientale».
    Infondato   e  pretestuoso  sarebbe,  sempre  secondo  la  difesa
regionale,  l'assunto  che  la legge regionale abbia violato le norme
del  d.lgs.  n. 230  del 1995 recanti standard minimi di tutela della
salute.  Tali  norme, infatti, «per essere considerate inderogabili e
non  suscettibili  di  modificazione  da  parte  regionale dovrebbero
essere  previste per garantire l'attuazione della tutela ambientale»;
tuttavia   questa   connessione   «non   si  evince  dalla  normativa
richiamata,  art. 21  D.lgs.  230  del 1995 e art. 5 legge 1860/1962,
quest'ultima   sull'impiego  dell'energia  nucleare».  «La  normativa
richiamata  e'  invero passibile di essere derogata con la previsione
da parte del legislatore regionale di limiti piu' rigorosi rispetto a
quelli   individuati   in   via   generale   dallo  Stato»,  e  tanto
conformemente  a  quanto sancito dalla Corte nella sent. n. 307/2003.
Sia  il  diritto  comunitario  che  la  giurisprudenza costituzionale
consentirebbero  di  apportare  deroghe  alla  disciplina  comune con
effetti  di  maggior  protezione  dei  valori  tutelati (si citano in
proposito  le  sentenze  n. 382  del 1999 e n. 407 del 2002). Da cio'
conseguirebbe  che  la  normativa  regionale  censurata,  «in  quanto
finalisticamente  preordinata  alla  tutela  della  salute, e dettata
anche   per   la   protezione   civile   e  governo  del  territorio,
legittimamente puo' derogare alle previsioni ex D.lgs. 230/1995, come
pure  alla  normativa  comunitaria,  che tanto consente». Inoltre «la
preclusione  non  e'  assoluta,  ma  soffre  di  un  esteso numero di
eccezioni  talche'  la  stessa  normativa  non  puo'  considerarsi un
divieto assoluto all'ingresso di materiale nucleare sul territorio di
Basilicata».
    5.  -  Con  ricorso notificato il 6 febbraio 2004 e depositato il
12 febbraio  2004 (r.ric. n. 19 del 2004) il Presidente del Consiglio
dei  ministri  per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato ha
impugnato   in   via  principale  la  legge  della  Regione  Calabria
5 dicembre 2003, n. 26 (Dichiarazione della Calabria denuclearizzata.
Misure  di  prevenzione  dall'inquinamento  proveniente  da materiale
radioattivo.  Monitoraggio  e  salvaguardia  ambientale  e salute dei
cittadini),  che  all'art. 1  ha  dichiarato  il territorio regionale
«denuclearizzato  e  precluso  al  transito  ed  alla presenza, anche
transitoria,  di  materiali  nucleari  non  prodotti  nel  territorio
regionale»  sulla  base  delle  competenze  regionali  «in materia di
urbanistica   ed   ambiente,   nonche'   delle  attribuzioni  in  via
concorrente  in  materia  di  salute  pubblica,  protezione  civile e
governo del territorio».
    Quanto   alla   individuazione   della   materia  pertinente,  il
ricorrente  sostiene  anzitutto  che  se  il legislatore regionale ha
inteso  provvedere  in  materia di ambiente, riservata dall'art. 117,
secondo  comma,  lettera  s, Cost. alla competenza esclusiva statale,
allora  la  disciplina  censurata  dovrebbe  essere  solo  per questo
dichiarata   costituzionalmente   illegittima.  Sicuramente  estranee
all'oggetto   della   legge  regionale,  che  riguarda  beni  mobili,
sarebbero  invece,  sempre  secondo la difesa erariale, la tutela del
territorio   e  l'urbanistica,  materie  che  verrebbero  interessate
soltanto  qualora  fossero  disciplinati  «criteri  di localizzazione
degli  impianti  di  conservazione  dei  materiali  nucleari  o delle
discariche  dei  rifiuti».  Neppure pertinente sarebbe il riferimento
alla  protezione  civile,  dato  che  i  materiali nucleari provocano
problemi  di  tal  genere  non  di  per  se'  ma  soltanto qualora si
verifichino   eventi  eccezionali  nella  loro  gestione.  Dunque  la
competenza  legislativa regionale potrebbe fondarsi solo sulla tutela
della salute.
    Da   questo  punto  in  poi  l'Avvocatura  ripete  argomentazioni
identiche  a  quelle  ricordate in riferimento al ricorso iscritto al
reg. ric. n. 7 del 2004 e conclude chiedendo che tutta la legge della
Regione   Calabria  sia  dichiarata  costituzionalmente  illegittima,
considerato  che le altre disposizioni in essa contenute svolgono una
funzione strumentale rispetto all'art. 1.
    6.  - Si e' costituita in giudizio la Regione Calabria, chiedendo
che  il  ricorso  proposto  dal Presidente del Consiglio dei ministri
venga  respinto e la questione di costituzionalita' della legge della
Regione Calabria sia dichiarata infondata.
    La  difesa  regionale  muove dall'assunto, fondato sulla medesima
giurisprudenza  costituzionale  richiamata  dall'Avvocatura,  che  le
Regioni  siano  titolari  di  competenze  concorrenti  finalizzate ad
assicurare  la  tutela  ambientale,  e che tale titolarita' non possa
ritenersi  preclusa  o impedita dall'art. 117, secondo comma, lettera
s,  Cost.  Una  simile  violazione potrebbe configurarsi soltanto nel
caso di contrasto con gli standard minimi eventualmente fissati dalle
leggi dello Stato.
    Quanto  alla  presunta  violazione dell'art. 117, primo comma, la
difesa  della  Regione  ritiene  che  il  d.lgs.  n. 230 del 1995 non
contenga   «alcun  principio  comunitario  fondamentale  che  sarebbe
violato  dalla  legge  regionale» e che le direttive comunitarie, cui
tale decreto legislativo da' attuazione, siano finalizzate a tutelare
la  salute  dei  cittadini.  La  normativa  regionale  non imporrebbe
divieti   indiscriminati   e   permanenti   relativi   ai   materiali
radioattivi,    trattandosi   «di   norme   dall'evidente   contenuto
programmatorio»,  che  impegnano la Regione «a pervenire all'adozione
di ulteriori misure legislative ed amministrative una volta acquisita
(...)  la necessaria conoscenza della situazione complessiva relativa
alla  presenza di rifiuti radioattivi nel territorio regionale». Essa
pertanto non introdurrebbe «deroghe peggiorative delle misure e degli
standard  di  sicurezza  gia'  fissati con legge dallo Stato», e cio'
anche se si ritenesse, come fa l'Avvocatura, che il d.lgs. n. 230 del
1995  detti  la  disciplina  completa  della  materia.  Tale compiuta
disciplina   si  risolverebbe,  secondo  l'impostazione  seguita  nel
ricorso,  «in  una  sorta di imposizione di una speciale "servitu' di
passaggio" del materiale radioattivo di cui sarebbe titolare lo Stato
ed   il  cui  "fondo  servente"  sarebbe  costituito  dal  territorio
regionale»:  una  tale configurazione sarebbe da escludere perche' la
potesta' regionale incontrerebbe il solo limite degli standard minimi
di tutela eventualmente fissati dallo Stato.
    In  conclusione,  la difesa regionale ritiene che nella complessa
materia  di cui si tratta non possa affermarsi una «"primazia" ovvero
una  potesta' esclusiva dello Stato che scaturirebbe dalla disciplina
contenuta  nel  d.lgs.  n. 230  del  1995» dato che lo stesso decreto
attribuirebbe  alle  regioni  la  potesta' di disciplinare, anche con
leggi  proprie,  «aspetti  non  secondari della materia dei materiali
radioattivi»   (v.  artt. 10-sexies,  lettera b),  28,  comma 1,  29,
comma 2, 30, comma 2, 33, comma 1, 34, comma 2, 104, comma 2).
    7.  -  Con  ricorso  notificato  il  9 marzo 2004 e depositato il
17 marzo  2004  (r.ric.  n. 40  del  2004) il Presidente della Giunta
della   Regione   Basilicata   ha  impugnato  in  via  principale  il
decreto-legge  14 novembre  2003, n. 314 (Disposizioni urgenti per la
raccolta,  lo  smaltimento  e lo stoccaggio, in condizioni di massima
sicurezza    dei    rifiuti    radioattivi),    e    la    legge   di
conversione 24 dicembre  2003,  n. 368,  chiedendo anche che la Corte
«valuti   l'ipotesi»   di   sospendere  l'efficacia  della  normativa
censurata ex art. 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
    La  Regione  ricorrente anzitutto descrive la normativa censurata
nella sua evoluzione, sottolineando «il grande clamore» suscitato dal
decreto   impugnato  per  il  suo  contenuto,  e  cioe'  la  prevista
realizzazione  entro il 31 dicembre del 2008 di un Deposito nazionale
dei  rifiuti radioattivi nel territorio del comune di Scanzano Jonico
in  Provincia di Matera, e per le modalita' di assunzione, e cioe' un
provvedimento  d'urgenza  (anticipatorio  della  delega  a legiferare
contenuta  nell'art. 30  del  disegno di legge del Governo diretto al
riordino  del  settore  energetico).  A  seguito  di  un  emendamento
presentato dal Governo presso l'VIIIª Commissione della Camera, nella
legge di conversione e' stata espunta la individuazione del comune di
Scanzano  Jonico e si e' previsto che il sito ove ubicare il deposito
venga  individuato entro un anno dall'entrata in vigore della stessa.
L'individuazione   dovra'   avvenire   con   atto   del   Commissario
straordinario  al  termine di una attivita' concertativa che richiede
di  sentire  la Commissione tecnico-scientifica di cui all'art. 2 del
d.l.  n. 314  del  2003  e  la  previa  intesa  in sede di Conferenza
unificata  ex art. 8 del d.lgs. n. 281 del 1997. Qualora l'intesa non
sia  raggiunta  nel  termine  indicato,  spettera'  al Presidente del
Consiglio  dei  ministri,  previa  deliberazione  del  Consiglio  dei
ministri,  individuare  il luogo ove realizzare il deposito nazionale
dei  rifiuti  radioattivi  (art. 1,  comma 1).  La realizzazione e la
gestione  definitiva  in  concessione  dello  stesso e' affidata alla
s.p.a.  SOGIN  e,  per  assicurare  l'attuazione degli interventi, il
Presidente   del   Consiglio   dei  ministri  nomina  un  commissario
straordinario  con poteri in deroga alla normativa vigente, abilitato
ad  adottare  tutti  i  provvedimenti  necessari  alla progettazione,
istruttoria  e  realizzazione  del deposito anche in sostituzione dei
soggetti  competenti,  ad  eccezione  degli  atti  di  competenza del
Ministero   dell'ambiente   e   del  territorio,  relativamente  alla
valutazione  di  impatto ambientale, e dell'Agenzia per la protezione
dell'ambiente  e  per  i  servizi  tecnici (art. 2). Il decreto, come
convertito,  disciplina  poi  l'allocazione  dei  rifiuti radioattivi
(art. 3),  la  determinazione  di misure compensative in favore degli
enti  territoriali  interessati  e  di  misure  d'informazione  sulla
gestione  in sicurezza dei rifiuti radioattivi (art. 4), la copertura
finanziaria e l'entrata in vigore (artt. 5 e 6).
    Con riguardo all'intero testo normativo del decreto legge n. 314,
convertito,  con  modificazioni,  nella  legge  n. 368  del  2003, la
ricorrente  lamenta  anzitutto  la  violazione  dell'art. 77, secondo
comma, Cost. e dell'art. 117, terzo comma, Cost.: l'insussistenza dei
presupposti  della  decretazione d'urgenza avrebbe leso la competenza
legislativa  concorrente  della  Regione  in  materia di tutela della
salute, governo del territorio e protezione civile. Cio' risulterebbe
dal  preambolo dello stesso provvedimento legislativo, che afferma la
necessita' ed urgenza di dare immediata sistemazione in sicurezza dei
rifiuti radioattivi, mentre nel secondo comma dell'art. 1 prevede che
il Deposito sia completato molto dopo l'entrata in vigore del decreto
(15 novembre  2003),  e  cioe' entro il 31 dicembre 2008. Altrettanto
insufficienti  sarebbero le motivazioni contenute nella relazione del
d.d.l.   di   conversione  che,  considerato  il  contesto  di  crisi
internazionale,  giustificano  l'intervento  sulla base, tra l'altro,
del  rischio di atti terroristici, e cio' in contrasto con l'impegno,
derivante  dall'appartenenza  all'Unione  Europea,  di  dotarsi di un
deposito  ingegneristico  entro  il  2013 e di uno geologico entro il
2018.  Neppure  si  potrebbe  addurre a giustificazione l'inerzia del
Parlamento, considerato che alle Camere era in discussione proprio il
conferimento  di una delega al Governo in materia, delega che oltre a
fissare   le  modalita'  di  esercizio  della  stessa,  prevedeva  la
partecipazione    degli    enti    territoriali    interessati   alla
individuazione  del  sito. Ancora, l'insussistenza dei presupposti di
necessita'  e  di  urgenza  sarebbe  dimostrata  dalla  non immediata
applicabilita'  delle  norme  censurate. Il Governo infine si sarebbe
dovuto  limitare  ad individuare gli standard minimi in base ai quali
le regioni avrebbero potuto legiferare in via ulteriore.
    La  ricorrente  dubita  della  legittimita'  costituzionale della
normativa  statale  in  riferimento  ai  principi  di sussidiarieta',
ragionevolezza,  leale  collaborazione  e  previa  intesa tra Stato e
regioni  (come affermato nella sentenza n. 303 del 2003). E' ben vero
che  il  legislatore  statale  giustifica l'adozione della disciplina
censurata  sulla  base di esigenze di tutela dell'ambiente - "materia
trasversale"  di  competenza  legislativa  esclusiva dello Stato - ma
cio'  non  escluderebbe,  anzi  richiederebbe,  il  riconoscimento in
capo agli   altri   enti   territoriali  delle  correlative  funzioni
amministrative.  Nel  caso di specie, dunque, trattandosi di un'opera
di   interesse  nazionale,  ritenuta  indifferibile  ed  urgente,  le
funzioni  amministrative  ad  essa  sottese apparterrebbero agli enti
territoriali  «investiti,  interessati, vincolati da quell'opera». Lo
Stato,  per  appropriarsi  di  tali funzioni amministrative «dovrebbe
preliminarmente  consumare  una  fase interlocutoria di previa intesa
con gli enti territoriali da articolarsi diversamente a seconda della
fase  di  attuazione  dell'iniziativa in cui si verte. Una prima fase
coinvolgente  tutte  le  regioni per procedere all'individuazione del
territorio  ove  ubicare  il  deposito  ed una o piu' fasi successive
intercorrenti  con  l'ente  regione,  il  cui  territorio fosse stato
individuato  come  area utile per posizionare l'opera di che trattasi
». La difesa regionale reputa insoddisfacente sotto questo aspetto la
previsione  contenuta  nell'art. 1,  comma 1,  e ritiene che lo Stato
abbia  avocato  a  se'  illegittimamente  ogni funzione. La normativa
censurata  lederebbe  anche  i  principi di leale collaborazione e di
ragionevolezza,     in     quanto     sacrificherebbe    i    diritti
costituzionalmente   protetti   dagli   artt. 9   e  32  Cost.  delle
popolazioni  del territorio su cui verra' ubicato il deposito, per la
insufficiente  o  mancata  partecipazione  degli enti territoriali ai
processi decisionali ed alle fasi amministrative. Con riferimento poi
all'esercizio   da   parte   dello   Stato   di  poteri  sostitutivi,
mancherebbe,  inoltre, nella disciplina impugnata ogni previsione che
subordini  tale intervento ad un espresso atto di diniego proveniente
dall'ente regionale.
    In   conclusione,   il  Presidente  della  Giunta  della  Regione
Basilicata   chiede   alla   Corte   di  dichiarare  l'illegittimita'
costituzionale  del  decreto-legge  e  della  legge  di  conversione,
instando   preliminarmente  perche'  la  Corte  valuti  l'ipotesi  di
sospendere  l'efficacia della normativa impugnata ex art. 35 della l.
n. 87 del 1953, ricorrendo un pregiudizio grave ed irreparabile per i
cittadini.
    8. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri per il tramite dell'Avvocatura dello Stato, chiedendo che il
ricorso sia dichiarato inammissibile o respinto perche' infondato.
    Secondo  la  difesa  erariale il primo motivo del ricorso sarebbe
inammissibile   e   la  questione  si  sposterebbe  sul  secondo,  in
considerazione   della   univoca  giurisprudenza  costituzionale  che
consente  alle  Regioni  di  contestare  l'esistenza  dei presupposti
costituzionali  degli  atti aventi forza di legge soltanto qualora la
violazione  sia  idonea  a  vulnerare  le attribuzioni costituzionali
delle  regioni  (v.  da  ultimo la sentenza n. 6 del 2004). Il motivo
sarebbe  comunque  infondato,  in  quanto,  sotto  questo  profilo la
normativa  statale  potrebbe  essere  censurata  soltanto nel caso di
«evidente  mancanza»  dei  presupposti  di  necessita' ed urgenza. La
presenza  sull'intero  territorio  nazionale  di  rifiuti radioattivi
conservati in condizioni non in grado di garantire ne' l'ambiente ne'
la  salute  dei  cittadini,  la necessita' di predisporre un deposito
unico    nazionale   dove   essi   vengano   concentrati   sotto   la
responsabilita'  di  un  solo  organo,  ed i pericoli aggravati dalla
situazione  internazionale escludono in ogni caso che possa ritenersi
evidente la mancanza delle condizioni di cui all'art. 77 Cost. Nessun
rilievo  puo'  attribuirsi al fatto che gli effetti del decreto-legge
non possano realizzarsi immediatamente, per i tempi richiesti al fine
della costruzione del deposito nazionale. Sugli effetti sananti della
legge  di  conversione,  la  difesa  erariale  non  reputa necessario
soffermarsi per la infondatezza delle tesi avversarie.
    L'Avvocatura  reputa  inammissibile, in quanto non tempestivo, il
ricorso (notificato il 9 marzo 2004) in quanto proposto nei confronti
del  decreto-legge (pubblicato il 18 novembre 2003) ma pure in quanto
proposto  nei  confronti  delle  modifiche introdotte con la legge di
conversione,   aventi   una   funzione  puramente  strumentale  e  di
completamento  della  disciplina contenuta nel decreto legge. Sarebbe
irragionevole  ammettere il sindacato su tali ultime norme, una volta
che le norme portate dal decreto legge si sono consolidate.
    Anche  in  ordine  alla  presunta violazione dell'art. 117, terzo
comma, Cost. il ricorso sarebbe inammissibile per non aver la Regione
individuato  le  singole  norme non recanti principi fondamentali. La
trasversalita' della materia ambiente, pur attribuita alla competenza
esclusiva  dello  Stato,  puo' ben giustificare la sovrapposizione di
una  eventuale  normativa  legislativa  regionale  in  materia di sua
competenza,  concorrente  o esclusiva, e tuttavia non puo' comportare
la illegittimita' costituzionale della legislazione statale.
    Quanto  alla  previsione del deposito, la difesa erariale esclude
la  competenza  a provvedere rivendicata dalla regione, adducendo che
la  medesima  competenza  dovrebbe  riconoscersi  in  capo a tutte le
regioni,  con  la  conseguente  possibilita'  di avere tanti depositi
regionali  o di non averne alcuno, considerato che le leggi regionali
non  produrrebbero effetti al di la' del territorio della regione che
le  ha  poste.  L'individuazione  del  luogo  piu' adatto per l'unico
deposito  sul  territorio  nazionale  non  puo'  essere  fatta da una
singola  regione,  per  la  limitazione  delle sue competenze, ne' vi
sarebbe  «il  mezzo procedimentale per una valutazione consensuale di
tutte».
    L'Avvocatura  dello  Stato  sostiene  che,  in  applicazione  dei
principi  di sussidiarieta' ed adeguatezza, la competenza legislativa
in  materia  non puo' che essere rimessa allo Stato, il solo in grado
di   assicurarne  l'esercizio  unitario,  compiendo  una  valutazione
dell'intero  territorio nazionale con criteri uniformi (si richiamano
sul punto le sentenze n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003).
    Quanto  alla  contestazione delle funzioni amministrative statali
conseguenti,   in   virtu'   del   superamento   del   principio  del
parallelismo,   la   difesa   erariale   reputa   che  sarebbe  stato
contraddittorio  attribuirle  alle regioni o agli enti minori, avendo
questi  competenze  limitate  ai territori rispettivi. Cosi' anche la
individuazione   degli  organi  statali  competenti  non  poteva  che
spettare  allo  Stato,  senza  coinvolgimenti  regionali,  poiche' le
regioni non avrebbero interessi costituzionalmente garantiti rispetto
alla  organizzazione  amministrativa  dello  Stato (art. 117, secondo
comma, lettera g, Cost.). Trattandosi di un'opera di sua proprieta' e
fatta  a  sue spese non poteva essere che lo Stato a gestire tutte le
operazioni,  dalla  individuazione  del  luogo  alla  esecuzione  dei
lavori.  Gli  interessi  delle  regioni,  ad  avviso dell'Avvocatura,
sarebbero tutelati adeguatamente attraverso la previsione dell'intesa
con  la Conferenza unificata, unico organo che puo' essere coinvolto,
tenuto   conto   che   le   regioni  sono  interessate  in  posizioni
contrapposte.  Singolare  sarebbe,  inoltre, la tesi della ricorrente
secondo  la  quale,  in  mancanza  del  consenso  delle  regioni,  il
procedimento  si  sarebbe  dovuto  interrompere.  La  difesa erariale
ricorda  come la indifferibilita' dell'intervento sia stata provocata
proprio dal dissenso delle regioni.
    Un  ultimo  rilievo  investe  la  rivendicazione della regione di
funzioni  amministrative  in  capo agli enti territoriali minori, nel
senso  che,  una  volta  individuato il sito, le competenze avrebbero
dovuto  essere  attribuite  al  comune  nel cui territorio il sito si
trova.  Anzitutto,  rileva  la  difesa  erariale, l'art. 127, secondo
comma, Cost. consentirebbe alla regione di promuovere la questione di
costituzionalita'  soltanto  quando una legge dello Stato leda la sua
sfera  di  competenza;  ed  in  secondo luogo, la legge censurata non
avrebbe   trascurato  le  eventuali  implicazioni  territoriali:  sia
prevedendo   misure   di  compensazione  territoriale  (art. 4),  sia
stabilendo  che,  alla  data  della  messa  in esercizio del deposito
nazionale,  le  misure vengano trasferite al territorio che ospita il
deposito, proporzionalmente alla allocazione dei rifiuti radioattivi.
    9.  -  Nel  giudizio promosso nei confronti della legge sarda (r.
ric.  n. 67  del  2003),  ha  depositato  memoria  il  Presidente del
Consiglio dei ministri, illustrando i motivi del ricorso.
    Premesso  che  alla  luce della normativa comunitaria i materiali
nucleari,  anche  sotto  forma  di  rifiuti,  costituiscono merci, si
sottolinea  anzitutto  l'illegittimita'  di  ogni disposizione che ne
limiti la circolazione.
    Il  ricorrente  nega  poi che l'art. 3, lettera f), dello statuto
attribuisca  alla  Regione  Sardegna  potesta' in materia ambientale,
ritiene  estranei  alla materia disciplinata dalla legge impugnata il
governo del territorio e la protezione civile, mentre, in ordine alla
tutela  della  salute,  osserva come, secondo l'art. 174 del trattato
CE, la protezione della salute costituisca uno degli obbiettivi della
politica  ambientale, sicche', se la legge statale - il d.lgs. n. 230
del   1995,   che  reca  la  disciplina,  attuativa  della  normativa
comunitaria,  del trasporto di materie radioattive - ha correttamente
attuato  le  direttive comunitarie, la protezione della salute umana,
nei  limiti in cui e' compresa nella disciplina dell'ambiente secondo
la  nozione  comunitaria,  rientrerebbe  nella legislazione esclusiva
dello  Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.,
e  la  regione  non  potrebbe derogarvi (viene richiamata la sentenza
n. 536 del 2002).
    La  legge impugnata, quindi, per quanto attiene alla tutela della
salute  e'  illegittima  sotto un duplice profilo: per aver inciso su
una  normativa  comunitaria in materia di ambiente, la cui attuazione
rientra  nella  legislazione esclusiva dello Stato, e per non essersi
attenuta   ai   principi   fondamentali   che,  in  mancanza  di  una
formulazione espressa, vanno desunti dalla legislazione preesistente.
Quest'ultima  fissa  gli standard di tutela anche per il trasporto di
materiale  radioattivo,  il  quale, ove interessi i territori di piu'
regioni,  non  puo'  essere  disciplinato  che da una fonte capace di
produrre  effetti giuridici al di la' dei singoli territori; esso non
puo' essere lasciato all'iniziativa dei singoli soggetti interessati,
richiedendo  l'intervento  preventivo  di  un  organo  amministrativo
capace  di  stabilire  la  prescrizioni  particolari  necessarie  per
prevenire  i  pericoli,  organo  che,  in  base  ai criteri enunciati
dall'art. 118,  primo comma, Cost., non puo' che essere statale, come
la fonte legislativa che lo prevede.
    9.1.  -  Nel  medesimo giudizio, ha depositato memoria la Regione
Sardegna,   che,   insistendo   per  l'infondatezza  delle  questioni
sollevate,  anzitutto  afferma,  sulla  scorta  di  giurisprudenza di
questa  Corte,  l'esistenza  di  una  competenza regionale in materia
ambientale,   individuata  nella  cura  di  interessi  funzionalmente
collegati con quelli propriamente ambientali, il che ricorrerebbe nel
caso  della  legge  impugnata, la cui finalita' diretta concretamente
perseguita  e'  la  tutela della salute degli abitanti del territorio
regionale.
    Quanto alla tutela della salute, in assenza di finalita' di rango
costituzionale  in  grado  di contrapporsi efficacemente, nel caso di
specie,  al  bene  primario della salute (sono richiamate le sentenze
n. 193  del  1997  e n. 399 del 1996), l'intervento regionale sarebbe
rispondente ad una logica di corretto bilanciamento tra gli interessi
coinvolti.   Alla  restrizione  all'ingresso  di  materiali  nucleari
disposta  dalla  legge  sarda, infatti, non si contrapporrebbe alcuna
esigenza  unitaria  di  carattere  nazionale  in grado di impedire al
legislatore  regionale  di  fissare  standard  di tutela piu' elevati
rispetto  a  quelli  fissati  dalla  legislazione statale e da quella
comunitaria,   anche  in  applicazione  dei  principi  comunitari  di
prevenzione   e   di   precauzione  in  materia  ambientale  (vengono
richiamate  le  sentenze n. 382 del 1999 e n. 407 del 2002, in ordine
alla  possibilita'  per  le  Regioni  di  modificare  in  senso  piu'
restrittivo i valori-soglia fissati in sede statale).
    10.  - Nel giudizio promosso nei confronti della legge lucana (r.
ric.  n. 7  del  2004),  ha  depositato  memoria  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  sviluppando  argomenti  analoghi  a quelli
svolti  nella memoria relativa al giudizio che precede (r. ric. n. 67
del 2003).
    11. - Anche nel giudizio promosso nei confronti della legge della
Regione  Calabria  (r. ric. n. 19 del 2004), ha depositato memoria il
Presidente del Consiglio dei ministri, sviluppando argomenti analoghi
a  quelli  svolti  nella  memoria  relativa  al giudizio rubricato al
r.ric. n. 67 del 2003.
    12. - In prossimita' dell'udienza pubblica, nel giudizio promosso
dalla  Regione  Basilicata  (r.ric.  n. 40  del  2004)  ha depositato
memoria  il  Presidente  del  Consiglio  dei ministri, insistendo per
l'inammissibilita'   del  ricorso,  soprattutto  per  il  suo  tenore
generale,   perche'  privo  di  indicazione  delle  specifiche  norme
censurate  -  il  che  non  consentirebbe  ad  esso resistente che di
svolgere difese generiche -, ovvero per la sua infondatezza.
    In    ordine   alla   lamentata   violazione   delle   competenze
amministrative, cui l'esecuzione dell'opera darebbe luogo, si osserva
che  alla  realizzazione  del deposito, «opera di difesa nazionale di
proprieta' dello Stato», e' estranea la potesta' programmatoria degli
enti   locali;   e   che,   peraltro,  rientrando  la  programmazione
urbanistica nei poteri dei comuni, la Regione non sarebbe legittimata
ai sensi dell'art. 127 Cost. a rivendicarli, quando non sia investita
la sua sfera di competenza.
    A   radicare   la   potesta'  legislativa  dello  Stato  in  base
all'art. 117,  secondo  comma, Cost., prosegue la difesa erariale, e'
sufficiente  la  connessione  fra radioattivita' ed ambiente, sicche'
non  puo'  negarsi  la  possibilita'  per  lo  Stato  di  predisporre
direttamente, con un'opera di sua proprieta' e quindi costruita a sue
spese,  un luogo di stoccaggio di massima sicurezza dei rifiuti. Cio'
sarebbe conforme al principio di adeguatezza richiamato dall'art. 118
Cost.  La  scelta  del sito, mettendo le Regioni in una situazione di
conflitto,  non potrebbe che essere portata al livello piu' alto, che
e'  quello  dello  Stato,  secondo  il  principio  di sussidiarieta',
anch'esso  fissato  dall'art. 118  Cost.  Le  funzioni amministrative
corrispondenti  non potevano, di conseguenza, che essere dello Stato,
con  la  possibilita', per le Regioni, di far valere il proprio punto
di  vista  in  sede di Conferenza unificata, ma con l'attribuzione al
Presidente  del  Consiglio  della  competenza a provvedere in caso di
mancato raggiungimento dell'intesa.
    Trattandosi  di  opera  di difesa nazionale e di proprieta' dello
Stato,  la  potesta'  legislativa di quest'ultimo si fonderebbe anche
sull'art. 117,  secondo  comma, Cost., lettere d e g, poiche' rientra
nella organizzazione amministrativa non solo la predisposizione delle
risorse umane, ma anche di quelle materiali.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Governo  impugna  tre leggi regionali, rispettivamente
delle  Regioni  Sardegna  (r.ric. n. 67 del 2003), Basilicata (r.ric.
n. 7  del  2004) e Calabria (r.ric. n. 19 del 2004), aventi in comune
fra  loro  l'oggetto,  consistente essenzialmente nella dichiarazione
del territorio regionale come territorio «denuclearizzato» e precluso
al  transito  e  alla  presenza  di materiali nucleari provenienti da
altri territori.
    A sua volta la Regione Basilicata impugna (r.ric. n. 40 del 2004)
il  decreto  legge 14 novembre 2003, n. 314 (Disposizioni urgenti per
la raccolta, lo smaltimento e lo stoccaggio, in condizioni di massima
sicurezza   dei   rifiuti   radioattivi),  e  la  relativa  legge  di
conversione 24 dicembre   2003,   n. 368,  il  cui  oggetto  riguarda
principalmente  la  previsione  di  un Deposito nazionale dei rifiuti
radioattivi e le competenze e le procedure per la sua realizzazione.
    2.  -  Data  la  connessione  oggettiva, i giudizi possono essere
riuniti per essere decisi con unica pronunzia.
    3.   -  La  legge  della  Regione  Sardegna 3 luglio  2003,  n. 8
(Dichiarazione  della Sardegna territorio denuclearizzato) si compone
di  4 articoli. L'art. 1 sancisce al comma 1 che «la Regione autonoma
della  Sardegna,  sulla  base  dei  principi  costituzionali  e delle
competenze esclusive in materia di urbanistica ed ambiente attribuite
dall'articolo 3,  lettera  f,  dello  statuto  speciale, interpretate
dall'articolo 58  del  d.P.R.  n. 348 del 1979 e dall'articolo 80 del
d.P.R. n. 616 del 1977, nonche' delle attribuzioni in via concorrente
in  materia  di  salute  pubblica,  protezione  civile  e governo del
territorio   di   cui   al   terzo   comma   dell'articolo 117  della
Costituzione,   dichiara   il  territorio  regionale  della  Sardegna
denuclearizzato  e  precluso  al  transito  ed  alla  presenza, anche
transitoria,  di  materiali  nucleari  non  prodotti  nel  territorio
regionale».
    Il  comma 2  stabilisce  che  «sono esclusi dal divieto di cui al
comma 1  i  materiali  necessari  per scopi sanitari, per il supporto
della  sicurezza,  del controllo e della produzione industriale e per
la ricerca scientifica».
    L'art. 2  prevede  la  nomina di una Commissione di inchiesta con
compiti di verifica della eventuale presenza di materiali radioattivi
e   dello   stato   di   avanzamento   degli  studi  in  vista  delle
localizzazioni   di   depositi  di  detti  materiali  nel  territorio
regionale  (comma  1),  e  dispone  che successivamente il Presidente
della  Regione,  su  parere  vincolante  del  Consiglio  approvato  a
maggioranza  di  due  terzi  dei  consiglieri, «esprime la definitiva
posizione   della  Regione  sia  sull'utilizzo  ed  il  deposito  nel
territorio  regionale  di  sostanze radioattive o scorie e rifiuti di
sostanze  radioattive,  sia  anche  sullo  stoccaggio  in Sardegna di
rifiuti  pericolosi  o dannosi non prodotti nel territorio regionale»
(comma  2),  mentre  «ove  necessario il Consiglio regionale promuove
l'adozione di apposite norme di attuazione statutarie, che regolino i
controlli  e  le  azioni  amministrative  necessarie  per l'effettiva
denuclearizzazione del proprio territorio».
    L'art. 3  prevede  Misure urgenti di vigilanza e controllo curate
dalle  strutture  regionali  preposte  alla  vigilanza  ambientale  e
sanitaria; l'art. 4 disciplina l'entrata in vigore della legge.
    Il ricorrente censura l'intera legge in quanto interferirebbe con
la  materia  dell'ambiente,  riservata  alla  competenza  legislativa
esclusiva  dello  Stato,  non  potrebbe trovare base nelle competenze
regionali  in  materia  di  urbanistica,  governo  del  territorio  e
protezione  civile,  e  in  quanto,  con  riferimento alla competenza
regionale  concorrente  in  materia  di  tutela  della salute, non si
sarebbe   attenuta   ai   principi   fondamentali   desumibili  dalla
legislazione  statale  preesistente,  secondo  i  quali  «restrizioni
generalizzate  alle  attivita'  economiche,  non  legate a situazioni
particolari  di  ambiente o di operatore», andrebbero fondate su dati
scientifici   attendibili   e   non   su   valutazioni  genericamente
prudenziali.
    La  legge  impugnata violerebbe altresi' l'art. 117, primo comma,
della  Costituzione,  in  quanto  contrasterebbe  con  la  disciplina
attuativa di direttive comunitarie recata dal d.lgs. n. 230 del 1995,
che   sarebbe  fonte  della  «disciplina  integrale  della  materia».
Inoltre,  precludendo  la  circolazione  dei  rifiuti radioattivi sul
territorio  regionale, la legge violerebbe l'art. 117, secondo comma,
lettera  e,  della Costituzione (che riserva allo Stato la competenza
in  materia  di tutela della concorrenza), perche' interferirebbe nel
mercato  dei  materiali  nucleari, anch'essi soggetti alla disciplina
della concorrenza.
    Dalla    incostituzionalita'   dell'art. 1   discenderebbe   come
conseguenza  necessaria  quella  degli  articoli 2  e  3 della legge,
destinati  ad  operare  sul  presupposto  della efficacia dell'art. 1
medesimo.
    4. - La questione e' fondata.
    Un intervento legislativo della portata di quello posto in essere
dalla Regione Sardegna con la legge impugnata non trova fondamento in
alcuna  delle  competenze  attribuite  alla  Regione  medesima  dallo
statuto speciale e dalla Costituzione.
    In  particolare,  non  puo'  valere  a fondare tale intervento la
competenza   legislativa   primaria   in   materia  di  «edilizia  ed
urbanistica»  (art. 3,  lettera  f, dello statuto), che non comprende
ogni  disciplina  di tutela ambientale, e deve comunque esercitarsi -
quando  si  tratti  di ambiti in cui le Regioni ordinarie non abbiano
acquisito  con  il  nuovo  titolo  V,  parte  II, della Costituzione,
maggiori  competenze invocabili anche dalle Regioni speciali in forza
dell'art. 10  della  legge  cost. n. 3 del 2001 (cfr. sentenza n. 536
del  2002) - nei limiti statutari delle norme fondamentali di riforma
economico-sociale e degli obblighi internazionali e comunitari (a cui
si  puo' ricondurre almeno in parte la disciplina del d.lgs. 17 marzo
1995,  n. 230,  recante  «Attuazione  delle direttive 89/618/Euratom,
90/641/Euratom, 92/3/Euratom e 96/29/Euratom in materia di radiazioni
ionizzanti»,  la quale infatti trova applicazione anche nei confronti
delle Regioni speciali, come risulta da alcune delle sue disposizioni
in  materia  di  rifiuti  radioattivi, quali ad esempio gli artt. 29,
comma 2, 30, comma 2, 33, comma 1).
    Per quanto riguarda la disciplina ambientale, non solo le Regioni
ordinarie  non  hanno acquisito maggiori competenze, invocabili anche
dalle  Regioni speciali, ma, al contrario, una competenza legislativa
esclusiva  in tema di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema e' stata
espressamente  riconosciuta  allo  Stato, sia pure in termini che non
escludono  il  concorso  di  normative  delle  Regioni, fondate sulle
rispettive  competenze,  al  conseguimento  di  finalita'  di  tutela
ambientale  (cfr. sentenze n. 407 del 2002, n. 307 e n. 312 del 2003,
n. 259 del 2004).
    Ne',  in  proposito,  puo'  valere  riferirsi,  come fa l'art. 1,
comma 1, della legge impugnata, all'art. 58 delle norme di attuazione
dello statuto sardo di cui al d.P.R. n. 348 del 1979, che si limita a
trasferire  alla  Regione  le funzioni amministrative concernenti gli
interventi  per  la  protezione  della  natura, le riserve e i parchi
naturali,   e  all'art. 80  del  d.P.R.  n. 616  del  1977,  che  pur
includendo la «protezione dell'ambiente» nell'ambito della disciplina
dell'uso  del territorio riconducibile alla materia «urbanistica» non
ha  fatto  venir meno le competenze statali in materia specificamente
ambientale.
    Ancor  meno  la  legge  censurata puo' giustificarsi in base alla
competenza  concorrente  della Regione in materia di salute pubblica,
protezione  civile e governo del territorio: mentre questi ultimi due
titoli  di competenza non aggiungono nulla ai poteri della Regione in
campo  ambientale,  in  presenza  della  competenza  statale  di  cui
all'art. 117,  secondo  comma,  lettera s, i poteri della Regione nel
campo  della  tutela della salute non possono consentire, sia pure in
nome  di  una  protezione  piu'  rigorosa della salute degli abitanti
della  Regione  medesima,  interventi  preclusivi  suscettibili, come
nella  specie, di pregiudicare, insieme ad altri interessi di rilievo
nazionale  (cfr.  sentenza  n. 307  del  2003), il medesimo interesse
della salute in un ambito territoriale piu' ampio, come avverrebbe in
caso  di impossibilita' o difficolta' a provvedere correttamente allo
smaltimento di rifiuti radioattivi.
    E',  in  ogni  caso,  decisivo osservare che alle Regioni, sia ad
autonomia  ordinaria  sia ad autonomia speciale, e' sempre interdetto
adottare  misure  di  ogni  genere capaci di ostacolare «in qualsiasi
modo  la  libera  circolazione  delle  persone  e  delle  cose tra le
Regioni»   (art. 120,  primo  comma,  Cost.,  pur  non  espressamente
invocato dal ricorrente): e una normativa, come quella impugnata, che
preclude  il  transito e la presenza, anche provvisoria, di materiali
nucleari  provenienti  da  altri territori e' precisamente una misura
fra quelle che alle Regioni sono vietate dalla Costituzione.
    In  fatto, poi, e' ben noto che il problema dello smaltimento dei
rifiuti  pericolosi  -  e  quelli  radioattivi  lo  sono - di origine
industriale  non  puo'  essere  risolto  sulla base di un criterio di
«autosufficienza»  delle  singole  Regioni  (cfr. sentenze n. 281 del
2000,  n. 335 del 2001, n. 505 del 2002), poiche' occorre tener conto
della   eventuale   irregolare  distribuzione  nel  territorio  delle
attivita'  che  producono  tali  rifiuti,  nonche',  nel  caso  dello
smaltimento dei rifiuti radioattivi, della necessita' di trovare siti
particolarmente  idonei  per conformazione del terreno e possibilita'
di  collocamento  in sicurezza dei rifiuti medesimi. La comprensibile
spinta,  spesso presente a livello locale, ad ostacolare insediamenti
che gravino il rispettivo territorio degli oneri connessi (secondo il
noto detto «not in my backyard»), non puo' tradursi in un impedimento
insormontabile  alla  realizzazione  di  impianti  necessari  per una
corretta  gestione del territorio e degli insediamenti al servizio di
interessi di rilievo ultraregionale.
    5. - Nemmeno varrebbe, a contrastare la fondatezza della censura,
il  rilievo  che il comma 2 dell'art. 1 della legge impugnata esclude
dal  divieto  di  transito  e  di presenza «i materiali necessari per
scopi  sanitari,  per  il  supporto  della sicurezza, del controllo e
della  produzione  industriale  e per la ricerca scientifica», ne' il
rilievo  del  carattere in qualche modo transitorio della disciplina,
in  attesa che, ai sensi dell'art. 2, comma 2, della stessa legge, la
Regione  adotti la propria «definitiva posizione» sull'utilizzo ed il
deposito  nel  territorio  regionale  di  sostanze  radioattive  o di
rifiuti radioattivi.
    Quanto  al  primo  rilievo,  basta  infatti  osservare che queste
esenzioni  non  riguardano  il  caso  dello  smaltimento  di  rifiuti
radioattivi,  che  e',  notoriamente,  il  problema che fa sorgere le
maggiori difficolta' in termini di individuazione dei siti idonei.
    Quanto  alla  transitorieta'  della  disciplina,  essa,  anche se
sussistesse  (ma  l'art. 1  non  si  esprime  in questi termini), non
varrebbe  a  giustificarla sul piano costituzionale, una volta che si
riscontri,  come  si e' fatto, che essa eccede dalla competenza della
Regione e viola limiti a questa imposti dalla Costituzione.
    L'art. 1  della  legge  regionale  e'  dunque  costituzionalmente
illegittimo.  Lo sono egualmente, per la loro stretta connessione con
l'art. 1,  le  altre  disposizioni  della  legge:  l'art. 2, infatti,
presuppone  la  possibilita' per la Regione di decidere autonomamente
sullo stoccaggio in Sardegna di rifiuti pericolosi prodotti fuori del
territorio  regionale, e l'art. 3 si riferisce espressamente a misure
dirette  ad impedire «l'immissione di nuove ed ulteriori consistenze»
di materiali nucleari nel medesimo territorio della Regione.
    6.  - La legge regionale della Basilicata 21 novembre 2003, n. 31
(Modifiche  ed  integrazioni  alla  legge  regionale  31 agosto 1995,
n. 59), aggiunge, con l'art. 1, un comma 1-bis all'art. 1 della legge
regionale  31 agosto  1995,  n. 59  (Normativa  sullo smaltimento dei
rifiuti),   del   seguente   tenore:  «Il  territorio  della  Regione
Basilicata  e'  dichiarato  denuclearizzato  e precluso al transito e
alla  presenza, anche transitoria, di materiali nucleari non prodotti
nel   territorio  regionale.  Tale  preclusione  non  si  applica  ai
materiali necessari per scopi sanitari e per la ricerca scientifica».
    L'art. 2  della legge impugnata, a sua volta, aggiunge alla legge
regionale  n. 59  del  1995  il  seguente  art. 4-bis:  «La  Regione,
attraverso  le proprie strutture preposte alla vigilanza ambientale e
sanitaria,  ivi  comprese l'ARPAB e le Aziende del Servizio sanitario
regionale,  cura la rilevazione tecnica e strumentale di presenze sul
territorio  regionale  di  materiale  nucleare  e adotta le misure di
prevenzione  necessarie  ai  fini  di  cui  al precedente articolo 1,
comma 1-bis».
    Il  ricorrente  lamenta  la  violazione  della competenza statale
esclusiva  in materia di tutela dell'ambiente, la violazione di norme
comunitarie  e dunque dell'art. 117, primo comma, della Costituzione,
il  contrasto  con  i principi fondamentali ricavabili in materia dal
d.lgs. n. 230 del 1995.
    7. - La questione e' fondata.
    Poiche'   la   legge  impugnata  tende  a  disciplinare  in  modo
preclusivo di ogni altro intervento la presenza e lo stesso transito,
nel  territorio regionale, di sostanze radioattive, fra cui i rifiuti
radioattivi,  e'  palese  la  invasione  della  competenza  esclusiva
attribuita   allo   Stato   in  materia  di  tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema   dall'art. 117,  secondo  comma,  lettera  s,  della
Costituzione, nonche' la violazione del vincolo generale imposto alle
Regioni  dall'art. 120,  primo  comma,  Cost.  (pur non espressamente
invocato  dal ricorrente), che vieta ogni misura atta a ostacolare la
libera circolazione delle cose e delle persone fra le Regioni.
    Ne'  puo'  essere invocato, a difesa della legge, un potere della
Regione di intervenire a difesa della salute con misure piu' rigorose
di  quelle  fissate dallo Stato, poiche', come si e' gia' osservato a
proposito  dell'analoga  legge della Regione Sardegna, la Regione non
puo' in ogni caso adottare misure che pregiudichino, insieme ad altri
interessi di rilievo nazionale, lo stesso interesse alla salute in un
ambito  piu' vasto, come accadrebbe se si ostacolasse la possibilita'
di smaltire correttamente i rifiuti radioattivi.
    Anche  in  questo  caso, come in quello della Regione Sardegna, e
per  le  stesse ragioni, l'illegittimita' della legge non puo' essere
esclusa  invocando  le  esenzioni  dal  divieto previste dallo stesso
comma 1-bis  introdotto  nell'art. 1  della legge regionale n. 59 del
1995.
    L'art. 1  della legge impugnata (art. 1, comma 1-bis, della legge
regionale n. 59 del 1995) e' dunque costituzionalmente illegittimo; e
altrettanto  e'  a  dirsi,  di  conseguenza, per l'art. 2 (art. 4-bis
della  legge  regionale  n. 59  del  1995), che si riferisce a misure
«necessarie ai fini» di cui al detto art. 1.
    8.  -  La  legge  regionale della Calabria 5 dicembre 2003, n. 26
(Dichiarazione  della Calabria denuclearizzata. Misure di prevenzione
dall'inquinamento  proveniente da materiale radioattivo. Monitoraggio
e salvaguardia ambientale della salute dei cittadini) si compone di 5
articoli.
    L'art. 1  stabilisce  che  «La  Regione  Calabria, sulla base dei
principi  costituzionali e delle competenze in materia di urbanistica
ed ambiente, nonche' delle attribuzioni in via concorrente in materia
di salute pubblica, protezione civile e governo del territorio di cui
al   terzo   comma  dell'art. 117  della  Costituzione,  dichiara  il
territorio  regionale  della  Calabria  denuclearizzato e precluso al
transito  ed  alla presenza, anche transitoria, di materiali nucleari
non prodotti nel territorio regionale».
    L'art. 2   dispone  la  promozione  di  una  «Conferenza  per  la
sicurezza  e  la  cooperazione  del  Sud»  intesa  a  «rilanciare  la
denuclearizzazione  di  territori vocati all'agricoltura e al turismo
individuando forme di collaborazione solidaristica tra le popolazioni
interessate».
    L'art. 3 prevede la nomina di un «Collegio referente» con compiti
di  verifica,  a  seguito  della  cui  attivita'  il Presidente della
Regione,  su  parere  vincolante  del Consiglio regionale sugli esiti
dell'inchiesta  esprimera'  «la  definitiva  posizione  della Regione
sull'utilizzo  ed  il  deposito  nel territorio regionale di sostanze
nucleari  o  di  loro  residui» (comma 2); e la adozione di «apposite
norme  che regolino i controlli e le azioni amministrative necessarie
per l'effettiva denuclearizzazione del proprio territorio» (comma 4).
    L'art. 5  prevede  misure di vigilanza e controllo necessarie per
impedire  ogni contiguita' di materiali nucleari con le popolazioni e
le strutture civili «prevenendo l'immissione di nuove consistenze dei
medesimi materiali».
    L'art. 5 disciplina l'entrata in vigore della legge.
    Il  ricorrente  censura  la  legge  con argomentazioni analoghe a
quelle riferite alla legge della Regione Basilicata.
    9.  -  La questione e' fondata, per le medesime ragioni e in base
ai  medesimi  argomenti  gia'  svolti a proposito della analoga legge
della  Regione  Basilicata,  nonche'  a  proposito  della legge della
Regione  Sardegna circa l'asserita non definitivita' della disciplina
adottata.
    Anche   in  questo  caso  l'illegittimita'  dell'art. 1  comporta
necessariamente la dichiarazione di illegittimita' dell'intera legge:
infatti l'art. 2 nuovamente si riferisce alla «denuclearizzazione» di
territori;  l'art. 3  presuppone  la  possibilita'  per la Regione di
adottare  una  «definitiva  posizione»  autonoma  sull'utilizzo e sul
deposito  nel  territorio  regionale  di  sostanze nucleari e di loro
residui;   e   l'art. 4   finalizza   le   misure   alla  prevenzione
dell'ingresso di materiali nucleari nel territorio regionale.
    10.  -  Il  decreto  legge 14 novembre 2003, n. 314 (Disposizioni
urgenti   per  la  raccolta,  lo  smaltimento  e  lo  stoccaggio,  in
condizioni   di  massima  sicurezza,  dei  rifiuti  radioattivi),  e'
impugnato  dalla  Regione Basilicata nel testo risultante dalla legge
di conversione 24 dicembre 2003, n. 368.
    Esso,   a  differenza  del  testo  originario  del  decreto,  non
individua  piu'  nel  territorio  del  Comune  di Scanzano Jonico, in
Provincia  di  Matera,  il  sito  per  la  realizzazione del Deposito
nazionale  dei  rifiuti radioattivi. Si limita invece a prevedere che
la  sistemazione in sicurezza dei rifiuti radioattivi, degli elementi
di  combustibile  irraggiati  e  dei  materiali nucleari, ivi inclusi
quelli rivenienti dalla disattivazione delle centrali elettronucleari
e  degli impianti di ricerca e di fabbricazione del combustibile, sia
effettuata presso il Deposito nazionale, riservato ai soli rifiuti di
III   categoria,   che  costituisce  «opera  di  difesa  militare  di
proprieta'  dello Stato»; e che il sito sia individuato entro un anno
dal  Commissario straordinario nominato ai sensi dell'art. 2, sentita
l'apposita  Commissione  tecnico-scientifica, e previa intesa in sede
di  conferenza  unificata  Stato-Regioni-autonomie locali, ovvero, in
mancanza  del  raggiungimento dell'intesa entro il termine stabilito,
con   decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  previa
deliberazione del Consiglio dei ministri (art. 1, comma 1).
    La  realizzazione del Deposito e' affidata alla societa' gestione
impianti  nucleari  (SOGIN  S.p.A.:  art. 1, comma 2), utilizzando le
procedure speciali previste per le opere cosiddette strategiche dalla
legge n. 443 del 2001 e dal d.lgs. n. 190 del 2002 (art. 1, comma 3).
    La  «validazione»  del  sito  e'  effettuata  dal  Consiglio  dei
ministri,   sulla   base   degli   studi  effettuati  dalla  apposita
Commissione  tecnico-scientifica,  previo  parere dell'Agenzia per la
protezione  dell'ambiente  e  per  i  servizi  tecnici, del Consiglio
nazionale  delle  ricerche  e  dall'Ente  per  le  nuove  tecnologie,
l'energia e l'ambiente (art. 1, comma 4-bis).
    L'art. 2  prevede la nomina da parte del Presidente del Consiglio
dei  ministri  di un Commissario straordinario, il quale provvede «in
deroga   alla  normativa  vigente»  agli  adempimenti  relativi  alla
realizzazione  del  Deposito,  fra  cui  l'approvazione  dei progetti
(comma  1,  lettera f),  ed  e' autorizzato ad adottare, con speciali
modalita'  e  poteri,  anche sostitutivi, tutti i provvedimenti e gli
atti    di    qualsiasi    natura   necessari   alla   progettazione,
all'istruttoria,  all'affidamento  e  alla realizzazione del Deposito
nazionale, fatte salve le sole competenze del Ministero dell'ambiente
e  della  tutela  del territorio in materia di valutazione di impatto
ambientale   e   le   competenze   dell'Agenzia   per  la  protezione
dell'ambiente e per i servizi tecnici-APAT (comma 2). E' prevista una
speciale   Commissione  tecnico-scientifica  composta  da  diciannove
esperti, di cui quattro nominati dalla Conferenza unificata, espressi
due  dalle  Regioni  e  due  dagli  enti  locali. Il Presidente della
Commissione  (a  seguito  di  una  successiva modifica introdotta con
l'art. 1,  comma 106,  della  legge  n. 239 del 2004) e' nominato dal
Presidente  del Consiglio d'intesa con la Conferenza unificata (comma
3).
    L'art. 3  prevede la allocazione e gestione in via definitiva dei
rifiuti  radioattivi  di  III categoria e del combustibile irraggiato
nel  Deposito  nazionale, e la messa in sicurezza e lo stoccaggio dei
rifiuti  di I e II categoria in base ad un decreto del Presidente del
Consiglio.
    L'art. 4  prevede  fra  l'altro  misure compensative a favore dei
siti che ospitano impianti nucleari, e successivamente del territorio
che ospita il Deposito nazionale.
    L'art. 5   dispone  misure  di  carattere  finanziario;  l'art. 6
disciplina l'entrata in vigore del decreto.
    11.  -  La ricorrente Regione Basilicata censura il decreto legge
nel  suo  complesso,  in  primo  luogo,  lamentando  la  mancanza dei
requisiti di straordinaria necessita' ed urgenza idonei a legittimare
l'intervento  del  Governo, e quindi la violazione dell'art. 77 della
Costituzione.  Essa osserva che il decreto disciplina attivita', come
la  realizzazione  del  Deposito, destinate ad essere completate solo
entro  il 2008, e che non vi era urgenza di provvedere per la inerzia
del Parlamento, il quale aveva in itinere l'approvazione di una legge
di   delega  sull'argomento,  dal  contenuto  piu'  rispettoso  delle
autonomie regionali.
    In  secondo  luogo  la  ricorrente  lamenta  la  violazione delle
competenze  legislative  della  Regione  in  materia  di tutela della
salute,  protezione  civile  e  governo  del territorio, in quanto la
disciplina adottata produrrebbe effetti vincolanti e irreversibili, e
non  si  limiterebbe, come sarebbe stato doveroso, a fissare principi
sulla cui base le Regioni potessero dettare una ulteriore normativa.
    Infine   la   ricorrente  denuncia  la  violazione  dei  principi
costituzionali     di    «sussidiarieta',    ragionevolezza,    leale
collaborazione  e previa intesa tra Stato e Regioni», osservando che,
pur  avendo  lo  Stato competenza legislativa esclusiva in materia di
tutela  dell'ambiente,  le  funzioni amministrative dovrebbero essere
svolte dagli enti territoriali ogni volta che l'ente sia coinvolto da
iniziative  riguardanti  il  suo  territorio o la sua popolazione. Lo
Stato,  per  assumere  le funzioni amministrative che apparterrebbero
naturaliter agli enti territoriali, dovrebbe preliminarmente esaurire
una  fase  interlocutoria  di  previa  intesa,  coinvolgente tutte le
Regioni, per procedere alla individuazione del territorio ove ubicare
il  deposito,  e successivamente, per la realizzazione dell'opera, la
Regione il cui territorio fosse stato individuato come area utile per
collocarvi l'opera stessa. Solo a seguito di un infruttuoso tentativo
di  intesa sarebbe consentito allo Stato di avocare a se' le funzioni
amministrative  in  questione.  Nella  normativa  impugnata,  invece,
secondo  la  ricorrente,  non  vi sarebbe traccia dell'esaurimento di
tale  fase  interlocutoria  e l'intervento dell'esecutivo statale non
sarebbe  previsto  come  successivo  «ad  un espresso atto di diniego
proveniente dall'ente regionale interessato».
    12.  -  Non  puo'  accogliersi  l'eccezione  del  Presidente  del
Consiglio   dei  ministri  di  tardivita'  dell'impugnazione  perche'
effettuata  solo  dopo l'entrata in vigore della legge di conversione
del  decreto  legge,  che  avrebbe  solo completato la disciplina. La
giurisprudenza  di  questa  Corte  e'  costante  nel  riconoscere  la
tempestivita'  della  impugnazione  dei  decreti  legge  dopo la loro
conversione,  che  ne  stabilizza  la presenza nell'ordinamento (cfr.
sentenze  n. 113  del  1967, n. 192 del 1970, n. 25 del 1996 e n. 287
del 2004).
    13.  -  La censura di violazione dell'art. 77 della Costituzione,
anche a volerla considerare ammissibile in quanto intesa a far valere
in via indiretta una lesione delle competenze della Regione derivante
dal contenuto delle norme del decreto legge, e' infondata.
    Non   solo  non  e'  evidente,  nella  specie,  la  mancanza  dei
presupposti  di  straordinaria necessita' ed urgenza, che legittimano
il  ricorso  al decreto legge (cfr. sentenze n. 29 del 1995 e nn. 6 e
285  del  2004): ma, al contrario, appare evidente come l'esigenza di
prevedere   una   adeguata   disciplina   idonea   a   consentire  la
realizzazione  delle opere, oggi mancanti, necessarie per un corretto
smaltimento  dei rifiuti radioattivi, evitando pericoli per la salute
e  per  l'ambiente, configuri un valido presupposto per un intervento
d'urgenza:  anche  se  poi  il  completamento delle procedure e delle
opere  necessarie possa richiedere tempi non brevi. L'urgenza infatti
riguarda  il provvedere, anche quando occorra tempo per conseguire il
risultato voluto.
    14.   -   Passando   alle  censure  fondate  sull'art. 117  della
Costituzione  e sui principi di sussidiarieta' e leale collaborazione
(mentre  non  viene  in  esame  un  autonomo  profilo  attinente alla
«ragionevolezza»   della   legge),  si  deve  anzitutto  disattendere
l'ulteriore  eccezione  di  inammissibilita' avanzata dall'Avvocatura
erariale,  secondo  cui difetterebbe nel ricorso la individuazione di
singole  disposizioni  in  ipotesi  non  di  principio,  e  come tali
denunciate in quanto lesive della competenza regionale.
    E' vero che l'impugnazione riguarda l'intero decreto legge, ma e'
altrettanto  vero  che  il  contenuto  di  questo e' omogeneo e assai
specifico,  concernendo  le  competenze  ed  i  procedimenti  per  la
individuazione del sito in cui ubicare il Deposito nazionale e per la
sua   realizzazione.   Pertanto   l'oggetto   delle   censure  appare
sufficientemente precisato.
    15.  -  La  questione, sotto questi profili, e' solo parzialmente
fondata.
    La  competenza  statale  in  tema di tutela dell'ambiente, di cui
all'art. 117,  secondo  comma,  lettera  s, Cost., e' tale da offrire
piena  legittimazione ad un intervento legislativo volto a realizzare
un  impianto  necessario  per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi,
oggi  conservati  in  via provvisoria in diversi siti, ma destinati a
trovare  una loro collocazione definitiva che offra tutte le garanzie
necessarie sul piano della protezione dell'ambiente e della salute.
    E'   ben   vero  che  tale  competenza  statale  non  esclude  la
concomitante  possibilita'  per  le  Regioni  di  intervenire,  anche
perseguendo  finalita' di tutela ambientale (cfr. sentenze n. 407 del
2002,  n. 307 del 2003 e n. 259 del 2004), cosi' nell'esercizio delle
loro  competenze  in  tema  di  tutela  della salute e di governo del
territorio,  ovviamente  nel  rispetto  dei  livelli minimi di tutela
apprestati  dallo Stato e dell'esigenza di non impedire od ostacolare
gli  interventi  statali  necessari per la soddisfazione di interessi
unitari,  eccedenti  l'ambito  delle  singole  Regioni.  Ma  cio' non
comporta  che  lo  Stato debba necessariamente limitarsi, allorquando
individui l'esigenza di interventi di questa natura, a stabilire solo
norme   di  principio,  lasciando  sempre  spazio  ad  una  ulteriore
normativa regionale.
    Del  pari,  l'attribuzione  delle  funzioni amministrative il cui
esercizio   sia  necessario  per  realizzare  interventi  di  rilievo
nazionale  puo'  essere  disposta,  in  questo  ambito,  dalla  legge
statale, nell'esercizio della competenza legislativa esclusiva di cui
all'art. 117, secondo comma, lettera s, della Costituzione, e in base
ai   criteri  generali  dettati  dall'art. 118,  primo  comma,  della
Costituzione,   vale   a   dire   ai   principi   di  sussidiarieta',
differenziazione ed adeguatezza.
    Nella  specie,  la  localizzazione e la realizzazione di un unico
impianto   destinato   a   consentire   lo  smaltimento  dei  rifiuti
radioattivi  potenzialmente piu' pericolosi, esistenti o prodotti sul
territorio   nazionale,   costituiscono  certamente  compiti  il  cui
esercizio unitario puo' richiedere l'attribuzione della competenza ad
organi statali.
    16.  - Tuttavia, quando gli interventi individuati come necessari
e  realizzati  dallo  Stato,  in vista di interessi unitari di tutela
ambientale,  concernono  l'uso  del  territorio,  e in particolare la
realizzazione  di opere e di insediamenti atti a condizionare in modo
rilevante  lo stato e lo sviluppo di singole aree, l'intreccio, da un
lato,  con  la competenza regionale concorrente in materia di governo
del  territorio, oltre che con altre competenze regionali, dall'altro
lato  con  gli  interessi  delle popolazioni insediate nei rispettivi
territori,  impone  che  siano adottate modalita' di attuazione degli
interventi  medesimi  che  coinvolgano, attraverso opportune forme di
collaborazione,  le  Regioni  sul  cui territorio gli interventi sono
destinati a realizzarsi (cfr. sentenza n. 303 del 2003).
    Il  livello  e  gli  strumenti  di  tale  collaborazione  possono
naturalmente  essere  diversi  in  relazione  al  tipo  di  interessi
coinvolti  e alla natura e all'intensita' delle esigenze unitarie che
devono essere soddisfatte.
    Nella  specie,  i  procedimenti  configurati  dal  decreto  legge
impugnato  concernono sia la individuazione del sito in cui collocare
il  Deposito,  e  dunque  la  scelta  dell'area  piu' idonea sotto il
profilo  tecnico  e in relazione ad ogni altra circostanza rilevante,
sia la concreta localizzazione e la realizzazione dell'impianto.
    Sotto  il  primo  profilo  e'  corretto il coinvolgimento, che il
decreto  legge attua, delle Regioni e delle autonomie locali nel loro
insieme,  attraverso  la Conferenza unificata Stato-Regioni-autonomie
locali,  chiamata  a  cercare  l'intesa sulla individuazione del sito
(art. 1,  comma 1,  del  decreto  legge impugnato). Naturalmente, ove
l'intesa   non  venga  raggiunta,  lo  Stato  deve  essere  posto  in
condizioni  di  assicurare egualmente la soddisfazione dell'interesse
unitario  coinvolto,  di  livello  ultraregionale.  Pertanto,  non si
presta  a  censure  la  previsione  secondo  cui,  in caso di mancata
intesa, la individuazione del sito e' rimessa, secondo uno schema ben
noto  ed  usuale,  ad  un  provvedimento  adottato dal Presidente del
Consiglio dei ministri, previa delibera del Consiglio dei ministri, e
dunque col coinvolgimento del massimo organo politico-amministrativo,
che  assicura  il livello adeguato di relazione fra organi centrali e
autonomie regionali costituzionalmente garantite.
    Parimenti  appare  idonea ad assicurare la tutela degli interessi
degli  enti  territoriali  la  previsione secondo cui, nella apposita
Commissione tecnico-scientifica incaricata di fornire pareri e studi,
quattro  membri  sono  nominati dalla Conferenza unificata, mentre il
Presidente  (in  base  alla modifica introdotta nell'art. 2, comma 3,
del  decreto  legge  dall'art. 1,  comma 196,  della legge n. 239 del
2004)  e'  nominato  dal  Presidente  del  Consiglio  d'intesa con la
medesima Conferenza unificata.
    17.  -  Quando  pero',  una  volta  individuato il sito, si debba
provvedere  alla  sua  «validazione», alla specifica localizzazione e
alla   realizzazione   dell'impianto,   l'interesse  territoriale  da
prendere  in  considerazione  e  a cui deve essere offerta, sul piano
costituzionale,  adeguata  tutela,  e'  quello  della Regione nel cui
territorio  l'opera  e'  destinata  ad essere ubicata. Non basterebbe
piu',  a  questo livello, il semplice coinvolgimento della Conferenza
unificata,   il   cui   intervento   non   puo'   sostituire  quello,
costituzionalmente  necessario,  della  singola  Regione  interessata
(cfr.  sentenze  n. 338  del 1994, n. 242 del 1997, n. 303 del 2003 e
n. 6 del 2004).
    Da  questo punto di vista, la disciplina recata dal decreto legge
impugnato e' carente. Infatti essa prevede che alla «validazione» del
sito provveda il Consiglio dei ministri, sulla base degli studi della
Commissione  tecnico-scientifica,  e  sentiti  i  soli pareri di enti
nazionali  (l'Agenzia  per  la  protezione  dell'ambiente,  il  CNR e
l'ENEA:   art. 1,   comma 4-bis).   A   sua   volta   il  Commissario
straordinario  statale  provvede,  fra  l'altro, anche in deroga alla
normativa   vigente,   ad  approvare  i  progetti  (art. 2,  comma 1,
lettera f).
    E'  dunque  necessario,  al  fine di ricondurre tali previsioni a
conformita'   alla   Costituzione,   che   siano  previste  forme  di
partecipazione  al  procedimento  della  Regione  interessata,  fermo
restando  che  in  caso  di  dissenso  irrimediabile  possono  essere
previsti  meccanismi  di  deliberazione definitiva da parte di organi
statali, con adeguate garanzie procedimentali.
    Una  garanzia  minima  della  Regione  e'  invece  presente nella
previsione  del  comma 2, primo periodo, dell'art. 2, ai cui sensi il
Commissario  straordinario  e'  autorizzato  ad  adottare,  anche  in
sostituzione  dei  soggetti  competenti,  tutti i provvedimenti e gli
atti    di    qualsiasi    natura   necessari   alla   progettazione,
all'istruttoria,  all'affidamento  e  alla realizzazione del Deposito
nazionale,   ma   operando  con  le  modalita'  e  i  poteri  di  cui
all'articolo 13  del  decreto  legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito
con  modificazioni  dalla  legge  23 maggio  1997, n. 135. Infatti il
comma 4,  secondo  periodo,  di  detto  art. 13  prevede  che, ove il
Commissario,  decorso  un termine per l'adozione degli atti necessari
da  parte delle amministrazioni competenti, provveda in sostituzione,
in  caso  di competenza regionale i provvedimenti siano comunicati al
Presidente  della  Regione,  il  quale,  entro  quindici giorni, puo'
disporne la sospensione, anche provvedendo diversamente.
    Quanto  alle  procedure per la messa in sicurezza e lo stoccaggio
dei  rifiuti  radioattivi di I e II categoria, cui provvede, ai sensi
dell'art. 3,  comma 1-bis,  il  Presidente  del Consiglio con proprio
decreto, vale osservare che per tale messa in sicurezza «si applicano
le  procedure  tecniche  e amministrative di cui agli articoli 1 e 2»
del decreto, fatta eccezione per quelle speciali previste dalla legge
n. 443  del  2001  e  dal  d.lgs.  n. 190 del 2002. Pertanto, anche a
seguito della dichiarazione di parziale illegittimita' costituzionale
degli  art. 1  e  2,  a  tali  procedure  vengono ad essere estese le
garanzie previste per quelle relative al Deposito nazionale.
    In definitiva, i soli artt. 1, comma 4-bis, e 2, comma 1, lettera
f,  devono  essere  dichiarati  costituzionalmente  illegittimi nella
parte  in  cui  non  prevedono  idonee  forme  di  partecipazione  al
procedimento  da  parte  della Regione nel cui territorio l'opera sia
destinata ad essere realizzata.
    Avendo  la  Corte deciso il merito del ricorso, non vi e' luogo a
procedere  in  ordine  alla  istanza di sospensione del decreto legge
impugnato, formulata dalla ricorrente Regione Basilicata.