IL GIUDICE DI PACE

    Nel  procedimento  penale  pendente  nei confronti di Nada Luigi,
nato a Gorzegno il 15 febbraio 1929 per il reato di cui all'art. 594,
comma 1 e 4 c.p., accertato in Cengio in data 12 ottobre 2002;

                            O s s e r v a

    L'eccezione di illegittimita' costituzionale di cui si tratta, e'
stata  sollevata  dal  patrocinio  dell'imputato  il  quale argomenta
sostanzialmente   in   due  fondamentali  motivazioni.  La  prima  si
riferisce  all'attivita'  legislativa  in sede di licenziamento della
riforma relativa all'adozione dei riti alternativi per la definizione
dei  processi penali con un piu' celere iter e, conseguentemente, con
una  piu'  rapida  definizione. In funzione di questa impostazione il
legislatore  non  ha  posto alcun limite, ne' in relazione al tipo di
reato  contestato, ne' al giudice competente a giudicare. Non emerge,
in  sostanza,  alcun elemento che possa far trasparire la volonta' di
circoscrivere  la  diminuzione  di  pena  solo ad alcune categorie di
illecito.  Ne  deriva che la norma censurata contrasta con la ragione
di  fondo  dell'impianto  processuale prefigurato nella legge delega,
tendente  a favorire l'adozione dei riti alternativi, per contenere i
carichi  processuali. Non sussiste, inoltre alcuna discriminazione ai
fini  dell'applicazione  dei  riti alternativi, a seconda del giudice
che  li  applica. Rito abbreviato e patteggiamento sono di competenza
del  giudice  penale  senza  distinzione  tra  giudice  monocratico e
giudice  collegiale,  comprendono la figura del giudice di pace nella
prima  categoria.  A questo punto si inserisce la censura secondo cui
la  norma  in questione crea una palese disparita' di trattamento tra
le  ipotesi  delittuose,  ancora  di  competenza  del  giudice penale
monocratico  che  prevedono  la  punizione del reato con la sola pena
pecuniaria e quelli di competenza del giudice di pace che altrettanto
sono  punibili  soltanto  con  pena  pecuniaria. Ancora disparita' di
trattamento  si  ha  rispetto  all'opponente  al  decreto  penale  di
condanna,  che  e'  soltanto  sanzione  pecuniaria,  e l'imputato nel
giudizio davanti al giudice di pace. Al primo, infatti, e' consentito
di  richiedere  sia  il  giudizio  immediato  sia l'applicazione e la
definizione  dello  stesso  con i riti alternativi; al secondo questa
possibilita' e' negata. Ritiene questo giudice che le questioni cosi'
come  formulate  non possano essere definite manifestamente infondate
sia   in   rapporto   all'art. 111  della  Carta  costituzionale  con
riferimento   ai  principi  dal  giusto  processo,  sia  in  rapporto
all'art. 3    della   medesima   legge   fondamentale   relativamente
all'eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge.
    Del  pari  ritiene sicuramente rilevante la questione proposta ai
fini  della  definizione  del  processo di che trattasi, ben diversa,
nella sostanza, a seconda della soluzione che verra' fornita.