LA CORTE DI APPELLO Visti gli atti della causa civile iscritta al n.172/04 R.G. a seguito di appello proposto da Girardi Rolando, Lobis Markus, Troger Christian, Senoner Klaus Robert, Comploj Hubert, Martini Toni, Berger Karl, Gruber Johann, Michaeler Hans-Jörg, Siller Rudolf, Unterhuber Anton Franz e Weisssteiner Ferdinand Oswald nei confronti di Durnwalder dott. Luis, del Presidente pro tempore del Consiglio provinciale di Bolzano, del Presidente pro tempore del Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige e del p.m. avverso la sentenza n.808/04 dd. 19-24 agosto 2004 pronunciata dal Tribunale di Bolzano nella sua sede principale nonche' gli atti della causa civile iscritta al n. 177/04 RG. a seguito di appello proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bolzano nei confronti di Durnwalder dott. Luis, del Presidente pro tempore del Consiglio provinciale di Bolzano, del Presidente pro tempore del Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige nonche' di Girardi Rolando, Lobis Markus, Troger Christian, Senoner Klaus Robert, Comploj Hubert, Martini Toni, Berger Karl, Gruber Johann, Michaeler Hans-Jörg, Siller Rudolf, Unterhuber Anton Franz e Weisssteiner Ferdinand Oswald ad impugnazione della medesima sentenza (procedimenti poi riuniti sotto il n. 172/04 RG. all'udienza del 27 ottobre 2004); Uditi in pubblica udienza, a seguito di relazione fatta dal presidente, i procuratori delle parti costituite ed il Procuratore Generale presso questa sezione distaccata della Corte di appello; Sciogliendo la riserva formulata alla specificata udienza del 27 ottobre 2004; ha pronunciato la seguente ordinanza. Svolgimento del processo Con il ricorso dd. 20-21 luglio 2004 presentato al Tribunale di Bolzano nella sua sede principale, Girardi Rolando, Lobis Markus, Troger Christian, Senoner Klaus Robert, Comploj Hubert, Martini Toni, Berger Karl, Gruber Johann, Michaeler Hans-Jörg, Siller Rudolf, Unterhuber Anton Franz e Weisssteiner Ferdinand Oswald, tutti nella loro veste di cittadini iscritti nelle liste elettorali di comuni della Provincia di Bolzano e per l'effetto chiamati a partecipare alle elezioni del Consiglio provinciale di Bolzano indette per il giorno 26 ottobre 2003 e sfociate nella elezione a consigliere provinciale di Durnwalder dott. Luis, poi convalidata dal Consiglio provinciale in data 8 giugno 2004, domandarono che il predetto consigliere Durnwalder fosse dichiarato decaduto di diritto sin dall'origine, dalla relativa carica per avere ricoperto, da diversi anni e fino a tutto il 14 maggio 2004, ossia fino alla naturale scadenza del relativo mandato assunto per il triennio 2001/03 la qualifica di membro del consiglio di amministrazione della Sadobre S.p.a., della quale la Provincia autonoma di Bolzano era stata socio con una quota di partecipazione eccedente il 50%, versando cosi' esso Durnwalder, alla data dell'ultimo giorno fissato per la presentazione delle candidature, nella situazione di ineleggibilita' prevista dal combinato disposto degli artt. 10 e 11 della legge regionale 8 agosto 1983, n. 7, recepita dall'art. 1 comma 1 della legge provinciale 14 marzo 2003, n. 4. Il consigliere Durnwalder, costituendosi con comparsa dd. 11 agosto 2004, resistette alla domanda, facendo sostanzialmente valere che la carica di membro del consiglio di amministrazione della Sadobre S.p.a. da esso rivestita non era bastata a produrre la denunciata situazione di conflitto, in quanto l'art. 11, comma 1, lett. c), della legge regionale n. 7/1983 richiamata dai ricorrenti, per il dato testuale e per la sua collocazione sistematica in seno all'impianto normativo, era venuto a disciplinare esclusivamente la posizione dell'amministratore o dirigente che avesse ricoperto la qualifica di legale rappresentante di societa' per azioni con partecipazione maggioritaria dell'ente (Regione o Provincia) ed era anche stato conformemente e ripetutamente interpretato ed applicato dal competente Consiglio Regionale della Regione Trentino-Alto Adige, da varie legislature, in vari altri casi del tutto analoghi. Con l'ora appellata sentenza numero 808/04 dd. 19-24 agosto 2004 il Tribunale di Bolzano provvide a rigettare la domanda a spese compensate, richiamando a tal fine gli insegnamenti impartiti dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 129 dd. 21 maggio 1975 e pervenendo, attraverso l'interpretazione costituzionalmente orientata dall'art. 11 della citata legge regionale, al risultato che la qualifica di membro del consiglio di amministrazione della Sadobre S.p.a. ricoperta dal Durnwalder avesse integrato una semplice causa di incompatibilita' accostabile a quelle rimaste disciplinate dal successivo art. 12 e, nel caso di specie, venuta meno in epoca pacificamente anteriore al momento in cui era stata deliberata la convalida della contestata elezione del predetto consigliere. Con il proposto appello i cittadini elettori originari ricorrenti, censurando la validita' dell'interpretazione effettuata dal primo giudice e sostenendo che una corretta lettura della norma avrebbe imposto l'inquadramento della fattispecie, anche perche' testualmente definita come di ineleggibilita', fra quelle disciplinate dall'art. 10 delle legge regionale, tornarono a domandare che l'adita Corte di appello, ravvisata la denunciata situazione di ineleggibilita', dichiarasse la cessazione dalla carica fin dall'origine del consigliere Durnwalder. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bolzano, sviluppando autonomo appello per contestare la soluzione interpretativa percorsa dal Tribunale in aderenza a quella risalente sentenza «additiva» della Consulta, insistette, per l'ipotesi che la posizione del consigliere Durnwalder non fosse ritenuta sussumibile sotto le norme dettate a disciplina delle ipotesi di ineleggibilita', che fosse dichiarata la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto dell'art. 1, comma 1 della legge provinciale n. 4/2003 e dell'art. 11 della legge regionale n. 7/1983 in quanto venuti a ledere il principio della ragionevolezza ed a risultare praticamente inapplicabili per ragioni sostanzialmente identiche a quelle gia' valutate, seppure in riferimento ad una diversa legge intervenuta su materia analoga, appunto con la specificata pronuncia emessa nell'anno 1975. L'appellato consigliere Durnwalder, invece, costituendosi nuovamente, si limito' ad invocare il rigetto delle proposte impugnazioni. A cause di appello gia' avviate il Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige approvo' la legge regionale 29 settembre 2004, n. 3 («interpretazione autentica dell'art. 11, comma 1, della legge regionale 8 agosto 1983, n. 7»), il cui unico art. 1 (interpretazione autentica) recita: «1. Nell'art. 11, comma 1, della legge regionale 8 agosto 1983, n. 7, e successive modifiche, le espressioni amministratori o dirigenti, ovunque ricorrano, sono riferite esclusivamente a soggetti titolati alla rappresentanza esterna dell'ente o societa». Tale legge, essendo stata pubblicata sul Bollettino della Regione Trentino-Alto Adige n. 41/I-II del 12 ottobre 2004, entro' in vigore il 27 ottobre 2004, ossia con lo stesso giorno per il quale era stata fissata l'udienza di discussione nei due giudizi di appello, poi riuniti. Peraltro ancora prima ed in previsione dell'entrata in vigore della predetta legge regionale gli appellanti cittadini elettori, presentando memoria difensiva dd. 18 ottobre 2004, avevano eccepito l'illegittimita' costituzionale della nuova normativa per un duplice ordine di considerazioni: sotto un primo profilo in quanto la potesta' legislativa a dettare la disciplina affidata alla nuova legge, anche sotto l'aspetto interpretativo, sarebbe dovuta considerarsi riservata, in virtu' della novella apportata dalla legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2, allo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, al Consiglio provinciale di Bolzano, per cui il Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige, legiferando in materia, sarebbe venuto a violare le previsioni statutarie sul punto; e sotto un profilo ulteriore e di merito, in quanto la recentissima norma interpretativa, innovando con effetti retroattivi, senza che fossero emerse esigenze di vera interpretazione, ad una disciplina tracciata da una normativa gia' di per se' chiara ed inequivoca, peraltro in pendenza di un giudizio avente per oggetto l'applicazione di tale normativa, sarebbe stata emanata senza il doveroso rispetto dei generali principi di ragionevolezza, della tutela dell'affidamento e della coerenza e certezza dell'ordinamento giuridico, in specifica violazione degli artt. 3, 51 e 102 della Carta costituzionale. Invocarono pertanto i predetti appellanti cittadini elettori che, previa deliberazione della rilevanza ai fini della decisione da emettere nell'instaurata controversia e della non manifesta infondatezza delle questione di legittimita' sollevate negli illustrati termini, l'adita Corte rimettesse gli atti alla Corte costituzionale per il relativo giudizio. Il Procuratore generale, presentando in udienza una propria nota dd. 27 ottobre 2004 e facendo in essa valere l'impostazione innovativa e non gia' interpretativa della nuova legge regionale, ne contesto' l'applicabilita' alla fattispecie portata all'esame della Corte, insistendo per l'accoglimento delle richieste formulate dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale con l'interposto gravame. L'appellato consigliere Durnwalder, mediante memoria dd. 27 ottobre 2004 prodotta e scambiata sempre in udienza, resistette a tutte le nuove avversarie richieste, invocandone il rigetto. Considerazioni in diritto Essendo la Corte chiamata a pronunciarsi sulle questioni di legittimita' costituzionale finora a piu' riprese sollevate dalle diverse parti e dovendo, per ragioni di ordine logico, essere preminentemente verificata la rilevanza, agli effetti della controversia da decidere in questa sede, delle questioni di legittimita' costituzionale sviluppate dagli appellanti cittadini elettori con la memoria difensiva dd. 18 ottobre 2004, s'impone una preliminare analisi dell'intrinseca funzione perseguita dal legislatore con l'emanazione della citata legge regionale 29 settembre 2004 n. 3. Balza, infatti, agli occhi come tale legge, ove non la si potesse ritenere caratterizzata da contenuti interpretativi di per se' retroattivi, essendo entrata in vigore il 27 ottobre 2004 senza alcuna specifica disposizione che ne avesse previsto l'applicazione retroattiva, non sarebbe applicabile alla fattispecie in esame. Va, tuttavia, pur a prescindere dalla (non determinante) conforme autodefinizione emergente dall'intitolazione, riconosciuta l'intrinseca natura interpretativa della predetta legge, in quanto indubbiamente non venuta ad innovare ai contenuti dell'art. 11 della legge regionale 8 agosto 1983, n. 7 bensi' a rendere genericamente piu' chiara ed inequivoca la portata delle originarie espressioni «rappresentanti legali o amministratori dirigenti» riportate alle lettere b) e c) del comma 1, quando il significato della predetta norma, se intesa secondo il dato letterale messa a raffronto con il dettato del comma 4 del successivo art. 12, ma soprattutto se valutata alla luce della costante interpretazione che allo stesso art. 11 risulta essere stata data nella pratica applicazione dalla Commissione di convalida del Consiglio regionale e dal Consiglio stesso da piu' legislature, era divenuto e poteva ragionevolmente ritenersi opinabile. E' vero che la tesi interpretativa sostenuta fin dal giudizio di prime cure e ribadita in questa sede dal consigliere Durnwalder, secondo cui la dicitura «rappresentanti legali, amministratori o dirigenti delle societa' per azioni con capitale maggioritario della Regione o delle Province autonome» dovrebbe equivalere a quella di «legali rappresentanti, siano essi amministratori o dirigenti» delle considerate societa' per azioni, sembrerebbe a prima vista smentita dalla mancanza di una virgola a seguito del vocabolo «dirigenti» (la cui presenza soltanto avrebbe reso piu' stringente o addirittura imposto la lettura reclamata dal Durnwalder), tantopiu' che l'analogo precetto dettato dalla precedente lettera b) del comma 1, riferito ai «rappresentanti legali, amministratori o dirigenti di imprese o societa' volte al profitto di privati e sussidiati dalla Regione o dalle Province», risulta sempre carente di identica virgola e che perdippiu' la versione tedesca della norma qui in esame («die gesetzlichen Vertreter, die Verwalter oder Leiter von Aktiengesellschaften mit Mehrheitskapital der Region oder der autonomen Provinzen») sembrerebbe sempre ancora incompatibile con la voluta specificazione accompagnatoria da abbinare e riferire ai legali rappresentanti, se appunto da intendersi come i soli colpiti dalla previsione di ineleggibilita'. Ne' si dimentichi che la predetta tesi sembrerebbe ulteriormente smentita dal fatto che, alla lettera a) del medesimo comma 1 dell'art. 11, si fosse fatto richiamo a «rappresentanti legali di societa' o imprese private ... legati con la Regione o con le Province...» senza alcuna specificazione, quando la medesima tecnica legislativa sarebbe potuta essere adottata nelle successive lettere b) e c), sempre che effettivamente si fosse inteso riferire la relativa disciplina esclusivamente ai rappresentanti legali. Una serie di elementi e non trascurabili imperfezioni terminologiche della legge regionale n. 7/1983 rendono pero' in qualche maniera sostenibile la tesi avanzata dal consigliere Durnwalder e, di riflesso, quantomeno dubbi i propositi perseguiti dal legislatore regionale con la norma in esame: il fatto che, nella societa' per azioni, secondo quanto disposto dall'art. 2384 del codice civile e per assolutamente pacifica elaborazione giurisprudenziale, i poteri di rappresentanza possano finire effettivamente affidati tanto ad amministratori (soci o non soci, investiti a norma dell'art. 2380 codice civile) quanto a direttori generali (ossia a lavoratori qualificati, non necessariamente investiti anche della carica di amministratore, pur risultando la medesima cumulabile con quella del dipendente); il fatto che, nelle disposizioni dettate alle lettere b) e c) del comma 1 dell'art. 11 della legge regionale, si fosse fatto significativamente uso della disgiunzione «o», poco indicata a fare apparire semplicemente elencativa la sequenza dei riportati concetti «rappresentanti legali», «amministratori» e «dirigenti», soprattutto se raffrontata a quella emergente dalla successiva lettera d), nella quale il richiamo, evidentemente cumulativo, ai «consulenti legali, amministrativi e tecnici» risulta essere stato fatto con pertinente ricorso alla congiunzione «e»; il fatto che la norma risulti essere stata formulata in evidente aderenza all'analoga disposizione dettata - a livello nazionale - nella legge 23 aprile 1981, n. 154 («norme in materia di ineleggibilita' ed incompatibilita' alle cariche di consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale e in materia di incompatibilita' degli addetti al Servizio sanitario nazionale»), la quale significativamente, elencando all'art. 2 le situazioni di ineleggibilita' a consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale, contempla al numero 10 del comma 1 «i legali rappresentanti ed i dirigenti delle societa' per azioni con capitale maggioritario rispettivamente della regione, della provincia o del comune», facendo proprio ricorso alla congiunzione «e»; la poca determinatezza terminologica dei concetti «amministratori e «dirigenti» impiegati, la quale - quanto al secondo - risulta avvalorata dal fatto che la suprema Corte, con la recente sentenza numero 10779 dd. 9 luglio 2003, fosse dovuta intervenire per chiarire, seppure in riferimento all'appena citato n. 10 del primo comma dell'art. 2 della predetta legge 23 aprile 1981, n. 154, che la «ivi recepita nozione di dirigente non e' da intendere, nel senso proprio dell'art. 2095 c.c., come indicativa di una specifica categoria di prestatori di lavoro subordinato, bensi' come riferimento alla posizione di quanti concorrano - come coloro che compongono il suddetto organo collegiale amministrativo - all'elaborazione delle scelte gestorie e di politica economica della societa' stessa»; e, non ultimo, il fatto che alle lettere a) b), c) e d) del comma 4 del successivo art. 12 della legge regionale numero 7/1983 si fosse fatto un anilitico e dettagliato richiamo alle figure di «presidente», di «membro del consiglio di amministrazione», di «direttore generale» e di «dirigente» di enti, istituti e societa' varie, quando il ricorso agli identici concetti avrebbe certamente contribuito a rendere univoco il precetto formulato alle lettere b) e c) del comma 1 dell'art. 11, sempre che lo si fosse inteso estendere, oltre che ai legali rappresentanti, anche a semplici membri del consiglio di amministrazione o a fantomatici diversi dirigenti. A cio' si aggiunga che l'esigenza interpretativa, a seguito dei dubbi sorti a seguito e per effetto dell'iniziativa giudiziaria assunta dagli attuali appellanti cittadini elettori, risulta essere stata avvertita proprio in considerazione del fatto (avvalorato da documenti prodotti dal consigliere Durnwalder nel giudizio di prime cure) che, gia' all'inizio della passata legislatura, la Commissione di convalida del Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige e lo stesso Consiglio, evidentemente a seguito di sospetti di ineleggibilita' gia' allora sorti in ordine a diversi consiglieri eletti in provincia di Bolzano e risultati membri di consigli di amministrazione di societa' con capitale maggioritario della Provincia, autonoma di Bolzano (dei consiglieri Werner Frick, Alois Kofler e Michael Josef Laimer in particolare), avessero ogni volta deciso per 1' insussistenza della situazione di conflitto, escludendo cosi' 1' applicabilita' della contestata norma alla fattispecie. Dalla ritenuta incontrovertibile natura interpretativa della recentissima legge regionale numero 3/2004 discende cosi' la sua retroattiva forza vincolante e concreta applicabilita' alla fattispecie da esaminare. Va altresi' precisato, ad ulteriore supporto della rilevanza delle questioni di legittimita' costituzionale sollevate dagli appellanti cittadini elettori in riferimento alla specificata legge regionale numero 3/2004 come l'ipotetica declaratoria di illegittimita' della medesima avrebbe da comportare la rivisitazione della posizione del consigliere Durnwalder alla luce del disposto dell'art. 11 della legge regionale numero 7/1983 intendersi come dettato a disciplina di ipotesi di autentica ineleggibilita'. Ritiene, infatti, a tale riguardo la Corte che la interpretazione costituzionalmente guidata data alla norma dal primo giudice non regga al vaglio critico, risultando sufficientemente chiara, oltre che esaustiva e sistematicamente valida, la disciplina emergente dal combinato disposto degli artt. 10, 11 e 12 della citata legge. Se, infatti, l'art. 12 contempla le ipotesi di incompatibilita' di cariche dettando anche i meccanismi per la loro efficace e tempestiva rimozione, appare piu' che evidente come gli artt. 10 e 11 traccino, entrambi, l'alternativa disciplina di situazioni definite tutte di ineleggibilita'. Non a caso l'art. 11 (con la rubrica «Altre cause di ineleggibilita») riprende tale concetto tanto all'inizio del comma 1 («Non sono eleggibili inoltre: a) ... b) ... c) ... ») quanto al successivo comma 2 («Non sono eleggibili infine: a)... b) abrogato e c)...»). Ne consegue che la disciplina dettata dai commi 2 e 3 dell'art. 10 - secondo cui le cause di ineleggibilita' previste al primo comma (rispettivamente per membri del Governo, Commissari del Governo, sindaci dei comuni maggiori, magistrati, militari di alto rango, dipendenti regionali o provinciali ed ecclesiastici in particolari situazioni) sono destinate a non produrre effetto qualora l'interessato cessi dalle relative funzioni per dimissioni, trasferimento, revoca dell'incarico o richiesta di collocamento in aspettativa rispettivamente intervenuti non oltre l'ultimo giorno fissato per la presentazione delle candidature - non puo' non essere applicata in via analogica in riferimento alle ulteriori cause di ineleggibilita' previste nell'art. 11, da ritenersi sempre destinate a non avere effetto se rimosse, con l'abbandono delle considerate cariche ostative (di cui al comma 1) ovvero con la presentazione del conto finanziario o di amministrazione nel caso previsto dalla lettera a) del comma 2 o dell' estinzione del debito prevista dalla successiva lettera c), entro la scadenza del termine previsto per la presentazione delle candidature. Si deve cioe' ritenere che gli insegnamenti sviluppati dalla Corte costituzionale nella sentenza numero 129 del 21 maggio 1975, richiamati dal tribunale nella sentenza ora appellata per ritenere incompleto l'impianto dell'art. 11 e sostanzialmente inapplicabile alle relative situazioni le disposizioni dettate dai commi 2 e 3 del precedente art. 10 e per cosi' giungere, in via interpretativa, a fare rientrare la situazione di cui alla lettera c) del comma 1 del medesimo art. 11 - quella venuta ad interessare il consigliere Dumwalder - fra le ipotesi di incompatibilita' e, soprattutto, a ritenere in concreto sanato il conflitto a causa della cessazione della carica intervenuta prima della convalida dell'elezione, non si attaglino in alcun modo alla fattispecie in esame. La considerata pronuncia della Corte delle leggi, infatti, risulta essere intervenuta in riferimento all'art. 15, n. 3 del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, quando tale norma prevedeva, raggruppandole e concentrandole nell'unica categoria di cause denominate di ineleggibilita' e senza precisare a quale arco temporale dovesse aversi riguardo per ritenerne la sussistenza e perduranza, tutta una serie di situazioni di conflitto di interessi che, negli strumenti legislativi approvati a disciplina dell'identica materia in epoca successiva sia a livello nazionale che nelle regioni autonome e cosi' ancora e proprio nella ora invocata legge regionale 8 agosto 1983, n. 7, finirono incluse o fra le cause tuttora definite di ineleggibilita' (soggiacenti, agli effetti di una loro efficace e tempestiva eliminazione, a disciplina sostanzialmente impostata sul principio della rimozione entro il termine utile per la presentazione delle candidature e quindi anticipata ad un momento anteriore alla consultazione degli elettori) o, in alternativa, fra le cause di incompatibilita' (passibili di rimozione in epoca successiva alle elezioni, purche' attuata entro la data della convalida). Ne consegue che la piu elaborata e comunque completa disciplina della precisata materia, quale appunto ottenuta con la legge regionale numero 7/1983, non puo' che avere reso assolutamente non pertinenti ed obsoleti, ai fini della presente controversia, i rilievi e le precisazioni sviluppati dalla Corte costituzionale nella specificata sentenza (interpretativa di rigetto) emessa nel ormai lontano anno 1975. A cio' si aggiunga che la Corte di cassazione, con la sentenza numero 7123 dd. 21 luglio 1998, pur dopo essersi sforzata a tracciare la differenza ontologica intercorrente tra le cause di ineleggibilita' alle cariche pubbliche elettive (definite come quelle condizioni personali del cittadino consistenti nel possesso di determinate cariche pubbliche o private o dello status di dipendente di alcuni enti che limitano il diritto di elettorato passivo del cittadino e che, se non rimosse entro un certo termine precedente le elezioni, le invalidano senza che al cittadino sia consentito di scegliere, una volta eletto, tra l'ufficio precedentemente ricoperto e quello elettivo) e le cause di incompatibilita' (individuate in quelle volte a garantire il regolare esercizio delle funzioni pubbliche mediante il divieto di cumulo della carica elettiva con altre cariche, ma non incidenti sul diritto di elettorato passivo del cittadino che e' posto di fronte alla scelta di optare per l'una o l'altra carica) ebbe a stabilire - in aderenza, peraltro, a quanto in precedenza chiarito dalla Corte costituzionale con la sentenza numero 276 dd. 25 luglio 1997 - che la valutazione circa l'inserimento di cariche ritenute configgenti con un determinato mandato elettivo nel novero delle cause di ineleggibilita' a consigliere regionale ovvero fra quelle di incompatibilita', ove non irragionevole, e' da intendersi rimessa alla discrezionalita' del legislatore (nella specie regionale). Nel caso in esame, quindi, non appare condivisibile nemmeno il ragionamento che risulta avere portato il Tribunale di Bolzano, nella sentenza ora impugnata e per via nterpretativa, a ritenere piu' appropriata l'inclusione della carica in concreto rivestita dal consigliere Durnwalder nella Sadobre s.p.a. fra quelle implicanti una semplice incompatibilita' e, quindi, a ritenere che la situazione di conflitto fosse rimasta soggetta alla disciplina dettata nell'art. 12 della legge regionale numero 7/1983. Proprio il fatto che il legislatore regionale, novellando gli artt. 11 e 12 della predetta legge regionale numero 7/83 con la legge regionale 26 febbraio 1990, n. 5, avesse voluto sopprimere la lettera b) del secondo comma dell'art. 11 («coloro che hanno liti pendenti, ad eccezione di quelle in materia tributaria, in quanto parte in procedimento civile o amministrativo con la Regione o con le Province di Trento e di Bolzano») e contestualmente inserire, dopo il comma terzo dell'art. 12, l'ulteriore comma 3-bis («Non puo' ricoprire la carica di consigliere regionale colui che ha lite pendente, in quanto parte in un procedimento civile o amministrativo con la Regione o con le Province Autonome di Trento e di Bolzano. La pendenza di una lite in materia tributaria non determina incompatibilita'.»), sta a significare come esso legislatore si fosse ritenuto investito del considerato potere di discrezionale scelta ed avesse, con quella modifica legislativa, confermato la validita' anche sotto il profilo terminologico dell' originaria inclusione delle situazioni di conflitto previste dall' art. 11 nella categoria dell' ineleggibilita', e fosse soltanto perche' diversamente il trasporto della previsione del soggetto avente liti in corso con l'ente dall'art. 11 al successivo art. 12 non avrebbe avuto alcun senso logico ne' meno che mai prodotto pratiche conseguenze. Risultando cosi' appurata la rilevanza, ai fini della decisione richiesta nell'instaurata controversia, delle sollevate questioni di legittimita' costituzionale, va altresi' ravvisata la loro non manifesta infondatezza sotto i profili prospettati dai cittadini elettori (seppure con non pertinente richiamo all'art. 70 della Carta costituzionale, quando le norme di riferimento dovevano e debbono essere quelle corrispondenti dello, statuto speciale per il Trentino-Alto Adige). Si deve, infatti, in primo luogo, seriamente dubitare che alla Regione Trentino-Alto Adige fosse spettata la potesta' legislativa all' emissione della legge regionale numero 3/2004 e che il potere ad intervenire in materia non fosse, invece, come dagli appellanti cittadini elettori affermato, da intendersi passato ed ormai riservato alla Provincia autonoma di Bolzano. A seguito delle modifiche apportate dall'art. 4 della legge costituzionale 31 gennaio 2001 n. 2 allo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige nel testo approvato con d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 (ed in particolare agli artt. 25 e 47) e', infatti, innegabile come, dall'entrata in vigore della novella, il Consiglio regionale, anziche' essere espressione di elezione diretta dei cittadini come nel passato (con la precisazione che i consiglieri regionali risultati eletti nelle due province andavano a formare i Consigli provinciali rispettivamente di Trento e di Bolzano), fosse finito per cosi' dire degradato a semplice sommatoria dei due Consigli provinciali autonomamente e separatamente eletti e come a ciascuna Provincia autonoma fosse rimasto attribuito (secondo la dicitura dell'art. 47 novellato) il potere di determinare con propria legge provinciale approvata dal Consiglio provinciale con la maggioranza assoluta dei suoi componenti, seppure in armonia con la Costituzione ed i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica, nel rispetto degli obblighi internazionali e tenuto conto delle differenziate disposizioni dettate dallo stesso Statuto rispettivamente per le due Province, la forma di governo della provincia e, specificatamente, le modalita' di elezione del Consiglio provinciale, del Presidente della Provincia e degli assessori. Non a caso entrambe le province risultano avere prontamente provveduto ad approvare, rendendo obsoleta la disciplina transitoria tracciata ai commi 2 e 3 dell'art. 4 della citata legge costituzionale numero 2/2001, le previste leggi provinciali, emanando la Provincia Autonoma di Trento la legge 5 marzo 2003, n. 2 («Norme per l'elezione diretta del Consiglio provinciale di Trento e del presidente della provincia») e la Provincia autonoma di Bolzano appunto la richiamata legge 14 marzo 2003, n. 4 («Disposizioni sull'elezione del Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano per l'anno 2003»). Ne consegue che, dall'intervenuta attuazione della nuova disciplina statutaria e dall'entrata in vigore delle considerate leggi provinciali, i consiglieri provinciali eletti nella Provincia, autonoma di Trento e quelli eletti in quella di Bolzano (seppure destinati a comporre congiuntamente anche il Consiglio regionale) possono astrattamente derivare e sono venuti in concreto a derivare la spettia investitura da elezioni rimaste disciplinate da norme chiaramente differenziate e nemmeno preordinate a garantire - come, errando, sembrerebbe avere ritenuto il primo giudice nell'appellata sentenza - ne' unitarieta' ne' identita' di presupposti e di effetti. Va anche rilevato come la legge trentina, risultando cosi' espressione proprio dell'autonomia riconosciuta in materia al relativo Consiglio provinciale, si fosse premurata a disciplinare in maniera completa ed originaria, seppure rifacendosi a schemi mutuati da piu' antichi strumenti legislativi anche statali, le diverse ipotesi di non candidabilita', ineleggibilita' ed incompatibilita' (dedicando alla relativa disciplina il capo II e, si badi, facendo rientrare fra le ipotesi di incompatibilita', disciplinate dall'art. 17, al comma 4, fra altre anche la posizione del «legale rappresentante, amministratore, direttore generale o dirigente di enti, istituti o societa' al cui capitale la Regione o la provincia autonoma di Trento partecipino oppure nei confronti dei quali i medesimi enti assegnino finanziamenti»), mentre la legge bolzanina non risulta essersi soffermata sull'argomento con norme specifiche, limitandosi al comma I dell'unico articolo 1 della legge a richiamare genericamente e quindi anche a proposito della disciplina dell'ineleggibilita' e dell'incompatibilita' non piu' toccata dai successivi commi dedicati ad altre materie, alla precedente legge regionale («Ai fini delle elezioni del Consiglio provinciale da indirsi nell'anno 2003 trovano applicazione le norme di cui alla legge regionale 8 agosto 1983, n. 7, e successive modificazioni, compatibilmente con le disposizioni di cui ai seguenti commi»). La scorciatoia cosi' percorsa dal legislatore provinciale non e', pero', ovviamente bastata a fare sopravvivere una qualsivoglia potesta' legislativa della Regione Trentino-Alto Adige sulla materia indicata e deve fare ritenere, ammesso che la volonta' del (nuovo) legislatore al riguardo fosse rimasta oscura per presunte imperfezioni della richiamata legge regionale e che il dettato della medesima fosse apparso bisognoso di un intervento di completamento o di interpretazione, che fosse spettato proprio ed esclusivamente alla Provincia autonoma di Bolzano (e per essa al Consiglio provinciale di Bolzano) rimediare all'inconveniente e provvedere, se dal caso, all'approvazione di una legge interpretativa. Appare, d'altra parte, assai poco lineare che la relativa iniziativa fosse stata assunta dalla Regione Trentino-Alto Adige soltanto perche' in altri tempi e sotto il vigore dello statuto speciale nell'originaria versione era stata appunto essa ad emettere la legge ora apparsa bisognosa di «aggiustamento», quando ormai nella relativa potesta' legislativa erano subentrate le due province ed era certamente assurdo che a ridisegnare l'assetto istituzionale della Provincia autonoma di Bolzano, seppure sotto forma di una legge interpretativa riferita ad una legge regionale divenuta obsoleta e sopravvissuta unicamente per effetto del richiamo ad esso fatto nella legge provinciale numero 4/2003 approvata dal Consiglio provinciale di Bolzano, si fossero intromessi, a fianco dei consiglieri bolzanini, i colleghi trentini. Anche i sospetti di incostituzionalita' sollevati dai cittadini elettori censurando che la recente legge interpretativa, approvata in pendenza di un giudizio vertente proprio sull'applicazione della norma ora fatto oggetto di interpretazione autentica, sarebbe venuta ad urtare contro i principi costituzionalmente garantiti della ragionevolezza, della tutela dell'affidamento e della certezza dell'ordinamento giuridico e, per l'effetto, a violare gli artt. 3, 51 e 102 della Carta costituzionale, appaiono tuttaltro che pretestuosi, tanto da giustificare e richiedere ancora una relativa declaratoria di non manifesta infondatezza. Se, infatti, la Corte costituzionale ha avuto ripetutamente occasione di stabilire come, purche' non si venga a ledere il fondamentale disposto dell' art. 25 della Carta costituzionale che fa divieto di legiferare con efficacia retroattiva in materia penale, sia da considerare legittima e non di per se' irragionevole l'emanazione di leggi con effetti retroattivi, non importa se interpretative o autenticamente innovative, quando la disciplina da esse emergente non contrasti con il dettato della ragionevolezza e non comporti la lesione di altri valori o interessi costituzionalmente protetti (cfr. C. cost. 7 giugno 1999, n. 229), e se e' vero che, in riferimento a leggi interpretative, la violazione del principio di ragionevolezza e' stata normalmente esclusa in presenza di comprovate situazioni di incertezza e di reali esigenze di chiarificazione (cfr. C. cost. 5 novembre 1993, n. 402 e 9 aprile 2002, n. 374), non va sottaciuto che la violazione del dettato dell'art. 3 Cost. e' stato ravvisato in ipotesi in cui una norma di interpretazione autentica con effetti retroattivi era venuta a trovarsi in urto con l'affidamento dei consociati nella certezza dell'ordinamento giuridico per riscontrata non prevedibilita' della soluzione interpretativa adottata dal legislatore (cfr. C. cost. 15 novembre 2000, n. 525). La Corte delle leggi, con la sentenza numero 397 dd. 10 novembre 1994, ha altresi' precisato che non e' contestabile che il legislatore ordinario abbia il potere di dettare norme dall'applicazione della quali possono derivare effetti nei riguardi dei procedimenti giudiziari in corso, specie allorche' tale intervento sia dettato al fine di impedire una situazione di irrazionale disparita' di trattamento, e che in simili casi la legge interpretativa, pur interferendo necessariamente nella sfera del potere giudiziario, non incide sul principio della divisione dei poteri, dal momento che essa agisce sul piano astratto delle fonti normative e determina una indiretta incidenza generale su tutti i giudizi, presenti o futuri, senza far venire meno la potestas iudicandi, bensi' semplicemente ridefinendo il modello di decisione cui l'esercizio di detta potesta' deve attenersi. La Corte non ha pero' mancato di soggiungere che, allorquando risulti l'intenzione della legge interpretativa di vincolare il giudice ad assumere una determinata decisione in specifiche ed individuate controversie, la funzione perde la propria natura ed assume contenuto meramente provvedimentale. A cio' si aggiunga, per tornare alla specifica materia dell'ineleggibilita' ad una carica elettiva e delle incompatibilita', che la Corte di cassazione, con la gia' richiamata sentenza numero 7123 dd. 21 luglio 1998, prendendo lo spunto dalla pure gia' citata legge 23 aprile 1981, n. 154, venuta a trasformare alcune precedenti condizioni di ineleggibilita' in cause di incompatibilita' e, soprattutto, soffermandosi sull'art. 12, secondo cui le nuove norme dovevano essere applicate anche ai giudizi in materia di ineleggibilita' ed incompatibilita' in corso al momento dell'entrata della legge, se non ancora definiti con sentenza passata in giudicato, ha avuto cura di avvertire come tale disciplina fosse venuta ad integrare eccezione alla regola non sufficiente a consentire una generalizzata applicazione del principio ad altre leggi analoghe in assenza di specifica disposizione in esse inserita e, nel caso di specie, resa meno scandalosa dal fatto che la retroattivita' della nuova disciplina a situazioni gia' divenute oggetto di controversia ancora pendente fosse stata prevista in una legge statale, venuta appunto a regolare la materia dell' ineleggibilita' e delle incompatibilita' alle cariche di consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale e quella dell'incompatibilita' degli addetti al Servizio sanitario nazionale, mentre non ha avuto remore a soggiungere la suprema Corte che, qualora una clausola analoga fosse stata inserita in una legge da organo intento a disciplinare le regole riguardanti le proprie elezioni, essa si presterebbe a sicuri sospetti di incostituzionalita', anche perche' nella relativa assemblea sarebbero potuti sedere (con diritto di voto) alcuni rappresentanti eletti in condizioni di ineleggibilita', i quali, votando per l'efficacia retroattiva della nuove regole elettorali, sarebbero finiti con il decidere circa la propria sorte (la permanenza o meno nell'assemblea stessa). Ebbene, essendo fin troppo evidente come nel caso in esame si fosse verificata proprio l'illustrata situazione e come con la disciplina retroattiva dettata dalla contestata legge regionale numero 3/2004, si fosse venuti non soltanto a capovolgere, ad elezioni espletate, la definizione dei presupposti di accesso alle relative candidature, lasciando consolidata l'esclusione dei potenziali aspiranti alla carica di consigliere provinciale che in ipotesi avessero rinunciato alla candidatura e quindi all' esercizio del diritto di elettorato passivo in ottemperanza alla nel passato a prima vista ostativa formulazione della norma ora fatta oggetto di interpretazione, ma, soprattutto, ad influenzare l'esito del giudizio gia' anteriormente promosso dai cittadini elettori attuali appellanti per fare valere 1' ineleggibilita' del consigliere Durnwalder fondata su quella medesima norma, la richiesta verifica della compatibilita' della nuova legge con i principi stabiliti negli artt. 3, 51 e 102 della Carta costituzionale appare piu' che giustificata ed imposta. Quanto precisato in precedenza ad illustrazione della rilevanza delle questioni appena esaminate rende, invece, evidente la manifesta infondatezza della diversa questione di legittimita' costituzionale sollevata dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bolzano in riferimento alla legge regionale numero 7/1983 e la quale, in ipotesi, sarebbe potuta divenire rilevante in caso di pronuncia di inammissibilita' o di rigetto sulle questioni che stanno per essere rimesse al vaglio della Corte delle leggi, sicche' su tale ulteriore questione non vi sara' da provvedere al momento.