IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza ex art. 23 legge n. 87/1953, nel processo iscritto al n. 1851/2003 R.G. G.i.p. trib. Fermo e al n. 2958/2003 R.G.N.R. proc. rep. Fermo promosso a carico di Nadir Mohammed (nato l'1 aprile 1973 a Beni Amir Est), imputato del delitto p. e p. dagli artt. 110 c.p. e 73 comma quarto d.P.R. n. 309/1990 perche' deteneva illegalmente otto panetti di sostanza stupefacente del tipo hashish, per un peso complessivo di gr. 1.970, che trasportava, occultati in uno spazio ricavato a seguito del taglio della lamiera dentro i longaroni dei sottoporta anteriori e posteriori di entrambi i lati - a bordo dell'autovetture Rover 414 S.I. tg. AKG34VP in uso a lui medesimo. In Fermo il 15 ottobre 2003. Considerato che, trovandosi a celebrare l'udienza preliminare nei confronti di un imputato che risulta essere stato espulso in data 12 marzo 2004 d territorio dello Stato Italiano il presente giudicante e' nell'impossibilita' di adottare un provvedimento che definisca tale fase di giudizio indipendentemente dalla risoluzione della questione inerente la legittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 3-quater della legge n. 189/2002 e del comma 3-quater dell'art. 13 del d.lgs. n. 286/1998 aggiunto dalla parte di dette norme, i quali stabiliscono che «nei casi previsti dai commi 3, 3-bis e 3-ter giudice, acquisita la prova dell'avvenuta espulsione, se non e' ancora stato emesso il provvedimento che dispone i giudizio, pronuncia sentenza di non luogo a procedere». che a parere di chi scrive la normativa in esame appare censurabile in primo luogo sotto il profilo della violazione dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza sanciti dall'art. 3 della Costituzione; che, infatti, le finalita' di politica criminale e penitenziaria che potrebbero giustificare la scelta legislativa (anche alla stregua delle valutazioni espresse dalla stessa Corte costituzionale con riferimento all'istituto dell'espulsione a richiesta prevista dall'art. 7, comma 12-bis del d.l. n. 416/1989 conv. in legge n. 30/1990 nelle sent. nn. 62 e 283/1994) appaiono contraddette di fatto dall'applicabilita' della norma censurata (inequivocabilmente desumibile dalla locuzione «pronuncia sentenza di non luogo a procedere» ai soli reati per i quali e' prevista l'udienza preliminare e non a quelli - assai piu' numerosi - per i quali si sia proceduto o si debba procedere con citazione diretta a giudizio; che da cio' discende l'ulteriore - irragionevole - conseguenza che sono proprio i reati piu' gravi (ossia, ex art. 550 c.p.p., i delitti puniti con pena detentiva superiore ad anni quattro di reclusione, sia pure con esclusione di quelli previsti dall' art. 407 comma 2 lett. a) c.p.p.) quelli in relazione ai quali lo Stato rinuncia o, comunque, sospende l'esercizio della propria potesta' punitiva per effetto della sola esecuzione di un provvedimento amministrativo che viene adottato per ragioni del tutto indipendenti da quelle che sottendono all' esercizio della giurisdizione penale ed all' irrogazione delle relative sanzioni; che sotto il profilo del principio di uguaglianza la norma impugnata finisce per creare un ingiustificata ed irrazionale disparita' di trattamento tra stranieri extracomunitari imputati di reati per i quali e' prevista l'udienza preliminare e stranieri extracomunitari imputati di reati per i quali si sia proceduto o si debba procedere con citazione diretta a giudizio; che la irragionevolezza della normativa in esame trova ulteriore conferma nel comma 3-quinquies del d.lgs. n. 286/1998, il quale dispone che «se lo straniero espulso rientra illegalmente nel territorio dello Stato prima del termine previsto dal comma 14, ovvero, se di durata superiore, prima del termine di prescrizione del reato piu' grave per il quale si era proceduto nei suoi confronti, si applica l'art. 345 del codice di procedura penale»; che, infatti, ancorando ancora una volta il destino del processo penale a quello del procedimento di espulsione si giunge all'incredibile conclusione che qualora lo straniero rientri legalmente nel territorio dello Stato (ad esempio a seguito di accoglimento del ricorso appositamente presentato ai sensi del successivo comma ottavo dell'art. 13 e/o delle altre norme contenute nel d.lgs. n. 286/1998) non sarebbe piu' possibile procedere nei suoi confronti per i commessi reati neppure ex art. 345 c.p.p. che anche il richiamo alla norma per ultimo citata appare inadeguato a realizzare in concreto la - pure astrattamente prevista - perseguibilita' postuma dell'imputato, non essendo stato concepito alcun meccanismo atto a collegare a livello giudiziario quel preciso procedimento definito con sentenza di non luogo a procedere al fatto nuovo costituito dall'illegale reingresso dell'imputato nel territorio nazionale; che sotto il diverso versante del diritto di difesa, in relazione alle incolpazioni piu' gravi finisce per essere ingiustificatamente compressa l'aspettativa di proscioglimento nel merito cui gli imputati extracomunitari potrebbero aspirare gia' nell'udienza preliminare risultando anche in questo caso arbitrariamente discriminata la posizione degli stessi a seconda del tipo di accusa da cui sono raggiunti;