ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 99, secondo
comma,  del  d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo
unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili
e  militari  dello  Stato),  promossi  dalla Corte dei conti, sezione
giurisdizionale per la Regione Sicilia, con ordinanze del 1°, del 4 e
del 5 agosto 2003, dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per
la  Regione  Sardegna,  con ordinanza del 21 luglio 2003, dalla Corte
dei  conti,  sezione  giurisdizionale  per  la  Regione  Sicilia, con
ordinanze  del 28, del 29 luglio e del 23 settembre 2003, dalla Corte
dei  conti,  sezione  giurisdizionale  per  la  Regione Sardegna, con
ordinanze del 21 luglio 2003 (n. 2 ordinanze), dalla Corte dei conti,
sezione  giurisdizionale  per  la  Regione Sicilia, con ordinanza del
6 ottobre 2003, dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la
Sardegna,  con  ordinanza  del 14 luglio 2003, dalla Corte dei conti,
sezione  giurisdizionale  per  la  Regione  Puglia, con ordinanza del
1° marzo  2004,  rispettivamente  iscritte ai numeri da 845 a 848, da
1018  a 1020, 1045, 1046, 1114 e 1124 del registro ordinanze 2003, ed
al numero 589 del registro ordinanze 2004 e pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica, numeri 43, 48 e 49, prima serie speciale,
dell'anno 2003   e   numeri   1,   2  e  26,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2004.
    Visti  gli  atti  di costituzione di D.S. M., di B. B. e C. G. ed
altri nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 25 gennaio 2005 e nella camera di
consiglio del 26 gennaio 2005 il giudice relatore Francesco Amirante;
    Uditi  l'avvocato  Paolo  Guerra per B. B. e per C. G. ed altri e
l'avvocato   dello  Stato  Giuseppe  Nucaro  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri.
    Ritenuto  che  nel  corso  del  giudizio in materia pensionistica
promosso  da D.S.M. (r.o. n. 845 del 2003) - avverso il provvedimento
col   quale  era  stata  respinta  la  sua  richiesta  di  erogazione
dell'indennita'    integrativa    speciale    sulla    pensione    di
reversibilita', godendo la ricorrente della medesima indennita' sulla
pensione  diretta  -  la  Corte  dei  conti,  sezione giurisdizionale
d'appello  per  la  Regione  siciliana,  ha  sollevato  questione  di
legittimita'  costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost.,
dell'art. 99,  secondo  comma,  del  d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092
(Approvazione   del  testo  unico  delle  norme  sul  trattamento  di
quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato);
        che  il  giudice  a  quo  premette che, a seguito del ricorso
avverso  il  provvedimento  di  diniego, il giudice di primo grado ha
riconosciuto  il  diritto alla percezione dell'indennita' integrativa
speciale  su  entrambi i trattamenti di pensione e che detta sentenza
e'  stata  appellata  dall'INPDAP  con  riferimento  alla sentenza di
questa Corte n. 494 del 1993;
        che,  pertanto,  e'  necessario  affrontare il problema della
duplicazione  dell'indennita' integrativa speciale su due trattamenti
pensionistici,  gia'  oggetto  della  sentenza  n. 494 del 1993 nella
quale  la  Corte  costituzionale,  nel  fare  salvo  il  diritto  del
pensionato  alla  percezione  dell'integrazione  al  minimo  INPS sul
secondo  trattamento  pensionistico,  ha  peraltro mantenuto fermo il
generico  divieto di percepire per due volte l'indennita' integrativa
speciale;
        che nella successiva sentenza n. 516 del 2000 questa Corte ha
chiarito  che  l'illegittimita' costituzionale non deriva dal divieto
di  cumulo  in  se',  bensi' dalla mancata fissazione di un limite di
trattamento   complessivo  al  di  sotto  del  quale  il  divieto  di
percezione   di  una  doppia  indennita'  non  deve  operare,  ed  ha
contestualmente  stabilito  che  spetta  al legislatore la scelta tra
diverse  soluzioni,  ferma  restando  la necessita' di stabilire quel
limite;
        che  nel  dispositivo della sentenza n. 516 del 2000 la Corte
remittente  ravvisa  una diversita' rispetto alla precedente sentenza
n. 376 del 1994, dettata in materia sostanzialmente identica, perche'
mentre   in   quest'ultima   e'   stata  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale  di  una  legge regionale siciliana nella parte in cui
non  prevedeva,  in caso di duplicazione dell'indennita' in questione
su  piu'  pensioni  o  assegni vitalizi, la salvezza dell'importo del
trattamento  minimo  previsto  dall'INPS,  la  piu'  recente sentenza
n. 516  del  2000  ha  dichiarato  l'illegittimita' costituzionale di
un'altra legge regionale siciliana (di contenuto pressoche' identico)
«nella   parte  in  cui  non  determina  la  misura  del  trattamento
complessivo  oltre  il  quale  diventi  operante,  per  i titolari di
pensioni  ed  assegni vitalizi, il divieto di cumulo della indennita'
di contingenza ed indennita' similari»;
        che  in base alla sentenza del 2000, dunque, al giudice a quo
pare  che  la  decurtazione  dell'indennita'  integrativa speciale in
presenza  di  piu'  trattamenti  pensionistici  goduti  da dipendenti
pubblici  sia da ritenere illegittima «anche quando sia salvaguardata
l'integrazione al minimo INPS», con evidente violazione degli artt. 3
e  38  Cost;  e  pertanto il remittente chiede che la norma impugnata
venga  dichiarata  costituzionalmente illegittima «nella parte in cui
non  determina  la  misura del trattamento complessivo oltre il quale
diventi  operante,  per  i titolari di pensioni, il divieto di cumulo
della indennita' integrativa speciale»;
        che la sezione remittente osserva, quanto alla rilevanza, che
l'appello  puo'  essere  accolto solo se permanga nell'ordinamento la
disposizione oggetto della presente questione;
        che  nel corso di altri sei giudizi pensionistici la medesima
Corte  dei  conti,  sezione  giurisdizionale d'appello per la Regione
siciliana,   ha   sollevato  un'identica  questione  di  legittimita'
costituzionale,  in  riferimento  ai  medesimi parametri (r.o. numeri
846, 847, 1018, 1019, 1020 e 1114 del 2003);
        che  le ordinanze di remissione, identiche nella motivazione,
si  differenziano  solo in punto di fatto, essendo diverse le vicende
dei vari giudizi a quibus;
        che  nei  giudizi  ora  indicati si sono costituiti davanti a
questa Corte le parti private D.S. M. e B. B., con distinte memorie;
        che D.S.M. rammenta, innanzitutto, che la questione sollevata
dalla  Corte  dei  conti  siciliana  e'  identica a quella dichiarata
manifestamente  inammissibile  da questa Corte con l'ordinanza n. 179
del  2003,  precisando  che,  a  suo parere, il giudice a quo avrebbe
dovuto  confermare  nel  merito  la  sentenza  di  primo  grado senza
riproporre  l'odierna  questione,  in quanto deve ritenersi dominante
l'orientamento  giurisprudenziale  che afferma la totale eliminazione
del   divieto   di   doppia  percezione  dell'indennita'  integrativa
speciale, anche in relazione al caso di doppia pensione;
        che, qualora questa Corte non concordi su detta impostazione,
la  parte  sollecita  l'accoglimento della questione, perche' sarebbe
del  tutto  irragionevole  ammettere  il  cumulo  delle indennita' in
argomento per il pensionato che presti opera retribuita e negarlo per
chi gode di due pensioni;
        che  la parte privata B. B. fa presente, innanzitutto, che la
questione   relativa  alla  possibilita'  di  una  doppia  percezione
dell'indennita'  in  oggetto anche per chi sia titolare di due o piu'
pensioni  deve  essere  ripensata  dopo  che le sezioni riunite della
Corte  dei  conti, con la sentenza n. 14/2003/QM, hanno diversificato
il caso del pensionato che percepisca un'altra pensione da quello del
pensionato  che  presti  opera  retribuita,  andando  in  tal modo di
contrario  avviso  rispetto  alla precedente giurisprudenza contabile
largamente  maggioritaria,  nonche'  alla sentenza n. 516 del 2000 ed
alle ordinanze n. 438 del 1998 e n. 517 del 2000 di questa Corte;
        che   il   principio   di   massima   di  cui  alla  sentenza
n. 14/2003/QM,  peraltro,  e'  stato prontamente smentito da numerose
pronunce dei giudici contabili le quali riconoscono, diversamente dal
giudice  a quo, che le sentenze costituzionali che hanno inciso nella
materia  hanno  natura  ablatoria,  sicche'  il  divieto in questione
dovrebbe ritenersi venuto meno;
        che,  pertanto,  l'ulteriore  questione oggi riproposta dalla
Corte  dei  conti  siciliana  dovrebbe  essere inammissibile, essendo
ormai il diritto vivente nel senso di ammettere la doppia percezione;
        che  la  Corte  dei  conti,  sezione  giurisdizionale  per la
Regione  Puglia - nel corso del giudizio pensionistico promosso da un
gruppo  di  dipendenti  della pubblica amministrazione (o di privati)
per  vedersi  riconosciuto il diritto alla percezione dell'indennita'
integrativa  speciale  sia  sulla pensione privilegiata che su quella
ordinaria   -   ha  anch'essa  sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., dell'art. 99,
secondo  comma,  del d.P.R. n. 1092 del 1973, negli stessi termini di
cui  alle  ordinanze della Corte dei conti siciliana (r.o. n. 589 del
2004);
        che   il  remittente,  pur  evidenziando  come,  in  caso  di
pluralita'  di  opzioni interpretative, sussista il potere di seguire
un'interpretazione   diversa  da  quella  ritenuta  incostituzionale,
tuttavia  e'  del  parere  di dover ugualmente denunciare la presunta
illegittimita'   della   norma  impugnata,  perche'  la  decurtazione
dell'indennita'  in  oggetto  in  presenza  di  piu'  trattamenti  di
pensione   e',   a   suo   dire,   «priva  di  qualsiasi  ragionevole
giustificazione,  con  violazione degli artt. 3 e 38 Cost., in quanto
non  stabilisce un ragionevole limite minimo di trattamento economico
complessivo,   al   di  sotto  del  quale  il  divieto  debba  essere
necessariamente escluso»;
        che  nel  giudizio  promosso  dalla  Corte dei conti, sezione
giurisdizionale  per  la  Regione Puglia, si sono costituite tutte le
parti private ricorrenti, col patrocinio del medesimo difensore;
        che  l'ampia  memoria  difensiva,  nel  ripercorrere le tappe
della  complessa  vicenda,  conclude  affermando  che la questione di
legittimita'  costituzionale dovrebbe essere dichiarata inammissibile
alla  luce del chiaro contenuto delle piu' recenti citate pronunce di
questa   Corte,  poiche'  la  norma  impugnata  e'  stata  cancellata
dall'ordinamento  in  conseguenza del mancato esercizio, da parte del
legislatore,  del  potere  di  indicare  il tetto pensionistico al di
sopra  o al di sotto del quale possa ritenersi ammissibile il divieto
stesso;  con  la  conseguenza  che  il  giudice  a quo avrebbe potuto
seguire  un  indirizzo diverso da quello delle Sezioni riunite, senza
sollevare alcuna questione di legittimita' costituzionale;
        che  solo in relazione all'ipotesi in cui la Corte ritenga di
poter   entrare   nel   merito  della  questione  le  parti  chiedono
un'ulteriore  sentenza di accoglimento, che dichiari l'illegittimita'
costituzionale   della   norma  impugnata  nella  parte  in  cui  non
stabilisce   il   tetto  complessivo  del  trattamento  pensionistico
concorrente;
        che  la  Corte  dei  conti,  sezione  giurisdizionale  per la
Regione   Sardegna   -   nel   corso   di  quattro  distinti  giudizi
pensionistici promossi contro l'INPDAP per ottenere il riconoscimento
del  diritto  alla percezione dell'indennita' integrativa speciale su
due  diversi trattamenti pensionistici (r.o. numeri 848, 1045, 1046 e
1124  del  2003)  -  ha anch'essa sollevato questione di legittimita'
costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., dell'art. 99,
secondo  comma,  del d.P.R. n. 1092 del 1973, negli stessi termini di
cui alle ordinanze sopra menzionate;
        che  le  argomentazioni  della Corte dei conti della Sardegna
ricalcano quelle delle altre sezioni giurisdizionali remittenti;
        che  in tutti i giudizi davanti a questa Corte e' intervenuto
il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura  generale dello Stato, chiedendo con distinte memorie
di identico contenuto che la questione venga dichiarata non fondata;
        che  l'Avvocatura  dello Stato osserva che i giudici a quibus
hanno  in  realta'  assimilato due ipotesi che sono fra loro diverse,
regolate  rispettivamente dal secondo e dal quinto comma dell'art. 99
del d.P.R. n. 1092 del 1973;
        che  nel  caso  del  pensionato che presti opera retribuita -
oggetto della fondamentale sentenza di questa Corte n. 566 del 1989 -
ci  si  trova,  infatti,  in  presenza  di  un emolumento esattamente
determinato, cioe' la pensione, cui si affianca un secondo emolumento
variabile,   come   la   retribuzione,  sicche'  la  declaratoria  di
illegittimita' costituzionale consegue alla mancata individuazione di
un  limite minimo dell'ulteriore attivita' retribuita al di sotto del
quale il divieto non deve operare, mentre nel caso di doppia pensione
i  due  emolumenti  sono  entrambi  sicuramente  determinati, sicche'
l'erogazione  di una sola indennita' integrativa speciale e' coerente
rispetto al fine dell'indennita' medesima, che e' quello di garantire
il mantenimento del valore pensionistico.
    Considerato  che  questa  Corte  e'  chiamata  a  scrutinare,  in
riferimento  agli  artt. 3 e 38 Cost., la legittimita' costituzionale
dell'art. 99,  secondo  comma,  del  d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092
(Approvazione   del  testo  unico  delle  norme  sul  trattamento  di
quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato);
        che   le  questioni  proposte  dalle  numerose  ordinanze  di
remissione,  avendo ad oggetto la medesima norma e caratterizzandosi,
nel  complesso,  per  una sostanziale identita' di contenuti, possono
essere riunite e decise con una sola pronuncia;
        che la norma censurata stabiliva nel suo testo originario che
nel  caso di pluralita' di pensioni l'indennita' integrativa speciale
fosse dovuta ad un solo titolo;
        che sulla legittimita' costituzionale di tale disposizione la
Corte  costituzionale  si  pronuncio' con la sentenza n. 494 del 1993
con  la  quale  ne  dichiaro' l'illegittimita' nella parte in cui non
prevedeva  che  nei  confronti  del  titolare  di  due  pensioni, pur
restando  vietato  il  cumulo  delle indennita' integrative speciali,
dovesse  comunque farsi salvo l'importo corrispondente al trattamento
minimo   di  pensione  previsto  per  il  Fondo  pensioni  lavoratori
dipendenti;
        che  secondo tutti i remittenti la norma censurata, anche nel
testo  risultante dal suindicato intervento additivo di questa Corte,
si  pone in contrasto con l'art. 38 Cost. perche' puo' comportare una
riduzione al di sotto del minimo idoneo ad assicurare ai pensionati i
mezzi  adeguati  alle  loro  esigenze  di  vita  e  perche' del tutto
irragionevolmente     riserva    un    trattamento    deteriore    al
pluripensionato, rispetto a quello riconosciuto al pensionato che sia
anche  percettore di retribuzione, dopo che alcune pronunce di questa
Corte  hanno  escluso il divieto di cumulo tra indennita' integrativa
sulla  pensione  e  sulla retribuzione in quanto le norme applicabili
non precisavano la misura della retribuzione oltre la quale diventava
operante  l'esclusione  e il congelamento dell'indennita' integrativa
speciale (cfr. sentenze n. 566 del 1989, n. 204 del 1992);
        che   i  remittenti,  pur  non  ignorando  l'esistenza  nella
giurisprudenza  contabile successiva agli ultimi interventi di questa
Corte  in  materia di indennita' integrativa speciale (cfr. ordinanza
n. 438 del 1998, sentenza n. 516 del 2000, ordinanza n. 517 del 2000)
di  diversi  orientamenti non tutti affermativi della persistenza del
divieto  di  cumulo  delle indennita' integrative speciali in caso di
titolarita'  di  piu'  pensioni, non spiegano le ragioni per le quali
ritengono  di  non  adottare  l'opzione  interpretativa  che siffatta
persistenza esclude;
        che,   secondo   un  principio  non  discusso  e  piu'  volte
espressamente  affermato  da  questa  Corte,  una  normativa  non  e'
illegittima  perche'  suscettibile  di  una  interpretazione  che  ne
comporta  il  contrasto  con  precetti  costituzionali,  ma  soltanto
perche' non puo' essere interpretata in modo da essere in armonia con
la Costituzione;
        che  i  remittenti  non  hanno  espressamente  affermato  che
nessuna  altra  interpretazione della norma censurata e' possibile se
non   quella   che  genera  i  dubbi  di  costituzionalita'  da  loro
manifestati, e tantomeno hanno esposto le ragioni di tale esclusione;
        che alla Corte viene cosi' richiesto di dirimere un contrasto
sulla interpretazione della legge ordinaria;
        che pertanto la questione e' manifestamente inammissibile.