il giudice di pace Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 24/c/04 R.G. promossa da Tomasi Alessandro Valerio residente a Corinaldo (AN) ed elettivamente domiciliato presso la cancelleria dell'intestato ufficio (avv. Luca Olivieri), ricorrente, contro Comune dl Mondavio in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato presso la cancelleria dell'intestato ufficio - amministrazione opposta; Visti gli atti del procedimento iscritto al n. 24/c/04 nel Ruolo generale dell'anno 2004 di questo ufficio e premesso in fatto che: con ricorso depositato nella cancelleria di questo ufficio in data 19 luglio 2004 il sig. Tomasi Alessandro Valerio con l'avv. Luca Olivieri proponeva opposizione avverso il provvedimento emesso dal comune di Mondavio (PU) con il quale veniva irrogata la sanzione amministrativa, con decurtazione dei punti della patente del ricorrente (violazione art. 141 comma 3 - 8, C.d.S.); il ricorrente preliminarmente sollevava questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 126-bis comma 2 C.d.S. nella parte in cui prevede, in caso di mancata identificazione del conducente, la decurtazione dei punti dalla patente del proprietario del veicolo, salvo che quest'ultimo indichi, entro 30 giorni dalla richiesta dell'autorita' competente, le generalita' dell'effettivo conducente, per violazione degli artt. 3, 24 e 27 della Costituzione. Con comparsa depositata nella cancelleria di questo ufficio in data 18 ottobre 2004 si costituiva in giudizio il Comune di Mondavio il quale contestava le richieste e ne invocava il rigetto chiedendo la conferma della validita' dei propri atti. Osserva in diritto Dalla motivazione dell'impugnato provvedimento amministrativo e' dato rilevare che: per chiarezza di esposizione questo giudicante ritiene che la domanda formulata dal ricorrente presenti problemi in ordine al collegamento armonico delle norme inerenti; tra i motivi sui quali si fonda il ricorso vi e' eccezione preliminare sulla legittimita' costituzionale dell'art. 126-bis, comma 2 C.d.S. (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), come modificato con d.l. 27 giugno 2003, n. 151, convertito con modificazione dalla legge 1° agosto 2003, n. 214, nella parte in cui prevede, in caso di mancata identificazione del conducente, la decurtazione dei punti della patente del proprietario del veicolo, salvo che quest'ultimo indichi, entro 30 giorni dalla richiesta della Autorita' competente, le generalita' dell'effettivo conducente, per violazione degli artt. 3, 24 e 27 della Costituzione; il ricorrente motiva la propria istanza rilevando come la illegittimita' della norma impugnata risulti sia che si voglia ritenere la decurtazione dei punti una misura di carattere sanzionatorio, sia che la si voglia ritenere una misura di carattere cautelare. Laddove si ritenga la natura sanzionatoria del provvedimento, il ricorrente rileva che le sole sanzioni per le quali e' possibile prevedere una solidarieta' passiva del conducente e del proprietario del veicolo sono le sanzioni pecuniarie (art. 196 d.lgs. 285/1992), inoltre l'art. 210 d.lgs. 285/1992 prevede l'intrasmissibilita' delle sanzioni non pecuniarie ad altri soggetti diversi da chi ha commesso la violazione. Tali disposizioni costituiscono applicazione dei principi costituzionali che, affermati con riferimento ai reati dall'art. 27 Cost., possono essere estese a tutte le violazioni per le quali sono previste sanzioni che colpiscono la persona. Da cio' si deduce che, mentre e' legittima la solidarieta' tra conducente e proprietario dell'autoveicolo relativamente alle sanzioni pecuniarie, e' assolutamente contraria ai principi costituzionali ogni disposizione che introduca ipotesi di responsabilita' oggettiva per le sanzioni amministrative personali, come nel caso dell'art. 126-bis, comma 2 C.d.S. Si pensi anche ai casi riguardanti le persone giuridiche, dove risultano intestati molti mezzi a disposizione del personale in servizio non sempre facilmente individuabili ed ancorche', rispondano nei prescritti termini di legge circa tale impossibilita', vedono applicarsi - da libere interpretazioni da parte di alcune autorita' e non anche da altre, venendosi a creare anche una disuguaglianza di trattamento sotto questo profilo - una doppia sanzione. Laddove invece si ritenga che la decurtazione dei punti della patente di guida abbia natura cautelare, il ricorrente rileva come la legge risulterebbe contraria al principio di ragionevolezza non comprendendosi quale finalita' cautelare possa perseguirsi applicando la sanzione ad un soggetto diverso da quello che ha commesso l'illecito. Ulteriore elemento di irragionevolezza e di violazione del principio di uguaglianza si riscontrerebbe in relazione al fatto che, la decurtazione dei punti al proprietario del veicolo si presenta come una sanzione intermittente o eventuale, essendo applicabile solo se il proprietario sia una persona munita di patente. La sanzione colpisce il conducente in quanto tale, ed il proprietario per la mancata comunicazione all'organo accertatore dei dati del conducente, ma ove la risposta sia fornita nei termini di legge con impossibilita' di poter fornire i dati del conducente l'automatico pagamento di ulteriore sanzione, come detto risulterebbe alquanto iniqua e contrastante con il principio della certezza giuridica. Infine, l'oggettiva impossibilita' per il proprietario del veicolo di rendere la dichiarazione prevista dal comma 2 dell'art. 126-bis del C.d.S., atteso che il proprietario che non fosse presente sul luogo dell'accertamento potra' al massimo fornire i dati della persona a cui aveva affidato il veicolo, ma non potra' mai dichiarare che il conducente che ha commesso l'infrazione fosse effettivamente la persona a cui lo aveva consegnato. Da cio' risulta contrasto con il principio di ragionevolezza oltre che a quello di legalita' ed uguaglianza in quanto l'applicazione di una sanzione personale al proprietario del veicolo, non potrebbe legittimamente conseguire all'omissione di un comportamento attivo naturalmente impossibile. Va considerato, inoltre, che, anche le questioni accessorie, stante la dizione delle norme di cui all'art. 204-bis, comma 8, impone che solo con l'accoglimento del ricorso si possa conseguentemente annullare la sanzione accessoria, il dettato posto appare contrastante con l'art. 23 della legge 689/1981 allorche' si evidenzia che il giudice puo' rigettare l'opposizione, ponendo a carico dell'opponente le spese del procedimento e accoglierla, annullando in tutto o in parte il provvedimento o modificandola anche limitatamente alla entita' della sanzione dovuta. Posto che l'art. 204-bis, comma 7 statuisce il principio che il libero convincimento del giudice e' elemento da salvaguardare ai fini delle applicazioni modificative, comunque nel rispetto del minimo edittale di legge, tale aspetto non puo' essere limitativo delle singole fattispecie di esame del giudicante che, talvolta contemplano situazioni particolari che si annoverano, appunto, nel libero convincimento del giudicante per l'applicazione normativa piu' rispondente e piu' giusta rispetto alla asettica applicazione della legge. In considerazione che i poteri riservati dalla legge al giudicante sono quelli di applicare le norme, diligentemente, avendo in primis a mente quelle costituzionali, laddove all'art. 3, si evidenzia che e' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli in ordine economico/sociale al fine di non limitare la persona nel suo sviluppo e nei suoi diritti, anche in considerazione alle concrete fattispecie oggetto di esame e rapportate alla legge per una corretta, e perche' no condivisa, applicazione delle norme stesse. Appare evidente l'irragionevolezza della norma in ordine all'automatismo della applicazione della sanzione; la legge 24 novembre 1981 n. 689, stabilisce infatti all'art. 3 che «nelle violazioni in cui e' applicabile una sanzione amministrativa ciascuno e' responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa», venendo sancito anche nell'ambito delle sanzioni amministrative il principio che la responsabilita' e' personale (cfr. art. 27, comma 1 Cost.) cio' comportando l'impossibilita' di chiamare a rispondere un soggetto al posto di altri. In considerazione di cio' e' censurabile, in relazione all'art. 24, comma 2, Cost. la norma che prevede l'obbligo di denuncia a carico del proprietario, soprattutto quando gli organi di polizia non siano riusciti ad identificarlo, atteso che l'obbligo di denuncia sussiste solo in capo a determinati soggetti che rivestano pubbliche funzioni, laddove per contro l'imposizione al proprietario di denunciare il conducente del veicolo responsabile della violazione appare limitare il diritto di difesa del cittadino, obbligato a parlare, mentre il diritto al silenzio e' ormai patrimonio acquisito del nostro ordinamento. Altresi' emergono dubbi sulla ragionevolezza della norma contestata (art. 3 Cost.) laddove appare applicabile solo nelle ipotesi in cui il proprietario sia munito di patente, mentre nell'ipotesi in cui il proprietario fosse una persona giuridica essa non colpirebbe nemmeno il proprietario del veicolo ma il suo legale rappresentante o addirittura un soggetto ulteriore scelto con criteri soggettivi, irragionevoli e casuali.