ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo 32  del
decreto-legge  30 settembre  2003,  n. 269  (Disposizioni urgenti per
favorire  lo  sviluppo  e  per la correzione dell'andamento dei conti
pubblici),  convertito, con modificazioni, in legge 24 novembre 2003,
n. 326  (Conversione  in  legge, con modificazioni, del decreto-legge
30 settembre  2003, n. 269, recante disposizioni urgenti per favorire
lo  sviluppo  e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici),
promossi   con  due  ordinanze  del  21 gennaio  2004  dal  Tribunale
amministrativo  regionale  della  Puglia,  sezione  di  Lecce,  e con
ordinanze  del  14 gennaio  2004  dal  Tribunale  di Viterbo, sezione
distaccata  di Civita Castellana e del 20 febbraio 2004 dal Tribunale
di  Napoli, sezione distaccata di Ischia, rispettivamente iscritte ai
nn. 259,  260,  297  e  445  del registro ordinanze 2004 e pubblicate
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  nn. 15  e 16, 1ª serie
speciale,   dell'anno 2004  e  nella  edizione  straordinaria  del  3
giugno 2004.
    Visti  gli  atti  di  intervento  della  Procura della Repubblica
presso  il  Tribunale  di  Viterbo e del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 1° dicembre 2004 il giudice
relatore Ugo De Siervo.
    Ritenuto  che con due ordinanze del 21 gennaio 2004, di contenuto
sostanzialmente  identico,  iscritte  ai  nn. 259  e 260 del registro
ordinanze  del  2004,  il  Tribunale  amministrativo  regionale della
Puglia,  sezione  di  Lecce,  ha  sollevato questione di legittimita'
costituzionale  in  via  incidentale  dell'art. 32  del decreto-legge
30 settembre  2003,  n. 269  (Disposizioni  urgenti  per  favorire lo
sviluppo  e  per  la  correzione  dell'andamento dei conti pubblici),
convertito, con modificazioni, in legge 24 novembre 2003, n. 326, per
contrasto  con gli articoli 3, 27, terzo comma, 97, primo comma, 117,
secondo  e  terzo comma, 118, primo comma e 120, secondo comma, della
Costituzione;
        che  il  rimettente premette di essere chiamato a decidere su
un  ricorso per l'annullamento di due ordinanze del comune di Nardo',
che  disponevano  la  demolizione di alcune parti di due immobili che
risulterebbero  realizzati  senza  concessione  edilizia  e  di avere
accolto le istanze cautelari formulate dai ricorrenti. L'accoglimento
di  tali  istanze  si  sarebbe  basato  sulla  considerazione  che e'
intervenuto  l'art. 32 del decreto-legge n. 269 del 2003, il quale ha
previsto  la  possibilita'  di  sanare  una  serie  di  abusi edilizi
prorogando  al  31 marzo  2003  i  termini al riguardo previsti dalla
legge   28 febbraio  1985,  n. 47  (Norme  in  materia  di  controllo
dell'attivita'  urbanistico-edilizia,  sanzioni, recupero e sanatoria
delle opere edilizie), e successive modificazioni e integrazioni (con
particolare   riguardo  all'art. 39  della  legge  23 dicembre  1994,
n. 724);
        che il giudice a quo afferma che la questione di legittimita'
costituzionale  delle  norme  indicate si porrebbe come una questione
pregiudiziale,  «un  antecedente  logico-giuridico  necessario per la
decisione  della  causa,  ed  e'  pertanto  palesemente rilevante nei
giudizi in esame»;
        che  nelle  ordinanze  di rimessione si rileva come vi sia la
violazione  dell'art. 3 della Costituzione la' dove non viene escluso
che  del  condono  possano  beneficiare  anche  coloro  che sono gia'
sottoposti   a  procedimento  sanzionatorio  per  l'accertato  abuso;
venendo  meno  il  vantaggio  dell'auto-denunzia  si  riscontrerebbe,
secondo   il   rimettente,   l'irragionevolezza   della   norma  «per
sproporzione rispetto allo scopo perseguito»;
        che  il succedersi ciclico delle leggi incriminatrici e delle
sanatorie  produrrebbe  inoltre,  secondo il Tribunale rimettente, un
effetto  svilente dell'efficacia preventiva delle sanzioni in materia
edilizia,    in   violazione   dell'art. 27,   terzo   comma,   della
Costituzione;
        che   la   violazione   dell'art. 97  della  Costituzione  si
riscontrerebbe  inoltre  nella norma oggetto di censura in quanto non
prevede che gli oneri di concessione debbano essere comunque uguali o
superiori  al  valore  venale  dell'immobile  abusivamente ampliato o
modificato,  in  quanto  permetterebbe  a  chi ha violato la legge di
ottenere un vantaggio economico;
        che  la  normativa  censurata, inoltre, violerebbe non solo i
principi  di  eguaglianza,  ragionevolezza,  buona  amministrazione e
tutela  ambientale,  «ma anche le competenze regionali concorrenti in
materia  di governo del territorio» di cui all'art. 117, terzo comma,
della  Costituzione,  in quanto con essa lo Stato, «lungi dal dettare
principi  generali,  imporrebbe  invece  una eccezione che, in quanto
tale, non puo' costituire principio, dettando, peraltro, disposizioni
estremamente precise e dettagliate, senza prevedere il coinvolgimento
partecipativo   delle   Regioni»,  e  senza  che  cio'  possa  essere
giustificato    neanche    dall'art. 120,    secondo   comma,   della
Costituzione,  poiche'  non  sarebbe  stato  rispettato  il  relativo
procedimento;
        che  il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto in
giudizio,  ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o
non fondata;
        che  con  ordinanza  emessa il 14 gennaio 2004, e iscritta al
numero  297 del registro ordinanze del 2004, il Tribunale di Viterbo,
sezione  distaccata  di  Civita Castellana, ha sollevato questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 32 del decreto-legge n. 269 del
2003,  convertito,  con  modificazioni, in legge n. 326 del 2003, per
violazione  degli  articoli 3, 9, secondo comma, 32, primo comma, 97,
primo comma e 117, terzo comma, della Costituzione;
        che  l'ordinanza  di rimessione e' stata resa nel corso di un
giudizio  penale,  nel  quale  la difesa dell'imputata ha chiesto che
venga   dichiarata   la   sospensione   del   giudizio,  prospettando
l'eventualita'  di fruire del condono, secondo i meccanismi delineati
dalle  leggi n. 47 del 1985 e n. 724 del 1994, richiamate dalla norma
censurata;
        che  il  rimettente, in ordine alla rilevanza, evidenzia come
il   giudizio  non  possa  essere  definito  indipendentemente  dalla
risoluzione della sollevata questione di legittimita' costituzionale;
        che  il  giudice  a  quo  ritiene  vi  sia  violazione  degli
articoli 3,  9,  secondo  comma,  32,  primo comma e 97, primo comma,
della  Costituzione,  in  quanto  nella giurisprudenza costituzionale
precedente,  in  relazione  alle  normative  del 1985 e del 1994, era
stato  riconosciuto  il  carattere  «necessariamente eccezionale» del
condono   edilizio   e   in   quanto  la  norma  oggetto  di  censura
reintrodurrebbe  nell'ordinamento,  a  distanza  di  pochi anni, tale
meccanismo,  prevedendo  anche  il pagamento di una somma a titolo di
oblazione;
        che  la  disciplina  impugnata  violerebbe  anche l'art. 117,
terzo  comma,  della Costituzione, ed in particolare le competenze da
esso assegnate alle Regioni in materia di governo del territorio;
        che  anche  in tale giudizio e' intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello Stato, che ha chiesto che la questione sia dichiarata
inammissibile o non fondata;
        che  con  ordinanza  del 20 febbraio 2004, iscritta al n. 445
del  registro  ordinanze  del  2004,  il Tribunale di Napoli, sezione
distaccata  di  Ischia,  in  composizione  monocratica,  ha sollevato
questione    di    legittimita'   costituzionale   dell'art. 32   del
decreto-legge n. 269 del 2003, per contrasto con gli articoli 3 e 112
della Costituzione;
        che in ordine alla rilevanza della questione il giudice a quo
sottolinea come l'art. 32, al comma 36, preveda tra le condizioni per
il  verificarsi dell'effetto estintivo di alcuni dei reati contestati
anche il decorso di trentasei mesi dalla data del suddetto pagamento;
l'estinzione   dei   reati  non  potrebbe  dunque  aver  luogo  prima
dell'ottobre  2007,  in  quanto i trentasei mesi decorrerebbero dalla
data  del settembre  2004 individuata dalla norma censurata come data
ultima  possibile  per  il  completamento  del versamento della somma
dovuta;
        che   il   rimettente   ritiene   inoltre,  alla  luce  della
giurisprudenza  costituzionale,  che  nei  precedenti casi di condono
edilizio  il legislatore aveva ragionevolmente introdotto le norme in
presenza  di  una  situazione  grave  e diffusa di illegalita' con la
finalita'  di  porvi  rimedio  attraverso un intervento complesso, ma
definitivo,  per  il  quale  era  necessario  anche  prevedere la non
punibilita' di alcuni reati;
        che  la  norma censurata determinerebbe inoltre la violazione
dell'art. 112  della  Costituzione  in  quanto  sarebbe  alterato «il
principio   dell'obbligatorieta'  dell'azione  penale  e  della  pena
nonche' l'intero volto del sistema costituzionale in materia penale»;
        che  con  successive  memorie  l'Avvocatura  dello  Stato  ha
chiesto  che  nei  giudizi  di cui alle ordinanze n. 260 e n. 297 del
registro   ordinanze   del   2004,  analogamente  a  quanto  previsto
dall'ordinanza  di  questa  Corte  n. 198  del  2004, sia disposta la
restituzione degli atti al giudice rimettente.
    Considerato   che   l'identita'  della  normativa  impugnata,  la
parziale   coincidenza   delle   censure  proposte  e  dei  parametri
costituzionali  invocati,  nonche'  delle argomentazioni svolte nelle
ordinanze di remissione, rendono opportuna la riunione dei giudizi;
        che   questa   Corte,  con  sentenza  n. 196  del  2004,  nel
pronunciarsi   sui   ricorsi  proposti  da  diverse  Regioni  avverso
l'art. 32  del  decreto-legge  30 settembre 2003, n. 269, nonche' sul
testo  del  medesimo  art. 32  cosi'  come  risultante ad opera della
conversione  in  legge  intervenuta  con  la  legge 24 novembre 2003,
n. 326,  con  cui  venivano  sollevate  questioni in parte analoghe a
quelle  formulate  dai  rimettenti,  ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale parziale della normativa impugnata;
        che, pertanto, tale sentenza ha sostanzialmente modificato la
disciplina  dell'art. 32  sulla  quale  i  giudici  rimettenti  hanno
sollevato  le  questioni  di  legittimita' costituzionale oggetto del
presente giudizio;
        che analogamente si e' espressa l'ordinanza n. 197 del 2004;
        che,  inoltre,  successivamente  il  Governo  ha  adottato il
decreto-legge  12 luglio  2004,  n. 168  (Interventi  urgenti  per il
contenimento   della   spesa  pubblica),  convertito  in  legge,  con
modificazioni, dall'art. 1 della legge 30 luglio 2004, n. 191, il cui
articolo 5, dando esecuzione alla sentenza di questa Corte n. 196 del
2004,  ha  introdotto  una  serie  di  modificazioni  all'art. 32 del
decreto-legge  n. 269  del 2003, cosi' come risultante ad opera della
conversione in legge intervenuta con la legge n. 326 del 2003;
        che, alla luce delle predette considerazioni, gli atti devono
essere  restituiti  ai  giudici  rimettenti,  per  un nuovo esame dei
termini delle questioni e della loro rilevanza nei giudizi a quibus.