ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 301 e 377,
comma secondo, del codice di procedura civile, promosso con ordinanza
del  10 luglio  2004  dalla Corte di cassazione a seguito del ricorso
proposto  da  Nelli  Ermanno ed altra contro Rossini Angelo ed altra,
iscritta  al  n. 712  del  registro ordinanze 2004 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 37,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2004.
    Udito  nella  camera  di consiglio del 26 gennaio 2005 il giudice
relatore Romano Vaccarella.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  La Corte di cassazione - nel corso del giudizio intrapreso
con  ricorso  proposto  da Nelli Ermanno e Mazzafoglia Annunziata nei
confronti di Rossini Angelo e Dionisi Giovanna, avverso sentenza resa
in   grado  d'appello  dal  Tribunale  di  Viterbo  -  con  ordinanza
pronunziata  il  10 luglio  2004,  ha  sollevato, in riferimento agli
articoli 3, comma primo, 24, comma secondo, e 111 della Costituzione,
questione  di  legittimita'  costituzionale degli articoli 301 e 377,
comma secondo, del codice di procedura civile.
    2.  -  In  punto  di  fatto,  il  giudice a quo riferisce di aver
disposto - dopo aver rilevato che la comunicazione della data fissata
per l'udienza di discussione era stata effettuata presso il domicilio
del difensore, nel frattempo deceduto - la trasmissione degli atti di
causa  al  primo  presidente,  ai sensi degli articoli 374 e 376 cod.
proc.  civ.,  affinche',  anche  alla  luce  della nuova formulazione
dell'art. 111  Cost., fosse valutata la conformita' alle esigenze del
«giusto  processo»  del consolidato orientamento della giurisprudenza
di  legittimita'  per  cui  nel  giudizio  in  cassazione  non  trova
applicazione  l'istituto  della interruzione del processo per effetto
del  verificarsi di uno degli eventi contemplati dagli articoli 299 e
seguenti  del  codice  di  rito,  con  la  conseguenza che, una volta
instauratosi  il  giudizio  a  seguito della notifica del ricorso, la
morte  della  parte o del difensore non influirebbe in alcun modo sul
corso del giudizio.
    Il  rimettente,  dopo  che  il primo presidente ha restituito gli
atti alla sezione, avendo ritenuto di non dovere investire le sezioni
unite, solleva la questione incidentale in esame.
    3.  - In punto di non manifesta infondatezza, la Corte rimettente
osserva  come  il consolidato orientamento interpretativo del giudice
di  legittimita' in tema di interruzione del processo si fondi, da un
lato,   sull'impulso   ufficioso  che  caratterizza  il  giudizio  di
cassazione  e,  dall'altro,  sulla  insuscettibilita' di applicazione
analogica  dellenorme sull'interruzione; e cio' anche nel caso in cui
l'evento  attenga  alla  morte  del  difensore attestata dalla relata
negativa  di  notifica  dell'avviso  di  udienza,  dal momento che la
prospettazione  delle  ragioni  del  ricorrente  sarebbe  interamente
affidata  all'atto  scritto  del ricorso, mentre la discussione orale
avrebbe, in uno alla relativa udienza, mero valore complementare.
    Riferisce   la   Corte   rimettente  che,  pur  riconoscendo  che
l'istituto   dell'interruzione   e'  soprattutto  volto  a  garantire
l'effettivita'  del  contraddittorio ed una efficiente rappresentanza
tecnica  delle  parti  nel  processo, le Sezioni unite hanno rilevato
(sentenza  n. 11195  del 1992) che nel sistema del codice di rito del
1942,   a   differenza  di  quello  del  1865,  non  ad  ogni  evento
potenzialmente   lesivo   del   contraddittorio  e'  stata  conferita
efficacia  interruttiva; tale effetto e' stato limitato, con riguardo
al difensore, alle sole ipotesi della morte, della radiazione e della
sospensione  (art. 301,  primo  comma,  cod.  proc. civ.), escludendo
espressamente  quelle  della revoca della procura e della rinuncia al
mandato  (art. 301, terzo comma, cod. proc. civ.), secondo una scelta
da  considerarsi  ragionevole  nella misura in cui, per queste ultime
ipotesi,  sussiste  un obbligo di attivarsi a carico della parte (nel
caso di revoca della procura) o del difensore (in caso di rinuncia al
mandato)  idoneo  ad evitare la compromissione del contraddittorio il
cui  verificarsi  sarebbe,  pertanto, ascrivibile ad un comportamento
omissivo e non anche ad un vizio della normativa.
    Analoghe  ragioni sussisterebbero, ad avviso delle Sezioni unite,
con  riguardo al caso della morte dell'unico difensore costituito nel
giudizio   di   cassazione   al   quale   non  sarebbero  applicabili
analogicamente  -  stante il divieto dell'art. 14 delle preleggi - le
norme dettate in tema di interruzione per il giudizio di merito e non
richiamate per il rito di legittimita' che, connotato dall'impulso di
ufficio,  impone  un particolare onere di attenzione alla parte, «con
la  conseguenza  che  la mancata osservanza di quest'onere, per fatti
relativi al procuratore, ricadrebbe sulla parte stessa che non si sia
attivata  per  ovviare  alle conseguenze derivanti da eventi che essa
avrebbe potuto e dovuto conoscere».
    4.  -  La Corte rimettente ritiene, tuttavia, di dover rimeditare
questo  consolidato  indirizzo  che,  per il caso di morte dell'unico
difensore  costituito,  condurrebbe  a risultati contrastanti con gli
artt. 3, 24 e 111 Cost.
    Se  infatti  e'  vero,  a  parere  del  giudice  a quo, che resta
estranea  al giudizio di cassazione, dominato dall'impulso officioso,
la  ratio  delle norme in tema di interruzione collegata al carattere
dispositivo del processo ed all'esigenza di affidarne la prosecuzione
all'impulso  di  parte,  e'  pur  vero che quelle stesse disposizioni
tutelano  il  diritto  di difesa ed il contraddittorio con previsioni
che, nel caso di morte, radiazione e sospensione dall'albo dell'unico
procuratore  costituito,  determinano  l'interruzione  automatica del
processo  ed  importano  la  nullita'  di  ogni  ulteriore  attivita'
processuale.  Inoltre,  se  le difese nel giudizio di cassazione sono
essenzialmente  affidate,  per la parte ricorrente, alla formulazione
del ricorso, il rimettente annette un rilievo decisivo, in termini di
garanzia   del   contraddittorio,   ad   altre   eventuali  attivita'
processuali  a  valenza  defensionale,  da  compiersi  unicamente  ad
impulso  di  parte  e  con  il  ministero  di  un difensore, quali il
deposito  del  ricorso,  la  produzione  di  documenti  relativi alla
nullita' della sentenza impugnata ed all'inammissibilita' del ricorso
e  del  controricorso  (art. 372,  primo  comma,  cod.  proc.  civ.),
l'integrazione del contraddittorio in corso di causa (artt. 331 e 375
cod.   proc.   civ.),  il  rideposito  del  fascicolo  di  parte,  la
rinnovazione della notificazione, la facolta' di rinuncia al ricorso.
    Peraltro  il  giudice  a quo ritiene che l'udienza di discussione
non  possa  essere considerata, nell'attuale sistema normativo, quale
mero  contorno dell'attivita' esplicatasi negli scritti defensionali,
assurgendo  invece  -  come  hanno  statuito  anche  le Sezioni unite
(sentenza  n. 10841  del 2003) - a «strumento di massima garanzia dei
diritti  di  azione  e  difesa  delle  parti,  che rende possibile ai
difensori  di  esporre compiutamente i propri assunti nell'osservanza
piu' piena del principio del contraddittorio, anche nei confronti del
rappresentante del procuratore generale».
    Tali  considerazioni,  ad  avviso  della  Corte  rimettente, sono
rafforzate   dalla   nuova   formulazione   dell'articolo 111   della
Costituzione  che,  pur  esplicitando  indicazioni  gia' presenti nel
sistema  giuridico,  col  precisare  che  il  processo  si svolge nel
contraddittorio  delle  parti «in condizioni di parita», avrebbe reso
«ancor  piu'  evidente  il ruolo della presenza del difensore (anche)
nel giudizio di cassazione, dovendosi ritenere che il giusto processo
di  cassazione  e'  quello  in cui al difensore, che la legge presume
particolarmente  adeguato  in  quanto iscritto nell'apposito albo, e'
consentito  di  esercitare  concretamente  ed effettivamente tutte le
opportunita' difensive riconosciute dalle norme processuali».
    5.  -  Pertanto,  atteso  che  la norma, la quale sancisce che la
morte  del difensore e' causa di interruzione automatica del processo
di  primo  grado (art. 301 cod. proc. civ.) e di quello d'appello (in
virtu'  del richiamo contenuto nell'art. 359 cod. proc. civ.), non e'
prevista per il giudizio di cassazione, ne' e' ad esso estensibile in
via  analogica,  il  giudice rimettente ritiene che «si producano una
disparita' di trattamento ed una lesione del diritto di difesa che il
carattere   ufficioso  del  giudizio  di  legittimita'  non  appaiono
sufficienti  a  giustificare»,  rendendo  evidente,  stante  anche la
rilevanza  della  questione,  il  contrasto con gli articoli 3, comma
primo,  24,  comma  secondo,  e  111 Cost., degli articoli 301 e 377,
comma secondo, cod. proc. civ. nella parte in cui, per il giudizio di
cassazione,   non   attribuiscono  rilevanza  alla  morte  dell'unico
difensore  verificatasi  dopo  la  proposizione  del  ricorso e prima
dell'udienza di discussione.

                       Considerato in diritto

    1.   -   La   Corte   di  cassazione  dubita  della  legittimita'
costituzionale, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, secondo
comma,  e 111 Cost., degli artt. 301 e 377, comma secondo, del codice
di  procedura civile, nella parte in cui non attribuiscono rilevanza,
nel   giudizio   di   cassazione,  alla  morte  dell'unico  difensore
verificatasi dopo la proposizione del ricorso e prima dell'udienza di
discussione.
    2. - La questione e' inammissibile.
    2.1.  -  La Corte rimettente solleva la questione di legittimita'
costituzionale   osservando   come  sia  inappagante  il  consolidato
indirizzo  giurisprudenziale secondo il quale l'impulso officioso che
caratterizza  il  giudizio  di  legittimita'  varrebbe  di  per se' a
giustificare   l'irrilevanza   in   quel   giudizio  degli  eventi  -
riguardanti  il  difensore  -  che, nelle fasi di merito, determinano
l'interruzione del processo.
    2.2.  -  In  proposito deve osservarsi che non solo (e non tanto)
anche nel giudizio di cassazione e' previsto il compimento di atti di
impulso,   affidati   alla   parte,  la  cui  omissione  comporta  la
definizione  in  rito  del  processo  (improcedibilita':  artt. 369 e
371-bis  cod. proc. civ; inammissibilita': artt. 291 e 331 cod. proc.
civ.),  ma  anche e soprattutto che la funzione dell'interruzione non
e'  soltanto (ne' principalmente) quella di mettere la parte in grado
di  compiere  atti  di  impulso del processo (e di evitare, cosi', di
incorrere, lato sensu, nell'estinzione), bensi' in primo luogo quella
di  consentire alla parte - nonostante sia stata colpita da un evento
che  ne  pregiudica,  per cosi' dire, l'integrita' - di difendersi in
giudizio  usufruendo  di  tutti  i  poteri e facolta' che la legge le
riconosce.
    Cio'  posto,  e'  del  tutto ovvio che il carattere officioso del
procedimento  di  cassazione  e'  irrilevante  al  fine  di  bandirne
l'istituto  dell'interruzione,  cosi'  come  e' ovvia l'inconsistenza
logica e giuridica del tentativo di giustificare tale conclusione con
il  preteso,  scarso valore - rispetto a quella che si esprime con il
ricorso  -  delle  successive  attivita' difensive («valore meramente
complementare»,   ad   esempio,  si  attribuisce  non  di  rado  alla
discussione  orale in udienza): tentativo che si risolve nel graduare
inammissibilmente  l'importanza  degli  strumenti difensivi, i quali,
per  cio'  solo  che  sono previsti dalla legge processuale, debbono,
tutti,  poter essere utilizzati dalla parte per far valere le proprie
ragioni.
    2.3.  - Questa Corte, tuttavia, non puo' emettere la pronuncia di
incostituzionalita' che le viene sollecitata.
    In effetti, il problema della necessita' di garantire l'esercizio
del diritto di difesa, nel giudizio di cassazione, alla parte colpita
da  un  evento  che quel diritto pregiudica, non riguarda soltanto il
ricorrente,  ma  anche  colui  nei cui confronti il ricorso sia stato
proposto,  cosi' come esso implica la soluzione di delicate questioni
-  derivanti  dal  fatto  che  quello  di  cassazione e' ab initio un
processo  di  avvocati  -  quanto  ai meccanismi di riattivazione del
giudizio.
    Non  competendo  a  questa  Corte  -  ma,  nell'ambito  della sua
discrezionalita',  al  legislatore  -  la  necessariamente articolata
soluzione  dei  problemi  implicati  dal  riconoscere  rilevanza, nel
giudizio  di  cassazione,  ad  eventi  lato  sensu  interruttivi,  la
questione   di   legittimita'   costituzionale  de  qua  deve  essere
dichiarata inammissibile.