ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 279 e 295 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza del 6 febbraio 2004 dal Tribunale di Piacenza, nel procedimento civile vertente tra Aris S.p.a. e Astra S.p.a., iscritta al n. 484 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, 1ª serie speciale, dell'anno 2004. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 9 febbraio 2005 il giudice relatore Romano Vaccarella; Ritenuto che, con ordinanza del 6 febbraio 2004, il Tribunale di Piacenza ha sollevato, in riferimento al principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale degli artt. 279 e 295 del codice di procedura civile; che il giudizio, nel corso del quale il dubbio e' stato prospettato, venne intentato da Aris S.p.a. nei confronti di Astra S.p.a., al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti per non avere la controparte adempiuto all'accordo in base al quale, a fronte dell'esecuzione, a titolo gratuito, da parte della societa' attrice, di un complesso lavoro di restyling sullo scafo di un carro armato, Astra S.p.a. si era impegnata, ove l'appalto per le modifiche fosse stato ad essa affidato, a subappaltarne la realizzazione ad Aris; che, emessa sentenza non definitiva in ordine all'an debeatur, la causa era stata rimessa in istruttoria per l'espletamento di consulenza tecnica e, a seguito del deposito della stessa, nuovamente riservata in decisione; che, essendo stata la sentenza parziale appellata e trovandosi il rimettente nella necessita' di disporre la riapertura della fase istruttoria al fine di chiedere dei chiarimenti al consulente tecnico di ufficio, tale «enorme e costosissimo lavoro» - osserva il giudice a quo - ben potrebbe essere «posto in non cale da una pronuncia difforme in sede di gravame, con conseguente necessita' di impugnazione della emananda nuova sentenza»; che, a giudizio del rimettente, mentre in un giudizio relativo al solo an debeatur, nel quale la determinazione del quantum deve avvenire in un separato processo, «ricorrono gli estremi della sospensione necessaria, ex art. 279 cod. proc. civ.» (rectius: ex art. 295 cod. proc. civ.), in caso di appello «avverso sentenza interlocutoria con rimessione in istruttoria» la sospensione e' subordinata all'esistenza di una concorde istanza delle parti, oltre che ad una positiva valutazione della fondatezza della «ritenuta pregiudizialita» da parte del giudice: e cio' senza che il decidente possa esercitare alcun sindacato in ordine al presumibile esito del gravame ne' intervento di sorta sulla decisione adottata; che da cio' deriverebbe che due fattispecie processuali sostanzialmente identiche, in quanto difformi nel solo fatto che, nell'un caso, la determinazione del quantum deve avvenire in un nuovo giudizio, nell'altro, nello stesso processo, sono trattate in modo irragionevolmente difforme, con violazione dell'art. 3 della Costituzione, da parte del «combinato disposto degli artt. 279 e 295 cod. proc. civ.» (rectius: dell'art. 279, quarto comma, cod. proc. civ.) nella parte in cui, in caso di impugnazione immediata avverso sentenza non definitiva che statuisca sull'an debeatur, subordina la facolta' del giudice di primo grado di sospendere l'ulteriore istruzione per la liquidazione del quantum all'istanza concorde delle parti, con disciplina irrazionalmente diversa rispetto a quella applicabile, ex art. 295 cod. proc. civ., all'ipotesi di sentenza che definisca la causa relativamente all'an debeatur, con devoluzione a separato processo della determinazione del quantum; che e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale, dopo aver osservato che il giudice non e' legittimato a dubitare delle proprie sentenze le quali, una volta emesse, costituiscono dati dell'ordinamento indisponibili da parte di chi le ha pronunciate, segnala che la proposta questione e' del tutto identica, senza alcun elemento di novita', ad altra gia' decisa da questa Corte con sentenza n. 182 del 1996; dal che la richiesta che la sollevata questione venga dichiarata manifestamente infondata. Considerato che il Tribunale di Piacenza dubita, in riferimento all'art. 3 Cost., della legittimita' costituzionale del «combinato disposto degli artt. 279 e 295 cod. proc. civ.» (rectius: dell'art. 279, quarto comma, cod. proc. civ.) nella parte in cui, in caso di impugnazione immediata avverso sentenza non definitiva che statuisca sull'an debeatur, subordina la facolta' del giudice di primo grado di sospendere l'ulteriore istruzione per la liquidazione del quantum all'istanza concorde delle parti, con disciplina irragionevolmente diversa rispetto a quella applicabile, ex art. 295 cod. proc. civ., all'ipotesi di sentenza che definisca la causa relativamente all'an debeatur, con devoluzione a separato giudizio della determinazione del quantum; che la questione sollevata e' manifestamente infondata avendo il rimettente prospettato argomentazioni sostanzialmente identiche a quelle che sono state oggetto di puntuale disamina nella sentenza di questa Corte n. 182 del 1996 (in particolare, paragrafi 2, 2.1., 2.2., 2.3., 2.3.1. del «Considerato in diritto»), totalmente ignorata dal rimettente; che a quanto rilevato dalla sentenza n. 182 del 1996 puo' aggiungersi che, anche recentemente, le sezioni unite della Corte di cassazione hanno ribadito (sentenza n. 14060 del 2004) l'inapplicabilita' dell'art. 295 cod. proc. civ. all'ipotesi di autonomo giudizio sull'an seguito, in pendenza di impugnazione, da separato giudizio per la determinazione del quantum; ipotesi questa, e' appena il caso di rilevare, che, in quanto non espressamente disciplinata dalla legge, dovrebbe modellarsi su (e non gia' fungere da modello per) quella esplicitamente prevista di sentenza non definitiva sull'an e sulla relativa disciplina di cui all'art. 279, comma quarto, cod. proc. civ. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.