ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 172 e 126-bis
(aggiunto  dall'art. 7 del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9)
del  decreto  legislativo  30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada),  come  modificati  dal  decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151
(Modifiche  ed  integrazioni  al codice della strada), convertito con
modificazioni  nella  legge  1° agosto  2003,  n. 214,  promossi  con
ordinanza  del  31 dicembre  2003  dal  Giudice di pace di Genova nel
procedimento  civile vertente tra Morello Aurelio contro il comune di
Genova,  iscritta  al n. 264 del registro ordinanze 2004 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 15, 1ª serie speciale,
dell'anno 2004,  e  con  ordinanza del 1° ottobre 2003 dal Giudice di
pace di Viterbo sul ricorso proposto da Bozza Venturi Michele Antonio
contro  l'Ufficio  Territoriale  del  Governo di Viterbo, iscritta al
n. 1187  del  registro  ordinanze  2003  e  pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 4, 1ª serie speciale, dell'anno 2004.
    Visti  l'atto  di  costituzione  di Bozza Venturi Michele Antonio
nonche'  gli  atti  di  intervento  del  Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 26 gennaio 2005 il giudice
relatore Alfio Finocchiaro.
    Ritenuto  che  il  Giudice  di pace di Viterbo, con ordinanza del
1° ottobre  2003  (reg.  ord.  n. 1187  del  2003)  - nel corso di un
giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione emanata dal Prefetto
per  violazione  dell'obbligo di allacciare le cinture di sicurezza -
ha  sollevato  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 172
del  decreto  legislativo  30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada),  come  modificato  dal  decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151
(Modifiche  ed  integrazioni al codice della strada), convertito, con
modificazioni,  nella  legge  1° agosto  2003, n. 214, in riferimento
agli   artt. 2,   3,   anche   sotto   il   profilo  del  difetto  di
ragionevolezza,   13   e   32,  secondo  comma,  della  Costituzione,
all'art. 8   della   Convenzione   europea   dei  diritti  dell'uomo,
ratificata  e  resa  esecutiva  con la legge 4 agosto 1955, n. 848, e
all'art. 29,   secondo  comma,  della  Dichiarazione  universale  dei
diritti dell'uomo;
        che,  con riferimento alla rilevanza, il giudice a quo espone
solo  che  il  ricorso  in opposizione e' stato presentato nel maggio
2003 in relazione ad una sanzione, per violazione dell'art. 172 cit.,
irrogata nel maggio 2002 dalla competente Polizia stradale;
        che,  quanto  alla  non manifesta infondatezza, il remittente
da'  conto  della  questione di costituzionalita' come eccepita dalla
parte  privata  nel  giudizio di opposizione, riferendo che questa ha
rilevato  la  violazione:  dei  diritti inviolabili dell'uomo e dello
sviluppo  della  personalita' (art. 2 Cost.), nell'obbligo di doversi
legare  al  mezzo  di trasporto; del principio di uguaglianza (art. 3
Cost.),  nelle esenzioni previste per molte categorie; della liberta'
personale  (art. 13  Cost.),  nell'imposizione al cittadino di quanto
costituisce  suo  diritto alla autodeterminazione; del rispetto della
persona  umana  (art. 32  Cost.);  del  rispetto  della  vita privata
(art. 8  Convenzione  europea  dei  diritti dell'uomo); del principio
secondo   cui   ognuno  deve  essere  sottoposto  soltanto  a  quelle
limitazioni  stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e
il  rispetto  dei  diritti  e  delle  liberta'  degli altri (art. 29,
secondo comma, della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo);
        che,  nel  motivare  l'ordinanza  di  remissione, afferma che
l'eccezione proposta «merita certamente attenzione», e inoltre che le
considerazioni  della  parte  privata  «non  appaiono  peregrine»,  e
prospetta,  poi,  la  violazione del principio di ragionevolezza, per
effetto della introduzione della «patente a punti», della conseguente
previsione  della  perdita di cinque punti, e della sospensione della
patente in caso di reiterazione della violazione; sanzioni piu' gravi
di quelle previste per altre violazioni, ritenute piu' lesive;
        che,  infine,  aggiunge  il,  l'uso  o  meno  dei  sistemi di
ritenuta  al  veicolo deve far parte della discrezionalita' personale
alla luce dei principi costituzionali delle democrazie, non potendosi
tornare al sistema dittatoriale;
        che  si  e'  costituita  la  parte privata, chiedendo che sia
dichiarata l'illegittimita' costituzionale della norma impugnata;
        che   il  Giudice  di  pace  di  Genova,  con  ordinanza  del
31 dicembre  2004  (reg.  ord.  n. 264  del  2004)  - nel corso di un
giudizio  di  opposizione avverso il verbale della Polizia municipale
per  violazione  dell'obbligo di allacciare le cinture di sicurezza -
ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione
di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 172 e 126-bis (aggiunto
dall'art. 7  del  decreto  legislativo  15 gennaio  2002,  n. 9)  del
decreto   legislativo   n. 285   del   1992,   come   modificati  dal
decreto-legge  n. 151  del 2003, convertito, con modificazioni, nella
legge  n. 214  del  2003, nella parte in cui non prevedono un sistema
sanzionatorio differenziato per fattispecie essenzialmente diverse;
        che  -  premesso  che  il  ricorso  in opposizione avverso il
verbale   della  Polizia  municipale  del  2 agosto  2003  era  stato
presentato  il  18 settembre  successivo  e  che  il ricorrente aveva
eccepito  l'illegittimita'  costituzionale  degli artt. 172 e 126-bis
citati - il giudice a quo sostiene che e' evidente la rilevanza della
questione proposta rispetto all'esito del giudizio in corso;
        che  quanto  alla non manifesta infondatezza, preliminarmente
il  giudice  remittente motiva sui numerosi profili di illegittimita'
eccepiti dalla parte per escluderli tutti, ritenendoli infondati;
        che,   quindi,   si   sofferma  brevemente  sulla  violazione
dell'art. 3  Cost.,  da parte dell'art. 126-bis citato, rilevando che
tale  articolo  prevede  sanzioni  simili,  come la sospensione della
patente,  per  violazioni  essenzialmente  diverse, quali sono quelle
previste  a  tutela  della salute e dell'integrita' fisica di terzi e
quelle  previste  a  tutela dello stesso destinatario della sanzione,
essendo le prime dirette alla salvaguardia di un diritto fondamentale
della  persona  e  le seconde alla salvaguardia di un interesse della
collettivita',  come  il  costo  sociale  delle eventuali lesioni del
conducente,  che  espone  a  possibile rischio pecuniario il bilancio
dello Stato;
        che  in  entrambi  i giudizi e' intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  chiedendo  che le questioni siano dichiarate
inammissibili, e, comunque, infondate.
    Considerato  che  il  Giudice  di  pace  di  Viterbo dubita della
legittimita'  costituzionale  dell'art. 172  del  decreto legislativo
30 aprile  1992,  n. 285 (Nuovo codice della strada), come modificato
dal  decreto-legge  27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni
al  codice  della strada), convertito, con modificazioni, nella legge
1° agosto  2003,  n. 214,  in  riferimento  agli artt. 2, 3, 13 e 32,
secondo  comma,  della  Costituzione;  all'art. 8  della  Convenzione
europea  dei  diritti  dell'uomo,  ratificata e resa esecutiva con la
legge  4 agosto  1955,  n. 848;  all'art. 29,  secondo  comma,  della
Dichiarazione  universale dei diritti dell'uomo; nonche' al principio
di ragionevolezza che deve informare le leggi, leso per effetto della
introduzione  della «patente a punti», della previsione della perdita
di  cinque  punti,  e  della  sospensione  della  patente  in caso di
reiterazione della violazione (sanzioni piu' gravi di quelle previste
per altre violazioni, ritenute piu' lesive);
        che  il  Giudice  di pace di Genova dubita, in riferimento al
solo  art. 3  della  Costituzione,  della legittimita' costituzionale
degli  artt. 172  e  126-bis del decreto legislativo n. 285 del 1992,
come  modificati  dal  decreto-legge n. 151 del 2003, convertito, con
modificazioni,  nella  legge  n. 214 del 2003, nella parte in cui non
prevedono  un  sistema  sanzionatorio  differenziato  per fattispecie
essenzialmente   diverse,   stabilendo   sanzioni   simili,  come  la
sospensione  della patente, per le violazioni previste a tutela della
salute  e  dell'integrita'  fisica  di  terzi e per quelle previste a
tutela  dello  stesso  destinatario  della sanzione, essendo le prime
dirette  alla salvaguardia di un diritto fondamentale della persona e
le seconde alla salvaguardia di un interesse della collettivita';
        che  le  due  ordinanze  pongono questioni in parte analoghe,
sicche'  i  relativi  giudizi vanno riuniti per essere congiuntamente
decisi;
        che  il  Giudice  di  pace  di  Viterbo, con riferimento alla
rilevanza  della  questione,  si  limita  a  dire  che  il ricorso in
opposizione e' stato presentato nel maggio 2003 in riferimento ad una
sanzione,  per  violazione  dell'art. 172 citato, irrogata nel maggio
2002  dalla competente Polizia stradale, mentre la norma impugnata e'
stata   modificata  nel  giugno 2003  con  decreto-legge,  convertito
nell'agosto   successivo;  e,  con  riferimento  alla  non  manifesta
infondatezza,    si    limita   a   riferire   della   questione   di
costituzionalita'  come  eccepita dalla parte privata nel giudizio di
opposizione,  e  ad  affermare  che  l'eccezione  «merita  certamente
attenzione», e inoltre che le considerazioni della parte privata «non
appaiono  peregrine»,  aggiungendo  solo  che  l'uso  dei  sistemi di
ritenuta  ai veicoli deve far parte della discrezionalita' personale,
prospettando  poi,  succintamente,  la  violazione  del  principio di
ragionevolezza;
        che,   dall'esposizione   del   fatto  oggetto  del  giudizio
effettuata  dal  Giudice  di  pace di Genova, non risulta se rilevi o
meno  la  sospensione  della patente prevista in caso di reiterazione
dell'illecito;  e  che  lo  stesso  remittente,  in  ordine  alla non
manifesta  infondatezza,  argomenta  sui  profili  di  illegittimita'
eccepiti   dalla   parte   privata   per  escluderne  il  fondamento,
soffermandosi,   poi,   brevemente  e  con  scarsa  chiarezza,  sulla
violazione  dell'art. 3  della Costituzione, allo scopo, sembrerebbe,
di  sottrarre  il  mancato  uso  delle cinture al sistema di sanzioni
previsto   per  le  violazioni  che  pongono  a  rischio  la  vita  e
l'integrita' fisica altrui;
        che  entrambe  le ordinanze presentano motivazioni gravemente
insufficienti  con riferimento sia alla rilevanza delle questioni sia
alla non manifesta infondatezza;
        che,  come  questa Corte ha piu' volte ribadito, le questioni
di  legittimita'  costituzionale  sollevate, e con ordinanze prive di
motivazione  sulla  rilevanza  o  che  contengano  una  insufficiente
descrizione  della  fattispecie  concreta, tale da non consentire una
adeguata  valutazione  della  stessa, ovvero con ordinanze carenti di
motivazione   in   ordine   alla  non  manifesta  infondatezza,  sono
manifestamente  inammissibili  (v.,  ex  plurimis,  ordinanze n. 393,
n. 391, n. 262, n. 194, n. 51 del 2004; n. 141 del 2003);
        che, pertanto, entrambe le questioni devono essere dichiarate
manifestamente inammissibili.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.