ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi di legittimita' costituzionale della legge della Regione
Puglia  4 dicembre  2003,  n. 26  (Norme  in materia di coltivazione,
allevamento   e   commercializzazione   di   Organismi  geneticamente
modificati  -  OGM)  e della legge della Regione Marche 3 marzo 2004,
n. 5  (Disposizioni  in  materia  di  salvaguardia  delle  produzioni
agricole,  tipiche,  di  qualita' e biologiche), promossi con ricorsi
del  Presidente del Consiglio dei ministri notificati il 6 febbraio e
il  3 maggio  2004,  depositati  in  cancelleria  il 16 febbraio e il
12 maggio  successivi ed iscritti ai nn. 21 e 54 del registro ricorsi
2004.
    Visti  gli  atti  di  costituzione delle Regioni Puglia e Marche,
nonche'   gli   atti  di  intervento  della  Associazione  Sementieri
Mediterranei  AS.SE.ME.,  della Federazione regionale dei coltivatori
diretti   Puglia,   dell'Associazione  regionale  per  l'agricoltura,
l'ambiente    ed    il    territorio    «Terranostra    di   Puglia»,
dell'Associazione  per  la  difesa  e  l'orientamento dei consumatori
ADOC,  della  Confconsumatori  Federazione  regionale  della  Puglia,
dell'Ecoistituto Puglia Onlus, dell'Adiconsum Puglia, della Flai Cgil
Puglia,  della  Fai  Cisl  Puglia,  della Uila Uil Puglia, della Cgil
regionale  Puglia,  della  U.S.R.  Cisl  Puglia,  della Uil regionale
Puglia,  della  A.I.A.B. Puglia, del Codacons Onlus Puglia, di Italia
Nostra,  del  WWF  Legambiente  e  della  Federazione  regionale  dei
coltivatori diretti Marche;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  22 febbraio  2005  il giudice
relatore Ugo De Siervo;
    Uditi   gli  avvocati  Giuseppe  Fiengo  per  il  Presidente  del
Consiglio  dei ministri, Claudio Chiola per l'Associazione Sementieri
Mediterranei  AS.SE.ME.,  Pietro  Quinto per la Federazione regionale
coltivatori diretti Puglia, Associazione regionale per l'agricoltura,
l'ambiente ed il territorio «Terranostra di Puglia», Associazione per
la  difesa  e  l'orientamento  dei  consumatori ADOC, Confconsumatori
Federazione   regionale   della  Puglia,  Ecoistituto  Puglia  Onlus,
Adiconsum Puglia, Flai Cgil Puglia, Fai Cisl Puglia, Uila Uil Puglia,
Cgil  regionale  Puglia,  U.S.R.  Cisl  Puglia, Uil regionale Puglia,
A.I.A.B.   Puglia,   Codacons  Onlus  Puglia,  Italia  Nostra  e  WWf
Legambiente,  Angelo  Piazza  per la Regione Puglia, Andrea Calzolaio
per  la  Federazione  regionale  coltivatori  diretti Marche, Stefano
Grassi per la Regione Marche.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso  notificato il 6 febbraio 2004, depositato il
16 febbraio  2004  e iscritto al n. 21 del registro ricorsi del 2004,
il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha impugnato la legge della
Regione   Puglia   4 dicembre   2003,  n. 26  (Norme  in  materia  di
coltivazione,   allevamento   e   commercializzazione   di  Organismi
geneticamente  modificati - OGM), pubblicata nel Bollettino Ufficiale
della Regione Puglia n. 144 del 10 dicembre 2003.
    Il  ricorrente  lamenta, in particolare, che l'art. 2 della legge
regionale   impugnata,   «disponendo   un  divieto  generalizzato  di
coltivazione  di  piante  e  di  allevamento di animali geneticamente
modificati o di ogni altro tipo di OGM», si porrebbe in contrasto, in
primo  luogo, con l'art. 22 della direttiva 2001/18/CE (Direttiva del
Parlamento   europeo   e   del  Consiglio  sull'emissione  deliberata
nell'ambiente  di  organismi geneticamente modificati e che abroga la
direttiva  90/220/CEE  del  Consiglio),  che  stabilisce il principio
della  libera circolazione e dispone che gli Stati membri non possono
vietare,  limitare  o impedire l'immissione in commercio di OGM, come
tali  o  contenuti in prodotti, conformi ai requisiti della direttiva
stessa.
    Il  predetto  «divieto  generalizzato»  determinerebbe inoltre la
violazione   delle  disposizioni  di  cui  all'art. 23  della  citata
direttiva  2001/18/CE  e all'art. 25 del decreto legislativo 8 luglio
2003,  n. 224  (Attuazione  della  direttiva  2001/18/CE  concernente
l'emissione   deliberata  nell'ambiente  di  organismi  geneticamente
modificati);  tali  disposizioni, infatti, secondo quanto esposto nel
ricorso,  conterrebbero  «una clausola di salvaguardia», in base alla
quale  solo  le  previste  autorita'  competenti potrebbero bloccare,
ricorrendone  gli  specifici presupposti e con le modalita' previste,
la  circolazione sul proprio territorio di un prodotto contenente OGM
ritenuto  pericoloso,  avviando una serie di consultazioni al termine
delle  quali  la  Commissione  UE  dovrebbe decidere sulla fondatezza
delle  misure  unilaterali  di  salvaguardia, ripristinando un eguale
livello  di  protezione all'interno della Comunita', ovvero invitando
lo  Stato  che  le  abbia  adottate  ad abrogarle e a ripristinare la
libera circolazione del prodotto sul proprio territorio.
    Osserva,   inoltre,   l'Avvocatura   che  l'autorita'  competente
responsabile  per  l'attuazione  delle  prescrizioni  della direttiva
sarebbe,  secondo  l'art. 2 del decreto legislativo sopra menzionato,
il  Ministero  dell'ambiente e della tutela del territorio, che opera
d'intesa,  per quanto di rispettiva competenza, con i Ministeri della
salute,   del  lavoro,  delle  politiche  agricole,  delle  attivita'
produttive,     nonche'    con    il    Ministero    dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca scientifica.
    In  ragione  di  quanto  appena  esposto,  la normativa regionale
censurata,  ponendosi  in  diretto  contrasto con quella comunitaria,
violerebbe l'art. 117, primo comma, della Costituzione ed invaderebbe
altresi'  la  competenza  esclusiva  statale  in  materia  di  tutela
dell'ambiente  e  dell'ecosistema di cui all'art. 117, secondo comma,
lettera  s),  della  Costituzione; cio', anche in quanto «il previsto
divieto  generalizzato alla presenza di OGM sul territorio regionale»
si  porrebbe  «al di fuori del complesso quadro procedurale delineato
in  materia  dal  decreto legislativo n. 224 del 2003, ai fini di una
uniforme tutela ambientale su tutto il territorio nazionale».
    2. - Si e' costituita in giudizio, con memoria depositata in data
24 marzo  2004,  la  Regione  Puglia,  chiedendo  -  con  riserva  di
articolare  successivamente  la  propria  difesa - che il ricorso sia
respinto a causa della sua totale infondatezza. In data 6 agosto 2004
la  Regione Puglia ha depositato una «nuova memoria di costituzione»,
con  le  medesime  conclusioni  e riserva di successiva articolazione
delle  difese,  riconoscendo  di  essersi  precedentemente costituita
fuori   termine,   ma   affermando  tuttavia  di  potersi  costituire
nuovamente  in  forza  dell'art. 33 «del decreto del Presidente della
Corte costituzionale 21 luglio 2004» (Norme integrative per i giudizi
davanti  alla  Corte  costituzionale),  il  quale  stabilisce, in via
transitoria,  che  «la  costituzione  delle  parti  nei  procedimenti
pendenti  davanti  alla  Corte  alla  data di entrata in vigore delle
presenti   norme   integrative  e'  ammessa  fino  al  decimo  giorno
successivo  alla  data stessa, qualora il termine non venga a scadere
posteriormente».
    3.  -  Ha  depositato  atto  d'intervento  ad opponendum, in data
29 marzo 2004, l'Associazione Sementieri Mediterranei (AS.SE.ME.), la
quale   ha   concluso   per   l'inammissibilita'   e   comunque   per
l'infondatezza  delle  censure proposte nel ricorso, chiedendo in via
gradata  che  questa  Corte  disponga  una  istruttoria  «tendente ad
accertare     l'irreversibilita'     dell'inquinamento    determinato
dall'impiego di OGM». L'Associazione interveniente ritiene che non si
possa  dubitare  della  propria  legittimazione  ad  intervenire  nel
giudizio   dal   momento   che   la   controversia  verterebbe  sulla
«legittimita'  costituzionale  di  una  legge  della  Regione  Puglia
direttamente  incidente  sulle  attivita'  e sugli interessi dei suoi
associati,   immediatamente   coinvolti   dalla   applicazione  delle
disposizioni legislative poste sub judice».
    Hanno  altresi'  depositato  atto  d'intervento ad opponendum, in
data  29 marzo  2004, la Federazione regionale coltivatori diretti di
Puglia,  l'Associazione regionale per l'agricoltura, l'ambiente ed il
territorio  «Terranostra  di  Puglia», l'Associazione per la difesa e
l'orientamento  dei  consumatori ADOC, la Confconsumatori Federazione
regionale  della  Puglia,  l'Ecoistituto  Puglia  ONLUS,  l'ADICONSUM
Puglia,  la FLAI CGIL Puglia, la FAI CISL Puglia, la UILA UIL Puglia,
la  CGIL  regionale  Puglia,  la U.S.R. CISL Puglia, la UIL regionale
Puglia,  la A.I.A.B. Puglia, il CODACONS ONLUS Puglia, Italia Nostra,
il  WWF,  Legambiente,  i  quali,  limitandosi  a dichiarare di avere
interesse  ad  opporsi  al  ricorso  introduttivo del giudizio, hanno
concluso   per   l'infondatezza   delle   questioni  di  legittimita'
costituzionale sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri.
    Successivamente,     l'Associazione    Sementieri    Mediterranei
(AS.SE.ME.), in data 5 agosto 2004, ha presentato «atto di intervento
bis  in  sanatoria»,  mentre  gli altri intervenuti, in data 6 agosto
2004,  hanno  presentato  atto  di  costituzione dichiarando - questi
ultimi - di volersi avvalere dell'art. 33 «del decreto del Presidente
della  Corte costituzionale» 21 luglio 2004 nella denegata ipotesi in
cui il loro precedente atto di intervento fosse dichiarato tardivo.
    4.  -  Con  ricorso  notificato  il  3 maggio 2004, depositato il
12 maggio  2004 e iscritto al n. 54 del registro ricorsi del 2004, il
Presidente   del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha impugnato la legge della
Regione  Marche  3 marzo  2004,  n. 5  (Disposizioni  in  materia  di
salvaguardia  delle  produzioni  agricole,  tipiche,  di  qualita'  e
biologiche), pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Marche
n. 23 dell'11 marzo 2004.
    Anche  in  questo  caso,  con argomentazioni identiche al ricorso
presentato  avverso  la legge della Regione Puglia n. 26 del 2003, il
ricorrente lamenta, in particolare, che attraverso la legge impugnata
il  legislatore  regionale,  «disponendo  agli  artt. 1,  2, 3 e 7 un
divieto generalizzato di coltivazione e consumo, nonche' l'esclusione
da  qualsiasi  incentivazione di ogni tipo di organismo geneticamente
modificato  (OGM)  e,  comunque, intervenendo in maniera autonoma con
l'intera  legge  regionale  in  un  settore  di  esclusiva competenza
statale», si sarebbe posto in contrasto con l'art. 22 della direttiva
2001/18/CE,   concernente  l'emissione  deliberata  nell'ambiente  di
organismi  geneticamente  modificati,  nonche' con le disposizioni di
cui  all'art. 23  della  citata  direttiva  e  all'art. 25 del d.lgs.
n. 224  del  2004  recante  l'attuazione  della  stessa direttiva nel
territorio nazionale, con cio' violando l'art.117, primo comma, della
Costituzione ed invadendo altresi' la competenza esclusiva statale in
materia   di   tutela   dell'ambiente   e   dell'ecosistema   di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
    5. - Si e' costituita in giudizio, con memoria depositata in data
21 maggio  2004,  la  Regione  Marche, chiedendo che il ricorso venga
dichiarato infondato.
    La Regione ritiene evidente che la legge impugnata non intervenga
in  materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, ma sia volta a
disciplinare la produzione agricola e, in particolare, ad incentivare
l'agricoltura  di  qualita', nell'ambito del territorio regionale. La
normativa   censurata   troverebbe  pertanto  il  proprio  titolo  di
legittimazione   nella   materia   «agricoltura»,   che   si  colloca
nell'ambito  oggettivo affidato alla competenza legislativa residuale
delle Regioni di cui all'art. 117, quarto comma, della Costituzione e
sottratto   alla   competenza  legislativa  statale,  secondo  quanto
riconosciuto  da  questa  stessa Corte nella sentenza n. 12 del 2004.
Cio'  sarebbe  avvalorato  dalle  nozioni di «agricoltura» ricavabili
dall'art. 32  del  Trattato  CE  e  dall'art. 66 del d.P.R. 24 luglio
1977,  n. 616  (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge
22 luglio  1975,  n. 382),  nonche'  dal fatto che la legge impugnata
sarebbe  chiaramente  intervenuta  nella  disciplina della produzione
agricola  regionale  (artt. 1  e  6)  e  degli  interventi  a  favore
dell'impresa  agricola  (art. 3). E, d'altronde, questa Corte avrebbe
gia'   significativamente   chiarito   che,   per  la  determinazione
dell'ambito  della  materia  dell'agricoltura,  occorre aver riguardo
soltanto  alla  «cura degli interessi connessi ai prodotti del suolo»
(sentenza   n. 142   del   1972),   ribadendo   piu'   volte  che  la
determinazione  delle  materie regionali deve essere compiuta in modo
obiettivo,  senza  riferimento  al  risultato da conseguire, puntando
bensi'   l'attenzione  sull'«oggetto  di  disciplina  normativa»  per
individuare   -  attraverso  l'eventuale  utilizzo  del  criterio  di
prevalenza  -  quale sia la «materia» in cui incardinare l'intervento
legislativo  regionale  (al  riguardo,  la  Regione  cita la sentenza
n. 370 del 2003). Inoltre, risulterebbe decisiva la pronuncia con cui
questa   Corte   ha  individuato  il  «nocciolo  duro  della  materia
agricoltura»  nella  «produzione  di  vegetali  e  animali  destinati
all'alimentazione» (sentenza n. 12 del 2004).
    D'altra  parte,  non  sarebbe  possibile  dedurre  -  prosegue la
Regione  -  un'invasione della competenza statale di cui alla lettera
s)  dell'art. 117,  secondo  comma,  Cost. dal semplice richiamo alle
finalita'  di  tutela  dell'ambiente  che  si trova, insieme a quello
relativo  alla  tutela  della  salute  umana  e  degli  interessi dei
consumatori,  nell'art. 1,  comma 1,  della  legge  impugnata. Questa
Corte,  infatti, avrebbe gia' evidenziato l'infondatezza dell'assunto
per  cui  per  mezzo  del  riferimento  alla  competenza  legislativa
esclusiva attribuita allo Stato dall'art. 117, secondo comma, lettera
s),  Cost.,  in  tema  di tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei
beni  culturali,  sarebbe  possibile  «escludere qualsiasi competenza
delle   Regioni   a  legiferare  in  vista  di  finalita'  di  tutela
dell'ambiente»  (sentenza  n. 307  del 2003); la qualificazione della
«tutela  dell'ambiente»  come  «valore  costituzionale», infatti, non
escluderebbe  affatto  «la  possibilita' che leggi regionali, emanate
nell'esercizio  della potesta' concorrente di cui all'art. 117, terzo
comma, della Costituzione, o di quella residuale di cui all'art. 117,
quarto  comma, possano assumere fra i propri scopi anche finalita' di
tutela  ambientale»  (sentenza  n. 307  del 2003, ma anche n. 222 del
2003 e n. 407 del 2002).
    Secondo  la  resistente,  peraltro, proprio in materia ambientale
l'art. 176  del  Trattato  CE  consentirebbe  agli  Stati  membri  di
«mantenere  e  di  prendere  provvedimenti  per una protezione ancora
maggiore»  rispetto  a  quella  assicurata dagli interventi normativi
comunitari,  codificando  in tal modo il «principio della tutela piu'
rigorosa  del  livello  territoriale  inferiore». Nel caso di specie,
l'applicazione    di   tale   principio   risulterebbe   maggiormente
giustificata    dalle    esigenze   precauzionali   derivanti   dalle
caratteristiche peculiari del territorio marchigiano, nell'ambito del
quale  non  sarebbe  possibile consentire l'agricoltura con OGM senza
rinunciare,  di  fatto, ad una produzione agricola regionale priva di
organismi genericamente modificati.
    Infondata, secondo la Regione Marche, sarebbe anche la denunciata
violazione   dell'art. 117,  primo  comma,  della  Costituzione,  per
contrasto  con  l'ordinamento  comunitario  e,  in  particolare,  con
l'art. 22  della direttiva n. 2001/18/CE. L'esplicito riferimento del
divieto  alla  «immissione  in  commercio»  - da intendersi, ai sensi
dell'art. 2,   n. 4),   della  stessa  direttiva  come  «la  messa  a
disposizione  di terzi, dietro compenso o gratuitamente» di organismi
geneticamente  modificati  -  farebbe  si'  che «gli Stati membri non
possano bandire o limitare, se non previa attivazione dello specifico
procedimento  previsto  dal  diritto  comunitario, l'introduzione nel
mercato  nazionale  degli  OGM  o  dei  prodotti che li contengono ed
alterare,  in  questo  modo,  la libera circolazione di tale prodotto
all'interno  nel  mercato  comune».  La  legge censurata, invece, non
avrebbe  alcuna  incidenza  su  tali  obblighi. Il divieto introdotto
dall'art. 2, infatti, sarebbe espressamente riferito alla «produzione
e  (al)la  coltivazione di specie che contengono OGM», non consentita
«sull'intero territorio della Regione» e nulla avrebbe a che fare con
la  circolazione dei prodotti che contengono OGM, la quale rimarrebbe
libera  in  tutto  il  territorio regionale. Cio' sarebbe tra l'altro
confermato   da   quanto  previsto  nell'art. 4  della  stessa  legge
impugnata  con  riferimento all'etichettatura e all'identificabilita'
dei   prodotti   contenenti   OGM   o  prodotti  derivati  che  siano
commercializzati nella Regione.
    6.  -  Ha  depositato  atto  d'intervento  ad opponendum, in data
2 agosto 2004, l'Associazione Sementieri Mediterranei (AS.SE.ME.), la
quale   ha   concluso   per   l'inammissibilita'   e   comunque   per
l'infondatezza  delle  censure proposte nel ricorso, chiedendo in via
gradata  che  questa  Corte  disponga  una  istruttoria  «tendente ad
accertare     l'irreversibilita'     dell'inquinamento    determinato
dall'impiego  di  OGM», nonche' - in via ulteriormente gradata - che,
«qualora  si  dovesse ritenere che l'immissione di OGM costituisca un
obbligo  comunitario  per tutti gli Stati membri, questa ecc.ma Corte
sollevi   davanti   a   se   medesima   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 95  del Trattato di Roma nella parte in cui
ha  consentito  l'adozione della Direttiva 2001/18 che, privilegiando
la  concorrenza,  sacrifica  illegittimamente  fondamentali  principi
costituzionali,  quali quello della salute e dell'ambiente». Anche in
questo caso, l'Associazione interveniente ha affermato che la propria
legittimazione   ad   intervenire   nel   presente  giudizio  sarebbe
indubitabile    poiche'    si    discuterebbe   «della   legittimita'
costituzionale   di  una  legge  della  Regione  Marche  direttamente
incidente  sulle  attivita'  e  sugli  interessi  dei suoi associati,
immediatamente   coinvolti   dalla  applicazione  delle  disposizioni
legislative poste sub judice».
    Ha  altresi'  depositato atto d'intervento ad opponendum, in data
6 agosto 2004, la Federazione regionale dei coltivatori diretti delle
Marche,    sostenendo   la   sussistenza   dell'interesse   e   della
legittimazione  all'intervento  in ragione dello stretto collegamento
tra  gli interessi di cui essa e' portatrice e le politiche regionali
di  cui  la  legge  impugnata  sarebbe espressione, e concludendo per
l'inammissibilita'  e  l'infondatezza delle questioni di legittimita'
costituzionale sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri.
    Quanto   alla   tempestivita'   dell'intervento,  la  Federazione
Coldiretti  Marche  rileva  che  nella  Gazzetta  Ufficiale, 1ª serie
speciale,  n. 27  del  14 luglio 2004 e' fatto riferimento al ricorso
n. 54  sotto  una  rubrica  che  non consentirebbe «di comprendere la
natura del ricorso, essendo riferita a norme di legge regionale della
Puglia  e  non  delle Marche». Secondo l'interveniente questa erronea
indicazione,  «stante  la  funzione  riassuntiva  e  notiziale  della
rubrica»,  comporterebbe  «che  il  lettore  cui  la pubblicazione e'
rivolta  non  ha  motivo  di  leggere il testo del ricorso che appare
riferito  ad  una  Regione  diversa  dalla propria». Tale difformita'
determinerebbe    la    impossibilita'    di    far   decorrere   dal
giorno 14 luglio  2004  il  termine  di  venti  giorni previsto dagli
artt. 25,  4  e  3 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla
Corte  costituzionale  contenute  nel d.P.C.c. 21 luglio 2004, ovvero
dalle  corrispondenti norme previgenti; in ogni caso, l'interveniente
invoca l'applicabilita' dell'art. 33 delle Norme integrative vigenti.
    7.  -  In prossimita' dell'udienza pubblica, la Regione Puglia ha
depositato    una    memoria   nella   quale   afferma   innanzitutto
l'inammissibilita'   del  ricorso  proposto  avverso  l'intera  legge
regionale n. 26 del 2003, attesa la genericita' delle censure rivolte
nei  confronti della legge considerata nel suo complesso. Le censure,
infatti,  avrebbero  dovuto  essere riferite al solo art. 2, comma 1,
della legge regionale.
    Nel  merito,  la  difesa  regionale  eccepisce l'infondatezza del
ricorso,  in  quanto  con  la disciplina impugnata la Regione avrebbe
inteso  tutelare  la  qualita'  delle produzioni agricole sul proprio
territorio  senza  incidere  sul  libero mercato. Peraltro, rileva la
resistente, l'art. 2 della legge regionale n. 26 del 2003 sarebbe «in
sintonia»  con  il  quadro  normativo  risultante  dal  decreto-legge
22 novembre  2004,  n. 279  (Disposizioni  urgenti  per assicurare la
coesistenza  tra le forme di agricoltura transgenica, convenzionale e
biologica),   il   quale   stabilisce   la   tutela   assoluta  della
biodiversita' dell'ambiente naturale e la possibilita' di incentivare
l'agricoltura tradizionale e biologica.
    Le censure sollevate, inoltre, non avrebbero nulla a che fare con
l'oggetto  della disciplina dell'art. 2, dal momento che la normativa
comunitaria  che  lo  Stato  assume  violata  riguarderebbe  solo  la
«immissione  in  commercio»  di  OGM, mentre l'art. 2, comma 1, della
legge   regionale   n. 26   del   2003  riguarderebbe  la  «emissione
deliberata»   di   OGM  nell'ambiente,  per  la  quale  la  direttiva
2001/18/CE  non conterrebbe un divieto analogo a quello che l'art. 22
della  medesima  direttiva  pone  in  relazione  alla  immissione  in
commercio di prodotti OGM.
    La   difesa   regionale   rileva   altresi'   che,  al  pari  del
decreto-legge n. 279 del 2004, la legge oggetto del giudizio porrebbe
un  divieto  sostanzialmente  temporaneo  di coltivazione di prodotti
OGM, come emergerebbe dal fatto che l'art. 2 consente alla Regione di
promuovere  azioni utili a prevenire possibili rischi per la salute o
l'ambiente, nonche' dall'art. 1, comma 3, secondo il quale la Regione
puo'  promuovere la ricerca e la sperimentazione del settore agricolo
al  fine di tutela della biodiversita'. Tali norme attesterebbero che
l'attuale  divieto sarebbe posto dalla legge regionale n. 26 del 2003
solo    in    considerazione    dell'attuale    incompletezza   della
sperimentazione scientifica, senza escludere soluzioni diverse.
    Infondata  -  in  conseguenza dell'argomento appena evidenziato -
sarebbe  anche  la  censura  relativa  alla violazione dell'art. 117,
secondo   comma,   lettera  s),  Cost.,  dal  momento  che  la  legge
interverrebbe  nella materia dell'agricoltura riservata alla potesta'
legislativa  regionale.  Anche  ove  riguardasse l'ambiente, essa non
intaccherebbe   la  competenza  statale  dal  momento  che  la  legge
regionale  sarebbe in sintonia con il citato decreto-legge n. 279 del
2004.
    In ogni caso, questa Corte avrebbe riconosciuto la titolarita' in
capo alle  Regioni  di competenze legislative in materie per le quali
il valore della tutela dell'ambiente assumerebbe rilievo.
    Infine,  la  difesa regionale afferma l'inconferenza del richiamo
al d.lgs. n. 224 del 2003, in quanto esso disciplinerebbe soltanto la
«emissione  deliberata per scopi diversi dall'immissione sul mercato»
e   per  «soli  scopi  sperimentali».  Da  cio'  deriverebbe  che  la
coltivazione  di  piante e l'allevamento di animali OGM ai fini della
successiva  commercializzazione - che costituisce oggetto della legge
regionale  pugliese  - resterebbe fuori dal quadro procedurale di cui
al   d.lgs.   n. 224.  Peraltro,  quest'ultimo  non  porrebbe  alcuna
limitazione  al  potere  delle  Regioni  di  vietare  o  limitare  la
emissione deliberata di OGM nell'ambiente per scopi sperimentali.
    Ad  ulteriore sostegno delle proprie tesi la resistente evidenzia
inoltre  come la legge regionale impugnata, pur vietando le emissioni
deliberate nell'ambiente di OGM per la successiva commercializzazione
dei   prodotti   relativi,   nonche'   le  emissioni  ai  fini  della
sperimentazione,  all'art. 2, comma 2, consentirebbe di superare tale
divieto   in   caso   di   rilascio   dell'autorizzazione  per  scopi
sperimentali prevista dal d.lgs. n. 224 del 2003.
    8.  - Nel giudizio promosso avverso la legge della Regione Puglia
hanno depositato memorie la Federazione regionale coltivatori diretti
di    Puglia,   nonche'   l'Associazione   sementieri   mediterranei,
sviluppando   anche   argomenti  ulteriori,  rispetto  agli  atti  di
intervento,  a  sostegno della dichiarazione di inammissibilita' e di
infondatezza  del  ricorso  presentato  dallo  Stato. In particolare,
quanto  alla  propria  legittimazione  all'intervento  ad opponendum,
l'Associazione    sementieri    mediterranei   richiama   l'ordinanza
pronunciata  da  questa  Corte  nell'udienza  dell'11 maggio  2004  e
allegata   alla   sentenza   n. 196   del   2004,  nella  quale,  pur
dichiarandosi  inammissibili  gli interventi spiegati nel giudizio di
costituzionalita'  in via principale da parte di soggetti privi della
potesta'   legislativa,   si  sarebbe  giustificata  tale  «chiusura»
«richiamando  la  facolta'  riconosciuta ai soggetti privi del potere
d'intervento,  di  utilizzare  i mezzi di tutela delle loro posizioni
soggettive,   anche   costituzionali,  di  fronte  ad  altre  istanze
giurisdizionali  ed  eventualmente  anche di fronte a questa Corte in
via  incidentale»;  l'interveniente  osserva che tale giustificazione
potrebbe  valere  solo  per gli interventi ad adiuvandum ma non certo
per  gli  interventi ad opponendum, giacche' l'eventuale accoglimento
della   questione  di  costituzionalita'  renderebbe  impossibile  ai
soggetti  interessati  al  mantenimento della legge «trovare una sede
giudiziale  alternativa».  Nel caso di specie, comunque, l'intervento
assumerebbe  «i  connotati  della  collaborazione offerta dall'amicus
curiae»,   che   gia'   troverebbe  riconoscimento  nel  giudizio  di
ammissibilita'  del referendum e che dovrebbe necessariamente trovare
spazio   nel   giudizio  in  materia  d'immissione  nell'ambiente  di
organismi geneticamente modificati, dal momento che la partecipazione
popolare  in  subiecta  materia  sarebbe  «non  soltanto opportuna ma
obbligatoria»  in  forza  degli  obblighi  di  consultazione pubblica
rinvenibili  nell'art. 9 della direttiva 2001/18/CE, nell'art. 12 del
d.lgs.  n. 224  del  2003  e nell'art. 23 del Protocollo di Cartagena
ratificato   con   la  legge  15 gennaio  2004,  n. 27  (Ratifica  ed
esecuzione  del  Protocollo di Cartagena sulla prevenzione dei rischi
biotecnologici  relativo alla Convenzione sulla diversita' biologica,
con Allegati, fatto a Montreal il 29 gennaio 2000).
    9.  -  Anche la Regione Marche, nel giudizio promosso dallo Stato
avverso  la  legge regionale n. 5 del 2004, ha depositato una memoria
nella  quale  ribadisce  le  difese  gia'  svolte,  sostenendo che la
normativa   impugnata   non   interverrebbe   in  materia  di  tutela
dell'ambiente  e  dell'ecosistema,  ma  disciplinerebbe la produzione
agricola,  in  particolare  incentivando  l'agricoltura  di qualita',
nell'ambito del territorio regionale.
    Ne', del resto, un'invasione della competenza statale di cui alla
lettera  s) dell'art. 117, secondo comma, Cost. potrebbe derivare dal
semplice  richiamo  alle finalita' di tutela dell'ambiente contenuto,
insieme  a  quello  relativo  alla  tutela della salute umana e degli
interessi   dei   consumatori,   nell'art. 1,  comma 1,  della  legge
impugnata.
    La  difesa  regionale richiama, altresi', l'art. 176 del Trattato
CE  che  codificherebbe  il  principio della tutela piu' rigorosa del
livello  territoriale  inferiore  e  che  comporterebbe,  da un lato,
l'illegittimita'  di  una  normativa  comunitaria  che  imponesse  ai
singoli  Stati  il  divieto  di  misure  precauzionali  piu'  rigide,
dall'altro  che  le  finalita'  ambientali  possono essere realizzate
dalla   normativa  regionale  in  materia  di  competenza  propria  o
concorrente proprio al fine di una maggiore protezione dell'ambiente.
    I  divieti  posti  dalle  leggi  regionali  di  settore in ordine
all'introduzione   nell'ambiente   o   nel   mercato   di   organismi
geneticamente  modificati  attuerebbero  anche la finalita' di difesa
delle  risorse  genetiche  del  territorio,  nonche'  della qualita',
specificita',   originalita'   e   territorialita'  della  produzione
agroalimentare.
    La   Regione  Marche  ribadisce,  inoltre,  l'infondatezza  della
censura  concernente la violazione dell'art. 117, primo comma, Cost.,
sostenendo   l'estraneita'   della   disciplina   dell'art. 22  della
direttiva  2001/18/CE,  rispetto  alla disciplina dettata dall'art. 2
della legge regionale impugnata.
    Osserva,   ancora,  la  difesa  regionale  che  la  normativa  di
attuazione  della  direttiva comunitaria, contenuta nel d.lgs. n. 224
del  2003,  non  potrebbe assurgere a parametro di legittimita' della
legge   regionale   perche'   il   rispetto  dei  «vincoli  derivanti
dall'ordinamento  comunitario»  obbliga  sia  lo Stato che le Regioni
(art. 117,   primo  comma,  Cost.),  ed  occorrerebbe  «evitare  che,
attraverso   i   processi   comunitari,  si  realizzi  una  sorta  di
neo-centralismo,   attraverso   un  recupero  da  parte  del  Governo
centrale, di competenze ormai trasferite alle Regioni».
    Infine,   la   Regione  Marche  da'  atto  della  emanazione  del
decreto-legge n. 279 del 2004, e della relativa conversione in legge,
con  modificazioni,  avvenuta  ad  opera della legge 28 gennaio 2005,
n. 5,  affermando  che  tuttavia  esso  non  dovrebbe  determinare la
cessazione della materia del contendere nel presente giudizio.
    L'art. 8  del  decreto-legge n. 279 del 2004, difatti, pone, fino
all'adozione degli specifici piani di coesistenza regionali (adozione
per  cui  non  e'  previsto  un  termine), il divieto di coltivazioni
transgeniche.   Tale   divieto   sarebbe  peraltro  coerente  con  la
disciplina  regionale  impugnata, che non consente la coltivazione di
produzioni OGM nel territorio della Regione.
    10.  -  Hanno  depositato  memorie  -  nelle quali ribadiscono le
proprie  difese  a sostegno della dichiarazione di inammissibilita' e
di  infondatezza  del ricorso presentato dallo Stato - l'Associazione
sementieri  mediterranei  (in  termini del tutto analoghi alle difese
sviluppate nel ricorso n. 21 del 2004) e la Federazione regionale dei
coltivatori   diretti   delle   Marche.   Quest'ultima  sostiene,  in
particolare,  la propria legittimazione ad intervenire in forza della
«qualificazione»  (rispetto  alla vicenda oggetto del giudizio) degli
interessi  di  cui  sarebbe  portatrice, nonche' sulla base del nuovo
art. 4  delle  Norme  integrative  per i giudizi di fronte alla Corte
costituzionale,   che   dimostrerebbe  una  significativa  «apertura»
all'ammissibilita'  di  interventi  nel giudizio in via principale da
parte di soggetti privi della potesta' legislativa.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei ministri, con distinti
ricorsi,  ha impugnato la legge della Regione Puglia 4 dicembre 2003,
n. 26    (Norme   in   materia   di   coltivazione,   allevamento   e
commercializzazione di Organismi geneticamente modificati - OGM) e la
legge  della  Regione  Marche  3 marzo  2004,  n. 5  (Disposizioni in
materia  di  salvaguardia  delle  produzioni  agricole,  tipiche,  di
qualita'   e   biologiche),   poiche'   stabilirebbero   «un  divieto
generalizzato  di  coltivazione di piante e di allevamento di animali
geneticamente  modificati  o  di  ogni  altro tipo di OGM», ponendosi
cosi'   in   contrasto   con  l'art. 22  della  direttiva  2001/18/CE
(Direttiva  del  Parlamento  europeo  e  del Consiglio sull'emissione
deliberata  nell'ambiente di organismi geneticamente modificati e che
abroga  la  direttiva  90/220/CEE del Consiglio), che stabilirebbe il
principio  della  libera  circolazione  e prevederebbe, per gli Stati
membri, l'impossibilita' di vietare, limitare o impedire l'immissione
in  commercio  di OGM, come tali o contenuti in prodotti, conformi ai
requisiti  della  direttiva  stessa;  le  leggi regionali oggetto del
giudizio  sarebbero  altresi' contrastanti con l'art. 23 della citata
direttiva 2001/18/CE e con l'art. 25 del decreto legislativo 8 luglio
2003,  n. 224  (Attuazione  della  direttiva  2001/18/CE  concernente
l'emissione   deliberata  nell'ambiente  di  organismi  geneticamente
modificati),   i   quali,   secondo   quanto   esposto  nei  ricorsi,
conterrebbero «una clausola di salvaguardia», in base alla quale solo
le  previste autorita' competenti potrebbero bloccare, ricorrendo gli
specifici  presupposti  e  con le modalita' previste, la circolazione
sul  proprio  territorio  di  un  prodotto  contenente  OGM  ritenuto
pericoloso,  avviando  una  serie  di  consultazioni al termine delle
quali  la  Commissione  UE  dovrebbe  decidere sulla fondatezza delle
misure  unilaterali  di salvaguardia, ripristinando un eguale livello
di  protezione all'interno della comunita', ovvero invitando lo Stato
che  le  abbia  adottate  ad  abrogarle  e  a  ripristinare la libera
circolazione  del  prodotto  sul  proprio  territorio.  Le  due leggi
regionali,  pertanto,  violerebbero  l'art. 117,  primo  comma, della
Costituzione,  nonche'  la competenza esclusiva statale in materia di
tutela  dell'ambiente  e dell'ecosistema di cui all'art. 117, secondo
comma, lettera s), della Costituzione.
    2.  -  I  ricorsi,  pur avendo ad oggetto due leggi dal contenuto
parzialmente  disomogeneo,  propongono questioni di costituzionalita'
sostanzialmente   analoghe;   conseguentemente,  i  relativi  giudizi
possono essere riuniti per essere decisi con unica sentenza.
    3.  -  Con ordinanza letta nella pubblica udienza del 22 febbraio
2005   e   allegata   alla  presente  sentenza  e'  stata  dichiarata
inammissibile  la  costituzione  della  Regione  Puglia  nel giudizio
introdotto con il ricorso n. 21 del 2004, in quanto avvenuta oltre il
termine prescritto dall'art. 23, comma 3, delle Norme integrative per
i giudizi dinanzi a questa Corte.
    La  Regione  Puglia,  riconoscendo  la  tardivita'  della propria
costituzione,  ha  peraltro  presentato  il  5 agosto 2004 una «nuova
memoria  di  costituzione»,  in  quanto questa Corte avrebbe previsto
nell'art. 33 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale,   pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale  n. 176  del
29 luglio  2004,  la  possibilita'  che  le  «parti  nei procedimenti
pendenti  davanti  alla  Corte  alla  data di entrata in vigore delle
presenti   norme   integrative  e'  ammessa  fino  al  decimo  giorno
successivo alla data stessa».
    Appare   evidente  l'infondatezza  di  tale  argomentazione,  dal
momento  che  il testo delle Norme integrative e' stato semplicemente
oggetto   di   una   «integrale  ripubblicazione»  a  fini  meramente
notiziali,  dopo che la precedente deliberazione 10 giugno 2004 della
Corte  costituzionale  (Modificazioni  alle  norme  integrative per i
giudizi davanti alla Corte costituzionale), pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale   n. 151   del  30  giugno 2004,  aveva  apportato  diverse
modifiche alla precedente formulazione delle Norme integrative. Cio',
peraltro,  e'  stato  espressamente  evidenziato  dal  comunicato  di
rettifica  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale n. 187 dell'11 agosto
2004.
    Anche  volendosi  prescindere dal fatto che, comunque, l'art. 33,
al  momento della sua entrata in vigore, non trovava applicazione nei
confronti  di  termini gia' scaduti, la mancata novazione della fonte
meramente   ripubblicata   a   fini   notiziali  rende  evidente  che
l'efficacia  di  questa  norma  transitoria  si  e' esaurita da quasi
cinquanta anni.
    4.  -  Con ordinanza letta nella pubblica udienza del 22 febbraio
2005   e  allegata  alla  presente  sentenza  sono  stati  dichiarati
inammissibili,  per  cio' che riguarda il ricorso n. 21 del 2004, gli
atti   d'intervento   ad   opponendum   che   sono  stati  presentati
dall'Associazione    Sementieri   Mediterranei   (AS.SE.ME.),   dalla
Federazione     regionale     coltivatori    diretti    di    Puglia,
dall'Associazione  regionale  per  l'agricoltura,  l'ambiente  ed  il
territorio «Terranostra di Puglia», dall'Associazione per la difesa e
l'orientamento    dei   consumatori   ADOC,   dalla   Confconsumatori
Federazione  regionale  della  Puglia, dall'Ecoistituto Puglia ONLUS,
dall'ADICONSUM Puglia, dalla FLAI CGIL Puglia, dalla FAI CISL Puglia,
dalla UILA UIL Puglia, dalla CGIL regionale Puglia, dalla U.S.R. CISL
Puglia,  dalla  UIL  regionale  Puglia,  dalla  A.I.A.B.  Puglia, dal
CODACONS  ONLUS  Puglia,  da  Italia Nostra, dal WWF, da Legambiente.
Rispetto   al   ricorso   n. 54   del   2004  sono  stati  dichiarati
inammissibili  gli atti di intervento ad opponendum dell'Associazione
Sementieri Mediterranei (AS.SE.ME.) e della Federazione regionale dei
coltivatori diretti delle Marche.
    In  conformita'  alla costante giurisprudenza di questa Corte (da
ultimo  cfr.  le  sentenze  n. 196,  n. 167  e  n. 166  del 2004), e'
inammissibile, a prescindere dalla loro tardivita', l'intervento, nei
giudizi promossi in via principale nei confronti di leggi regionali o
statali,  di  soggetti  diversi da quelli titolari delle attribuzioni
legislative   in   contestazione,  ancorche'  destinatari  attuali  o
potenziali   delle   discipline   normative   contenute  nelle  leggi
impugnate.  D'altra  parte,  questi  soggetti  dispongono di mezzi di
tutela delle loro posizioni soggettive, anche costituzionali, dinanzi
ad  altre  istanze giurisdizionali ed eventualmente anche di fronte a
questa  Corte  in  via incidentale. Ne' a differenti conclusioni puo'
portare  la  diversa finalita' degli interventi, ed in particolare la
circostanza   che  essi  siano  volti  a  contestare  le  censure  di
legittimita' delle disposizioni impugnate.
    5.  -  Inammissibili devono essere ritenute, altresi', le censure
rivolte dal ricorso n. 54 del 2004 nei confronti degli artt. 1, 3 e 7
della  legge  della  Regione  Marche n. 5 del 2004, per difetto della
determinazione   governativa  di  impugnazione  di  cui  all'art. 31,
comma 3, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e
sul   funzionamento   della  Corte),  dal  momento  che  la  generica
previsione  contenuta  nella deliberazione del Consiglio dei ministri
di   impugnare   la  legge  e'  specificata  dall'allegata  relazione
ministeriale con riferimento esclusivo all'art. 2.
    Pertanto,  sulla  base della consolidata giurisprudenza di questa
Corte  (si  vedano,  ad esempio, le sentenze n. 134, n. 43 del 2004 e
n. 94 del 2003), il ricorso deve essere ritenuto validamente proposto
solo  nei confronti dell'art. 2 della legge della Regione Marche n. 5
del 2004.
    6. - Le questioni di costituzionalita' sollevate dai due identici
ricorsi  governativi  nei  confronti dell'art. 2 di entrambe le leggi
regionali   impugnate   devono  essere  dichiarate  inammissibili  in
conseguenza   di   una   evidente  erronea  indicazione  delle  norme
interposte che dovrebbero dimostrare la illegittimita' costituzionale
di  tali  disposizioni  per  violazione dell'art. 117, primo comma, e
dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
    La  direttiva  europea 2001/18/CE, adottata ai sensi dell'art. 95
del  Trattato  che  istituisce  la  comunita'  europea  al  fine  del
ravvicinamento  delle  «legislazioni  degli  Stati membri riguardanti
l'immissione  deliberata nell'ambiente di OGM ed al fine di garantire
il  corretto  sviluppo  dei  prodotti industriali che utilizzano OGM»
(cfr.  «Considerando»  n. 7),  riguarda  sia  l'emissione  deliberata
nell'ambiente  degli  organismi geneticamente modificati, che la loro
immissione  in  commercio;  l'art. 2 della legge della Regione Puglia
n. 26  del  2003 e l'art. 2 della legge della Regione Marche n. 5 del
2004 - oggetto del presente giudizio - si riferiscono invece soltanto
alla  coltivazione  di prodotti agricoli o all'allevamento di animali
geneticamente modificati.
    Peraltro,  le norme interposte che, secondo la prospettazione del
Governo,  sarebbero  state  specificamente violate dalle disposizioni
impugnate  -  e  cioe' gli artt. 22 e 23 della direttiva 2001/18/CE e
l'art. 25  del d.lgs. n. 224 del 2003 - si riferiscono esclusivamente
al   commercio  degli  alimenti  contenenti  organismi  geneticamente
modificati.  Infatti,  sia la direttiva europea, sia il d.lgs. n. 224
del  2003  distinguono  nettamente  la  disciplina  della  «emissione
deliberata  di  OGM  per  qualsiasi  fine  diverso dall'immissione in
commercio»  da  quella concernente la «immissione in commercio di OGM
come  tali o contenuti in prodotti». La asserita violazione del primo
comma  dell'art. 117  Cost.  da  parte  di  disposizioni  delle leggi
regionali   impugnate,  che  riguardano  soltanto  tipiche  forme  di
emissioni  di OGM nei settori dell'agricoltura e della zootecnia, non
puo'  dunque  conseguire alla violazione di disposizioni che, invece,
regolano  specificamente  il  diverso  profilo  della  immissione  in
commercio di OGM.
    Lo  stesso  riferimento  alla  presunta violazione da parte delle
disposizioni  regionali  impugnate  della  competenza esclusiva dello
Stato  in  materia  di  tutela  dell'ambiente viene solo accennata in
relazione  al  presunto contrasto delle discipline in questione con i
poteri  riconosciuti  al  Ministro  dell'ambiente  e della tutela del
territorio   per  l'attuazione  delle  prescrizioni  contenute  nella
direttiva  europea  e  nella  legislazione  nazionale,  con  evidente
riferimento,  in particolare, ai poteri di cui all'art. 25 del d.lgs.
224  del  2003,  relativi  appunto  alla  «clausola  di salvaguardia»
prevista  per  «limitare  o  vietare temporaneamente l'immissione sul
mercato,  l'uso o la vendita sul territorio nazionale di un OGM, come
tale o contenuto in un prodotto».
    7.  -  La dichiarazione di inammissibilita' di tutte le questioni
sollevate   impedisce   di   valutare  in  questa  sede  gli  effetti
eventualmente  prodottisi, nelle more dei presenti giudizi, sulle due
leggi  regionali  impugnate  a  seguito  dell'entrata  in  vigore del
decreto-legge  22 novembre  2004,  n. 279  (Disposizioni  urgenti per
assicurare  la  coesistenza  fra  forme  di  agricoltura transgenica,
convenzionale  e  biologica), convertito in legge, con modificazioni,
dalla  legge  28 gennaio  2005,  n. 5, decreto adottato in attuazione
della raccomandazione 2003/556/CE del 23 luglio 2003 (Raccomandazione
della  Commissione  recante orientamenti per lo sviluppo di strategie
nazionali  e  migliori  pratiche  per  garantire  la  coesistenza tra
culture transgeniche, convenzionali e biologiche).