ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel   giudizio   di   legittimita'  costituzionale  dell'articolo 13,
comma 2,  lett.  c),  del  decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286
(Testo   unico   delle   disposizioni   concernenti   la   disciplina
dell'immigrazione  e  norme  sulla  condizione  dello  straniero), in
combinato   disposto   col   successivo   comma 5,   come  sostituito
dall'art. 12,  comma 1,  della legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica
alla  normativa  in materia di immigrazione e di asilo), promosso con
ordinanza  del  5 novembre  2002 dal Tribunale di Vicenza sul ricorso
proposto  da  Cakri Armand contro il Prefetto di Vicenza, iscritta al
n. 6   del  registro  ordinanze  2003  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 4, 1ยช serie speciale, dell'anno 2003.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 26 gennaio 2005 il giudice
relatore Alfio Finocchiaro.
    Ritenuto  che nel corso di giudizio sul ricorso proposto da Cakri
Armand,   cittadino  albanese,  per  l'annullamento  del  decreto  di
espulsione emesso dal Prefetto di Vicenza, il Tribunale di Vicenza ha
sollevato,  con  ordinanza 5 novembre 2002 (reg. ord. n. 6 del 2003),
questione  di  legittimita' costituzionale relativamente all'art. 13,
comma 2,  lettera c), in combinato disposto con il successivo comma 5
-  come sostituito dall'art. 12, comma 1, della legge 30 luglio 2002,
n. 189  (Modifica  alla  normativa  in  materia  di immigrazione e di
asilo)  - del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico
delle  disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione e
norme   sulla  condizione  dello  straniero),  per  violazione  degli
artt. 3, 13, secondo e terzo comma, 16 e 24 della Costituzione;
        che, secondo il rimettente, l'atto di espulsione, motivato in
relazione  alla  pericolosita'  sociale  del  ricorrente (motivazione
posta alla base del diniego di rinnovo del permesso di soggiorno) era
stato eseguito dal Questore di Vicenza, mediante accompagnamento alla
frontiera,  e  entro  48  ore  dall'espulsione,  il  Tribunale  aveva
convalidato l'accompagnamento;
        che  la  questione e' rilevante, sotto il profilo che solo il
ricorso  presentato  ex art. 13, comma 8, del d.lgs. n. 286 del 1998,
rappresenta il primo momento di vera giurisdizione, in cui il giudice
investito  e'  chiamato a pronunciare avendo effettiva cognizione dei
presupposti  e  dei  fatti  inerenti  la  misura  applicata e che, in
particolare, l'avvenuta convalida del provvedimento di espulsione non
fa   venir  meno  la  rilevanza,  trattandosi  di  provvedimento  che
controlla,  ma  a  livello di pura enunciazione, la ricorrenza di una
delle  cause di espulsione, e, in ogni caso, senza il contraddittorio
e la difesa;
        che,  d'altro  canto,  in  sede  di  giudizio sul ricorso, il
giudice  non  puo'  sostituire  la propria valutazione al giudizio di
pericolosita'  espresso dal Questore, potendo disapplicarlo solo ove,
in  punto  di  fatto,  si accerti che gli elementi addotti a sostegno
della ritenuta pericolosita' siano insussistenti;
        che,  nella specie, il ricorrente era stato espulso in quanto
ritenuto pericoloso (in tal senso il decreto motivato di espulsione),
e  non  perche'  privo del permesso di soggiorno, come allegato nella
richiesta  di convalida dell'accompagnamento immediato alla frontiera
adottato  dal  questore  e  convalidato dal Tribunale in composizione
monocratica  e  che  la  dichiarazione  di  pericolosita' lo ha fatto
inquadrare  nell'ipotesi  dell'art. 13,  comma 2, lettera c), poiche'
diversamente  sarebbe  stato  inespellibile  in  quanto  titolare  di
permesso di soggiorno scaduto, di cui aveva chiesto il rinnovo;
        che,  secondo  il  giudice  a  quo, le disposizioni impugnate
violano  i  diritti  fondamentali  della  persona,  in particolare il
diritto di liberta' personale (art. 13 Cost.);
        che la grave misura coercitiva e' eseguibile sulla base di un
mero  sospetto  di polizia, senza contraddittorio ed effettivo vaglio
giudiziale, e che la sua esecuzione non e' emendabile, non potendo lo
straniero rientrare a seguito dell'eventuale annullamento del decreto
di espulsione e della misura dell'accompagnamento forzato;
        che  le disposizioni impugnate inoltre determinano disparita'
di  trattamento  tra  straniero  e  cittadino, perche', dipendendo la
dichiarazione  di appartenenza dello straniero ad una delle categorie
previste dall'art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di
prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e
per  la  pubblica  moralita),  dagli  stessi  elementi  di  fatto che
legittimano  l'inserimento  del  cittadino  nelle  citate  categorie,
questo  puo'  difendersi, in contraddittorio con l'amministrazione, e
con   il  controllo  giudiziale,  laddove,  per  lo  straniero,  alla
dichiarazione  consegue  immediatamente la misura dell'espulsione con
accompagnamento alla frontiera, mentre la possibilita' che le persone
pericolose  sorprese  fuori dal luogo di residenza siano destinatarie
di  foglio di via obbligatorio non e' paragonabile all'espulsione con
accompagnamento  immediato  alla frontiera, che ha ben altra natura e
intensita'   afflittiva,   tanto   da   incidere  sull'art. 13  della
Costituzione;
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  che  ha  chiesto  dichiararsi  l'inammissibilita'  e comunque
l'infondatezza della questione.
    Considerato che il Tribunale di Vicenza dubita della legittimita'
costituzionale   dell'art. 13,   comma 2,  lettera c),  in  combinato
disposto  con  il  successivo comma 5 - come sostituito dall'art. 12,
comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 - del decreto legislativo
25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina   dell'immigrazione   e   norme   sulla  condizione  dello
straniero),  la'  dove  prevede  che,  a  seguito della dichiarazione
dell'autorita'  di  polizia  dell'appartenenza  di un soggetto ad una
delle  categorie  previste  dall'art. 1 della legge 27 dicembre 1956,
n. 1423, lo straniero munito di permesso di soggiorno scaduto, di cui
abbia   tempestivamente   chiesto   il  rinnovo,  venga  espulso  con
accompagnamento   immediato   alla  frontiera  a  mezzo  della  forza
pubblica,  senza  preventivo  vaglio  dell'autorita'  giudiziaria nel
contraddittorio  tra  le  parti,  o  comunque  previa audizione dello
straniero,   per  violazione:  dell'art. 3  della  Costituzione,  per
disparita'  di  trattamento  tra  straniero  e  cittadino,  che siano
dichiarati  appartenenti  ad una delle categorie previste dall'art. 1
della  legge  n. 1423 del 1956, per effetto dell'applicabilita', solo
per  il  secondo,  di  misura  coercitiva  previa  instaurazione  del
contraddittorio  e vaglio dell'autorita' giudiziaria; degli artt. 13,
secondo  e  terzo  comma,  16 e 24 della Costituzione, per violazione
della liberta' personale senza adeguato controllo giurisdizionale;
        che   nell'ordinanza  e'  ravvisabile  una  molteplicita'  di
ragioni di inammissibilita' della questione;
        che   la  motivazione  sulla  rilevanza  e'  contraddittoria,
poiche'  non si capisce se il rimettente censuri un difetto specifico
del giudizio di impugnazione del decreto di espulsione, nel qual caso
soltanto  la questione sarebbe rilevante agli effetti della decisione
che   e'   chiamato   a   rendere,   o   i   suoi   dubbi  concernano
l'irrimediabilita'  degli  effetti dell'espulsione eseguita, nel qual
caso  le  doglianze di mancanza di contraddittorio, difesa, effettivo
vaglio  giurisdizionale,  sarebbero  riferite  all'accompagnamento, e
allora sarebbero inattuali al momento in cui, ex art. 13, comma 8, il
giudice e' chiamato a pronunciarsi;
        che  il  precedente  rilievo  induce  a ritenere la manifesta
inammissibilita' della questione per contraddittorieta' e poco chiara
motivazione  sulla  rilevanza  (ordinanze n. 60 del 2004 e n. 217 del
2003);
        che, peraltro, il contrasto con l'art. 13 della Costituzione,
per   la   violazione   della   liberta'   personale,   conseguirebbe
all'irrimediabilita'    degli   effetti   dell'espulsione   eseguita,
trattandosi  di  fase gia' conclusa con la pronuncia della convalida,
per  cui,  ove anche il ricorso dovesse essere accolto, la violazione
della    liberta'   personale   si   sarebbe   gia'   compiuta,   per
l'impossibilita'  di  ripristinare la situazione preesistente, che e'
effetto dell'accompagnamento non garantito;
        che   cio'  determina  un'ulteriore  ipotesi  di  difetto  di
rilevanza, perche' la dichiarazione d'incostituzionalita' delle norme
non  puo'  incidere ormai sull'oggetto del giudizio a quo per difetto
di pregiudizialita' (ordinanze n. 213 del 2004 e n. 264 del 1998);
        che,    dato    il    tenore    della   doglianza,   relativa
all'accompagnamento  alla  frontiera  sulla base di una pericolosita'
affermata  senza  controllo  giudiziale, non sono le due disposizioni
censurate,  in  combinato  disposto, ad essere passibili di dubbio di
illegittimita'  costituzionale,  ma  semmai il combinato disposto del
comma 2,  lettera c),  e  del  comma 4  dell'art. 13, con l'ulteriore
conseguente  rilievo  di inammissibilita' della questione per erronea
indicazione  delle  norme  da  censurare (ordinanze n. 217 del 2003 e
n. 96 del 1999).
    Visti  gli  art. 26,  secondo  comma,  della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.