IL TRIBUNALE Ha pronunziato la seguente ordinanza nel procedimeno ex art. 2409 c.c. iscritto al 1669/04 Reg. Volontaria Giurisdizione e promosso da Nella Puddu, elettivamente domiciliata in Cagliari presso lo studio dell'avvocato Gianfelice Pisano che la rappresenta e difende in virtu' di procura speciale a margine del ricorso, ricorrente; Contro Borea Balestre societa' a responsabilita' limitata, con sede in Elmas, non costituita, resistente. Motivazione Con ricorso depositato il 18 ottobre 2004 Nella Puddu, socia titolare di una quota pari al 50% del capitale sociale (di euro 10.000) della Borea Baleste societa' a responsabilita' 1limitata, ha proposto ricorso ex art. 2409 c.c. denunciando gravi irregolarita' nella gestione della societa' e chiedendo che venisse disposta ispezione giudiziale nei confronti della societa'. Con il d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, che ha riscritto la disciplina delle societa' di capitali, e' venuta meno la possibilita' - prevista dall'art. 2488, quarto comma c.c. previgente - di ricorrere al procedimento ex art. 2409 c.c. nell'ambito della (piccola) societa' a responsabilita' limitata. Questo limite applicativo e' pressoche' pacifico: a) nella disciplina delle societa' a responsabilita' limitata, manca un richiamo all'art. 2409 c.c., analogo a quello previsto per le societa' cooperative dall'art. 2545-quinquiesdecies c.c.; b) la stessa Relazione Governativa alla novella osserva che con il riconoscimento del «potere di ciascun socio di promuovere l'azione sociale di responsabilita' e di chiedere con essa la provvisoria revoca giudiziale dell'amministratore in caso di gravi irregolarita' (art. 2476, terzo comma) (...) e' sembrato logico che sulla base di questa soluzione divenisse sostanzialmente superflua ed in buona parte contraddittoria con il sistema la previsione di forme di intervento del giudice quali quelle ora previste dall'art. 2409. Esse infatti sono sostanzialmente assorbite dalla legittimazione alla proposizione dell'azione sociale di responsabilita' da parte di ogni socio e dalla possibilita' di ottenere in quella sede provvedimenti cautelari come la revoca degli amministratori. La prospettiva e' in sostanza quella di fornire ai soci uno strumento in grado di consentire ad essi di risolvere i conflitti interni alla societa» (v. Rel. Gov. d.lgs. n. 6/2003, par. 11); c) soltanto con riferimento alle societa' a responsabilita' limitata in cui e' obbligatorio il collegio sindacale e' possibile recuperare, in via interpretativa, il controllo giudiziale attraverso l'art. 2477, quarto comma, c.c. che, prevedendo l'applicazione delle disposizioni in materia di societa' per azioni, consente di attribuire anche ai sindaci di societa' a responsabilita' limitata la legittimazione alla richiesta di procedimento ex art. 2409 c.c. (v. art. 2409, settimo comma, c.c.) (in tal senso, si e' espresso, per esempio, Trib. Udine, 18 giugno 2004, in Judicium.it). A questa stregua, il ricorso proposto dovrebbe essere dichiarato inammissibile. Il Collegio, peraltro, ritiene d'ufficio non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, nella parte in cui non ha previsto l'applicabilita' del procedimento ex art. 2409 c.c. a tutte le societa' a responsabilita' limitata. Va preliminarmente segnalato che lo stesso procedimento ex art. 2409 c.c. ha subito profondi cambiamenti, in senso restrittivo dell'ambito di applicazione, tra i quali i piu' significativi riguardano la limitazione del potere di iniziativa del pubblico ministero alle sole societa' «aperte», cioe' alle societa' che facciano appello al mercato del capitale di rischio, e il restringimento dell'area delle irregolarita' denunziabili che devono essere «potenzialmente dannose» per la societa' o per societa' ad essa collegate. I primi commentatori della riforma hanno accolto queste novita' in termini sostanzialmente negativi, segnalando il dato come una conferma dell'ammorbidimento dei controlli esterni realizzato dalla riforma, in decisa controtendenza rispetto ai precedenti legislativi in materia societaria e alla cornice comunitaria. Il discorso sulla applicabilita' dell'art. 2409 c.c. alle societa' a responsabilita' limitata confluisce nella piu' generale disciplina del controllo giudiziale secondo la novella che e' stata ravvisata, sotto questo profilo, in contrasto con le intenzioni del legislatore delegante, che sarebbero state, semmai, per il rafforzamento del controllo giudiziario. La legge delega (n. 366/2001) menzionava il controllo giudiziale soltanto in due passi, diretti ad estendere l'applicazione dell'art. 2409 c.c. all'art. 4, secondo comma, n. 4, disponeva per le societa' per azioni operanti sul mercato del capitale di rischio che, nel caso di gravi irregolarita' nell'adempimento dei doveri degli amministratori, dovesse essere prevista la denunzia anche da parte dei sindaci ovvero da parte degli altri organi di controllo interno; all'art. 5, secondo comma, lett. g), stabiliva che la riforma dovesse prevedere anche per le societa' cooperative diverse da quelle costituzionalmente riconosciute il controllo giudiziario ex art. 2409 c.c. Il legislatore delegante, quindi, non aveva contemplato nessuna delle modifiche del procedimento introdotte dalla novella. Non solo. I principi ispiratori indicati all'art. 2 della legge delega non contenevano alcun riferimento all'esigenza del controllo giudiziario e della materia non si e' occupato neppure l'art. 12, relativo ai profili procedurali. Per le cooperative diverse da quelle costituzionalmente riconosciute, peraltro, l'art. 5 si riferiva al «controllo giudiziario disciplinato dall'art. 2409 del codice civile». In mancanza di qualsiasi indicazione nei «principi e criteri direttivi» (v. art. 76 Cost.) sembra ragionevole concludere che non vi sia stata alcuna delega, neppure implicita, alla modifica dell'istituto all'art. 2409 c.c. oltre le specifiche indicazioni in chiave estensiva sopra riportate; e il riferimento all'art. 2409 c.c. non rappresenta un mero richiamo formale al controllo giudiziale, secondo la sua collocazione codicistica, ma rivela piuttosto l'intenzione di mantenere sostanzialmente inalterato il controllo giudiziario sulle soci eta' di capitali. Cio' porta sicuramente ad un giudizio di «eccesso» di delega, non soltanto con riferimento al profilo specifico dell'esenzione delle societa' a responsabilita' limitata, ma con riguardo alla generale riforma dell'istituto introdotta dalla novella che, come sopra osservato, e' intervenuta sull'istituto in chiave decisamente limitativa. Del resto, e' compatibile con la volonta' di introdurre una «riforma organica» della disciplina delle societa' dei capitali (v. art. 1 legge n. 366/2001), e di un intervento generale sul «sistema delle societa' di capitali di cui ai capi V, VI, VIII, VIII e IX del titolo V del codice civile e alla normativa connessa» (v. art. 2 legge cit.), il mantenimento dei controlli esterni, secondo la previgente norma che rispondono anche ad interessi ed esigenze di ordine generale. Se e' vero che la legge delega ha consentito l'accentuazione del carattere di autonomia privatistica della S.r.l., e' altrettanto indubitabile che non venuto meno il rilievo non strettamente individuale di quel modello societario; una cosi' rilevante modificazione dei sistemi dei controlli appare quindi in contrasto con le esigenze di salvaguardia dell'interesse generale espresse dal legislatore delegante del 2001, esigenze alla cui tutela l'art. 2409 c.c. e' sempre risultato preordinato quale utile strumento ai fini di una corretta amministrazione della societa'. Ne' puo' ritenersi, come affermato invece dalla Relazione Governativa che ha accompagnato la novella, la piena equivalenza dei poteri attribuiti ai soci della societa' a responsabilita' limitata con la tutela assicurata dall'art. 2409 c.c. Da un lato, il singolo socio acquista incisivi poteri di conoscenza degli affari sociali (v. art. 2476 c.c. addirittura piu' ampio nella previsione dell'ausilio di professionisti rispetto all'art. 2261 c.c., in materia di societa' di persone), ha il potere di esercitare l'azione di responsabilita' con facolta' di chiedere, in caso di gravi irregolarita' nella gestione della societa', la revoca cautelare degli amministratori (art. 2476, terzo comma, c.c.); d'altro lato, ciascun socio conserva il diritto al risarcimento del danno cagionato da atti dolosi o colposi degli amministratori nel caso in cui vi sia stata rinunzia all'azione di responsabilita' da parte della societa' o transazione di questa con gli amministratori (v. art. 2476 c.c.). L'area di applicazione dell'art. 2409 c.c., pur circoscritta la legittimazione del p.m. e subordinato l'intervento giudiziario alla ricorrenza (almeno potenziale) di un danno per la societa', appare ancora significativamente piu' ampia di quella occupata dall'azione di responsabilita' sociale. In primo luogo, l'esercizio del rimedio risarcitorio, cui e' legata la revoca cautelare dell'amministratore, richiede un danno effettivo, e non soltanto potenziale, che il procedimento di cui all'art. 2409 c.c. tende proprio ad evitare. Inoltre, la previsione del potere di revoca in via cautelare dell'amministratore, collegata all'esercizio dell'azione di responsabilita', restringe notevolmente l'ambito della tutela. Come osservato in dottrina, mentre nel procedimento ex art. 2409 c.c. la sussistenza delle gravi irregolarita' legittima di per se' la revoca di amministratori e, sindaci, che puo' dimostrarsi utile per la vita sociale a prescindere dal fatto della successiva proposizione dell'azione di responsabilita', nel procedimento previsto dall'art. 2476, terzo comma, c.c. la revoca degli amministratori sara' possibile solo se c'e' il pericolo che la loro permanenza impedisca alla societa' di conseguire il risarcimento domandato. In pratica, la revoca in via cautelare degli amministratori delle societa' a responsabilita' limitata dovrebbe risultare possibile esclusivamente quando la loro mancata tempestiva rimozione rischi di aggravare a tal punto il danno da rendere aleatoria la possibilita' di un successivo risarcimento garantito dal patrimonio degli amministratori o da mettere in pericolo la stessa sopravvivenza della societa'. D'altro canto, la previsione della sola revoca, senza possibilita' di nomina di un amministratore giudiziale, puo' provocare inconvenienti nel funzionamento della societa'. E' sufficiente osservare che la nomina del nuovo amministratore competera' alla stessa maggioranza della compagine sociale che ha assistito, inerte, alla cattiva gestione del precedente amministratore revocato. In caso di insanabile contrasto tra soci, poi, si realizza un'ipotesi di impossibilita' di funzionamento della societa' e un caso di scioglimento ex lege (v. artt. 2484, n. 3 c.c.). Infine, i primi commentatori hanno segnalato come quelle previste dall'art. 2476, secondo comma c.c., costituiscano indagini di parte che nella maggior parte dei casi dovranno essere affidate a costosi professionisti, se si vuole sperare che siano condotte in maniera efficace ed appropriata, i cui esiti rischiano, peraltro, di essere meno obiettivi di quelli di una ispezione condotta dall'ausiliario del giudice. Non appare manifestamente infondata, quindi, la questione di legittimita' costituzionale del d.lgs. n. 6/2003 nella parte in cui non ha previsto anche per i soci della societa' a responsabilita' limitata la possibilita' di ricorrere al procedimento previsto dall'art. 2409 c.c. Il dubbio di legittimita' costituzionale riguarda il combinato degli artt. 2409 c.c., art. 2476, terzo comma, c.c. (laddove non contempla che in caso di gravi irregolarita' degli amministratori i soci possano ricorrere ai sensi dell'art. 2409 c.c.) art. 2477, quarto comma, c.c. (che richiamando le disposizioni in tema di societa' per azioni nei casi di nomina obbligatoria del collegio sindacale consente soltanto in questa ipotesi il ricorso alla procedura ex art. 2409 c.c.). La questione si pone sia con riferimento all'art. 76 della Costituzione, per «eccesso di delega» avendo il legislatore delegato modificato la disciplina dei controlli esterni ed escluso l'applicazione dell'istituto alla societa' a responsabilita' limitata in difetto di esplicita indicazione da parte del delegante che si era limitato a richiamare l'art. 2409 c.c. soltanto per estendere l'ambito dell'intervento giudiziario, sia con riguardo all'artt. 3 della Costituzione, perche' la disciplina normativa introdotta realizza una disparita' di trattamento tra soci della societa' a responsabilita' limitata e soci della societa' per azioni nonche' tra i primi e i sindaci delle societa' a responsabilita' limita in cui e' obbligatorio il collegio sindacale.