IL COMMISSARIATO PER GLI USI CIVICI DELLA CALABRIA
    A  scioglimento  della  riserva relativa al giudizio vertente tra
Comitato regionale Legambiente Calabria - ENEL S.p.A. e comune di San
Demetrio Corone;
    Esaminati gli atti;

                            O s s e r v a

 e   r i l e v a      1. - La convenzione stipulata tra l'ENEL S.p.A.
ed  il  comune di San Demetrio Corone in data prevede la costruzione,
da  parte della prima, di un cabina elettrica in territorio comunale,
e precisamente nella localita' denominata bosco di «Mezzana».
    La   convenzione   contiene   la   specifica   elencazione  delle
autorizzazioni  provenienti  da  altri  enti  od  organi  nonche'  la
menzione  della intervenuta concessione comunale per la realizzazione
dell'opera.
    L'intervento  progettato,  e,  in parte, quanto meno per le opere
edilizie,  gia'  attuato,  e'  oggetto  di contestazione da parte del
Comitato  regionale  di  Legambiente  che  assume,  sia  nel  ricorso
d'urgenza  che nel ricorso di merito, la localizzazione dell'opera in
fondo appartenente al demanio comunale gravato da usi civici che, per
tale ragione, verrebbe ad essere illegittima.
    Una  tale  prospettazione  non  e'  condivisa  dal  comune di San
Demetrio  Corone  e  dall'ENEL  S.p.A. che, nell'ambito di una difesa
sostanzialmente  uniforme, asseriscono la legittimita' dell'opera con
argomentazioni  incentrati,  sotto  un  primo  aspetto, sulla piena e
completa disponibilita' del fondo, non sottoposto al regime degli usi
civici  e  quindi  esente  da  vincoli,  sotto  altro  aspetto, nella
preventiva  acquisizione delle autorizzazioni e concessioni richieste
dalla  normativa  vigente  nonche' con riguardo alle previsioni della
legge regionale 30 ottobre 1997, n. 10.
    L'art. 56  del  citato  provvedimento  legislativo precluderebbe,
infatti,  qualsiasi  indagine  in  ordine  alla configurabilita', nel
fondo   interessato   dall'intervento   edificatorio-industriale   in
questione,  di  usi  civici,  indagine  resa  superflua  dalla natura
dell'opera  e  dalla  emanazione  dei provvedimenti autorizzatori del
comune.
    Il  richiamato  art. 56 cosi' statuisce: «Le opere pubbliche o di
pubblico  interesse  promosse da enti od organismi pubblici o privati
delegati  allo  scopo  e  relative a reti per il trasporto di liquidi
aeriformi  energia  elettrica,  nonche'  i  loro accessori (manufatti
impianti ecc.) interrati si configurano quali opere di urbanizzazione
e,  pertanto,  non  necessitano di conformita' urbanistica e non sono
soggette a concessione edilizia ma a semplice autorizzazione da parte
delle amministrazioni comunali competenti per territorio.
    2.  -  Quando  la  realizzazione delle opere di cui al precedente
comma e' eseguita a cura dell'amministrazione comunale competente per
territorio,  l'approvazione del progetto sostituisce l'autorizzazione
di cui al comma precedente.
    3.  -  Nel  caso  che  le  opere  di cui al comma 1 interessino i
terreni  sui  quali  gravano  usi  civici di cui alla legge 10 giugno
1927,  n. 1766, il provvedimento autorizzatorio del sindaco di cui al
comma  1  e  l'approvazione  di cui al comma 2, determina l'immediata
utilizzabilita'    dei   suoli   interessati,   concretando,   quella
autorizzata,  una  diversa  esplicazione  del  diritto  collettivo di
godimento  a  favore  della  collettivita'  utente e proprietaria dei
beni,  non  ricorrendo  la  fattispecie di cui agli articoli 12 della
lege n. 1766 del 1927 e 41 del r.d. n. 332 del 1928.
    4.  -  Ove  mai  se  ne  riscontri  l'esigenza,  i  provvedimenti
autorizzatori   di   cui  ai  commi  1  e  2  costituiscono  rilascio
dell'autorizzazione  paesistica  ai  sensi delle leggi n. 1497/1939 e
n. 431/1985  e  della  legge  regionale  n. 3/1995,  qualunque sia la
destinazione  delle  aree  interessate  nello  strumento  urbanistico
comunale.
    5.  -  Nel  caso  previsto dal precedente quarto comma, il comune
provvedera'  entro  10  giorni  dal  rilascio  dell'autorizzazione  a
trasmettere  alla  sovrintendenza  ai  BAAAC  per  gli adempimenti di
competenza,  il  progetto  in duplice copia, corredato della relativa
autorizzazione  di  idonea  relazione  redatta  ai  sensi della legge
regionale n. 3/1995 nonche' di documentazione fotografica per le sole
zone in cui sono previste opere fuori terra o parzialmente interrate.
    6.   -   Sono  abrogate  tutte  le  norme  in  contrasto  con  le
disposizioni  del  presente articolo e in tal senso devono intendersi
modificate   le   normative   degli  strumenti  urbanistici  comunali
vigenti».
    Riguardo  al  fondo ove e' prevista la realizzazione della cabina
elettrica,  la  natura  demaniale e la sottoposizione agli usi civici
trovano  conforto  sia nella sentenza n. 3/04 in data 30 giugno 2004,
pronunciata  da  questo  Commissario  nel giudizio Comitato regionale
Legambiente   Calabria   -   Esposito   Michelangelo   -  Commissario
straordinario  liquidatore del comune di San Demetrio Corone - Comune
di  San  Demetrio  Corone,  con la quale si e' accertato che il bosco
«Mezzana»  in  localita'  Macchia Albanese del comune di San Demetrio
Corone  e' gravato da usi civici ai sensi della legge 16 giugno 1977,
n. 1765,  art. 4,  classe  1, e sia nella relazione del consulente di
ufficio,  dott. Giuseppe Severini, depositata il 7 dicembre 2004, ove
si  rileva  che  la  superficie interessata dall'intervento edilizio,
della  complessiva  estensione  di H. 0.60.00, interessata da tipo di
frazionamento  con  attribuzione  alla  nuova  particella  del numero
definitivo  301,  costituisce  parte dell'originaria estensione di H.
7.33.20  della  partita  273,  foglio  di  mappa  46,  e' parte delle
continenze demaniali, gravate di uso civico.
    Relativamente  alla  dichiarata acquisizione delle autorizzazioni
da  parte  degli  enti  preposti  alla  tutela  del  territorio, deve
rilevarsi, sotto un primo aspetto, che la sottrazione di bene gravato
da  usi  civici  alla  destinazione prevista dalla legge n. 1765/1977
deve  avvenire  con  le  forme  e nei limiti previsti dalla normativa
primaria,   e,   per  altro  verso,  l'emanazione  dei  provvedimenti
amministrativi   prescinde   del   tutto  dalla  qualificazione  come
demaniale del fondo stesso.
    Complessa   si   rivela,   per   contro,   la  valutazione  della
legittimita'  dell'intervento programmato ai sensi dell'art. 56 della
legge regionale 30 ottobre 1997, n. 10, sopra richiamato, poiche', in
base  alla stessa formulazione, dovrebbe asserirsi che l'approvazione
del  progetto e l'autorizzazione comunale alla esecuzione delle opere
esonera   l'ente   territoriale   da   ogni  limite  in  ordine  alla
utilizzazione  del  bene gravato da usi civici, determina l'immediata
utilizzabilita'   dei   suoli   interessati,   «concretando,   quella
autorizzata,  una  diversa  esplicazione  del  diritto  collettivo di
godimento  a  favore  della  collettivita'  utente e proprietaria dei
beni,  non  ricorrendo  la  fattispecie di cui agli articoli 12 della
legge n. 1766 del 1927 e 41 del r.d. n. 332 del 1928.».
    La  disposizione  si  pone in chiara dissonanza con la previsione
contenuta  nell'art. 12 della legge n. 1766/1927, che con riferimento
ai  «terreni  convenientemente  utilizzati  come bosco o come pascolo
permanente»  di cui alla lettera a) del precedente art. 11, «i comuni
e  le associazioni non potranno, senza l'autorizzazione del Ministero
dell'economia   nazionale,  alienarli  o  mutarne  la  destinazione»,
nonche'  con  quanto  statuito  dall'art. 41  del  26 febbraio  1928,
n. 332, regolamento di esecuzione della legge n. 1766, ove si afferma
che una diversa destinazione, «qualora rappresenti un reale beneficio
per  la  generalita'  degli  abitanti»,  potra' essere effettuata dai
comuni  e  delle  associazioni  solo  con  il  consenso del Ministero
dell'economia.
    Ebbene,   a   parte  la  sostituzione,  per  effetto  del  d.P.R.
15 febbraio  1972,  n. 11,  e  del d.P.R. 14 luglio 1977, n. 616, del
riferimento  all'autorita'  statale  con  la  giunta  regionale, e la
precisazione   che  la  previsione  delle  ipotesi  di  mutamento  di
destinazione    previste    dall'art. 41   («istituzione   di   campi
sperimentali,   vivai  e  simili»)  non  ha  carattere  tassativo  ma
esemplificativo (vedi Cass. sezione II, 30 gennaio 2001, n. 1307), il
procedimento  di  mutamento  di  destinazione  dei  beni d'uso civico
mantiene  inalterato  il suo impianto complessivo che prevede, per il
perfezionamento  del  suo  iter,  la  richiesta  del  comune  nel cui
territorio  ricadono  beni  gravati  da usi civici e l'autorizzazione
dell'autorita' regionale, nella specie la giunta.
    Il   procedimento  di  «mutamento  di  destinazione»  contemplato
dall'art. 56  della legge regionale n. 10/1977 si discosta ampiamente
dalla  previsione della legge n. 1766/1923, non solo perche' consente
di  pervenire  ad  una modificazione implicita della destinazione dei
beni  di  uso  civico,  attraverso  l'approvazione  di  atti  che non
prevedono  l'intervento  del  consiglio comunale, ma altresi' perche'
prescinde   completamente   dell'autorizzazione  dell'ente  regionale
(sulla  cui necessita', vedi Cass. n. 1307/2001), cui sono attribuite
le  funzioni,  originariamente  statali,  relative alla «destinazione
delle terre di uso civico» (art. 66 d.P.R. n. 616/1977).
    Il  riferimento,  ai fini del mutamento di destinazione degli usi
civici, alla necessita' dell'intervento dell'autorizzazione regionale
non  puo'  apparire  superfluo o inappropriato, in considerazione del
fatto  che  la  Corte  costituzionale,  chiamata a pronunciarsi sulla
legittimita'  costituzionale  di  una  legge,  adottata dalla Regione
Abruzzo,  di contenuto assolutamente identico all'art. 56 della legge
della   Regione   Calabria   n. 10/1977,   ne'   ha  riconosciuto  la
illegittimita'.
    Con   sentenza   21 novembre  1997,  n. 345,  Corte  ha  ritenuto
«costituzionalmente  illegittima,  per  violazione dell'art. 3, comma
primo,  Cost. (canone della ragionevolezza), la legge Regione Abruzzo
27 aprile  1996,  n. 23 (impianti pubblici o di pubblico interesse) -
ove si stabiliva, al comma 1, dell'articolo unico, che gli impianti a
rete  pubblici  o di pubblico interesse «si configurano come opere di
urbanizzazione  e pertanto non necessitano di conformita' urbanistica
e   non   sono   soggette  a  concessione  edilizia,  ma  a  semplice
autorizzazione   da  parte  delle  amministrazioni  comunali»,  e  si
prevedeva,  al  comma  3,  che,  nei  casi in cui le predette opere o
impianti  e relativi accessori debbano insistere su terreni di natura
civica,   il  provvedimento  autorizzatorio  del  sindaco  «determina
l'immediata  utilizzabilita'  dei  suoli,  concretando... una diversa
esplicazione  del  diritto  collettivo  di  godimento  a favore della
collettivita'  utente  e  proprietaria  dei  beni,  non ricorrendo la
fattispecie di cui agli artt. 12 della legge n. 1766 del 1927; 41 del
regio  decreto  n. 332  del  1928;  6 della legge regionale n. 25 del
1988»  -  in  quanto  la  legge  impugnata  si  pone in irrimediabile
contrasto  con  la  legislazione  nazionale, perche' le norme statali
contenute  nella  legge  16 giugno  1927,  n. 1766, sul riordinamento
degli  usi  civici  nel Regno, e nell'art. 41, r.d. 26 febbraio 1928,
n. 332,  regolamento di esecuzione legge n. 1766 del 1927, richiedono
che  le limitazioni o la liquidazione dei diritti di uso civico siano
precedute  dall'assegnazione  dei  suoli alla categoria sub, lett. a)
dell'art. 11  legge  n. 1766  del  1927 e, qualora inclusi in questa,
alienati   o   mutati   nella  destinazione  previa  l'autorizzazione
ministeriale  -  art. 12  - ora regionale - art. 66 d.P.R. n. 616 del
1977 - autorizzazione che non assorbe le valutazioni del Ministro per
i  beni  cultuali  e  ambientali ai sensi dell'art. 7 legge 29 giugno
1939,  n. 1479;  nonche'  con la legislazione riguardante i territori
montani (legge 31 gennaio 1994, n. 97, nuove disposizioni per le zone
montane),  che  ha  dettato  alcuni  principi  fondamentali, ai sensi
dell'art. 117 Cost., per la salvaguardia e la valorizzazione di dette
aree,  le quali, conformemente all'art. 44 Cost., rivestono carattere
di  preminente  interesse  regionale;  sicche'  -  essendovi  stretta
connessione   fra   l'interesse  della  collettivita'  generale  alla
conservazione degli usi civici, nella misura in cui essa contribuisce
alla  salvaguardia  dell'ambiente  e  del  paesaggio,  in ragione del
vincolo  paesaggistico  di  cui  alla legge n. 1497 del 1939, sancito
dall'art. 1,  lett.  h),  legge 8 agosto 1985, n. 431 e garantito dal
potere  di  iniziativa  processuale  dei  Commissari,  e il principio
democratico   di   partecipazione  alle  decisioni  in  sede  locale,
corrispondente  agli  interessi  di  quelle  popolazioni, di cui sono
diventate esponenti le regioni ai sensi degli artt. 117 e 118 Cost. -
la legge censurata frustra entrambi gli interessi in giuoco, generali
(laddove   la   disciplina   statale  prevede  l'obbligatorieta'  del
procedimento  di  assegnazione  a  categoria  dei  terreni  civici da
alienare  o mutare nella destinazione e postula la compatibilita' del
programma  di trasformazione con le valutazioni paesistiche) e locali
(laddove  la  legislazione  regionale,  incentrata  sul  procedimento
successivo    di    autorizzazione,    implica   necessariamente   la
consultazione delle popolazioni interessate) escludendo espressamente
questi procedimenti sul presupposto, astratto e generalizzato, che la
realizzazione    degli    impianti    a    rete,    destinati    alle
telecomunicazioni,  al  trasporto  energetico,  dell'acqua, del gas e
allo  smaltimento  dei liquami, costituisca una «diversa esplicazione
del  diritto  collettivo  di  godimento  a favore della collettivita'
utente  e  proprietaria  dei  beni», mentre tali valutazioni, per gli
interessi  di  rango  costituzionale che vi sono sottesi, non possono
non  essere  concrete,  e  cioe' formulate e apprezzate attraverso il
coinvolgimento, di volta in volta, delle popolazioni interessate».
    Le  considerazioni  espresse  dalla  Corte  costituzionale con la
sentenza  n. 345/1977,  alle  quali, per brevita', si' fa espresso ed
integrale  richiamo,  non  possono  non  valere anche con riferimento
all'art. 56   della  legge  Regione  Calabria  n. 10/1997,  giacche',
laddove  si  stabilisce  che,  «le  opere  pubbliche  o  di  pubblico
interesse  promosse  da enti od organismi pubblici o privati delegati
allo  scopo  e  relative a reti per il trasporto di liquidi aeriformi
energia  elettrica,  nonche'  i  loro  accessori  (manufatti impianti
ecc.)», possono essere realizzate, in quanto «concretando una diversa
esplicazione  del  diritto  collettivo  di  godimento  a favore della
collettivita'  utente e proprietaria dei beni», su terreni gravati da
usi  civici  mediante  la  sola  autorizzazione  da parte del sindaco
(comma  1)  e  l'approvazione  del  progetto  (comma  2),  si pone in
contrasto  con l'art. 3 della Costituzione, comma primo, canone della
ragionevolezza, poiche', nell'intento di snellire il procedimento del
mutamento   di  destinazione,  collega  automaticamente  l'estinzione
dell'uso  civico all'autorizzazione del sindaco, e con la legis!azone
statale,  in  particolare  legge  n. 1766/1927,  che detta i principi
generali  sulla  materia  della  liquidazione  degli usi civici e dai
quali  le  Regioni  non possono discostarsi, e legge 31 gennaio 1994,
n. 97,  sui  territori montani, e tale e' il territorio del comune di
San  Demetrio  Corone,  sulla  salvaguardia e valorizzazione di dette
aree   che   rivestono,   per  l'art. 4  Costituzione,  carattere  di
preminente interesse.
    Nel  descritto contesto normativo, si ravvisa, da parte di questo
Commissario,  sospetto  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 56
della  legge  Regione Calabria 30 ottobre 1997, n. 10, nella parte in
cui  consente  che  i  beni gravati da usi civici, qualora oggetto di
intervento  per  la  realizzazione  di «opere pubbliche o di pubblico
interesse  promosse  da enti od organismi pubblici o privati delegati
allo  scopo  e  relative a reti per il trasporto di liquidi aeriformi
energia elettrica, nonche' i loro accessori (manufatti impianti ecc.)
interrati»,  possano essere sottratti alla loro destinazione mediante
il  provvedimento  autorizzatorio  del  sindaco  e l'approvazione del
progetto  dell'opera,  per contrasto con l'art. 3, primo comma, della
Costituzione  e  la  legge 16 giugno 1927, n. 1766, e del regolamento
applicativo, approvato con r.d. 26 febbraio 1928, n. 332.
    La questione, non manifestamente infondata per le ragioni innanzi
esposte,  deve  considerarsi,  altresi', rilevante nella controversia
sottoposta  alla valutazione di questo Commissario, sia perche' vi e'
fondata  certezza  della natura demaniale e della sottoposizione agli
usi  civici  del  fondo,  in  territorio  del  comune di San Demetrio
Corone,   ove   e'   in  atto  l'intervento  edificatorio-industriale
dell'ENEL,  e  sia  perche', come ritenuto dalla Corte costituzionale
nella  menzionata  sentenza n. 345/1977, la rilevanza della questione
deve     essere    rapportata    alla    competenza    al    rilascio
dell'autorizzazione  a  eseguire gli impianti, nel senso che la legge
della  Regione Calabria, «da un lato, ha modificato il regime formale
delle competenze, assegnando al sindaco quanto spettava alla regione,
e  ha  statuito,  dall'altro, che gli impianti a rete si configurano,
sempre  e  comunque,  come  opere  di  urbanizzazione  nelle quali si
concreta  una  diversa esplicazione del diritto di godimento a favore
della collettivita' utente».
    Discende,   dalle   superiori  considerazioni,  che  deve  essere
sottoposta  alla  valutazione della Corte costituzionale la questione
di  legittimita' dell'art. 56 della legge Regione Calabria 30 ottobre
1997,  n. 10,  nei termini sopra indicati, per contrasto con l'art. 3
della  Costituzione e la legge 16 giugno 1927, n. 1766 e del relativo
regolamento attuativo.
    La richiesta, avanzata dalla ricorrente Legambiente, di sequestro
dell'opera  edificatoria  realizzata  dall'ENEL S.p.A. non puo', allo
stato,  condurre  all'adozione di alcun provvedimento, poiche', sotto
un   primo   aspetto,   la  realizzazione  dell'opera  risponde  alle
prescrizioni dettate dall'art. 56 citato, e, sotto altro aspetto, non
potrebbe farsi riferimento al principio di gerarchia delle fonti, per
il  divieto  di  disapplicare  norme  aventi forza di legge (vedi, al
riguardo,  Corte costituzionale 14 giugno 1990, n. 285), divieto che,
nella  vicenda  in  esame,  si  rafforza  dalla  constatazione che la
materia  della  tutela  dell'ambiente  e'  riservata  alla competenza
esclusiva delle Regioni (art. 117 Cost.).