ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

    Nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 1, 2 e
3   della   legge   della   Regione  Marche  24 febbraio  2004,  n. 4
(Disposizioni  eccezionali  e  straordinarie  in attuazione del piano
sanitario  regionale  2003/2006 relative al personale delle strutture
sanitarie  private  titolari  di accordi contrattuali con il servizio
sanitario   regionale),  promosso  con  ricorso  del  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  notificato il 3 maggio 2004, depositato in
cancelleria  il  10  successivo  ed  iscritto  al  n. 53 del registro
ricorsi 2004.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Marche;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  22 febbraio  2005  il giudice
relatore Alfonso Quaranta;
    Uditi  l'avvocato dello Stato Aldo Linguiti per il Presidente del
Consiglio  dei  ministri  e  l'avvocato Stefano Grassi per la Regione
Marche.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri, con ricorso
notificato  il  3 maggio 2004, depositato il successivo giorno 10, ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2 e
3 (quest'ultimo «in quanto ai primi due collegato») della legge della
Regione  Marche  24 febbraio  2004,  n. 4 (Disposizioni eccezionali e
straordinarie  in  attuazione del piano sanitario regionale 2003/2006
relative  al  personale delle strutture sanitarie private titolari di
accordi   contrattuali  con  il  servizio  sanitario  regionale),  in
riferimento agli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione.
    L'art. 1  della  suddetta  legge,  riferisce  la difesa erariale,
prevede  l'inserimento  nei  ruoli  regionali  del Servizio sanitario
nazionale  (S.s.n.) del personale, gia' assunto con contratto a tempo
indeterminato  da unita' operative o strutture sanitarie private, che
risulti  in  esubero  a  seguito  dei  processi  di  riconversione  o
disattivazione  o  soppressione  delle  predette  unita' e strutture,
determinati  dall'attuazione  del piano sanitario regionale 2003/2006
(comma  1);  tale  inserimento  riguarda  esclusivamente il personale
delle  strutture  che  abbiano  stipulato accordi contrattuali con il
Servizio  sanitario regionale ai sensi dell'art. 23 della legge della
Regione  Marche  16 marzo 2000, n. 20, recante «Disciplina in materia
di  autorizzazione alla realizzazione e all'esercizio, accreditamento
istituzionale  e  accordi  contrattuali  delle  strutture sanitarie e
socio-sanitarie pubbliche e private» (comma 2).
    Le  modalita'  di  assunzione  del personale in esubero, prosegue
l'Avvocatura, sono indicate nell'art. 2, commi 2, 3 e 4, e consistono
in  «selezioni per i titoli di servizio, professionali e culturali ed
esame  orale»,  determinando  «la  copertura  dei  posti  vacanti  in
organico»,  nonche' comportando, «in caso di carenza d'organico», che
si  provveda  alla  «rideterminazione del fabbisogno». L'art. 3 - cui
rinvia  l'art. 2,  comma 3, per la rideterminazione del fabbisogno di
organico  finalizzato all'inserimento in questione - prevede che tale
«rideterminazione  d'organico sia fatta in ambito territoriale zonale
dalle aziende del servizio sanitario regionale ed in ambito regionale
dalla  Regione,  d'intesa  con  le  aziende del S.s.r., «tenuto conto
della consistenza degli esuberi accertati»».
    In  conclusione,  la  legge  regionale  impugnata - sottolinea la
difesa  erariale  - prevede che con procedura riservata (e non quindi
con  concorso  pubblico) «siano fatte assunzioni in pubblico impiego,
coprendo  con  tale sistema i posti in organico e predisponendo anche
un   aumento   dell'organico   in   caso  di  sua  insufficienza  per
l'inserimento   del  personale  in  esubero  che  abbia  superato  la
procedura  selettiva  riservata»;  da  qui  il  contrasto delle norme
censurate  con  «gli  articoli 3, 51 e 97, primo e terzo comma, della
Costituzione,  secondo  la interpretazione piu' volte offertane dalla
Corte  costituzionale  nonche'  da  ultimo  nelle sentenze n. 274 del
2003, n. 373 e n. 194 del 2002».
    2.  - Si e' costituita la Regione Marche chiedendo che il ricorso
venga dichiarato non fondato per il seguente ordine di motivi.
    Innanzitutto,  la  materia dello stato giuridico ed economico del
personale  delle  Regioni  e  degli enti regionali apparterrebbe alla
potesta' legislativa residuale delle Regioni stesse (art. 117, quarto
comma,   Cost.).   Inoltre,   la  legge  censurata  detterebbe  norme
«nell'ambito  della tutela della salute» rientrante tra le materie di
competenza  concorrente  (art. 117,  terzo  comma,  Cost.). In questa
prospettiva  le  norme regionali impugnate costituirebbero «legittima
attuazione  dell'esercizio  dell'autonomia  legislativa della Regione
che,  in  materia  di organizzazione del servizio sanitario a livello
regionale,  ha  sicuramente il potere di organizzare l'erogazione dei
servizi   in   maniera   efficace,  consentendo  -  anche  attraverso
l'utilizzazione   di   professionalita'   gia'   acquisite  in  ruoli
sostanzialmente  analoghi  -  la migliore continuita' e funzionalita'
delle attivita' sanitarie».
    Secondo  la  difesa  regionale,  inoltre,  la  legge in esame non
violerebbe  neanche  il  principio  costituzionale del concorso quale
metodo  di  accesso  ai  pubblici  uffici.  Viene  richiamata,  a tal
proposito,  la  sentenza n. 274 del 2003 di questa Corte, nella quale
si  rinviene  l'affermazione  secondo cui sarebbe possibile apportare
deroghe   al   metodo   del   pubblico  concorso  «qualora  ricorrano
particolari  situazioni che le rendano non irragionevoli», quali, nel
caso  di  specie,  l'assunzione  di  lavoratori socialmente utili che
«avevano,  nella precarieta', acquisito l'esperienza necessaria a far
ritenere  la  stabilizzazione  della  loro  posizione funzionale alle
esigenze  di  buon  andamento  dell'amministrazione  (art. 97,  primo
comma,  della  Costituzione)».  La  difesa della Regione sostiene che
anche  la finalita' perseguita dalla legge regionale impugnata, volta
«alla  non  dispersione  delle specifiche professionalita' acquisite»
all'interno  delle  strutture sanitarie private, rende ragionevole, e
quindi  conforme alle esigenze di buon andamento dell'amministrazione
imposte  dall'art. 97  della Costituzione, le modalita' di accesso ai
ruoli regionali previste dalla legge stessa.
    Ad ulteriore conferma della legittimita' delle norme censurate la
resistente   pone  in  evidenza  il  loro  carattere  dichiaratamente
«eccezionale» e «straordinario» (art. 1, comma 1), come dimostrerebbe
la  stessa  previsione  contenuta  nell'art. 5,  secondo cui la legge
regionale  e'  destinata  ad applicarsi «sino al termine di efficacia
del  piano»,  il che renderebbe ragionevole la scelta del legislatore
regionale  «anche  tenendo  conto  del  fondamentale  interesse della
Regione alla corretta erogazione del servizio sanitario».
    A cio' si aggiunge che l'inserimento del personale in esubero nei
ruoli  regionali  non  avverrebbe  in  maniera automatica, ma sarebbe
subordinato  al  conseguimento  di una specifica idoneita' derivante,
secondo  quanto statuito dall'art. 2, comma 2, da apposite «selezioni
per  i  titoli di servizio, professionali e culturali ed esame orale,
svolte  dalle  aziende  del  S.s.r. mediante commissioni esaminatrici
appositamente   nominate».  Anche  sotto  questo  profilo,  pertanto,
secondo  la Regione, la legge impugnata sarebbe conforme «ai principi
di  razionalita'  normativa  e di buon andamento dell'amministrazione
stabiliti dagli artt. 3 e 97 della Costituzione».
    Per  quanto  attiene  alla  assunta violazione dell'art. 51 della
Costituzione,  a  sostegno  dell'inconferenza del parametro invocato,
viene  richiamata  la  sentenza n. 34 del 2004 di questa Corte che ha
affermato  che  tale  norma,  «nel  porre  il  principio che «tutti i
cittadini  dell'uno  e  dell'altro sesso possono accedere agli uffici
pubblici  (...)  in  condizioni  di  eguaglianza, secondo i requisiti
stabiliti  dalla  legge», attua il fondamentale principio dell'art. 3
della  Costituzione,  ma  non  detta le regole di accesso al pubblico
impiego».
    3.  -  In data 16 novembre 2004 l'Avvocatura generale dello Stato
ha   depositato   una   memoria  con  la  quale  ha  dedotto  che  la
utilizzazione  di  procedure riservate a determinate categorie, e non
aperte  a  tutti i possibili interessati aventi titolo, contrasta sia
con  l'art. 3 che con l'art. 51 della Costituzione, che del principio
di  uguaglianza  rappresenterebbe  specifica  e concreta applicazione
nella  materia  dell'accesso  al  pubblico  impiego,  riconoscendo la
possibilita' di accesso a tutti i cittadini aventi i requisiti voluti
dalla   legge.   Secondo  la  difesa  erariale,  le  norme  impugnate
contrastano   anche  con  l'art. 97  della  Costituzione,  in  quanto
prevedono  procedure selettive non fondate sul confronto competitivo,
ma su valutazioni di titoli di servizio, professionali e culturali ed
un esame orale.
    In   relazione   alle   difese   svolte   dalla  Regione  Marche,
l'Avvocatura  generale  dello Stato replica osservando, innanzitutto,
che  la  legge  regionale  in  esame «non ha ad oggetto la disciplina
sullo  stato  giuridico ed economico del personale della Regione, dal
momento  che  le  disposizioni  denunziate  non riguardano il modo di
essere  o  di  svilupparsi  di  un rapporto di impiego gia' sorto, ma
proprio  e  soltanto  il  modo  di  accedere  al rapporto e quindi un
momento antecedente alla formazione del rapporto».
    In  secondo  luogo, il contenuto delle disposizioni censurate non
puo'  in  alcun modo essere ricondotto alla «tutela della salute» che
si realizza «attraverso la determinazione di standard di previsione e
terapie,   la  diffusione  di  adeguate  informazioni  sanitarie,  la
realizzazione  di  strutture  sanitarie,  ma  certo non attraverso la
collocazione  di  personale  gia'  dipendente  da strutture sanitarie
private nei ruoli regionali».
    In  terzo  luogo,  la  difesa  erariale osserva come la procedura
disciplinata  dalla  legge  impugnata  non  risponda  al  modello del
concorso  pubblico  di cui all'art. 97 Cost. sia perche' riservata ad
una  determinata  categoria  di  soggetti  e  non  aperta a tutti gli
interessati   in   possesso  dei  requisiti  di  legge,  sia  perche'
strutturata  non  sul  confronto  competitivo,  ma  su una «selezione
affidata  a  valutazione  di titoli e solo in via aggiuntiva ad esame
orale».
    Infine,  si  contesta  anche  l'addotta  esistenza  delle ragioni
eccezionali  che  dovrebbero  giustificare,  nella  prospettiva della
Regione  Marche, l'uso di uno strumento diverso dal concorso pubblico
e  che  sarebbero rappresentate dalla necessita' di non disperdere le
esperienze  svolte  in  strutture  sanitarie  private  riconvertite o
disattivate.  Cio'  in quanto «l'eccezionalita' che consente l'uso di
strumenti  di  accesso diversi dal concorso pubblico deve concretarsi
in  una  esigenza  della  amministrazione e non in una esigenza o una
opportunita'  per il personale del cui accesso al pubblico impiego si
tratta».  Ne'  vale,  secondo  la  difesa  erariale, il richiamo alla
sentenza  n. 274  del 2003 di questa Corte, in quanto in quel caso si
trattava  di  valutare  la  legittimita'  costituzionale di una legge
regionale  che  consentiva  l'inquadramento  nei  ruoli  regionali di
personale  precario (lavoratori c.d. socialmente utili) gia' da tempo
alle  dipendenze della Regione. Nel caso in esame, invece, sottolinea
l'Avvocatura,  si tratta di personale di provenienza privata, «il cui
inserimento  nei  ruoli  regionali non rappresenta un naturale sbocco
delle  attivita' svolte, ma un radicale mutamento di tipo di rapporto
(dal  privato  al  pubblico)  ed  una  definitiva  occupazione  senza
concorso di ruoli pubblici».
    4.  - Nell'imminenza dell'udienza la Regione Marche ha depositato
una  memoria  con la quale ha ribadito di essere titolare di potesta'
legislativa  residuale in materia di stato giuridico ed economico del
personale  delle  Regioni  e  degli  enti  regionali;  che  la  legge
regionale impugnata interviene nella materia concorrente della tutela
della  salute;  che,  infine,  non sarebbe stato violato il principio
dell'accesso  al  pubblico  impiego  mediante concorso per le ragioni
gia' illustrate nell'atto di costituzione in giudizio.

                       Considerato in diritto

    1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato in via
principale  gli  artt. 1,  2  e  3  della  legge della Regione Marche
24 febbraio  2004,  n. 4 (Disposizioni eccezionali e straordinarie in
attuazione  del  piano  sanitario  regionale  2003/2006  relative  al
personale  delle  strutture  sanitarie  private  titolari  di accordi
contrattuali  con  il  Servizio  sanitario regionale), in riferimento
agli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione.
    L'art. 1  della predetta legge disciplina l'inserimento nei ruoli
regionali  del  servizio  sanitario nazionale (S.s.n.) del personale,
gia'  assunto con contratto a tempo indeterminato da unita' operative
o  strutture  sanitarie private, che risulti in esubero a seguito dei
processi  di  riconversione  o  disattivazione  o  soppressione delle
predette  unita'  e  strutture, determinati dall'attuazione del piano
sanitario regionale 2003/2006; tale inserimento riguarda il personale
delle  strutture  che abbiano stipulato accordi contrattuali ai sensi
dell'art. 23  della  legge  della Regione Marche 16 marzo 2000, n. 20
(Disciplina   in  materia  di  autorizzazione  alla  realizzazione  e
all'esercizio,  accreditamento  istituzionale  e accordi contrattuali
delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private).
    L'art. 2  prevede,  tra  l'altro,  che  l'assunzione del predetto
personale  avvenga  attraverso  «selezioni  per i titoli di servizio,
professionali  e  culturali  ed esame orale, svolte dalle aziende del
S.s.r. mediante commissioni esaminatrici appositamente nominate».
    L'art. 3,   infine,  detta  criteri  per  la  determinazione  del
fabbisogno   d'organico  finalizzato  all'inserimento  del  personale
risultato idoneo.
    Secondo  il ricorrente le riportate disposizioni - prevedendo che
con  procedura  riservata (e non quindi con concorso pubblico) «siano
fatte  assunzioni  in  pubblico  impiego, coprendo con tale sistema i
posti  in  organico e predisponendo anche un aumento dell'organico in
caso  di sua insufficienza per l'inserimento del personale in esubero
che  abbia superato la procedura selettiva riservata» - si porrebbero
in contrasto con gli indicati parametri costituzionali.
    2. - La questione e' fondata.
    2.1.  -  In  via  preliminare,  risulta  inconferente  il rilievo
difensivo  della Regione Marche secondo cui la «materia» incisa dalle
disposizioni   censurate   rientrerebbe   nell'ambito  della  propria
potesta'  legislativa.  Il ricorrente, infatti, non deduce ragioni di
incompetenza  legislativa,  in quanto indica parametri costituzionali
(artt. 3,  51  e  97)  che  non  attengono a profili di riparto delle
competenze   e,   nondimeno,   sono   evocabili   dallo  Stato  nella
impugnazione  in  via  principale  di  una  legge regionale (sentenze
n. 162 del 2004 e n. 274 del 2003).
    2.2.  - Ai fini della risoluzione della questione di legittimita'
costituzionale  proposta  dallo  Stato  appare,  inoltre,  necessario
premettere   che  la  giurisprudenza  di  questa  Corte  e'  costante
nell'affermare  che  il  concorso  rappresenta  la  forma generale ed
ordinaria  di  reclutamento  di  personale  nel  pubblico impiego, in
quanto  meccanismo  idoneo  a  garantire  il  canone  dell'efficienza
dell'azione amministrativa (tra le altre, sentenze n. 205 e n. 34 del
2004;  n. 1  del  1999).  Questa  Corte ha, inoltre, ritenuto che una
deroga  a  siffatto  principio  sia possibile soltanto in presenza di
peculiari  situazioni  giustificatrici  individuate  dal  legislatore
nell'esercizio  di  una discrezionalita' non irragionevole, che trovi
il  proprio  limite specifico nella necessita' di meglio garantire il
buon  andamento  della  pubblica amministrazione (sentenza n. 194 del
2002).
    2.3.-  Nella  specie,  a prescindere dalle finalita' indicate dal
legislatore   regionale,   non   puo'   ritenersi   utilizzabile   la
valorizzazione  delle  «specifiche  professionalita'  acquisite»  dal
personale  in discorso, al fine di legittimare la deroga al principio
del  concorso  pubblico; e cio' non solo perche' si e' in presenza di
una  generica  indicazione di ragioni giustificative, ma anche per il
fatto che non si tratta di «consentire il consolidamento di pregresse
esperienze  maturate  nella  stessa  amministrazione»  (cfr. sentenza
n. 205 del 2004).
    Le disposizioni censurate, infatti, hanno stabilito l'inserimento
nei  ruoli  regionali  di  personale  assunto  con  contratto a tempo
indeterminato da strutture sanitarie private, ancorche' firmatarie di
accordi  contrattuali  ex  art. 23  della  legge della Regione Marche
n. 20 del 2000, e dunque di personale non reclutato a suo tempo dalla
pubblica  amministrazione mediante pubblico concorso (sentenza n. 205
del 2004).
    In  definitiva, dunque, le norme impugnate - prevedendo selezioni
caratterizzate da una arbitraria e irragionevole forma di restrizione
dei soggetti legittimati a parteciparvi - si pongono in contrasto con
i parametri costituzionali evocati.
    3.  -  La  dichiarazione  di  illegittimita' costituzionale degli
impugnati  artt. 1,  2  e 3 della legge della Regione Marche n. 4 del
2004 rende, ovviamente, sostanzialmente inapplicabili gli artt. 4 e 5
della  stessa  legge.  Tali  norme  -  prevedendo  rispettivamente le
modalita'  di  copertura  delle  spese  derivanti  dal  provvedimento
legislativo  in  questione,  nonche'  il termine entro il quale hanno
vigore  le  disposizioni  della  legge  regionale  -  non presentano,
infatti, alcuna autonomia applicativa.