ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  ammissibilita'  del  conflitto di attribuzione tra
poteri  dello  Stato sorto a seguito dei decreti del Presidente della
Repubblica  del  7 aprile  2005,  con  i quali e' stata fissata al 12
giugno 2005  la  data  per  il voto relativo ai referendum abrogativi
ammessi  con  sentenze della Corte costituzionale numeri 46, 47, 48 e
49  del  2005, nonche' della deliberazione del Consiglio dei ministri
del  7 aprile  2005,  avente  ad oggetto la fissazione della data del
12 giugno 2005 per lo svolgimento dei referendum e di ogni altro atto
presupposto,  connesso  e  conseguente,  promosso da Lanfranco Turci,
Antonio  Adolfo  Maria  Del  Pennino,  Rita Bernardini, Barbara Maria
Simonetta   Pollastrini,   Monica  Soldano,  Vittoria  Franco,  Katia
Zanotti,  con  ricorso  depositato  il  13 aprile 2005 ed iscritto al
n. 287 del registro ammissibilita' conflitti;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 4 maggio 2005 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick;
    Ritenuto che, con ricorso depositato il 13 aprile 2005, Lanfranco
Turci,  Antonio  Adolfo  Maria  Del Pennino, Rita Bernardini, Barbara
Maria  Simonetta Pollastrini, Monica Soldano, Vittoria Franco e Katia
Zanotti,  nella  qualita'  di  promotori  e  presentatori  di quattro
referendum   abrogativi   concernenti  alcuni  articoli  della  legge
19 febbraio   2004,   n. 40   (Norme   in   materia  di  procreazione
medicalmente  assistita),  sollevano  conflitto  di  attribuzione nei
confronti  del  Presidente  della  Repubblica  e  del  Consiglio  dei
ministri   in   riferimento:  a)  ai  decreti  del  Presidente  della
Repubblica del 7 aprile 2005 che hanno indetto i referendum per il 12
giugno 2005;  b)  alla  deliberazione  del Consiglio dei ministri del
7 aprile 2005 che ha fissato al 12 giugno 2005 la data di svolgimento
dei  referendum;  c)  a  «ogni  altro  atto  presupposto,  connesso e
conseguente» a quelli dianzi indicati;
        che  i  ricorrenti  deducono  che  il  Governo  avrebbe fatto
cattivo   uso  del  potere  attribuitogli  dall'art. 34  della  legge
25 maggio   1970,   n. 352   (Norme  sui  referendum  previsti  dalla
Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo) e in tal modo
leso  la  sfera  di  attribuzioni dei promotori del referendum, quale
determinata dall'art. 75 della Costituzione: e cio' in quanto la data
prescelta  per  il voto referendario (il 12 giugno 2005) non terrebbe
conto  del  fatto  che,  per  una  serie  di  situazioni oggettive di
carattere  eccezionale  -  in specie, la circostanza che il 10 giugno
hanno inizio, in quasi tutte le Regioni, le vacanze scolastiche e che
a  partire  dallo  stesso  giorno vi e' il primo scaglionamento delle
ferie   di   ampi  settori  dell'impiego  pubblico  e  privato  -  e'
ipotizzabile una scarsa partecipazione degli elettori;
        che  -  ad  avviso dei ricorrenti - cio' determina il rischio
del  mancato  raggiungimento del quorum fissato dall'art. 75 Cost., e
consente  alle forze politiche e sociali contrarie all'abrogazione di
avvalersi  dell'astensione come strumento per conseguire detto scopo:
obiettivo,  questo,  che  non  puo'  essere perseguito o avallato dal
Governo,  neppure  indirettamente o implicitamente, a meno di violare
l'obbligo costituzionale di neutralita' e imparzialita' e di menomare
la  funzione di promozione del referendum che la Costituzione assegna
ai comitati promotori;
        che  se  e'  vero,  difatti, che il raggiungimento del quorum
resta  affidato alla disponibilita' e responsabilita' degli elettori,
e'  altrettanto  vero,  pero',  che  nulla  dovrebbe essere fatto per
rendere  difficile o intralciare la partecipazione elettorale: stante
il  favor  che  assiste  l'istituto, ogni limite allo svolgimento del
referendum   finirebbe   per   ledere  la  stessa  regolarita'  delle
operazioni di voto (artt. 75 e 48 Cost.);
        che,  in  via  subordinata,  i  ricorrenti  assumono  che  la
convocazione dei comizi sia lesiva della loro sfera di attribuzioni e
costituisca  violazione  del  principio  di  leale collaborazione tra
poteri dello Stato, in quanto la data del 12 giugno 2005 non e' stata
fissata  previa  audizione  dei  comitati  promotori  e  a seguito di
concertazione con essi;
        che  il  principio  di  leale  collaborazione  fra i poteri -
immanente all'ordinamento costituzionale e comunque desumibile, nella
specifica  materia,  dagli artt. 1, 3 e 75 Cost. - comporta, infatti,
che,  quando ad un procedimento di rilievo costituzionale partecipano
piu'  organi  o soggetti, essi hanno il dovere giuridico di cooperare
lealmente   in   vista   del  raggiungimento  del  risultato  cui  il
procedimento medesimo e' finalizzato;
        che,  in  base alla disciplina dettata dalla legge n. 352 del
1970,   il   procedimento   referendario  risulterebbe,  in  effetti,
chiaramente  improntato  al  principio  di  leale  collaborazione fra
comitato   promotore   e   altri   poteri   dello   Stato,  in  vista
dell'effettuazione della consultazione popolare;
        che  tale  principio  troverebbe attuazione nella fase che si
svolge  davanti  all'Ufficio  centrale  costituito presso la Corte di
cassazione,  essendo previsto: sia che i promotori «hanno facolta' di
presentare  per  iscritto  le loro deduzioni» sull'ordinanza di detto
Ufficio  relativa ad eventuali irregolarita' delle singole richieste,
e   sulla   proposta  di  concentrazione  dei  quesiti  che  rivelino
uniformita' o analogia di materia (art. 32, quinto comma); sia che la
denominazione della richiesta di referendum da riprodurre nella parte
interna   delle   schede  di  votazione,  al  fine  di  identificarne
l'oggetto,  e'  stabilita dall'Ufficio centrale «sentiti i promotori»
(art. 32,  settimo  comma);  mentre, poi, con riguardo alla eventuale
cessazione   delle   operazioni  referendarie  per  nuova  disciplina
legislativa  sopraggiunta, questa Corte ha affermato, con la sentenza
n. 68  del  1978,  che  la  valutazione circa l'incidenza della nuova
disciplina  e'  affidata  all'Ufficio  centrale  «sentiti i promotori
della corrispondente richiesta»;
        che  una  leale collaborazione con i promotori e' prefigurata
anche  nella fase che si svolge davanti alla Corte costituzionale, in
cui  e'  prevista  - per i delegati, i presentatori e il Governo - la
possibilita'  di depositare memorie sulla legittimita' costituzionale
delle  richieste di referendum, non oltre tre giorni prima della data
fissata  per  la  deliberazione  (art. 33,  terzo  comma, della legge
n. 352  del  1970);  e, d'altra parte, il comitato promotore e' stato
ammesso  ad  intervenire in camera di consiglio per esporre oralmente
le ragioni a sostegno dell'ammissibilita' del quesito referendario;
        che  l'omessa  previsione, nella legge n. 352 del 1970, di un
concorso   dei   promotori   nella  fase  finale  dell'indizione  del
referendum  -  e,  segnatamente, la mancata previsione, nell'art. 34,
primo comma, di detta legge, dell'audizione del comitato promotore da
parte  del Governo, ai fini di individuare la data piu' opportuna per
la  votazione  -  non potrebbe d'altro canto essere interpretata come
preclusiva  di  tale  concertazione:  e  cio'  perche'  il  dovere di
collaborare  lealmente  si  pone  come  principio  generale, cui deve
necessariamente  ispirarsi,  anche  in  assenza  di norme legislative
espresse, l'esercizio di funzioni costituzionalmente riconosciute;
        che  ove  peraltro  si ritenesse che il citato art. 34, primo
comma,  della legge n. 352 del 1970 non possa essere interpretato nel
senso    dianzi   esposto,   esso   risulterebbe   costituzionalmente
illegittimo  per  violazione  degli  artt. 1,  3  e  75  Cost.  e del
principio di leale cooperazione;
        che  i  ricorrenti  chiedono,  pertanto,  a  questa  Corte di
dichiarare,  in  via  principale, che non spetta al Governo, sotto il
profilo  del  cattivo  uso del potere, convocare i comizi referendari
per  il  12  giugno 2005;  ovvero,  in  subordine,  che non spetta al
Governo  convocare  i  comizi  referendari  per tale data, senza aver
prima  consultato  il  comitato promotore del referendum e concordato
con  esso  la  relativa data: in entrambi i casi annullando i decreti
del Presidente della Repubblica impugnati;
        che,  in  linea  ulteriormente gradata, i rimettenti invitano
questa  Corte  a sollevare davanti a se' la questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 34,  primo  comma,  della  legge n. 352 del
1970,  nella  parte in cui non prevede che debbano essere ascoltati -
con  parere obbligatorio, ancorche' non vincolante - i rappresentanti
del  comitato  promotore  del  referendum ai fini della concertazione
della data di votazione;
        che i ricorrenti chiedono, infine, alla Corte di disporre, in
via  cautelare, la sospensione dei decreti impugnati, sollecitando in
tal  modo  la fissazione di una nuova data a seguito di concertazione
con i comitati.
    Considerato  che,  ai  sensi  dell'art. 37, terzo e quarto comma,
della   legge   11 marzo   1953,  n. 87,  questa  Corte  e'  chiamata
preliminarmente  a  decidere  con  ordinanza  in camera di consiglio,
senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile sotto il profilo
dell'esistenza  della  materia  di  un  conflitto, la cui risoluzione
spetti  alla  sua competenza, con riferimento ai requisiti soggettivi
ed  oggettivi  di  cui  al primo comma del medesimo art. 37; restando
impregiudicata   ogni   ulteriore   questione,   anche  in  punto  di
ammissibilita';
        che,  sotto  il  profilo della legittimazione dei ricorrenti,
questa  Corte  ha  gia',  piu'  volte, riconosciuto agli elettori, in
numero  non  inferiore  a  500.000, sottoscrittori della richiesta di
referendum  -  dei  quali i promotori sono competenti a dichiarare la
volonta'  in  sede  di  conflitto - la titolarita', nell'ambito della
procedura  referendaria, di una funzione costituzionalmente rilevante
e   garantita,   in  quanto  essi  attivano  la  sovranita'  popolare
nell'esercizio  dei  poteri  referendari (cfr., ex plurimis, sentenze
n. 502  del  2000, n. 49 del 1998 e n. 102 del 1997; ordinanze n. 195
del 2003 e n. 131 del 1997);
        che,   sempre   sotto  il  profilo  soggettivo,  va  altresi'
riconosciuta   la   legittimazione   passiva   del  Presidente  della
Repubblica e del Consiglio dei ministri;
        che,  quanto al requisito oggettivo, occorre verificare se la
controversia,   che  il  ricorso  mira  ad  instaurare,  riguardi  la
delimitazione della sfera di attribuzioni determinata per il comitato
promotore del referendum da norme costituzionali;
        che,   quindi,   nella   specie,   in  sede  di  giudizio  di
ammissibilita'  del  ricorso  si  deve stabilire se sia astrattamente
configurabile  un'attribuzione costituzionale del comitato promotore,
suscettibile  di  essere  violata  ad opera del decreto di fissazione
della data di svolgimento delle operazioni elettorali referendarie;
        che,  al  riguardo, i ricorrenti deducono, in via principale,
che   la   data   fissata  per  lo  svolgimento  delle  consultazioni
referendarie  non  terrebbe  conto  di situazioni oggettive idonee ad
incidere  negativamente sull'esercizio del diritto di voto, influendo
in  concreto  sulla  possibilita'  dei cittadini di esprimere la loro
volonta'  elettorale;  e  ledendo  cosi'  la  sfera  di  attribuzioni
garantita ai promotori;
        che  questa  Corte  ha  gia'  avuto  modo  di  chiarire - con
riferimento  ad  analogo  ricorso  -  che  l'individuazione, ad opera
dell'art. 34,  primo comma, della legge n. 352 del 1970, di un rigido
e  ristretto  arco  temporale,  entro  il quale deve essere tenuta la
votazione,   rivela  come  la  valutazione  dei  possibili  interessi
coinvolti  sia stata effettuata dal legislatore con una disciplina di
per  se'  non  irragionevole,  la  quale rende, «nella fisiologia del
sistema,  non  altrimenti  vincolata la scelta della data all'interno
del   predetto   arco   temporale,  salvo  che  sussistano  oggettive
situazioni   di   carattere  eccezionale  ...  idonee  a  determinare
un'effettiva  menomazione  del  diritto  di  voto referendario» (cfr.
ordinanza n. 131 del 1997);
        che  rientra  nella  sfera delle attribuzioni del comitato la
pretesa  allo  svolgimento delle operazioni di voto referendario, una
volta  compiuta  la  procedura di verifica della legittimita' e della
costituzionalita'  delle  relative domande; ma non anche - in assenza
di  situazioni  eccezionali  - la pretesa di interferire sulla scelta
governativa,   tra  le  molteplici,  legittime  opzioni,  della  data
all'interno  del periodo prestabilito (cfr. ancora l'ordinanza n. 131
del 1997);
        che  le  situazioni  cui  gli odierni ricorrenti annettono la
menomazione  dell'esercizio  del diritto di voto, qualificandole come
eccezionali  -  ossia  l'inizio delle vacanze scolastiche e dei primi
scaglioni  di  ferie  nell'impiego pubblico e privato - sono, d'altra
parte, manifestamente prive di tale connotazione;
        che,  in  via  subordinata, i ricorrenti si dolgono del fatto
che  il  Governo  non  abbia  concordato  la  data di votazione con i
comitati  promotori, violando con cio' - in assunto - il principio di
leale collaborazione tra i poteri dello Stato;
        che  -  a  prescindere  da  ogni rilievo circa la correttezza
della  ricostruzione operata dai ricorrenti, volta ad interpretare in
chiave   di  leale  collaborazione  tra  poteri  gli  interventi  dei
promotori  previsti  nelle  fasi del procedimento referendario che si
svolgono  davanti  all'Ufficio centrale presso la Corte di cassazione
ed  alla  Corte  costituzionale  -  e'  dirimente,  al  riguardo,  la
considerazione  che  il principio evocato puo' operare solo allorche'
sussista l'esigenza di coordinare due distinte sfere di attribuzione,
di   rilevanza   costituzionale,   o   di   regolarne  le  reciproche
interferenze;
        che nella specie, alla luce di quanto dianzi indicato, non e'
configurabile  alcuna  concorrente  attribuzione,  costituzionalmente
garantita, del comitato promotore del referendum riguardo alla scelta
della  data  di  votazione entro la fascia temporale prestabilita dal
legislatore:  circostanza, questa, che rende inconferente il richiamo
al  principio  di  leale  collaborazione;  ed  esclude, altresi', che
sussistano i presupposti affinche' questa Corte sollevi innanzi a se'
la  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 34,  primo
comma, della legge n. 352 del 1970, nella parte in cui non prevede la
concertazione   con   il   comitato   promotore   della   data  della
consultazione   referendaria,   secondo   quanto   richiesto  in  via
ulteriormente subordinata dai ricorrenti;
        che, conclusivamente, le determinazioni assunte con i decreti
di indizione delle consultazioni referendarie oggetto del ricorso non
appaiono,  neppure  astrattamente,  idonee ad incidere sulla sfera di
attribuzioni costituzionalmente garantita ai ricorrenti;
        che il ricorso proposto deve ritenersi dunque inammissibile.