IL TRIBUNALE Nella causa civile iscritta al n. 29429/04 del ruolo generale, promossa da M.P. Informatica S.r.l., con l'avv. Carmen Di Salvo, attrice; Contro T.C. Sistema S.p.A., con gli avv. Francesco Gatti e Stefano Valerio, convenuta; ha pronunciato la seguente ordinanza. Il g.i., sciogliendo la riserva assunta nell'udienza del 17 settembre 2004; Letti gli atti di causa, cosi' provvede. F a t t o Con atto di citazione notificato in data 27 aprile 2004, la M.P. Informatica S.r.l. ha convenuto in giudizio la T.C. Sistema S.p.a. chiedendone la condanna al pagamento di fatture inevase per un importo complessivo di Euro 195.419,89. Espone la societa' attrice che tale credito sarebbe maturato nei confronti della T.C. Sistema S.p.a. in ragione di prestazioni di assistenza «on site» effettuate a favore di clienti della convenuta come da regolare rapporto contrattuale intercorso tra le parti in causa. Con comparsa di risposta depositata in data 5 luglio 2004, si e' costituita in giudizio la T.C. Sistema S.p.a. concludendo, nel merito, per il rigetto delle domande attoree. Sostiene, infatti, la convenuta che la M.P. Informatica S.r.l. si sarebbe resa inadempiente al rapporto contrattuale tra loro intercorso, giustificando l'esercizio, da parte della societa' convenuta, della facolta' di risoluzione cosi' come previsto della clausola risolutiva espressa apposta al negozio. La T.C. Sistema S.p.a. precisa, inoltre, che tale inadempienza avrebbe causato danni per Euro 100.000,00 e conclude, in via riconvenzionale, per la condanna della societa' attrice al relativo risarcimento. All'udienza ex art. 180 c.p.c., in data 15 luglio 2004, la difesa della societa' attrice ha eccepito la tardivita' della domanda riconvenzionale formulata dalla T.C. Sistema S.p.a. Ha osservato, in proposito: che la T.C. Sistema S.p.a. si e' costituita in giudizio il 5 luglio 2004 ossia soltanto dieci giorni prima dell'udienza di prima comparizione differita ai sensi dell'art. 168-bis comma quinto c.p.c. (con decreto 21 maggio 2004) e fissata per il 15 luglio 2004; che, al contrario, la costituzione doveva essere effettuata entro il 25 giugno 2004 ossia venti giorni prima dell'udienza di comparizione differita ai sensi dell'art. 168-bis quinto comma cosi' come testualmente prescrive l'art. 166 c.p.c.; che a nulla rileverebbe l'intervenuto provvedimento di abbrevizione dei temini ex art. 163-bis c.p.c. stante il chiaro tenore letterale dell'art. 166 c.p.c. che, in caso di differimento ex art. 168-bis, quinto comma, c.p.c., non sembra operare distinzioni in proposito. Alla successiva udienza del 17 settembre 2004, cui la causa e' stata rinviata, sempre ex art. 180 c.p.c., per permettere uno scambio di memorie sul punto, il giudice ha riservato la decisione. D i r i t t o Parte attrice ha eccepito la tardivita' della domanda riconvenzionale proposta nei suoi confronti rilevando che la convenuta si sarebbe costituita in giudizio soltanto dieci giorni prima dell'udienza fissata a norma del quinto comma, dell'art. 168-bis c.p.c. Sostiene infatti che, nonostante l'intervenuto provvedimento di abbreviazione dei termini ex art. 163-bis c.p.c., la convenuta avrebbe dovuto rispettare, ai fini della proposizione della domanda riconvenzionale, il diverso termine di venti giorni prima dell'udienza (fissata a norma del quinto comma, dell'art. 168-bis c.p.c.), essendo chiaro il dettato letterale dell'art. 166 c.p.c. il quale, mentre distingue i termini per la costituzione rispetto all'udienza indicata nell'atto di citazione a seconda che vi sia stato o meno il provvedimento presidenziale di abbreviazione, non sembra operare alcuna differenziazione rispetto all'udienza differita ex art. 168-bis quinto comma c.p.c. prescrivendo, in ogni caso, la costituzione almeno venti giorni prima di tale udienza. In effetti, osserva questo tribunale, un'interpretazione letterale del combinato disposto degli artt. 163-bis, 166 e 168-bis c.p.c. sembra condurre a conclusioni non difformi. L'art. 163-bis secondo comma c.p.c. dispone che, nelle cause che richiedono pronta spedizione, il Presidente del tribunale possa, su istanza dell'attore e con decreto motivato in calce all'originale dell'atto di citazione ed alla copia da notificare, abbreviare, fino alla meta', il termine a difesa di sessanta giorni liberi concesso al convenuto dal primo comma. L'abbreviazione del termine a difesa provoca la variazione, automatica ed a catena, di tutti i successivi termini che il codice di procedura impone alle parti per lo svolgimento delle ulteriori operazioni caratterizzanti la fase introduttiva del giudizio di cognizione: quanto al termine di cui all'art. 165 c.p.c., quest'ultimo, partecipando alle medesime esigenze di pronta spedizione della causa, subisce analoga contrazione; quanto, invece, al termine per la costituzione del convenuto (ex art. 166 c.p.c.), da computarsi a ritroso rispetto all'udienza di prima comparizione, esso viene, per contro, attraverso un suo formale dimezzamento, opportunamente dilatato per ristabilire gli equilibri difensivi che i termini ordinari garantiscono alla parte convenuta. Quest'ultima norma prescrive, infatti, che il convenuto debba costituirsi almeno venti giorni prima dell'udienza indicata nell'atto di citazione ovvero, in caso di abbreviazione dei termini ai sensi del secondo comma dell'art. 163-bis c.p.c., almeno dieci giorni prima di tale udienza. Analoghe differenziazioni non sembrano essere state previste dal legislatore allorche' l'udienza di prima comparizione venga differita ai sensi del quinto comma dell'art. 168-bis c.p.c. Come e' noto, il d.l. n. 571/1994, convertito in legge n. 673/1994, ha opportunemente modificato l'art. 166 c.p.c. inserendo il periodo «ovvero almeno venti giorni prima dell'udienza fissata a norma dell'art. 168-bis, quinto comma» e permettendo, cosi', di parametrare la costituzione del convenuto non piu' unicamente in ragione dell'udienza indicata nell'atto di citazione, ma anche di quella eventualmente fissata dal giudice per esigenze di carattere organizzativo. Tuttavia, l'aggiunta del periodo summenzionato pone alcuni seri interrogativi perche' non sembra tenere in debito conto l'ipotesi del procedimento definito di «pronta spedizione» in relazione al quale l'art. 163-bis c.p.c. permette l'abbreviazione dei termini. E, infatti, l'art. 166 c.p.c., nella sua attuale formulazione, dopo avere chiaramente previsto che il convenuto, che intenda proporre domanda riconvenzionale ovvero chiamare in causa un terzo, deve costituirsi in giudizio almeno venti giorni prima dell'udienza indicata nell'atto di citazione ovvero, in caso di abbreviazione dei termini, almeno dieci giorni prima di tale udienza, con altrettanta chiarezza indica esclusivamente in almeno venti giorni prima dell'udienza il termine entro il quale il convenuto deve costituirsi nell'ipotesi in cui il giudice abbia disposto il differimento di cui all'art. 168-bis quinto comma c.p.c. Atteso che la formulazione letterale della norma non pare agevolmente superabile, allo stato deve ritenersi che la disposizione in esame comporti un'irragionevole disparita' tra la situazione normale in cui il convenuto puo' fruire di termini differenziati in ragione della richiesta di abbrevizione ex art. 163-bis secondo comma c.p.c., e quella in cui vi sia stato differimento di udienza ex art. 168-bis quinto comma c.p.c., la quale ultima impone al convenuto, in ogni caso, una costituzione nei termini ordinari (fino a venti giorni prima della nuova udienza). Orbene, alla luce di quanto sin qui esposto, questo Tribunale dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 166 c.p.c. nella parte in cui non consente al convenuto, allorche' vi sia stata l'abbreviazione dei termini ex art. 163-bis secondo comma c.p.c., di costituirsi almeno dieci giorni prima dell'udienza di comparizione quando la stessa sia stata differita ai sensi dell'art. 168-bis, quinto comma, c.p.c. e ritiene, nello stesso tempo, rilevante per la definizione del presente giudizio la soluzione della questione di legittimita' costituzionale della disposizione citata. 1. - Sulla rilevanza della questione di costituzionalita'. Ritiene questo tribunale che la rilevanza della questione sottoposta al vaglio della Corte costituzionale con la presente ordinanza discenda dalla necessita' di statuire, nel giudizio a quo, sulla domanda riconvenzionale proposta nei confronti dell'attrice, statuizione che presuppone una preventiva e necessaria delibazione in ordine alla tempestivita' della domanda stessa. E, infatti, nel caso di specie, a fronte dell'udienza fissata, ex art. 168-bis, quinto comma, c.p.c., per la data del 15 luglio 2004, il convenuto risulta essersi costituito in data 5 luglio e, cioe', dieci giorni prima dell'udienza stessa. Un'interpretazione strettamente letterale dell'art. 166 c.p.c. condurrebbe inevitabilmente alla declaratoria di tardivita' della domanda riconvenzionale sul presupposto che il convenuto avrebbe dovuto costituirsi nel piu' ristretto termine di venti giorni prima dell'udienza cosi' differita (entro, cioe', il 25 giugno 2004). Per contro, una lettura della disposizione che, analogamente a quanto accade per la costituzione del convenuto nei casi di udienza non differita, tenga conto della differenziata scadenza dei termini, porterebbe sicuramente a conclusioni opposte. 2. - Sulla non manifesta infondatezza. La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 166 c.p.c. nella parte in cui non consente al convenuto, allorche' vi sia stata l'abbreviazione dei termini ex art. 163-bis secondo comma c.p.c., di costituirsi almeno dieci giorni prima dell'udienza di comparizione quando la stessa sia stata differita ai sensi dell'art. 168-bis quinto comma c.p.c., deve essere valutata come non manifestamente infondata con riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. A) Contrasto con l'art. 3 della costituzione. Ritiene questo Tribunale che il contrasto con l'art. 3 della Costituzione discenda dalla irragionevole disparita' di trattamento che l'art. 166 c.p.c., nella sua attuale formulazione, e' venuto a determinare tra la situazione del convenuto che deve parametrare la sua costituzione sull'udienza indicata nell'atto di citazione e quella di chi ha, invece, come termine di riferimento l'udienza differita ai sensi dell'art. 168-bis, quinto comma, c.p.c. In particolare, come si e' gia' osservato, l'irragionevole disparita' di trattamento conseguirebbe dalla possibilita', per il primo, di fruire di termini differenziati nel caso in cui ricorra un provvedimento presidenziale ex art. 163-bis, secondo comma, c.p.c., possibilita' che, invece, sarebbe negata al secondo. Simile disparita' non pare sorretta da specifiche giustificazioni. E, infatti, nei procedimenti che richiedono «pronta spedizione» la dilatazione dei termini di cui all'art. 166 c.p.c. risponde all'esigenza di ricostituire quegli equilibri difensivi assicurati dallo svolgimento dei termini ordinari ed infranto dall'abbreviazione sino alla meta' del termine ordinario di sessanta giorni che deve intercorrere tra la data della notifica della citazione e la data dell'udienza in essa indicata. In caso di differimento ai sensi del quinto comma dell'art. 168-bis c.p.c., tale esigenza non sembra venire meno. Certo, e' pur vero che un differimento della prima udienza potrebbe provocare, di per se', la riespansione dello spatium temporis sussistente tra la notifica della citazione ed il termine ultimo per la costituzione del convenuto, si' da rendere di fatto inutile la permanenza del meccanismmo dilatatorio dei termini di cui all'art. 166 c.p.c. Tuttavia, tale considerazione non puo' essere posta a giustificazione della diversita' di trattamento di cui si discute, essendo gli effetti appena descritti meramente eventuali. E, infatti, l'art. 168-bis, quinto comma c.p.c. prescrive che il giudice istruttore possa differire, con decreto da emettere entro cinque giorni dalla presentazione del fascicolo, la data della prima udienza. Tale facolta' puo' essere esercitata dall'organo giurisdizionale in piena autonomia e con completa discrezionalita', trattandosi di facolta' strumentale alla gestione organizzativa dell'ufficio. Cio' e' stato, d'altra parte, inequivocabilmente esplicitato dalla stessa Corte costituzionale con ordinanza 16-30 dicembre 1997 n. 461 nella quale si legge, a proposito della diversa ratio degli istituti di cui ai commi quarto e quinto, dell'art. 168-bis c.p.c., che il differimento operato dal giudice istruttore, al contrario di quello che avviene ex officio, dipende «.... da ragioni organizzative dell'ufficio o del giudice». Con riferimento all'esercizio della facolta' in esame, l'art. 168-bis, quinto comma, c.p.c. non prescrive particolari vincoli cui l'organo giudicante deve attenersi, se non il solo limite massimo del differimento fissato in quarantacinque giorni. Ne consegue che il giudice ben potrebbe differire l'udienza anche di pochi giorni se non, addirittura, di uno soltanto. In simili ipotesi, la mancata previsione della possibilita' di costituzione fino a dieci giorni prima dell'udienza cosi' differita evidenzierebbe, in tutta la sua abnormita', il sistema delineato dall'art. 166 c.p.c. dal momento che uno spostamento cosi' breve dell'udienza provocherebbe, comunque, l'ingiustificato ripristino dei termini ordinari - imponendo al convenuto di costituirsi almeno venti giorni prima della nuova udienza - e ridurrebbe ingiustificatamente lo spazio temporale corrente tra la notifica della citazione ed il termine ultimo per la costituzione. Tale situazione frustrebbe, di fatto, la ratio dell'art. 166 c.p.c. che, come gia' piu' volte ribadito, con la previsione di termini differenziati, mira proprio a salvaguardare la congruita' e l'effettivita' di tale spatium. Ma vi e' di piu'. In taluni casi limite, un differimento di pochi giorni, disposto dal giudice a ridosso della scadenza del termine di dieci giorni per la costituzione (situazione che ben puo' verificarsi per disfunzioni interne all'ufficio attinenti ai tempi di presentazi one dei fasicoli al giudice istruttore), potrebbe comportare esso stesso delle ingiustificate decadenze. Si pensi all'ipotesi del convenuto che, confidando nella possibilita' di costituirsi almeno dieci giorni prima dell'udienza fissata nell'atto introduttivo ed avendo ancora alcuni giorni utili per effettuare tale adempimento, si veda, nel mentre, spostata, di pochi giorni, l'udienza di prima comparizione con provvedimento ex art. 168-bis, comma quinto, c.p.c. In tal caso, dovendosi, secondo la piu' volte menzionata e censurata formulazione letterale dell'art. 166 c.p.c., computare a ritroso da tale udienza un temine di venti giorni, ben potrebbe accadere che l'ultimo giorno utile per la costituzione sia per il convenuto ormai spirato. B) Contrasto con l'art. 24 della costituzione. Le considerazioni sin qui svolte inducono questo Tribunale a ritenere che il sistema previsto dagli artt. 163-bis secondo comma, 166 e 168-bis, quinto comma c.p.c. realizzi, altresi', un'ingiustificata compressione del diritto di difesa del convenuto, ponendosi in tal modo in contrasto con l'art. 24 della Carta costituzionale. Preliminarmente si deve osservare come la limitazione del diritto alla difesa, in quanto diritto costituzionalmente garantito, appare giustificata e, di conseguenza, costituzionalmente legittima, solo se a sua volta diretta a tutelare un interesse superiore. Nel caso di specie, le considerazioni che si sono esposte inducono a ritenere che il diverso regime sancito dalle norme sopra enunciate non sia affatto giustificato. Possono richiamarsi al riguardo, le osservazioni relative alla mancanza di un interesse superiore che giustifichi il differente e deteriore trattamento riservato dal legislatore all'ipotesi di costituzione del convenuto con riguardo al differimento dell'udienza ex art. 168-bis quinto comma c.p.c. E, infatti, la mancanza di una motivazione idonea a giustificare tale diversa disciplina induce a ritenere che la compressione dei poteri processuali del convenuto, connessa ad una sola delle due fattispecie, si ponga in contrasto non solo con il principio di uguaglianza ma - trattandosi di una facolta' processuale diretta a consentire la difesa del convenuto - anche con l'art. 24 della Costituzione.