IL CONSIGLIO DI STATO Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi in appello iscritti al NGR 1222, 2105 e 2111 dell'anno 2003 proposti rispettivamente: quanto al primo (N.G.R. 1222/2003), dalla Regione Campania, in persona del presidente della giunta regionale in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Maria D'Elia, con la quale e' elettivamente domiciliata in Roma, via del Tritone n. 61; Contro C.I.P.E. - Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, in persona del Ministro dell'economia e delle finanze in carica, e Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio in carica, entrambi rappresentanti e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domiciliano ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, e nei confronti di De Angelis Angelo, rappresentato e difeso dall'avvocato Antonio Lamberti, con il quale e' elettivamente domiciliato in Roma, viale dei Parioli n. 67, nonche' Impre.Co Societa' consortile S.r.l., in pesona del legale rappresentante in carica, Conosorzio ASI di Caserta in persona del legale rappresentante in carica entrambi non costituiti in giudizio; quanto al secondo (N.G.R. 2105/2003), dal Consorzio ASI di Caserta, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati prof. Fabio Roversi Monaco, Giovanni Allodi e Arturo Massimo, con i quali e' elettivamente domiciliato in Roma, piazza di Spagna, 35; Contro Regione Campania, in persona del presidente della giunta regionale in carica; Impre.Co Societa' consortile S.r.l., in persona del legale rappresentante in carica; Comune di Gricignano di Aversa, in persona del sindaco in carica; De Angelis Angelo, tutti non costituiti in giudizio; quanto al terzo (N.R.G. 2111/2003), da Impre.Co Societa' consortile S.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. prof. Angelo Piazza e Antonio Romano, con i quali e' elettivamente domiciliata in Roma, piazza di Spagna n. 35; Contro C.I.P.E. - Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, in persona del Ministro dell'economia e delle finanze in carica, e Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio in carica, entrambi rappresentanti e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domiciliano ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; nonche' Regione Campania, in persona del presidente della giunta regionale in carica; Comune di Gricignano di Aversa, in persona del sindaco in carica; Consorzio ASI di Caserta, in persona del legale rappresentante in carica; De Angelis Angelo, tutti non costituiti in giudizio; tutti per l'annullamento della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Campania, sez. V, n. 6884 del 5 novembre 2002; Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di De Angelis Angelo, nel ricorso N.R.G. 1222/2003, e del C.I.P.E. e della Presidenza del Consiglio dei ministri, nei ricorsi N.R.G. 1222/2003 e 2111/2003; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore alla pubblica udienza del 25 novembre 2003 il consigliere Carlo Saltelli; Uditi gli avvocati Piazza, anche per delega dell'avv. Roversi Monaco; Romano, Lamberti e Argenzio, su delega dell'avv. D'Elia; Visto il dispositivo di sentenza n. 391 del 27 novembre 2003; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: F a t t o Il Tribunale amministrativo regionale della Campania, sez. V, con la sentenza n. 6884 del 5 novembre 2002, accogliendo il ricorso proposto dal signor Angelo De Angelis, proprietario in agro del Comune di Gricignano di Aversa di un fondo ricompresso nel piano regolatore dell'area di sviluppo industriale di Caserta, ha annullato il decreto n. 212 del 13 marzo 2002, con cui il presidente della giunta regionale della Campania, surrogando si all'inadempiente sindaco del Comune di Gricignano di Aversa, ha disposto l'occupazione d'urgenza, per la durata di anni cinque, delle aree occorrenti alla realizzazione dell'intervento produttivo «Filiera del sistema moda e dei servizi collegati», nell'agglomerato industriale di Aversa Nord, tra cui anche il fondo del predetto signor Angelo De Angelis, oltre a tutti gli atti della procedura espropriativa. Ad avviso del tribunale, infatti, l'impugnato decreto di occupazione di urgenza non era supportato da una valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilita', in quanto il piano regolatore dell'area di sviluppo industriale di Caserta, su cui asseritamente si fondava, approvato una prima volta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 gennaio 1968 e successivamente, a seguito di un'estensione dell'area interessata, con decreto del 28 luglio 1970, era irrimediabilmente scaduto fin dal 28 luglio 1980 e ad esso non potevano trovare applicazione ne' le successive «proroghe» disposte con leggi statali e tanto meno quella prevista dal comma 9, dell'articolo 10, della legge regionale della Campania 13 agosto 1998, n. 16, autenticamente interpretato dall'articolo 77 della successiva legge regionale 11 agosto 2001, n. 10, alla stregua di un'interpretazione costituzionalmente orientata. Avverso tale statuizione hanno proposto appello, con separati atti, la Regione Campania, il Consorzio per l'Area di sviluppo industriale di Caserta e l'Impre.Co. S.r.L, i quali, riproponendo tutti le analoghe eccezioni svolte in primo grado, hanno rivendicato la piena legittimita' dell'impugnato decreto di occupazione d'urgenza, sollevando tre identici motivi di gravame, lamentando, in particolare: a) la mancata declaratoria dell'inammissibilita' per tardivita' del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado; b) la erronea declaratoria della sussistenza nella controversia de qua della giurisdizione amministrativa, laddove, vertendosi in una tipica situazione di mero comportamento senza potere posto in essere da una pubblica amministrazione sussisteva solo la giurisdizione del giudice ordinario; c) l'erronea declaratoria dell'inesistenza di una valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilita' in ragione della ritenuta scadenza del piano regolatore consortile, frutto dell'altrettanto erronea interpretazione e falsa applicazione delle norme contenute nelle leggi regionali n. 16 del 1998 e n. 10 del 2001, concernenti la proroga dell'efficacia dei piani regolatori dei consorzi delle aree per lo sviluppo industriale, ivi compresi quelli gia' scaduti. Nel giudizio di appello instaurato dalla Regione Campania si sono costituiti l'originario ricorrente, nonche' il C.I.P.E. - Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e la Presidenza del Consiglio dei ministri; in quello intentato dal Consorzio per l'Area di sviluppo industriale di Caserta non si e' costituito nessuno degli appellati; infine nel giudizio di appello promosso dall'Impre.Co., Societa' consortile a r.l., si sono costituiti soltanto il C.I.P.E. - Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e la Presidenza del Consiglio dei ministri. Pronunciandosi sulle singole istanze cautelari proposte dagli appellanti, con le ordinanze rispettivamente n. 2991 (sull'appello proposto dalla Regione Campania), n. 2996 (sull'appello proposto dal Consorzio per l'Area di sviluppo industriale di Caserta) e n. 3002 (sull'appello proposto dall'Impre.Co., Societa' consortile a r.l.), tutte in data 8 luglio 2003, la sezione ha sospeso l'efficacia dell'impugnata sentenza. I predetti appelli sono stati introitati per la decisione di merito all'udienza pubblica del 25 novembre 2003. D i r i t t o I. - La sezione osserva che, con sentenza non definitiva, in pari data, sono stati gia' riuniti gli appelli ed stata ritenuta sussistente nella controversia de qua la giurisdizione del giudice amministrativo; sono stati altresi' respinti i motivi di appello relativi alla dedotta omessa declaratoria di inammissibilita', per tardivita' dei ricorsi di primo grado. Quanto al terzo motivo di appello, tuttavia, diversamente da quanto ritenuto dai primi giudici, la sezione e' dell'avviso che esso sia astrattamente fondato, non potendo ragionevolmente dubitarsi dell'applicazione al piano regolatore dell'area di sviluppo industriale di Caserta (approvato una prima volta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 gennaio 1968 e successivamente, a seguito di un'estensione dell'area interessata, con decreto del 28 luglio 1970) delle disposizioni contenute nel comma 9, dell'articolo 10, della legge regionale della Campania 13 agosto 1998, n. 16, autenticamente interpretato dall'articolo 77 della successiva legge regionale 11 agosto 2001, n. 10: su queste ultime tuttavia grava il sospetto di contrarieta' ai principi costituzionali di cui agli articoli 3, 42, terzo comma, e 97, secondo quanto appreso indicato. II. - Come esposto sinteticamente in narrativa, con il terzo motivo di appello, affidato ad identiche argomentazioni, la Regione Campania, il Consorzio per l'Area di sviluppo industriale di Caserta e la societa' consortile a r.l. Impre.Co., hanno rivendicato la piena legittimita' del decreto n. 212 del 13 marzo 2002, con cui il presidente della giunta regionale della Campania ha disposto l'occupazione d'urgenza delle aree ricadenti nel Comune di Gricignano di Aversa, occorrenti per la realizzazione della «Filiera del sistema moda e servizi collegati» nell'agglomerato industriale di Aversa Nord (tra cui anche l'area di proprieta' del signor Angelo De Angelis), osservando che i primi giudici avevano erroneamente ritenuto che esso non fosse sorretto da una valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilita'. Infatti, a loro avviso, la predetta dichiarazione di pubblica utilita' era da rinvenire nel piano regolatore consortile del Consorzio per l'Area di sviluppo industriale di Caserta, approvato prima con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 gennaio 1968 e poi con un successivo decreto del 28 luglio 1970 (a seguito dell'ampliamento dell'area interessata), la cui efficacia, gia' piu' volte prorogata con leggi statali, sarebbe stata da ultimo ulteriormente prorogata per effetto dell'articolo 10, comma 9, della legge regionale della Campania 13 agosto 1998, n. 16, interpretato autenticamente dalla successiva legge regionale 11 agosto 2001, n. 10: i primi giudici avrebbero erroneamente ed immotivatamente disapplicato tale normativa, pervenendo inopinatamente ad affermare una sua l'inesistenza di una valida, efficace e perdurante dichiarazione di pubblica utilita'. Al riguardo la selezione rileva quanto segue. II.1. - Com'e' noto, le opere comprese nei piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale previsti dal d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, sono considerate di pubblica utilita', urgenti ed indifferibili per effetto dell'art. 53 del citato d.P.R. n. 218, con la conseguenza che, ai fini dell'adozione di un provvedimento di espropriazione, l'approvazione dei piani implica la valutazione della preminenza dell'interesse pubblico su quello privato (C.d.S., IV, 3 giugno 1996, n. 720). I terreni compresi nei predetti piani sono, pertanto, vincolati alla realizzazione delle opere ivi previste; tuttavia, come tutti i vincoli della proprieta' privata, anche quelli in questione non possono avere durata indeterminata, perche' in questo caso il vincolo stesso avrebbe un effetto direttamente ed immediatamente espropriativo: per tale ragione, con l'introduzione dell'art. 25 della legge 3 gennaio 1978, n. 1, e' stato fissato il termine di efficacia decennale dei piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale. La scadenza di detti vincoli non e' di ostacolo alla loro riadozione in ragione di motivate esigenze di pubblico interesse, previo completo riesame dell'assetto urbanistico dell'area industriale, per evitare la sostanziale elusione dell'intervenuta scadenza del precedente piano (C.d.S., II, 24 ottobre 1990 n. 438), con conseguente vulnus dei principi costituzionali in materia di rispetto della proprieta' privata; ben puo' ipotizzarsi anche una proroga dell'efficacia dei piani in questione, con la precisazione che essa, che per sua stessa natura si configura come un atto accessorio rispetto ad un altro atto, principale, valido ed efficace (C.G.A., 25 gennaio 1990, n. 2), non puo' legittimamente essere adottata quando il piano originario sia gia' scaduto. II.2. - Nel caso di specie, posto che non e' stato contestato che l'opera per la cui realizzazione e' stato emanato il contestato decreto di occupazione di urgenza rientra nell'ambito del piano regolatore dell'area di sviluppo industriale di Caserta e che quest'ultimo, originariamente approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 gennaio 1968, successivamente integrato, relativamente all'agglomerato di Aversa Nord e di Caserta Sud per le zone di San Marco e Marcianise, era stato oggetto di nuova approvazione con il successivo decreto del 28 luglio 1970, non puo' ragionevolmente dubitarsi che lo stesso, per effetto dell'art. 25 della legge 3 gennaio 1978, n. 1 (e dell'art. 52, seconda comma, del d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218) sia effettivamente scaduto in data 28 luglio 1980, come correttamente ritenuto dai primi giudici sulla base di un consolidato indirizzo giurisprudenziale di questa stessa sezione (decisioni 4723 e 4724 del 7 settembre 2000; 3349 del 21 giugno 2001), dal quale non vi e' motivo per discostarsi. La sezione, invero, con le ricordate decisioni ha gia' escluso che al piano consortile in esame sia applicabile l'articolo 11 della legge 31 maggio 1990, n. 128, che ha prorogato al 31 dicembre 1990 il termine di validita' dell'art. 25 della legge 3 gennaio 1978, n. 1, non potendo ammettersi la prorogabilita' di un provvedimento non piu' efficace perche' scaduto e ritenendo non meritevole di accoglimento la tesi (sostanzialmente riproposta dagli attuali appellanti) circa l'applicabilita', al caso di specie, della ulteriore proroga triennale di validita' dei piani consortili prevista dal secondo comma dell'articolo 52 del d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218 (nel testo novellato dall'articolo 25 della legge 3 gennaio 1978, n. 1), termine a sua volta prorogato dal d.l. 13 febbraio 1981, n. 19 (art. 2) di tre anni (15 gennaio 1984), dal d.l. 28 febbraio 1986, n.. 48 (art. 1) per un altro anno, dall'art. 1 del d.l. 20 novembre 1987, n. 474, fino al 30 giugno 1988, dall'art. 13 della legge 10 febbraio 1989, n. 48, fino al 31 dicembre 1989 e dall'art. 11 della legge 31 maggio 1990, n. 128 fino al 31 dicembre 1990. Cio' in quanto la predetta norma (id est secondo comma dell'articolo 52 del d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218) deve essere correttamente interpretata alla luce del complessivo disposto dell'articolo 52 che: a) fissa in linea generale in dieci anni la durata dell'efficacia dei piani regolatori consortili (primo comma); b) fissa altresi' alla data del 15 gennaio 1981 (triennio successivo all'entrata in vigore della legge 3 gennaio 1978, n. 1) la scadenza dell'efficacia dei piani approvati da oltre un decennio rispetto alla data del 15 gennaio 1978; c) conferma, in linea generale, la durata decennale dei piani approvati da meno di un decennio rispetto alla data del 15 gennaio 1978 (com'e' quello del Consorzio per l'Area di sviluppo industriale di Caserta), puntualizzando che detta durata (decennale) non potra' essere inferiore ad un triennio dalla predetta data (del 15 gennaio 1978). II.3. - Deve essere quindi esaminata la questione dell'applicabilita' al predetto piano regolatore dell'area di sviluppo industriale di Caserta della proroga di efficacia disposta dall'articolo 10, comma 9, della legge regionale 16 marzo 1998, n. 16 (recante «Assetto dei Consorzi per le aree di sviluppo industriale»), interpretato autenticamente dal secondo comma dell'articolo 77 della successiva legge regionale 11 agosto 2001, n. 10 (concernente «Disposizioni di finanza regionale Anno 2001), cosi' come prospettata dalle parti appellanti. Il predetto articolo 10, rubricato «Piani regolatori delle aree e dei nuclei industriali», al comma 9, dopo aver fissato in via generale la efficacia dei piani dei Consorzi in dieci anni, espressamente afferma «La validita' dei piani esistenti e' prorogata per tre anni dalla data di entrata in vigore»; il secondo comma dell'articolo 77 della legge regionale n. 10 del 2001, fornendone l'interpretazione autentica, ha disposto che «la proroga di validita' ed efficacia dei Piani regolatori delle Aree e dei Nuclei di cui all'articolo 10, comma 9, della l.r. 13 agosto 1998, n. 16, e' intesa nel senso che la stessa si applica a tutti i Piani esistenti, anche se medio tempore scaduti». I primi giudici, superando ogni questione circa la legittimita' costituzionale della predetta normativa, sollevata dalla parte ricorrente in primo grado, hanno ritenuto cheche l'espressione medio tempore scaduti, non potesse riferirsi indiscriminatamente a tutti i piani dei consorzi delle aree di sviluppo industriale comunque scaduti (ed indipendentemente dal momento della scadenza), ma dovesse riferirsi esclusivamente, in virtu' di un'interpretazione conforme a Costituzione, a quei piani venuti in scadenza tra il 1° gennaio 1991 (data di scadenza dell'ultima proroga degli stessi stabilita con norma statale e cioe' con la legge 31 maggio 1990, n. 128) ed il 25 agosto 1998, data di entrata in vigore della legge regionale 13 agosto 1998, n. 16, essendo l'intenzione del legislatore regionale quella di eliminare ogni incertezza in materia, raccordando in questo modo, ai fini della efficacia dei piani esistenti, la legislazione statale a quella regionale: pertanto, poiche' il piano del Consorzio per l'Area di Sviluppo industriale di Caserta, scaduto il 28 luglio 1970 non rientrava in tale lasso di tempo, ad esso non poteva applicarsi la citata normativa di proroga. La sezione non condivide tale assunto. II.3.1. - lnvero, com'e' noto, il canone fondamentale che deve guidare l'operatore giuridico nella delicata operazione di interpretazione di un testo legislativo e' quello letterale, coordinato e completato dall'indagine sull'intenzione del legislatore: l'articolo 12 delle Disposizioni sulla legge in generale dispone, infatti, al primo comma che «nell'applicare la legge non si puo' ad essa attribuire altro senso se non quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dall'intenzione del legislatore». L'interprete, dunque, per applicare ad un caso concreto una certa norma deve svolgere una duplice operazione: con la prima deve accertare il contenuto della disposizione da applicare, secondo il significato delle parole che la compongono (elemento oggettivo); con la seconda, poi, deve appurare l'intenzione del legislatore (elemento soggettivo), verificando cioe' quale fosse la finalita' che il legislatore si proponeva e se essa si rinviene nelle espressioni letterali usate. Per una corretta operazione di interpretazione nessuno di tali elementi (oggettivo e soggettivo) puo' mancare, perche' l'interpretazione di una norma fondata esclusivamente sul dato letterale renderebbe incomprensibile la ratio della norma stessa, impedendole concretamente di conseguire le finalita' che l'hanno giustificata; una interpretazione fondata esclusivamente sulla intenzione del legislatore, oltre a frustare l'affidamento che la norma e capace di ingenerare (e di cui l'interprete non puo' non farsi carico), potrebbe pregiudicare i suoi stessi fondamentali caratteri di generalita' ed astrattezza. Ad avviso della sezione, poi, la necessita' che l'operazione interpretativa sia condotta in modo corretto e nel rispetto dei canoni indicati dall'articolo 12 delle Disposizioni sulla legge in generale e' tanto piu' sentita quando essa provenga dal giudice, atteso che l'interpretazione da questi datane, ultra ovvero contra l'intenzione del legislatore, potrebbe configurare una violazione del principio della separazione dei poteri che rappresenta il fondamento dell'attuale ordinamento democratico: l'ammissibilita' di una interpretazione conforme a Costituzione (tra le varie opzioni che, in un caso concreto, possono ricollegarsi ad una specifica norma e quindi indipendentemente dall'applicazione dello stringente criterio letterale ovvero dall'apparentemente contraria intenzione del legislativo, e cio' al fine di evitare la dichiarazione di incostituzionalita' della norma stessa), lungi dal contraddire quanto fin qui osservato, lo conferma in quanto, secondo la giurisprudenza del giudice delle leggi, deve ritenersi, in via di principio, che l'intenzione del legislatore non possa essere in contrasto con i principi costituzionali (e solo quando sia stato appurato che di una norma non e' possibile fornire alcuna interpretazione conforme alla Costituzione, solo allora si potra' giungere all'annullamento della stessa). Per completezza, poi, deve ricordarsi che non puo' negarsi al legislatore il potere di porre norme retroattive che precisino il significato di norme preesistenti ovvero che impongano una delle possibili varianti di senso del testo originario, fermo restando che, in tali casi, poiche' il principio della irretroattivita' della legge non ha fondamento costituzionale, salvo il caso della legge penale, il problema da risolvere non riguarda la natura interpretativa o meno della legge, quanto piuttosto i limiti dei suoi effetti retroattivi in relazione ai principi di ragionevolezza o ad altri valori costituzionalmente protetti e garantiti (da ultimo, Corte costituzionale 4 agosto 2003, n. 291). II.3.2. - Alla luce di tali asservazioni la sezione e' dell'avviso che sulla base del significato proprio delle parole contenute nell'articolo 10, comma 9, della legge 13 agosto 1998, n. 16, e dell'effettiva intenzione del legislatore, autenticamente interpretato dal secondo comma dell'articolo 77 della successiva legge 11 agosto 2001, n. 10, non puo' ragionevolmente dubitarsi che lo scopo delle ricordate disposizioni era proprio quello di rendere validi ed efficaci i piani che i Consorzi per le aree di sviluppo industriale avevano gia' elaborato anche da tempo e che, dunque, fossero suscettibili di immediata attuazione. Proprio tale ultima circostanza, cioe' l'immediata attuabilita' delle previsioni dei piani consortili, per un verso, giustifica e sorregge l'espressione non tecnica usata dal legislatore che, come ricordato, parla di «piani esistenti» e, per altro verso, impedisce l'individuazione di qualsiasi lasso di tempo entro il quale individuare la eventuale scadenza dei piani consortili al fine di legittimare la loro proroga legislativa: in realta' la voluntas del legislatore e' stata - evidentemente - quella di «prorogare» (impropriamente ovvero di far rivivere) tutti i piani approvati, in qualsiasi tempo scaduti: cio' del resto ben puo' giustificarsi in considerazione del fatto che la legge 13 agosto 1998, n. 16, costituisce il primo intervento normativo regionale nell'ambito di una materia cosi' delicata qual e' quella dei consorzi per le aree di sviluppo industriale (sul punto e' sufficiente richiamare l'articolo 1 della legge stessa). E' appena il caso di osservare, del resto, che l'ardita tesi sostenuta dai primi giudici, lungi dall'essere ancorata ad un qualche dato positivo (non e' stato fatto alcun richiamo neppure ad eventuali lavori preparatori), piuttosto che costituire espressione di una interpretazione della norma conforme a Costituzione, finisce in concreto per comportare una disapplicazione della legge in questione, in quanto incostituzionale, sostituendo inammissibilmente nella regolazione di un caso concreto la volonta' del giudicante a quella del legislatore. Il motivo di gravame in esame deve pertanto considerarsi meritevole di accoglimento, essendo sicuramente applicabile al caso di specie la normativa contenuta nel comma 9 dell'articolo 10 della legge regionale 13 agosto 1998, n. 16, come autenticamente interpretato dal secondo comma dell'articolo 77 della legge 11 agosto 2001, n. 10, con la conseguenza della piena efficacia ovvero della rinnovata vigenza del piano regolatore consortile del Consorzio per l'Area di sviluppo industriale di Caserta, approvato una prima volta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 16 gennaio 1978 e successivamente, a seguito di un ampliamento territoriale dello stesso, con decreto del 28 luglio 1970. II.4. - Tale circostanza impone alla sezione di delibare, d'ufficio, la questione di legittimita' costituzionale della ricordata normativa regionale (timidamente delineata, senza alcuna specifica argomentazione al riguardo, dal ricorrente in primo grado con riferimento agli articoli 3, 24, 97, 101, 104 e 113 della Costituzione) con riferimento agli articoli 3, 42, terzo comma, e 97 della Costituzione in relazione alla ammissibilita' di una cosiffatta compressione del diritto di proprieta', che puo' essere sussunta nell'ipotesi della reiterazione dei vincoli espropriativi. Infatti, com e stato gia' in precedenza rimarcato, poiche' per effetto delle disposizioni contenute nel comma 9 dell'articolo 10 della legge regionale 13 agosto 1998, n. 16, come autenticamente interpretato dal secondo comma dell'articolo 77 della legge 11 agosto 2001, n. 10, all'originario piano regolatore del Consorzio per l'area di sviluppo industriale di Caserta, approvato originariamente con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 gennaio 1968 e successivamente, a seguito dell'ampliamento dell'area interessata con l'estensione all'agglomerato di Aversa Nord e di Caserta Sud per le zone di San Marco e Marcianise (la cui validita', come accennato in precedenza, era da tempo scaduta, e' stata conferita una nuova ulteriore vigenza di un triennio dall'entrata in vigore della legge 13 agosto 1998, n. 16, il diritto di proprieta' del signor Angelo De Angelis e' stato nuovamente compresso, atteso che l'area di sua proprieta' e' stata nuovamente vincolata e assoggettata a procedimento espropriativi per la realizzazione, in particolare, della «Filiera del sistema moda e servizi collegati». II.4.1. - Al riguardo, premesso che, com'e' noto, ai sensi dell'articolo 42, terzo comma, della Costituzione, la proprieta' privata puo' essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale, deve rammentarsi che l'articolo 53 del d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, stabilisce che le opere comprese nei piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale sono considerate di pubblica utilita', urgenti ed indifferibili, con la conseguenza, per un verso, che l'approvazione dei predetti piani regolatori comporta la valutazione di preminenza dell'interesse pubblico su quello privato dispone e, per altro verso, che i terreni compresi in tali strumenti sono sottoposti ad evidenti vincoli espropriativi. Pertanto, la questione che la sezione deve delibare consiste nello stabilire se la normativa regionale, disponendo automaticamente e senza alcun incombente, istruttorio e/o procedimentale in capo ai consorzi per le aree di sviluppo industriale, la proroga dei piani regolatori consortili esistenti, anche se medio tempore scaduti, abbia o meno violato il principio della temporaneita' dei vincoli espropriativi, nonche' l'obbligo della puntuale motivazione in caso di reiterazione e quello di prevedere il giusto indennizzo. La Corte costituzionale con la sentenza n. 179 del 20 maggio 1999 ha espressamente affermato, al riguardo, che la reiterazione dei vincoli decaduti (preordinati all'espropriazione o con carattere sostanzialmente espropriativi) ovvero la loro proroga in via legislativa non costituiscono fenomeni per cio' solo inammissibili dal punto di vista costituzionale, potendo, in concreto sussistere, ragioni giustificative, accertate attraverso la opportuna e motivata valutazione procedimentale dell'amministrazione competente ovvero apprezzate dalla discrezionalita' del legislatore entro i limiti della non irragionevolezza e della non arbitrarieta'. Sempre secondo il giudice delle leggi, devono, invece, considerarsi inammissibili dal punto di vista costituzionale le reiterazioni dei vincoli espropriativi nei casi di proroga sine die o all'infinito (nel senso cioe' della reiterazione di proroghe a tempo indeterminato che si aggiungano le une alle altre), ovvero quando il limite temporale di efficacia delle disposte reiterazioni e' indeterminato, cioe' non sia certo, preciso e sicuro e quindi sia sostanzialmente irragionevole, sempreche' ovviamente non sia stato previsto l'indennizzo (oltre il periodo tollerabile di durata del vincolo stesso). In altri termini, il giudice delle leggi ha ammesso che la mera scadenza dei vincoli preordinati all'espropriazione contenuti in uno strumento di pianificazione urbanistica non priva l'amministrazione competente alla realizzazione di progetti o interventi relativi ad esigenze generali (in funzione dei quali e' previsto il piano regolatore stesso) del potere di reiterazione degli stessi, ove persistano (ovvero sopravvengano anche) situazioni che ne impongano la realizzazione anche se per finalita' diverse da quelle originarie, sempreche' tuttavia la predetta reiterazione sia puntualmente motivata circa la necessita' e l'attualita' di acquisire la proprieta' privata (da valutare sulla base di una apposita istruttoria procedimentale da cui emerga la prevalenza dell'interesse pubblico rispetto a quello privato da sacrificare) e sia contemporaneamente previsto anche la corresponsione del giusto indennizzo al cittadino sacrificato. Con successiva pronuncia n. 411 del 18 dicembre 2001 la Corte costituzionale, proprio alla stregua degli enunciati principi, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 52 del d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, proprio nella parte in cui consente all'Amministrazione di reiterare i vincoli scaduti, preordinati all'espropriazione o che comportino l'inedificabilita', senza previsione di indennizzo. II.4.2. - Cio' precisato, la sezione e' dell'avviso che nel caso di specie, i delineati presupposti, idonei a rendere compatibili con le previsioni costituzionali la reiterazione dei vincoli espropriativi scaduti, non sussistano. Invero, come si e' gia' avuto modo di evidenziare, il comma 9 dell'articolo 10 della legge regionale della Campania 13 agosto 1998, n. 16, nell'ambito della regolamentazione dell'efficacia dei piani dei consorzi delle aree di sviluppo industriale e dei nuclei industriali, fissata in via generale in dieci anni, ha stabilito sic et simpliciter che «la validita' dei piani esistenti e' prorogata per tre anni dalla data di entrata in vigore». Pur a volersi ammettere, che con riferimento a tale singola disposizione (autenticamente interpretata dall'articolo 77 della legge 11 agosto 2001, n. 10, nel senso che la predetta proroga di validita' si applica a tutti i piani esistenti, anche se medio tempore scaduti, cosi' ricomprendendovi anche quello che costituisce oggetto del gravame in esame), la legge in esame possa essere considerata come una legge provvedimento (sulla cui compatibilita' con la Costituzione, da ultimo anche C.d.S., sez. IV, 11 marzo 2003, n. 1321), cio' non toglie che in concreto essa manchi di qualsiasi elemento volto a provare l'effettivo svolgimento di una puntuale procedura di valutazione degli interessi pubblici e privati in gioco in relazione alla necessita' ed all'attualita' da parte della pubblica amministrazione di disporre della proprieta' privata per realizzare un progetto di interesse generale, difettando altresi' della conseguente adeguata motivazione; manca inoltre qualsiasi previsione di indennizzo per la ulteriore compressione delle facolta' di godimento del diritto di proprieta'. Ne' i delineati presupposti possono in qualche modo ricavarsi aliunde ovvero dal contesto normativo in cui si collocano le due disposizioni in esame; ne' risultano dai lavori preparatori, di cui non vi e' traccia. Al contrario, la proroga generalizzata di tutti i piani esistenti porta ad escludere una valutazione analitica delle esigenze che possano giustificare la proroga dei singoli piani. Non puo' ragionevolmente dubitarsi, sotto tale profilo, che la richiamata normativa ha cosi' comportato un'inammissibile reiterazione dei vincoli espropriativi scaduti, assoggettando ingiustificatamente, in palese contrasto delle previsioni contenute nell'articolo 42, terzo comma, della Costituzione, le aree rientranti nel piano regolatore dell'area di sviluppo industriale di Caserta (tra cui quelle della originaria ricorrente), approvato una prima volta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 gennaio 1968 e poi, a seguito di un ampliamento dell'estensione territoriale dell'area consortile, con decreto del 28 luglio 1970, ad un ulteriore vincolo espropriativo, senza che siano state accertate e evidenziate le ragioni di pubblico interesse che giustificavano il perdurante sacrificio della proprieta' privata e senza alcuna previsione di indennizzo. Risultano, altresi', violati, ad avviso della sezione, anche i principi di ragionevolezza, cui deve attenersi intrinsecamente la discrezionalita' del legislatore, nonche' i principi di legalita' e di buon andamento, cui deve ispirare, ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione, l'azione amministrativa. Invero, come si e' gia' avuto modo si evidenziare, la normativa in esame proroga automaticamente e indiscriminatamente qualsiasi piano regolatore dei consorzi per le aree di sviluppo industriale per il fatto della sua semplice esistenza, indipendentemente dal fatto che essi siano eventualmente gia' scaduti e per di piu' indipendentemente dal momento in cui essi siano gia' venuti a scadenza. E' noto, al riguardo, che la proroga di un provvedimento amministrativo, quale provvedimento di secondo grado, accede necessariamente ad un precedente provvedimento esistente e efficace, incidendo proprio sulla sua efficacia: la previsione della cui legittimita' si dubita, appare pertanto evidentemente irrazionale, rappresentando una vera e propria contraddizione in termini, la proroga di un provvedimento non piu' efficace. In realta', utilizzando in modo distorto lo strumento dell'interpretazione autentica di una propria precedente norma legislativa, il legislatore regionale, con disposizione innovativa (e non meramente interpretativo) ha sostanzialmente «riadottato» un precedente atto amministrativo, che aveva definitivamente esaurito il suo periodo di efficacia ed era quindi del tutto incapace di produrre propri effetti giuridici, conferendogli una nuova efficacia (con effetto retroattivo) attraverso una ficitio iuris (cioe' l'interpretazione di una norma giuridica che poteva logicamente e razionalmente riguardare solo i piani validi ed efficaci al momento della entrata in vigore della legge 13 agosto 1998, n. 16): tutto cio' al di fuori delle norme procedimentali che ne disciplinavano l'emanazione e dunque in patente violazione dell'articolo 97 della Costituzione. Cio' senza contare che altrettanto irragionevolmente, in stridente contrasto con il principio di uguaglianza sostanziale sancito dall'articolo 3, comma 2, della Costituzione, la riadozione o la rinnovata efficacia attribuita al piano regolatore dell'area di sviluppo industriale di Caserta e' avvenuta ad oltre venti anni dalla sua originaria scadenza, senza che sia stata svolta alcuna valutazione sulla necessita' dell'intervento pubblico da realizzare in relazione al sacrificio imposto al privato. II.4.3. - Sotto i delineati profili la sezione e' dell'avviso che la questione di legittimita' costituzionale della piu' volte ricordata normativa, di cui al comma 9 dell'articolo 10 della legge regionale della Campania 13 agosto 1998, n. 16, autenticamente interpretata dall'articolo 77 della successiva legge regionale 11 agosto 2001, n. 10, sia effettivamente non manifestamente infondata. Non puo' dubitarsi, poi, della sua rilevanza atteso che, come emerge dall'esposizione fin qui svolta, la sua applicazione e' decisiva ai fini della decisione della controversia in esame. III. - Deve essere disposta la rimessione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione della predetta questione di legittimita' costituzionale.