LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

    Ha  emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 383/04 depositato
il 17 agosto 2004 avverso altro n. R4HLS0200009 sanz. amministr. 2003
contro  Agenzia  delle  entrate  -  Ufficio  di  Imperia proposto dal
ricorrente:  Bonaduce  Dante  e  Giovanni S.n.c. via Milano 5 - 18013
Diano  Maria (IM) difeso da Bianchi dott. Giovanni via Matteotti 21 -
18013 Diano Marina (IM).
    La commissione, sciogliendo la riserva assunta all'udienza del 14
dicembre  2004 sull'istanza presentata dalla societa' «Bonaduce Dante
e   Giovanni   S.n.c.»   di   sollevare   questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 3 legge n. 73/2002, rileva quanto segue:

                           P r e m e s s o

    Con  ricorso  presentato  in  data  17  agosto  2004  la Societa'
«Bonaduce   Dante   e   Giovanni   S.n.c.»   in  persona  del  legale
rappresentante   Bonaduce   Dante   ha   chiesto  l'annullamento  del
provvedimento   di   irrogazione  sanzioni  n. R4HLS0200009  previsto
dall'art. 3, legge n. 73/2002 irrogatole dall'Agenzia delle entrate -
Ufficio  di  Imperia - in data 20 maggio 2004 e notificato l'8 giugno
2004.
    A  sostegno di tale ricorso la societa' adduceva, oltre a ragioni
pertinenti  la  legittimita'  dell'atto  in  se',  cosi' come assunto
dall'amministrazione  finanziaria  irrogante,  motivi di legittimita'
costituzionale della normativa che disciplina la sanzione.
    All'udienza del 14 dicembre 2004 il rappresentante della societa'
dott.  Bianchi  Giovanni  ha  ribadito  le  ragioni  che  spingono la
ricorrente  a  lamentare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3,
legge n. 73/2002.
    L'ufficio  rileva  a sua volta come la questione involga l'esame,
da  parte  della  Corte  costituzionale  (ove  ad  essa  pervenga  la
questione)  di  problematiche  relative alla congruita' dell'apparato
sanzionatorio predisposto dal legislatore, rimettendosi comunque alla
prudente valutazione della commisione.
    La  questione  sollevata  dalla ricorrente pare a questo collegio
rilevante nel giudizio e non manifestamente infondata.
    Sulla  rilevanza della questione giova osservare quanto segue: la
questione  e'  rilevante ai fini del presente giudizio poiche', se la
norma  fosse  dichiarata  incostituzionale  in  toto  o  in parte, la
ricorrente  vedrebbe  rendere  una  decisione  profondamente diversa,
discendendo   dalla  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale
l'annullamento  del  provvedimento che commina la sanzione e rendendo
superfluo,   tra   l'altro,   l'esame   delle  ulteriori  ragioni  di
illegittimita' dell'atto.
    La  commissione  reputa  quindi  non  manifestamente infondata la
questione di legittimita' costituzionale sotto diversi profili che si
vanno a delineare:
    1. - Violazione art. 27 della Costituzione.
    La  norma  di  cui  si  lamenta  l'illegittimita'  costituzionale
commina,  ad  avviso del collegio irragionevolmente, una sanzione per
l'impiego  di  lavoratori dipendenti irregolari, non risultanti cioe'
dalle  scritture  o  altra documentazione obbligatoria, affiancando e
non  sostituendo quelle gia' previste dalla legislazione fiscale, del
lavoro  e della previdenza. Il carico sanzionatorio risulta quindi di
entita'  tale  da  palesare  una  evidente sproporzione rispetto alla
effettiva   gravita'   dell'illecito   di   cui  l'ufficio  asserisce
l'esistenza:  il  cumulo,  assolutamente  esorbitante  delle sanzioni
lavoristiche,  previdenziali e fiscali, cui si sovrappone la sanzione
ex  art. 3,  legge  citata,  evidenzia  quindi  una  violazione della
naturale   funzione  rieducativa  della  sanzione  ex  art. 27  della
Costituzione.
    2) - Violazione dell'art. 24 della Costituzione.
    Il d.l. n. 12/2002 conferisce valore probatorio assoluto (in sede
di   irrogazione  della  sanzione)  agli  atti  redatti  in  sede  di
accertamento   dagli   organi   preposti  al  controllo.  Il  sistema
introdotto dalla legge trova il proprio presupposto e risulta fondato
sic  et  simpliciter  sui  processi  verbali  redatti  da  funzionari
dell'Agenzia delle entrate (artt. 4 e 5 d.l. n. 12/2002).
    Quanto  sopra  impedisce  all'ipotetico trasgressore, in sede del
ricorso  davanti alla commissione tributaria, l'esercizio del diritto
di difesa.
    Con  orientamento consolidato la suprema Corte ha ritenuto che il
valore  probatorio  degli accertamenti redatti dai pubblici ufficiali
e' assai limitato in quanto «i verbali redatti dal pubblico ufficiale
incaricato  delle ispezioni ..., mentre fanno prova fino a querela di
falso dei fatti che egli attesti essere avvenuti in sua presenza, non
hanno  alcun valore probatorio precostituito - neanche di presunzione
semplice  -  riguardo  alle  altre  circostanze in essi contenute; ne
consegue  che  le  dichiarazioni raccolte dal pubblico ufficiale, per
poter  rilevare  ai  fini  probatori,  devono  essere  confermate  in
giudizio  dai  soggetti  che le hanno rese, non essendo sufficiente a
tale  effetto la conferma del verbale dello stesso pubblico ufficiale
(fra  le  molte  cfr. Cass. Lav. 9 luglio 2002 n. 9963: il meccanismo
procedurale  instaurato  dalla  legge  che  demanda  alla commissione
tributaria  le  contestazioni  in ordine agli accertamenti come sopra
svolti non contempla la possibilita' di accertare la sussistenza o la
durata del rapporto di lavoro).
    In  buona  sostanza la sussistenza o meno ovvero la tipologia del
rapporto di lavoro dipendente costituisce l'antecedente logico per la
risoluzione    della    controversia,    anche   incidentale,   sulla
configurabilita'  e  sulla durata del rapporto di lavoro subordinato,
presuppone   pero'  una  attivita'  istruttoria  che  e'  tipica  dei
procedimenti  come  quello lavoristico ma non e' prevista dalle norme
che  regolano  la procedura di fronte alle commissioni tributarie. In
particolare  la  prova  dell'esistenza  o meno del rapporto di lavoro
subordinato  o  della sua durata ai sensi degli artt. 2094 e s.s. del
codice  civile, puo' essere data unicamente mediante l'esclussione di
testimonianze orali che il giudizio tributario non prevede, generando
il  contrasto  con il diritto alla difesa e una conclamata violazione
dell'art. 24 della Costituzione.
    3.  -  Violazione  del  principio  di uguaglianza ex art. 3 della
Costituzione.
    La norma in oggetto stabilisce che «Ferma restando l'applicazione
delle  sanzioni  previste,  l'impiego  dei  lavoratori dipendenti non
risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, e'
altresi'  punito  con  la  sanzione amministrativa dal 200 al 400 per
cento  dell'importo, per ciascun lavoratore irregolare, del costo del
lavoro   calcolato   sulla  base  dei  vigenti  contratti  collettivi
nazionali per il periodo compreso tra l'inizio dell'anno e la data di
contestazione   della  violazione».  Tale  disposizione  si  pone  in
contrasto  aperto  con  il principio di uguaglianza di cui all'art. 3
della  Costituzione  poiche'  crea  una  evidente  ed  ingiustificata
disparita'  di trattamento tra situazioni eguali, si pensi ad esempio
a  casi  di aziende in cui la presenza di lavoratori irregolari venga
accertata all'inizio dell'anno ed altre in cui l'accertamento avvenga
alla  fine:  nel  primo  caso  la  sanzione  sara'  minima mentre nel
secondo,  a  parita'  di comportamento, la sanzione sara' enormemente
piu' pesante.
    Ancora  il  dubbio  sorge  con  maggior  forza ove ci si trovi di
fronte  ad  attivita'  stagionale che, di norma, coincide con periodo
limitato  a pochi mesi e comunque, per definizione, non e' mai estesa
a tutto l'anno solare.
    Cosi'  facendo  la  quantificazione  della  sanzione viene basata
unicamente al momento dell'accertamento ispettivo e l'ammontare della
sanzione  viene  fatto  dipendere  in  modo automatico esclusivamente
dalla  data  di  constatazione  della violazione, a prescindere dalla
effettiva  durata  del  comportamento antigiuridico in violazione del
principio  di  uguaglianza  poiche'  in presenza di identica condotta
antigiuridica  si  possono  avere  sanzioni  di diverso ammontare, ed
anche  in violazione del principio di proporzionalita' della sanzione
rispetto all'entita' e gravita' della violazione commessa.
    In questo modo invece la norma in esame:
        collega  l'entita' della sanzione alla «mera casualita» della
data di constatazione della violazione;
        genera   sproporzione  tra  l'entita'  della  sanzione  e  la
gravita' del comportamento;
        crea  una grave sperequazione per quanto riguarda la funzione
affittiva, dissuasiva e retributiva delle sanzioni nel momento in cui
limita  il  periodo  di  tempo  tra  l'inizio  dell'anno e la data di
constatazione  della  violazione (il deterrente e' modesto per chi ha
un  lavoratore  da  molti  anni ed e' enorme per chi ha un lavoratore
irregolare per un solo giorno).