ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 12 e 31,
comma 4,  della  legge  della  Regione  Sardegna 22 aprile 2002, n. 7
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
della  Regione  -  legge  finanziaria 2002), promosso con ricorso del
Presidente  del Consiglio dei ministri, notificato il 21 giugno 2002,
depositato  in cancelleria il 1° luglio 2002 ed iscritto al n. 43 del
registro ricorsi 2002.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Sardegna;
    Udito nell'udienza pubblica dell'8 marzo 2005 il giudice relatore
Alfonso Quaranta;
    Uditi  l'avvocato  dello Stato Massimo Mari per il Presidente del
Consiglio  dei  ministri e l'avvocato Salvatore Alberto Romano per la
Regione Sardegna.

                          Ritenuto in fatto

    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale dello Stato, con ricorso notificato
il  21 giugno 2002, depositato in cancelleria il successivo 1° luglio
e  iscritto al n. 43 del registro ricorsi 2002, ha promosso, ai sensi
dell'art. 127,   primo   comma,   della  Costituzione,  questioni  di
legittimita'  costituzionale  -  in riferimento agli artt. 114 e 117,
secondo  e  terzo  comma,  della  Costituzione - degli artt. 12 e 31,
comma 4,  della  legge  della  Regione  Sardegna 22 aprile 2002, n. 7
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
della Regione - legge finanziaria 2002).
    1.1.- L'art. 12 della citata legge regionale, la cui rubrica reca
Intermediari  finanziari,  sancisce,  «ai  fini  della gestione delle
misure  agevolative  previste  dalla normativa regionale o rientranti
nelle  competenze  della  Regione»,  l'equiparazione agli istituti di
credito  degli  intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale
di  cui  all'articolo 107  del decreto legislativo 1° settembre 1993,
n. 385  (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), e
nella  apposita  sezione  (prevista  dall'articolo 155,  comma 4, del
medesimo  decreto)  dell'elenco  di cui all'articolo 106 dello stesso
decreto.
    La   norma  regionale,  ad  avviso  del  ricorrente,  sarebbe  in
contrasto  con  quanto  stabilito dall'art. 159 del d.lgs. n. 385 del
1993,  che  costituisce  legge  di  grande  riforma economico-sociale
(sentenza  n. 224 del 1994) e che «individua puntualmente l'attivita'
che  le  Regioni  a  statuto  speciale  possono svolgere in materia e
contemporaneamente  individua,  al comma 3, le norme inderogabili che
prevalgono  sulle  disposizioni contrarie gia' emanate». Nell'oggetto
di  tali articoli inderogabili rientra, tra l'altro, l'individuazione
delle   funzioni,  oltre  che  delle  procedure,  esercitabili  dagli
intermediari   finanziari,  iscritti  nell'apposito  elenco  speciale
previsto dall'art. 106, dopo aver esperito la specifica procedura ivi
prevista.
    L'Avvocatura   generale   dello   Stato   osserva,  inoltre,  che
l'art. 117  della  Costituzione  ricomprende  la materia in esame tra
quelle  oggetto  di  potesta' legislativa concorrente, «senza contare
poi  la  riserva alla competenza esclusiva dello Stato contenuta alla
lettera o) dal primo» [recte: secondo] «comma del medesimo articolo».
    Il   ricorrente  richiama,  altresi',  la  direttiva  comunitaria
89/647/CEE,  concernente  il  coefficiente di solvibilita' degli enti
creditizi, che prevede una ponderazione differenziata per le garanzie
prestate dagli istituiti finanziari di varia natura, necessaria in un
mercato   bancario  comune  che  li  chiama  ad  entrare  in  diretta
concorrenza  tra  di  loro  e rileva, infine, che l'adozione di norme
comuni  di  solvibilita', sotto forma di coefficiente minimo, ha come
effetto di prevenire le distorsioni della concorrenza e di rafforzare
il sistema bancario comune.
    1.2.-  Con  il  medesimo  ricorso il Presidente del Consiglio dei
ministri  ha impugnato anche l'art. 31, comma 4, della suddetta legge
regionale,  la cui rubrica reca Disposizioni sul controllo sugli atti
degli enti locali.
    Il  comma 1 dell'art. 31 stabilisce la soppressione del controllo
preventivo  obbligatorio  sugli atti degli enti locali; il successivo
comma 3,  lettera b),  prevede  che  l'Assessore  degli  enti locali,
finanze  ed urbanistica, entro 60 giorni dall'entrata in vigore della
legge,  predisponga  una  proposta  di disegno di legge contenente le
disposizioni   per   la   riorganizzazione   dei  servizi  periferici
dell'Assessorato,  che  definisca,  tra  l'altro,  le  procedure  per
l'esercizio del controllo eventuale su richiesta dei consiglieri.
    L'art. 31,  comma 4,  della  cui  legittimita'  costituzionale il
Presidente  del  Consiglio  dei ministri dubita, prevede, sia pure in
via  transitoria,  che,  nelle  more  dell'approvazione  del suddetto
disegno  di  legge, il controllo eventuale di legittimita' sugli atti
degli  enti locali e' esercitato secondo «le procedure e le modalita'
determinate  dall'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica
con  decreto da emanarsi entro cinque giorni dalla data di entrata in
vigore della presente legge».
    La  difesa  dello  Stato,  quindi, ritiene che la disposizione in
esame  dia  luogo  alla  permanenza  di  un  controllo  preventivo di
legittimita'  sugli  atti  degli  enti  locali,  anche  se eventuale,
disciplinato in via amministrativa.
    Pertanto,  detta disposizione si pone in contrasto con l'art. 114
della  Costituzione, che sancisce il principio di equiordinazione tra
Comuni e Regioni, anche in ragione della eliminazione di tale tipo di
controllo,    conseguente    all'abrogazione    dell'art. 130   della
Costituzione,    disposta    dall'art. 9,    comma 2,   della   legge
costituzionale  18 ottobre  2001,  n. 3  (Modifiche al titolo V della
parte seconda della Costituzione).
    Detto  principio,  secondo  la  difesa dello Stato, «trova la sua
ratio  nell'esigenza  di  armonizzare,  nell'ambito  comunitario,  un
sistema  di controllo successivo economico-finanziario e di risultato
che  assicuri  il  rispetto  dei  parametri  e  degli obiettivi della
presenza nel contesto dell'Unione europea, nonche' uno snellimento ed
una velocizzazione dell'azione amministrativa attraverso il controllo
di gestione che ogni Stato membro e le autonomie territoriali possono
disciplinare in funzione della propria specificita».
    2. -  Si  e' costituita in giudizio la Regione Sardegna chiedendo
che  le  questioni  di  legittimita'  costituzionale siano dichiarate
inammissibili,  per  la  genericita'  e per la mancata specificazione
delle censure, e comunque infondate.
    2.1. -   In   particolare,  la  Regione  premette  che,  in  base
all'art. 4,   comma 1,   lettera b),   del   proprio  statuto  (legge
costituzionale   26 febbraio   1948,   n. 3),  essa  e'  titolare  di
competenza  legislativa  concorrente in materia di aziende di credito
di   carattere   regionale;   tale   competenza   risulta  confermata
dall'art. 117, terzo comma, della Costituzione, come sostituito dalla
legge  cost.  n. 3  del  2001, che attribuisce alle Regioni a statuto
ordinario una competenza legislativa concorrente in materia di «casse
di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale;
enti  di  credito  fondiario  e  agrario  a  carattere regionale». La
Regione  osserva,  quindi,  come l'art. 10 della legge cost. n. 3 del
2001  renda  applicabili,  anche  alle Regioni a statuto speciale, le
nuove  disposizioni  costituzionali  che prevedono forme di autonomia
piu' ampie rispetto a quelle gia' attribuite.
    Da   cio'   consegue,  altresi',  che,  in  ragione  della  nuova
formulazione  dell'art. 117  della  Costituzione,  e'  venuto meno il
limite delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della
Repubblica,   originariamente  stabilito  dall'art. 3  dello  statuto
sardo.
    La  Regione  ha  dedotto, altresi', che il d.lgs. n. 385 del 1993
non  costituisce  fonte  che  puo'  definire e limitare le competenze
regionali  ed ha, comunque, un contenuto normativo diverso rispetto a
quanto  dedotto  dal  ricorrente.  Ed  infatti  detta  normativa  non
individua  le  attivita'  di  competenza  regionale  in  materia, che
possono  essere  le  piu' svariate, ma riserva alla Banca d'Italia le
valutazioni  di  vigilanza,  ed  individua  tra  i  provvedimenti  di
competenza  regionale  quelli  per  i  quali  la  Banca d'Italia deve
esprimere  un parere vincolante. Infine, osserva la Regione, come, in
ogni  caso,  non  vi  sia  alcuna  disposizione,  tra quelle indicate
all'art. 159, comma 3 [e segnatamente l'art. 47] dello stesso d.lgs.,
che sia violata dalla disciplina regionale.
    La  difesa  regionale,  infine,  ha  posto  in  evidenza  come la
direttiva  comunitaria  89/647/CEE sia stata abrogata dalla direttiva
comunitaria  2000/12/CE  che  attiene all'eccesso all'attivita' degli
enti creditizi ed al suo esercizio.
    2.2.  -  In  ordine alla censura di illegittimita' costituzionale
relativa  all'art. 31,  comma 4,  della medesima legge regionale n. 7
del  2002,  la  Regione  deduce  di  essere  titolare  di  competenza
legislativa  esclusiva  in materia di ordinamento degli enti locali e
delle  relative  circoscrizioni, comprensiva del regime del controllo
sui medesimi enti.
    Osserva,  quindi,  che  la questione e' inammissibile per difetto
d'interesse,   in   quanto   e'   stato  impugnato  solo  il  comma 4
dell'art. 31,  recante  la  disciplina transitoria, e non il comma 3,
concernente  la  disciplina  a  regime  e  che  dovrebbe  abrogare la
legislazione  vigente in materia, contenuta nella legge della Regione
Sardegna 13 dicembre  1994,  n. 38  (Nuove  norme sul controllo sugli
atti degli enti locali).
    Nel  merito, la Regione deduce che la funzione di controllo sugli
atti  degli  enti  locali  non trovava fondamento nell'art. 130 della
Costituzione,   ma   in   una   speciale  disciplina  costituzionale,
derogatoria  rispetto  a quella stabilita per le Regioni ad autonomia
ordinaria, contenuta nel proprio statuto (artt. 3, comma 1, lettera b
e  46).  Da cio' consegue che l'abrogazione dell'art. 130, cosi' come
la  nuova  formulazione  dell'art. 114  della Costituzione, non hanno
inciso sulle disposizioni dello statuto sardo sulle quali si fonda il
suddetto potere di controllo.
    Infine, si osserva come l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001
comporta che non si possono applicare alle Regioni a statuto speciale
le disposizioni che, anziche' ampliare, ne riducano l'autonomia.
    2.3. -  In  prossimita' dell'udienza pubblica la Regione Sardegna
ha  depositato  memoria  con  la quale ha insistito nelle conclusioni
gia'  rassegnate di inammissibilita' ed infondatezza delle questioni.
In  particolare,  ha  ricordato  che,  ai sensi dell'art. 4, comma 1,
lettera b),   dello   statuto  speciale,  ha  competenza  legislativa
concorrente  in  materia di casse di risparmio, casse rurali, enti di
credito  fondiario  e  agrario  ed  aziende  di  credito  a carattere
regionale.
    In  ordine  all'impugnazione  dell'art. 31,  comma 4, della sopra
richiamata  legge  regionale, ha quindi ribadito che la previsione di
procedure  di  controllo sugli atti degli enti locali si rinviene nel
comma 3  della  suddetta norma, nonche' nell'art. 29 della legge reg.
Sardegna  n. 38  del  1994,  disposizioni non sottoposte a censura da
parte del Presidente del Consiglio dei ministri.
    3. -  In  prossimita'  dell'udienza  pubblica, anche l'Avvocatura
dello  Stato  ha  depositato  memoria  con la quale, insistendo nelle
conclusioni  gia'  rassegnate,  ha  esposto,  in  particolare, quanto
segue.
    Non  e'  condivisibile  la prospettazione difensiva della Regione
Sardegna,  in quanto l'art. 12 della legge regionale impugnata non e'
riconducibile  alla  materia  di cui all'art. 4, comma 1, lettera b),
dello  statuto  sardo,  quanto  alla  tutela  del  risparmio  e  alla
regolazione dei mercati finanziari, oggetto di legislazione esclusiva
statale.  In  ogni  caso, la Regione non si e' limitata ad introdurre
una  disciplina  di dettaglio, ma ha dettato una regolamentazione che
contrasta  con la normativa statale. Ed infatti, l'art. 47 del d.lgs.
n. 385   del   1993  legittima  solo  le  banche  all'erogazione  dei
finanziamenti  o  alla prestazione dei servizi previsti dalle vigenti
leggi  di agevolazione e prevede che l'assegnazione e la gestione dei
fondi pubblici di agevolazione creditizia, nonche' la prestazione dei
servizi  a  essi  inerenti, siano disciplinati da contratti stipulati
tra  la  pubblica  amministrazione  competente  e  le  banche da essa
prescelte,   con   cio'  escludendo  evidentemente  gli  intermediari
finanziari non bancari.
    Dalla  lettura  dell'art. 155  (commi  4  e  4-quater) del d.lgs.
n. 385  del  1993  si  evince,  inoltre, che solo i confidi, iscritti
nell'elenco speciale di cui all'art. 107 del medesimo d.lgs., possono
gestire  fondi pubblici di agevolazione, peraltro prevalentemente nei
confronti delle imprese consorziate o socie.
    Ne  consegue,  pertanto, che la equiparazione operata dalla norma
regionale   si   rivela,   in   realta',  distorsiva  di  un  assetto
disciplinare   particolarmente   rigoroso,   nonche'   generativa  di
ripercussioni  negative  in  un  campo  che  impone  il  rispetto  di
equilibri assolutamente non casuali.
    In merito alle argomentazioni prospettate dalla Regione in ordine
all'impugnativa  dell'art. 31, comma 4, la difesa dello Stato osserva
che  gli  artt. 9  e  10  della  legge cost. n. 3 del 2001 hanno reso
immediatamente inoperante, anche per la Regione Sardegna, la funzione
di  controllo  generale di legittimita' sugli atti degli enti locali,
gia'  prevista  dall'art. 130  della  Costituzione.  Ed  infatti,  il
concetto  di autonomia contenuto nel suddetto art. 10 non puo' essere
riferito  al  solo  livello  regionale,  ma anche a quelli comunale e
provinciale.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha promosso
questioni   di  legittimita'  costituzionale  degli  artt. 12  e  31,
comma 4,  della  legge  della  Regione  Sardegna 22 aprile 2002, n. 7
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
della   Regione  -  legge  finanziaria  2002),  in  riferimento  agli
artt. 114 e 117, secondo e terzo comma, della Costituzione.
    1.1.  -  L'art. 12  della  legge  citata,  la  cui  rubrica  reca
Intermediari finanziari, prevede, ai fini della gestione delle misure
agevolative  previste  dalla  normativa  regionale o rientranti nelle
competenze  della  Regione,  l'equiparazione agli istituti di credito
degli  intermediari  finanziari.  Secondo  la difesa dello Stato tale
norma  contrasterebbe  con  l'art. 159  del  d.lgs. 1 settembre 1993,
n. 385   (Testo  unico  delle  disposizioni  in  materia  bancaria  e
creditizia),    che    costituisce    legge    di    grande   riforma
economico-sociale  (sentenza n. 224 del 1994). Cio' determinerebbe la
violazione  dell'art. 117 della Costituzione, il quale ricomprende la
materia   in   esame  tra  quelle  oggetto  di  potesta'  legislativa
concorrente,  «senza contare poi la riserva alla competenza esclusiva
dello  Stato  contenuta  alla  lettera o)  dal primo [recte: secondo]
comma del medesimo articolo».
    A  sostegno di detta tesi, inoltre, viene richiamata la direttiva
comunitaria 89/647/CEE che disciplina il coefficiente di solvibilita'
degli enti creditizi.
    1.2. - L'art. 31, comma 4, della medesima legge regionale, la cui
rubrica reca Disposizioni sul controllo sugli atti degli enti locali,
prevede,   sia   pure   in   via   transitoria,   che,   nelle   more
dell'approvazione  di  una  piu'  ampia  disciplina  di  settore,  il
controllo eventuale sugli atti degli enti locali minori e' esercitato
secondo «le procedure e le modalita' determinate dall'Assessore degli
enti  locali,  finanze  ed  urbanistica con decreto da emanarsi entro
cinque giorni dalla data di entrata in vigore» della stessa legge.
    Ad  avviso  del  ricorrente,  detta  disposizione  si porrebbe in
contrasto   con   l'art. 114  della  Costituzione,  che  sancisce  il
principio  di  equiordinazione tra Comuni e Regioni, anche in ragione
dell'abrogazione    dell'art. 130    della   Costituzione,   disposta
dall'art. 9,  comma 2,  della  legge  costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).
    2.  -  La  questione concernente la illegittimita' costituzionale
dell'art. 12   della   legge   reg.   Sardegna   n. 7   del  2002  e'
inammissibile.
    Nel  ricorso  viene  dedotta  la  violazione  dell'art. 117 della
Costituzione,  affermandosi  che  la disposizione regionale impugnata
contrasterebbe,  da  un  lato,  con  l'art. 159 del d.lgs. n. 385 del
1993,  cui  viene  attribuita  la  natura  di legge di grande riforma
economico-sociale,   e   dall'altro,  con  la  direttiva  comunitaria
89/647/CEE.
    Il  ricorrente omette, pero', del tutto di specificare le ragioni
per  cui, pur trattandosi dell'impugnativa di una legge della Regione
Sardegna,  debba  prendersi in considerazione tale parametro in luogo
di   quello   ricavabile   dal  relativo  statuto  speciale,  il  cui
articolo 4,  comma 1, lettera b), demanda alla competenza legislativa
della  Regione  la materia della istituzione e dell'ordinamento degli
enti di credito fondiario ed agrario, delle casse di risparmio, delle
casse  rurali,  dei monti frumentari e di pegno e delle altre aziende
di  credito  di  carattere  regionale,  nonche' quella delle relative
autorizzazioni.
    Orbene,  in  conformita'  ad  un  consolidato indirizzo di questa
Corte  (cfr.  sentenze  n. 65  del  2005,  n. 8 del 2004 e n. 213 del
2003),    la    mancanza    di    una   tale   valutazione   comporta
l'inammissibilita'  della  questione  nei  termini  in  cui  e' stata
formulata nel ricorso.
    Analogamente  deve  essere  dichiarata  la inammissibilita' della
questione  concernente  l'impugnazione  dell'art. 31,  comma 4, della
medesima legge regionale.
    Anche  per  tale  parte  l'Avvocatura generale dello Stato deduce
esclusivamente  la  violazione  dell'art. 114  della Costituzione, in
particolare  in  considerazione  dell'abrogazione dell'art. 130 della
Costituzione,   senza   darsi  carico  della  disposizione  contenuta
nell'art. 3,   comma 1,  lettera b),  dello  statuto  speciale  della
Regione   Sardegna,   che  attribuisce  alla  competenza  legislativa
regionale  la materia «ordinamento degli enti locali e delle relative
circoscrizioni»,  nel  cui  ambito trova collocazione anche il regime
del controllo sui medesimi enti.
    Il  ricorrente  avrebbe  dovuto  quanto  meno  spiegare  in quale
rapporto   si  trovano,  ai  fini  dello  scrutinio  di  legittimita'
costituzionale  delle disposizioni impugnate, le invocate norme della
Costituzione  e  quelle, anch'esse di rango costituzionale, contenute
nello statuto speciale.
    Siffatta  omissione  vizia  le impugnazioni formulate e determina
l'inammissibilita' delle questioni di costituzionalita' proposte.