ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 12, ultimo
comma,  della legge 21 febbraio 1980, n. 28 (Delega al Governo per il
riordinamento  della  docenza  universitaria  e  relativa  fascia  di
formazione,  e  per  la sperimentazione organizzativa e didattica), e
art. 39,  comma  quinto,  del decreto del Presidente della Repubblica
10 marzo  1982,  n. 163 (Riordinamento degli osservatori astronomici,
astrofisici  e  vesuviano),  promosso con ordinanza del 24 marzo 2003
dal  Tribunale amministrativo regionale del Friuli-Venezia Giulia sul
ricorso proposto da Danziger Ivan John contro l'Istituto nazionale di
astrofisica  ed altro, iscritta al n. 329 del registro ordinanze 2003
e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 23, 1ª
serie speciale, dell'anno 2003.
    Visto l'atto di costituzione di Danziger Ivan John nonche' l'atto
di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 22 marzo 2005 il giudice relatore
Alfonso Quaranta;
    Udito  l'avvocato  dello  Stato Giuseppe Nucaro per il Presidente
del Consiglio dei ministri.
    Ritenuto   che   il   Tribunale   amministrativo   regionale  del
Friuli-Venezia   Giulia   ha   sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 12,  ultimo  comma, della legge 21 febbraio
1980,  n. 28  (Delega  al  Governo per il riordinamento della docenza
universitaria   e   relativa   fascia   di   formazione,   e  per  la
sperimentazione  organizzativa  e  didattica)  e  dell'art. 39, comma
quinto, del decreto Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 163
(Riordinamento   degli   osservatori   astronomici,   astrofisici   e
vesuviano), per violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione;
        che  le norme impugnate prevedono, rispettivamente, che entro
il  termine  di due anni «il Governo e' delegato ad emanare norme per
rivedere gli ordinamenti degli osservatori astronomici, astrofisico e
vesuviano  (...)»;  nonche', in attuazione della suddetta delega, che
il  personale  di  ricerca  ordinario,  straordinario e associato dei
suddetti  osservatori  «e'  collocato  a  riposo  al  compimento  del
sessantacinquesimo anno di eta»;
        che  il  giudice rimettente premette, nella ricostruzione del
«fatto»  della  vicenda  sottoposta  all'esame  della  Corte,  che il
ricorrente  aveva  chiesto il collocamento fuori ruolo per un periodo
di  tre  anni ai sensi del combinato disposto dell'art. 19 del d.P.R.
11 luglio  1980,  n. 382  (Riordinamento della docenza universitaria,
relativa fascia di formazione nonche' sperimentazione organizzativa e
didattica),   dell'art. 1   della   legge   7 agosto   1990,   n. 239
(Disposizioni   sul   collocamento   fuori   ruolo   dei   professori
universitari), nonche' dell'art. 1, comma 30, della legge 28 dicembre
1995,  n. 549  (Misure  di razionalizzazione della finanza pubblica),
assumendo  l'equiparazione  tra  professori universitari ed astronomi
degli osservatori astronomici;
        che  la  domanda  non  e'  stata  accolta,  in quanto secondo
l'amministrazione   si  applicherebbe  la  «norma  speciale»  di  cui
all'art. 39,  ultimo  comma,  del  d.P.R. n. 163 del 1982, oggetto di
impugnazione;
        che a fondamento del ricorso e' stato dedotto che la suddetta
disposizione  non  sarebbe  finalizzata  ad  escludere l'applicazione
«dell'autonomo  e  distinto  istituto  del  «fuori  ruolo»  ma solo a
riaffermare il principio generale in tema di eta' per il collocamento
a  riposo», in quanto «l'esclusione del fuori ruolo per gli astronomi
ordinari avrebbe potuto essere previsto solo con norma esplicita»;
        che,  «in  via  subordinata»,  il  ricorrente  ha chiesto che
venisse    sollevata   questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 39,  ultimo comma, del d.P.R. n. 163 del 1982 per contrasto
con  l'art. 76 della Costituzione, in quanto l'art. 12, ultimo comma,
della  legge  delega  non  fornirebbe  alcun  criterio  direttivo  al
legislatore  e,  inoltre,  perche'  il  legislatore  delegato avrebbe
dettato  una  norma  in stridente contrasto con il criterio direttivo
posto  dall'art. 12,  lettera p), della legge n. 28 del 1980, secondo
cui  i  professori  ordinari  possono essere collocati fuori ruolo, a
richiesta, dopo il compimento del sessantacinquesimo anno di eta';
        che   il  ricorrente  nel  giudizio  a  quo  ha  prospettato,
altresi',  la  violazione  degli artt. 3 e 97 della Costituzione, per
assunto  trattamento deteriore degli astronomi ordinari, non solo nei
confronti  dei  professori  universitari  (ordinari  e associati), ma
anche  con riguardo alle altre categorie di vertice del personale non
contrattualizzato  che  sono  collocate  a  riposo  al compimento del
settantesimo anno di eta';
        che,  ricostruito  nei  termini  indicati  il  contenuto  del
ricorso,  il  giudice  a quo espone che il ricorrente avrebbe chiesto
«l'applicazione  della normativa che prevede il collocamento a riposo
dall'inizio   dell'anno   accademico  successivo  al  compimento  del
settantesimo  anno  di  eta'  (...) salva la facolta' di avvalersi di
quanto  previsto  dall'art. 16  del  decreto  legislativo 30 dicembre
1992,  n. 503»  recante  «Norme  per  il  riordinamento  del  sistema
previdenziale  dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell'art. 3
della legge 23 ottobre 1992, n. 421»;
        che   a  fronte  di  questa  richiesta  l'amministrazione  ha
«sostanzialmente»  respinto  la  domanda,  in quanto alla fattispecie
dovrebbe  applicarsi,  perche'  speciale  rispetto  alla disposizione
contenuta  nella  legge  n. 239 del 1990, l'impugnato art. 39, quinto
comma, del d.P.R. n. 163 del 1982;
        che   il  giudice  rimettente  sostiene  l'impossibilita'  di
postulare  una  piena  equiparazione  tra  professori  universitari e
astronomi, in quanto, da un lato, gli artt. 39 e 40 del d.P.R. n. 163
del 1982 prevedono una estensione agli astronomi ordinari delle norme
di  stato  giuridico  relative ai professori universitari soltanto in
quanto   compatibili,   dall'altro,   il  quinto  comma  dell'art. 39
stabilisce  esplicitamente con norma speciale che gli astronomi siano
collocati a riposo al compimento del sessantacinquesimo anno di eta';
        che il Tribunale amministrativo regionale chiarisce, inoltre,
che  il  ricorrente  aveva  chiesto  il collocamento a riposo dopo il
compimento  del settantesimo anno di eta' e non il collocamento fuori
ruolo per un triennio successivo al compimento del settantesimo anno,
come  ritenuto  erroneamente dall'Osservatorio astronomico di Trieste
nella   propria   richiesta   di  parere  all'Istituto  nazionale  di
astrofisica;
        che   la  decisione  adottata  successivamente  dall'Istituto
nazionale  di  astrofisica,  aggiunge  il  rimettente,  «fa  comunque
giustizia  di  ogni  equivoco perche' (...) statuisce per l'esclusiva
applicabilita'  della  norma speciale desumibile dall'art. 39, quinto
comma, del d.P.R. n. 163 del 1982»;
        che,  sulla  base  delle argomentazioni sin qui riportate, il
primo  motivo  del  ricorso  dovrebbe  essere,  secondo  il Tribunale
amministrativo  regionale, rigettato, in applicazione della normativa
da ultimo richiamata;
        che,  nondimeno,  tale  norma  -  pur  non contrastando, come
ritenuto  dal  ricorrente, con l'art. 3 della Costituzione, attesa la
diversita'  di  posizione  degli  astronomi  rispetto  ai  professori
universitari,  essendo  i  primi  privi  di  competenze  didattiche e
neppure  assoggettabili  all'istituto  del fuori ruolo, «posto che la
loro  attivita'  continuerebbe  ad  essere  svolta come prima e senza
alcuna  sostanziale  modificazione»  -  contrasterebbe  con l'art. 76
della Costituzione;
        che  tale  violazione  deriverebbe  dal  fatto che l'art. 12,
ultimo  comma,  della legge delega, non conterrebbe alcun principio e
criterio  direttivo  limitandosi  a statuire che «entro il termine di
cui  al  secondo  comma dell'art. 1 il Governo e' delegato ad emanare
norme  per  rivedere  gli  ordinamenti degli osservatori astronomici,
astrofisico e vesuviano (...)»;
        che     l'eventuale     dichiarazione    di    illegittimita'
costituzionale   del   predetto  art. 12  «si  ripercuoterebbe  (...)
necessariamente  sulla  legge  delegata  che diventerebbe a sua volta
incostituzionale  per  violazione  dell'art. 77,  primo  comma, della
Costituzione e non potrebbe piu' essere applicata»;
        che la rilevanza della questione viene motivata dal giudice a
quo sulla base del rilievo che se venisse dichiarata l'illegittimita'
delle  norme  denunciate, in assenza di specifica normativa, dovrebbe
applicarsi   per   analogia  «la  normativa  della  categoria  affine
rappresentata dai professori universitari»;
        che  si  e'  costituito  il  ricorrente  nel  giudizio  a quo
chiedendo  l'accoglimento della questione nei termini prospettati dal
Tribunale rimettente, con riserva di formulare ulteriori deduzioni;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,   chiedendo,  in  via  preliminare,  che  la  questione  venga
dichiarata inammissibile per carente motivazione sulla rilevanza;
        che,  in particolare, secondo la difesa erariale il giudice a
quo  non  avrebbe  descritto  in  maniera  esaustiva  la  fattispecie
concreta,  non  indicando  gli elementi di fatto della controversia e
non potendosi gli stessi desumere dagli atti del giudizio;
        che,  nel  merito, l'Avvocatura chiede che la questione venga
dichiarata non fondata;
        che   i   principi   e  criteri  direttivi,  per  quanto  non
espressamente  indicati  nell'ultimo  comma  dell'art. 12 della legge
delega  n. 28  del 1980, sarebbero ricavabili dagli stessi principi e
criteri  indicati  dai restanti commi dell'articolo suddetto «che per
quanto  facciano  diretto  riferimento al personale delle Universita'
appaiono,  nell'intento  del  legislatore delegante, estensibili agli
osservatori  con  salvezza  (...)  della specificita' delle posizioni
rivestite dal personale degli osservatori stessi»;
        che  la  difesa erariale aggiunge, inoltre, che la differenza
di  contenuto  dell'art. 39, ultimo comma, del d.P.R. n. 163 del 1982
rispetto  ai  principi  e  criteri direttivi di cui all'art. 12 della
legge  n. 28  del  1980  dovrebbe  ascriversi  «alla peculiarita' del
personale di ricerca degli osservatori, nel caso di specie equiparato
al personale civile dello Stato»;
        che  nel  corso  dell'udienza  pubblica l'Avvocatura generale
dello  Stato  ha  chiesto  che la Corte valuti la possibilita' di una
restituzione  degli  atti  al  giudice  rimettente  a  seguito  della
sopravvenuta  modifica dell'art. 16 (la cui rubrica reca Prosecuzione
del  rapporto  di  lavoro) del decreto legislativo n. 503 del 1992 ad
opera  dell'art. 1-quater  del  decreto-legge  28 maggio 2004, n. 136
(Disposizioni  urgenti  per  garantire  la  funzionalita'  di  taluni
settori  della  pubblica  amministrazione),  introdotto,  in  sede di
conversione, dalla legge 27 luglio 2004, n. 186.
    Considerato  che  il  giudice  rimettente  impugna  gli artt. 12,
ultimo  comma,  della  legge  n. 28  del 1980 e 39, comma quinto, del
d.P.R. n. 163 del 1982, nella parte in cui dispongono rispettivamente
che:  entro il termine di due anni «il Governo e' delegato ad emanare
norme  per  rivedere  gli  ordinamenti degli osservatori astronomici,
astrofisico e vesuviano (...)»; nonche', in attuazione della suddetta
delega,  che  il  personale  di  ricerca  ordinario,  straordinario e
associato   dei  suddetti  osservatori  «e'  collocato  a  riposo  al
compimento del sessantacinquesimo anno di eta»;
        che, in via preliminare, e' bene chiarire che la sopravvenuta
modifica   dell'art. 16   del   d.lgs.   n. 503  del  1992  ad  opera
dell'art. 1-quater  del decreto-legge n. 136 del 2004 - limitandosi a
prevedere   la   facolta'  per  i  dipendenti  delle  amministrazioni
pubbliche,  con  talune  eccezioni  ivi  indicate,  di  richiedere il
trattamento  in  servizio fino al compimento del settantesimo anno di
eta' - non incide sul quadro normativo rilevante ai fini del presente
giudizio di costituzionalita' e, dunque, non si profila la necessita'
di una restituzione degli atti al giudice rimettente;
        che  il  Tribunale  amministrativo, in punto di non manifesta
infondatezza della questione sollevata, assume che tali norme violano
gli  artt. 76 e 77 della Costituzione e non anche, come, tra l'altro,
ritenuto  dal  ricorrente,  l'art. 3  della  Costituzione per assunto
ingiustificato   trattamento   degli  astronomi  -  per  i  quali  il
collocamento    a    riposo    e'    previsto   al   compimento   del
sessantacinquesimo anno di eta' - rispetto ai professori universitari
che,  invece,  sono collocati a riposo al compimento del settantesimo
anno di eta' ex art. 19 del d.P.R. n. 382 del 1980;
        che    il    rimettente    ha    ritenuto    l'eccezione   di
incostituzionalita'    relativa    all'art. 3    della   Costituzione
manifestamente   infondata,  in  quanto  «le  rispettive  prestazioni
lavorative» degli astronomi e dei professori universitari «presentano
una  sostanziale  diversita»,  atteso  che  i  primi «svolgono in via
istituzionale  attivita' di ricerca e non hanno competenze didattiche
(...)»;
        che  il  giudice  a  quo,  dopo  avere  svolto  le  enunciate
argomentazioni,  ha  ritenuto, in punto di rilevanza della questione,
che  l'eventuale  accoglimento della stessa comporterebbe, in assenza
di  qualsiasi  specifica  normativa,  «la necessita' di applicare per
analogia la norma della categoria affine rappresentata dai professori
universitari»;
        che    il   suddetto   giudizio   sulla   rilevanza   risulta
contraddittorio   e   non   adeguatamente   motivato:   il  Tribunale
amministrativo  regionale,  infatti,  afferma  che,  qualora la norma
impugnata  venisse  dichiarata  illegittima,  si  applicherebbe  «per
analogia» quella stessa normativa relativa alla docenza universitaria
che  nel rigettare l'eccezione di incostituzionalita', per violazione
dell'art. 3  della Costituzione, aveva ritenuto essere caratterizzata
da  «sostanziale  diversita» rispetto alla disciplina concernente gli
astronomi ordinari;
        che  tale  diversa valutazione delle medesime disposizioni da
parte   del   Tribunale   amministrativo   regionale  assume  valenza
contraddittoria  nel presente giudizio di costituzionalita' alla luce
della  considerazione  che, invero, in assenza della norma impugnata,
la   regolamentazione  del  collocamento  a  riposo  degli  astronomi
ordinari  potrebbe  rinvenire  il  proprio fondamento nella normativa
generale  sugli  impiegati  civili  dello  Stato  (art. 4  del d.P.R.
29 dicembre  1973,  n. 1092,  recante  «Approvazione  del testo unico
delle  norme  sul  trattamento  di quiescenza dei dipendenti civili e
militari dello Stato»);
        che  tale  normativa - la quale prevede quale regola generale
il  collocamento  a riposo alla stessa eta' (sessantacinquesimo anno)
stabilita  per  gli  astronomi  ordinari  -  non e', invece, presa in
considerazione  dal  rimettente  ai  fini della valutazione della sua
eventuale incidenza sulla fattispecie oggetto del giudizio a quo;
        che   tali   carenze   motivazionali  rendono  manifestamente
inammissibile la questione sollevata.