IL TRIBUNALE
Letto il ricorso ex art. 13 d.lgs. n. 286/1998 proposto da
Boulghalat Jaouad avverso il decreto di espulsione del Prefetto di
Milano n. 7420/Id/04 del 12 luglio 2004;
Visti gli atti del procedimento;
Letta la memoria della Questura di Milano pervenuta il 27 luglio
2004;
A scioglimento della riserva formulata all'udienza del 28 luglio
2004;
O s s e r v a
Il sig. Boulghalat Jaouad ha proposto tempestivamente ricorso
avverso il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Milano in
data 12 luglio 2004, evidenziando in fatto:
di essere entrato nel territorio nazionale in condizioni di
irregolarita';
di avere presentato in data 18 ottobre 2002 domanda di
emersione ai sensi della legge n. 222/2002;
di avere ricevuto in data 6 luglio 2004 la notificazione del
provvedimento di rigetto sulla predetta istanza e di avere presentato
tempestivamente ricorso al tribunale amministrativo regionale avverso
il predetto provvedimento;
di avere ricevuto in data 12 luglio 2004 la notificazione del
provvedimento di espulsione decretato dal Prefetto di Milano
unitamente al provvedimento del Questore di Milano contenente
l'ordine di lasciare il Territorio dello Stato entro cinque giorni.
Il ricorrente ha prospettato, quindi, vari profili di
illegittimita' del provvedimento impugnato e ha chiesto, altresi', la
sospensione ex art. 295 c.p.c., del presente procedimento sino
all'esito del giudizio pendente davanti al giudice amministrativo
relativo all'impugnazione del rigetto della domanda di emersione,
nonche' la sospensione del decreto di espulsione oggetto del presente
ricorso.
All'udienza fissata per la discussione del ricorso e' comparso il
solo difensore del ricorrente, mentre la Questura di Milano ha fatto
pervenire memoria e documenti.
Ritiene preliminarmente questa giudicante di dover esaminare un
profilo di dubbia legittimita' costituzionale della disciplina in
esame, ritenuto rilevante ai fini della decisione.
Dispone l'art. 13, terzo comma, del d.lgs. n. 286/1998 che
«l'espulsione e' disposta in ogni caso con decreto motivato
immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa
da parte dell'interessato.».
L'art. 14 del citato decreto disciplina, poi, le modalita' di
esecuzione del decreto di espulsione, nelle varie forme,
dell'accompagnamento alla frontiera, del previo trattenimento presso
un centro di permanenza e assistenza temporanea, e, infine,
dell'emissione, a cura del Questore, dell'ordine di lasciare il
territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni, con
indicazione delle conseguenze penali in caso di trasgressione.
A seguito del deposito del ricorso, da presentare entro sessanta
giorni dalla notificazione del decreto di espulsione, il giudice deve
decidere entro venti giorni, previa fissazione dell'udienza in camera
di consiglio, nella quale l'autorita' che ha emesso il decreto «puo'
stare in giudizio personalmente o avvalersi di funzionari
appositamente delegati» (art. 13-bis d.lgs. n. 286/1998).
La disciplina in esame non prevede espressamente il diritto del
ricorrente di presenziare personalmente all'udienza fissata per la
decisione del ricorso. Dispone, pero' (art. 13, comma 8), che lo
straniero possa sottoscrivere il ricorso anche personalmente, che sia
assistito da un difensore nominato dal giudice qualora ne sia
sprovvisto e, ove necessario, da un interprete.
E' certamente la nomina dell'interprete l'elemento qualificante
che induce a ritenere che il legislatore abbia inteso garantire allo
straniero il diritto di partecipare all'udienza, assicurandogli la
possibilita' di esprimersi e comprendere quanto viene detto dai
presenti.
Tale garanzia, ritenuta da questa giudicante, come si dira' piu'
avanti, indispensabile ossequio ai principi costituzionali del
diritto di difesa enunciato dall'art. 24 della Carta costituzionale,
viene di fatto vanificata dalla previsione, gia' citata, relativa
all'immediata efficacia esecutiva del provvedimento di espulsione.
Anche nell'ipotesi piu' «blanda» di esecuzione del provvedimento
di espulsione, consistente nell'ordine del Questore di lasciare il
territorio nazionale entro cinque giorni dalla notificazione del
provvedimento stesso, lo straniero non e' posto in condizione di
presenziare all'udienza, perche' la mancata osservanza dell'ordine
nel termine indicato e' sanzionata penalmente dal comma 5-ter
dell'art. 14, del d.lgs. n. 286/1998. E' evidente che non puo' dirsi
garantito dall'ordinamento il diritto dello straniero a presenziare
all'udienza se per esercitarlo l'interessato deve contravvenire ad
una disposizione penale (che tra l'altro, sino alla recentissima
sentenza delle Corte costituzionale n. 223/2004) imponeva anche
l'arresto obbligatorio.
Deve aggiungersi, per completezza, che l'art. 17 del d.lgs.
n. 286/1998 ha disciplinato, per lo straniero parte offesa ovvero
sottoposto a procedimento penale, l'autorizzazione a rientrare in
Italia «per il tempo strettamente necessario per l'esercizio del
diritto di difesa, al solo fine di partecipare al giudizio o al
compimento di atti per i quali e' necessaria la sua presenza», ma
nulla ha previsto per lo straniero che, gia' espatriato a seguito di
decreto di espulsione, abbia presentato ricorso avverso il decreto
medesimo.
E' opportuno evidenziare che, anteriormente alle modificazione al
d.lgs. n. 286/1998 introdotte con la recente legge n. 189/2002, la
questione era stata, almeno in parte, oggetto di attenzione da parte
del Legislatore.
Salvi i casi di accompagnamento immediato alla frontiera,
infatti, l'esecuzione del decreto di espulsione veniva effettuata
mediante intimazione a lasciare il territorio nazionale nel termine
di quindici giorni. Poiche' secondo la precedente disciplina il
termine per proporre opposizione era di cinque giorni e il giudice
doveva decidere entro i successivi dieci, lo straniero era posto in
condizioni di non violare l'ordine di allontanamento (violazione
dalla quale peraltro non scaturivano conseguenze penali) presenziando
all'udienza fissata dal giudice del ricorso e attendendo la
successiva decisione sullo stesso. L'eventuale accoglimento
dell'opposizione non era reso vano dalla gia' avvenuta esecuzione
dell'espulsione.
Ritiene questa giudicante, alla luce delle considerazioni sopra
esposte, che l'attuale sistema normativo, ed in particolare la
previsione dell'immediata efficacia esecutiva del provvedimento di
espulsione, coordinata con la concreta possibilita' che l'esecuzione
avvenga effettivamente, in caso di proposizione del ricorso avverso
il provvedimento di espulsione, prima della udienza fissata per la
sua discussione, contrastino con il diritto di difesa sancito
dall'art. 24 della Costituzione, non consentendo all'interessato di
partecipare a detta udienza.
Pare opportuno, a questo proposito, richiamare quanto gia'
affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 198/2000: «Al
riguardo si deve premettere che l'art. 2, comma 1, del decreto
legislativo n. 286 dispone che «allo straniero comunque presente alla
frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti
fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto
interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai principi di
diritto internazionale generalmente riconosciuti.». Anche allo
straniero deve quindi essere riconosciuto il pieno esercizio del
diritto di difesa, sancito dall'art. 24 della Costituzione e tutelato
altresi' dal Patto internazionale sui diritti civili e politici
stipulato a New York il 19 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo
con la legge 25 ottobre 1977, n. 881, ove all'art. 13 si stabilisce
che «uno straniero che si trovi legalmente nel territorio di uno
Stato parte del presente Patto non puo' esserne espulso se non in
base a una decisione presa in conformita' della legge e, salvo che vi
si oppongano imperiosi motivi di sicurezza nazionale, deve avere la
possibilita' di far valere le proprie ragioni contro la sua
espulsione, di sottoporre il proprio caso all'esame dell'autorita'
competente, o di una o piu' persone specificamente designate da detta
autorita', e di farsi rappresentare innanzi ad esse a tal fine.».
Principio analogo e' poi ribadito nell'art. 1 del Protocollo n. 7
alla convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali, adottato a Strasburgo il 22 novembre 1984,
ratificato e reso esecutivo con la legge 9 aprile 1990, n. 98.».
La stessa Corte costituzionale, ancora, con la recentissima
sentena n. 222/2004, dichiarando incostituzonale l'art. 13, comma
5-bis del d.lgs. n. 286/1998 nella parte in cui non prevede che il
giudizio di convalida debba svolgersi in contraddittorio prima
dell'esecuzione del provvedimento di accompagnamento alla frontiera,
con le garanzie della difesa, ha affermato che «insieme alla liberta'
personale e' violato il diritto di difesa dello straniero nel suo
nucleo incomprimibile. La disposizione censurata non prevede,
infatti, che questi debba essere ascoltato dal giudice, con
l'assistenza di un difensore.».
La mancata previsione della sospensione dell'efficacia esecutiva
del decreto di espulsione nella pendenza dei termini per la sua
impugnazione e per la decisione nel merito della stessa, allo scopo
precipuo di contentirgli la partecipazione personale all'udienza
davanti al giudice, appare in contrasto, a parere di questa
giudicante, con il diritto di difesa riconosciuto dall'art. 24 della
Costituzione.
Tale contrasto e' ravvisabile, vieppiu', nel caso di specie, in
cui e' lo stesso legislatore a prevedere (attraverso l'assistenza
dell'interprete garantita dal comma 8, dell'art. 13) la presenza
dello straniero all'udienza.
Sulla rilevanza.
La questione proposta e' rilevante nel caso in esame, perche',
non avendo lo straniero ricorrente presenziato all'udienza fissata
per la comparizione delle parti, appare preliminare alla decisione
sul merito qualificare la sua mancata comparizione, presumibilmente
determinata dalla gia' avvenuta esecuzione dell'espulsione o dal
timore di incorrere nella sanzione penale prevista dall'art. 14,
comma 5-ter, del d.lgs. n. 286/1998.
La rimessione degli atti alla Corte costituzionale impone la
sospensione del presente procedimento sino all'esito del giudizio di
legittimita' costituzionale.
Poiche' il ricorrente lo ha richiesto, si ritiene di dover
disporre altresi' la sospensione dell'efficacia esecutiva del decreto
di espulsione impugnato.