IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza. Letti gli atti del proc. 3847/04 R.N.R. - 4484/04 g.i.p. nei confronti di Atzeni Giovanni nato a Villacidro (CA) il 28 aprile 1922, imputato del delitto di violenza sessuale continuata consumata e tentata di cui agli artt. 56, 81 cpv., 609-bis e ter c.p., per avere, abbracciandola e toccandole i seni, costretto Demontis Elisa, minore degli anni 14 a subire atti di violenza sessuale e per avere, cercando di farsi toccare i genitali, compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco, a costringere Loi Nicoletta, minore degli anni 14, a subire atti di violenza sessuale e non riuscendo nell'intento per cause indipendenti dalla propria volonta'. In Villacidro il 27 marzo 2004. O s s e r v a 1. - All'esito delle indagini preliminari, il pubblico ministero ha chiesto il rinvio a giudizio di Giovanni Atzeni per il delitto sopraindicato. Nel corso dell'udienza preliminare, l'imputato e il pubblico ministero hanno presentato una concorde richiesta di applicazione di pena ai sensi dell'art. 444 c.p.p. Questi i termini della richiesta di patteggiamento: applicazione dell'attenuante speciale del «caso di minore gravita» ai sensi dell'art. 609-bis, comma 3, c.p., da ritenere prevalente sull'aggravante dell'art. 609-ter, comma 1, c.p., e determinazione della pena base in due anni di reclusione per il piu' grave episodio di violenza sessuale consumata; aumento di sei mesi di reclusione a titolo di continuazione per l'episodio; riduzione della pena a due anni di reclusione in forza dell'art. 444, comma 1, c.p.p. L'imputato, ai sensi dell'art. 444, comma 3, c.p.p., ha subordinato l'efficacia della richiesta alla concessione della sospensione condizionale della pena. 2. - L'imputato e' ultraottantenne e tale situazione esisteva sia alla data del reato in contestazione sia, evidentemente, quando ebbe inizio il procedimento penale che egli vuole definire col patteggiamento. Cio' ha comportato necessariamente che il certificato del casellario giudiziale acquisito agli atti abbia dato conto dell'assenza di qualsiasi iscrizione. Infatti, l'art. 5, comma 1, d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, prescrive che «le iscrizioni nel casellario giudiziale sono eliminate al compimento dell'ottantesimo anno di eta'.». L'obbligatoria eliminazione delle eventuali iscrizioni nel casellario giudiziale non consente percio' di verificare se e quali iscrizioni relative all'imputato vi fossero nel medesimo casellario prima che Giovanni Atzeni compisse gli ottanta anni di eta' e tanto meno se, fra il suo ottantesimo compleanno e la data odierna, siano stati emessi provvedimenti che, ai sensi dell'art. 3, d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, di norma devono essere iscritti nel casellario giudiziale. Si determina, pertanto, per i soggetti ultraottantenni, un trattamento difforme rispetto a quello riservato ai soggetti di eta' inferiore agli ottanta anni. Per questi ultimi, dalle iscrizioni nel casellario giudiziale possono derivare effetti di natura sostanziale o processuale: solo a titolo di esempio si possono citare l'incidenza dei precedenti penali sulla valutazione della capacita' a delinquere e quindi della determinazione della pena (art. 133 c.p.); la contestazione e l'applicazione della recidiva (art. 99 c.p.); l'impossibilita' di accedere all'oblazione discrezionale (art. 162-bis c.p.) o al patteggiamento «allargato» (art. 444, comma 1-bis, c.p.p.); l'impossibilita' di beneficiare della sospensione condizionale della pena (art. 164, commi 2 e 4, c.p.) e della non menzione della condanna (art. 175 c.p.); la possibilita' di dichiarare il colpevole delinquente abituale o professionale (artt. da 102 a 105 c.p.). Invece, il citato art. 5, d.P.R. n. 313/2002 priva il giudice del piu' importante - e in genere unico - strumento di conoscenza idoneo a legittimare anche per gli ultraottantenni la produzione dei medesimi effetti giuridici. E' vero che la disposizione richiamata concerne soltanto la eliminazione delle iscrizioni dal casellario giudiziale e, in teoria, non fa venir meno gli effetti - in gran parte, ma non sempre, pregiudizievoli - che la legge riconnette alle pronunce giurisdizionali indicate nell'art. 3, d.P.R. 313/2002. Tuttavia, si e' appena accennato al fatto che il certificato del casellario giudiziale e' nella grande maggioranza dei casi l'unico strumento di cui il giudice dispone per conoscere la storia personale dell'imputato, quanto meno sotto il profilo della esistenza di provvedimenti giurisdizionali del tipo di quelli menzionati nell'art. 3 or ora richiamato. D'altronde, che lo stesso legislatore attribuisca al certificato del casellario giudiziale una funzione conoscitiva del tutto peculiare e privilegiata emerge inequivocabilmente dall'art. 110 norme att. c.p.p., che impone alla segreteria del pubblico ministero di acquisire il certificato in questione «non appena il nome della persona alla quale il reato e' attribuito e' stato iscritto nel registro indicato nell'art. 335 del codice» e dall'art. 431 c.p.p., che prescrive l'obbligatoria inserzione nel fascicolo per il dibattimento, fra l'altro, del certificato generale del casellario giudiziale. Ed e' appena il caso di osservare come l'esigenza del legislatore, cosi' precisamente espressa nelle disposizioni da ultimo citate, di mettere sempre e in modo tempestivo il pubblico ministero e il giudice a conoscenza delle notizie sull'indagato/imputato desumibili dal casellario giudiziale sia inspiegabilmente frustrata, per i soggetti ultraottantenni, dall'eliminazione delle iscrizioni prescritta dall'art. 5, d.P.R. n. 313/2002. Ne' puo' ritenersi che il vuoto conoscitivo appena prospettato possa essere in qualche misura surrogabile con iniziative di natura istruttoria. Cio', in primo luogo, perche' in molti casi (come in presenza di richieste di applicazione di pena, di decreto penale di condanna e di oblazione ai sensi dell'art. 162-bis c.p.), il giudice e' privo di poteri di integrazione probatoria. In secondo luogo perche', comunque, anche a ritenere che degli accertamenti al riguardo possano essere svolti dal giudice o almeno dal pubblico ministero, si tratterebbe comunque di complesse e impegnative ricerche da indirizzare alla cieca verso tutti gli uffici giudiziari italiani. Tali ricerche paiono d'altronde incompatibili con le esigenze di snellezza procedimentale e di rapidita' fatte proprie dal legislatore con l'introduzione e l'incentivazione di riti alternativi quali il patteggiamento, il giudizio abbreviato e il decreto penale di condanna o di una causa di estinzione del reato come l'oblazione discrezionale. E' poi assai raro che dagli stessi atti del procedimento emergano elementi sicuri per una ricostruzione precisa dei provvedimenti giurisdizionali, rilevanti ai sensi dell'art. 3, d.P.R. n. 313/2002, pronunciati a carico dell'imputato; e' invece frequente o l'assenza di qualsiasi notizia (come nel caso del presente procedimento contro Giovanni Atzeni) o una generica attribuzione all'imputato, da parte della polizia giudiziaria, della qualifica di «pregiudicato», non ancorata ad alcuna informazione dettagliata. L'art. 5, d.P.R. n. 313/2002 determina dunque per il soggetto ultraottantenne una situazione di apparenza che puo' risultare fallace perche' la stessa fonte privilegiata di conoscenza imposta dal legislatore (il certificato del casellario da acquisire sempre agli atti) non da' conto delle effettive vicende giudiziarie di quel soggetto. Tale situazione condiziona in misura significativa - fino a impedirne o a condizionarne pesantemente, di fatto, alcune - le valutazioni che il giudice e' tenuto a compiere, differenziandole da quelle che il giudice compie quando si occupa di soggetti di eta' inferiore agli ottanta anni. In caso di richiesta di applicazione di pena - situazione che si presenta nel procedimento ora all'esame di questo giudice - l'esistenza e la natura delle eventuali iscrizioni nel casellario giudiziale assumono un indubbio rilievo, in linea generale: quanto alla applicazione e alla comparazione delle circostanze: si pensi all'incidenza di precedenti condanne in relazione all'applicazione delle attenuanti generiche ai sensi dell'art. 62-bis c.p. o della recidiva ai sensi dell'art. 99 c.p. o in relazione al giudizio di prevalenza o equivalenza delle attenuanti rispetto ad eventuali aggravanti in contestazione; quanto al giudizio di congruita' della pena richiesta: l'art. 133, comma 2 c.p. prescrive che, nella determinazione della pena, il giudice tenga conto della capacita' a delinquere del soggetto e questa deve essere desunta, fra l'altro, da elementi significativi quali i precedenti penali, la condotta e la vita antecedente al reato; quanto alla possibilita' di concedere la sospensione condizionale della pena: cio' sia sotto il profilo della prognosi che il giudice deve effettuare ai sensi dell'art. 164, comma 1 c.p., sia, preliminarmente, sotto il profilo dell'ammissibilita' della sospensione condizionale per insussistenza delle cause ostative previste dall'art. 164, commi 2 e 4 c.p. Infatti, in forza dell'art. 444, comma 3, secondo periodo, qualora l'imputato abbia condizionato l'efficacia della richiesta di applicazione della pena alla concessione della sospensione condizionale, il giudice, se ritiene che questa non sia concedibile, deve rigettare la richiesta. E' evidente che, qualora si riscontri l'esistenza di impedimenti formali ai sensi dell'art. 164, commi 2 e 4 c.p., il rigetto della richiesta, piu' che un provvedimento sul merito della stessa, si configura di fatto come una verifica dell'inammissibilita' della richiesta. 3. - Ad avviso di questo giudice, l'art. 5, comma 1, d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, concreta, con riferimento ai soggetti ultraottantenni, una situazione di dubbia compatibilita' col precetto costituzionale di uguaglianza sancito dall'art. 3 Cost. Soltanto in virtu' del compimento degli ottanta anni di eta', prima della data del reato in contestazione o comunque prima della data di acquisizione del certificato del casellario giudiziale, un soggetto appare immune da iscrizioni nello stesso casellario e in tal modo - complice l'impossibilita' per il giudice di ricorrere a strumenti conoscitivi surrogatori del certificato del casellario giudiziale - puo', in ipotesi, trarre vantaggio da tale situazione, anche aggirando specifici limiti o divieti previsti dalla legge. L'incensuratezza apparente e fittizia puo' tuttavia risolversi addirittura in un gravissimo danno per l'imputato ultraottantenne. Cio' puo' avvenire, per esempio, quando una richiesta di applicazione di pena sia presentata e concordata col pubblico ministero da un difensore munito di procura speciale che, rassicurato dal certificato del casellario attestante l'assenza di iscrizioni, patteggi una pena che solo in seguito risulti non suscettibile di sospensione condizionale ed esponga quindi il suo assistito, in forza dell'art. 168, comma 3, c.p., una revoca del beneficio concesso sulla base del certificato non corrispondente alla «storia giudiziaria» dell'imputato. Tutto cio', come si e' gia' osservato, non si verifica per i soggetti di eta' inferiore agli ottanta anni, in relazione ai quali la rappresentazione del certificato del casellario giudiziale e' di norma conforme alla realta', salvi i casi marginali dei sempre possibili errori e dei ritardi nelle iscrizioni di provvedimenti recenti. Poiche' non pare esservi una significativa differenza fra un soggetto cui manchino pochi giorni al compimento degli ottanta anni di eta' e un altro soggetto che tale eta' abbia appena compiuto; poiche' nessun significato particolare e' ricollegabile alla soglia degli ottanta anni, che pare determinata dal legislatore in modo arbitrario, senza alcun riferimento a situazioni giuridicamente rilevanti (come avviene invece, ad esempio, per il superamento della soglia dei diciotto anni, che determina il passaggio alla maggiore eta); poiche', inoltre, nell'ambito di un procedimento, puo' essere del tutto casuale che il certificato del casellario sia acquisito prima o dopo il curioso e arbitrario spartiacque previsto dalla disposizione qui criticata, si ritiene che la disparita' di trattamento non sia ragionevole e che quindi la questione di costituzionalita' dell'art. 5, d.P.R. n. 313/2002 in rapporto al principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 Cost. non sia manifestamente infondata. Peraltro, si deve osservare che l'eliminazione delle iscrizioni per gli ultraottantenni poteva trovare qualche spiegazione quando la speranza media di vita della popolazione italiana era assai inferiore agli ottanta anni e l'organizzazione del casellario giudiziale, basata sulla gestione di una gran mole di documenti cartacei, era assai complessa. L'eliminazione delle iscrizioni relative a soggetti che, in gran parte, potevano presumersi ormai defunti, corrispondeva a comprensibili esigenze di alleggerimento delle attivita' amministrative di gestione del casellario. Oggi invece si assiste al fenomeno del progressivo innalzamento dell'eta' media della popolazione e il raggiungimento della soglia degli ottanta anni non e' riservato a un numero minimo di persone; a cio' fa riscontro un ruolo attivo di molti soggetti ultraottantenni nella vita economica e sociale, addirittura nelle piu' elevate sedi istituzionali. Inoltre il casellario giudiziale puo' contare oggi sul fondamentale supporto dei sistemi informatici che ne rendono piu' agevole l'organizzazione e la gestione. Possono percio' ritenersi del tutto cessate le motivazioni indussero il legislatore del 1930 a prescrivere l'eliminazione delle iscrizioni relative agli ultraottantenni con l'art. 605 del vecchio codice di procedura penale, disposizione poi ripresa, evidentemente senza una riflessione sulla permanenza delle esigenze a suo tempo prese in considerazione, dall'art. 687 del nuovo codice di rito e poi dal legislatore del d.P.R. n. 313/2002 che ha aggiornato le disposizioni in tema di casellario giudiziale. 4. - La questione di costituzionalita' appena prospettata e' senz'altro rilevante nel procedimento. Ribadito che, essendo stata formalizzata dalle parti la richiesta di patteggiamento, al giudice e' inibita qualsiasi attivita' istruttoria funzionale a rimediare al difetto di conoscenza derivante dalla eliminazione dal casellario giudiziale delle eventuali iscrizioni relative all'imputato, va premesso che l'esame degli atti consente di escludere l'applicabilita' dell'art. 129 c.p.p. e impone di verificare la accoglibilita' della richiesta di applicazione di pena sulla scorta dei parametri stabiliti dall'art. 444, comma 2, c.p.p. Al riguardo, si deve osservare che l'impossibilita' di conoscere dal certificato del casellario giudiziale se siano stati pronunciati a carico di Giovanni Atzeni provvedimenti del tipo di quelli indicati nell'art. 3, d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, preclude a questo giudice di compiere in modo rigoroso le valutazioni, obbligatorie ai sensi dell'art. 444, comma 2, c.p.p., concernenti: la comparazione dell'attenuante indicata dalle parti (art. 609-bis, comma 3 c.p.) con l'aggravante in contestazione (art. 609-ter, comma 1 n. 1, c.p.). Infatti, mentre il giudizio sulla corretta applicazione dell'attenuante puo' essere effettuato sulla scorta degli elementi di fatto desumibili dagli atti, soltanto un certificato del casellario giudiziale che non riporti una incensuratezza esclusivamente apparente - in assenza, fra l'altro, di qualsiasi informazione, nel fascicolo, circa la storia personale dell'imputato ed eventuali condanne penali da lui riportate - puo' permettere di verificare l'effettiva immunita' dell'imputato da precedenti condanne ovvero l'eventuale pronuncia nei suoi confronti di provvedimenti che possono incidere sulla valutazione di prevalenza dell'attenuante. Tale verifica appare essenziale poiche' gli eventuali trascorsi penali dell'imputato potrebbero indurre il giudice a ritenere corretta ovvero non corretta la prospettazione di prevalenza dell'attenuante speciale: appare obiettivamente rilevante, per esempio, accertare se Atzeni abbia riportato, e in quale momento della sua lunga vita, condanne, o anche proscioglimenti per infermita' di mente, in relazione a reati della stessa indole di quello per cui si procede o a reati contro la persona; la congruita' della pena richiesta. Si tratta di situazione analoga a quella appena esaminata. E' evidente che l'impossibilita' di conoscere la storia effettiva dell'imputato con riferimento alla eventuale pronuncia di provvedimenti riconducibili all'art. 3, d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, impedisce al giudice di valutare un aspetto fondamentale nell'ottica dell'art. 133 c.p. Infatti, il parametro della storia personale antecedente al reato assume un notevole peso specifico nel giudizio sulla capacita' a delinquere dell'imputato e la circostanza che egli abbia o meno riportato condanne penali ha una diretta incidenza sulla formulazione di tale giudizio. L'immunita' effettiva da precedenti penali puo' essere un elemento di grande importanza in caso di persona di eta' avanzata, perche' sintomatica di una lunga esistenza condotta nel rispetto della legge penale, e potrebbe addirittura legittimare un giudizio di incongruita' per eccesso della pena richiesta. Al contrario, la molteplicita', la specificita' o la data recente dei precedenti penali potrebbe far ritenere incongrua per difetto pena concordata dalle parti; la concedibilita' della sospensione condizionale della pena. In questo caso, l'incensuratezza apparente dell'imputato ultraottantenne puo' condurre a esiti che si pongono in radicale conflitto con la volonta' del legislatore. In forza della eliminazione delle iscrizioni nel casellario giudiziale si potrebbe infatti accordare il beneficio dell'art. 163 c.p. a un soggetto che non potrebbe goderne (per esempio, per averne gia' goduto due volte o per avere riportato una condanna alla pena della reclusione che, cumulata alla pena oggi richiesta, superi il limite dell'art. 163, comma 3, c.p.) e, correlativamente, si pronuncerebbe una sentenza di patteggiamento in violazione dell'art. 444, comma 3, secondo periodo, c.p.p. E' percio' indiscutibile, ad avviso di questo giudice, l'ostacolo non superabile alla decisione sulla richiesta di applicazione della pena imposto dalla obbligatoria eliminazione delle iscrizioni nel casellario giudiziale al compimento dell'ottantesimo anno di eta'. E' appena il caso di osservare che, qualora l'imputato non fosse ultraottantenne o fosse stato acquisito agli atti un certificato del casellario di epoca precedente al compimento degli ottanta anni, le preclusioni di cui si e' discusso non sussisterebbero e il giudice potrebbe operare le valutazioni sulla comparazione attenuante-aggravante, sulla congruita' della pena e sulla concedibilita' della sospensione condizionale della pena sulla base di un certificato del casellario rispondente, con elevata probabilita', alla effettiva storia personale di Giovanni Atzeni. Si tratta, come si e' gia' sottolineato, di una disparita' di trattamento priva di giustificazione razionale e dunque in conflitto col principio costituzionale di uguaglianza. 5. - Precisati i termini della questione di costituzionalita' sollevata d'ufficio e la sua rilevanza per la decisione sulla richiesta di applicazione di pena presentata dalle parti, pare opportuno accennare a tre ulteriori profili peculiari che, ad avviso di questo giudice, fanno risaltare ancora di piu' l'irragionevolezza della disparita' di trattamento tra soggetti infra e ultraottantenni determinata dall'art. 5, d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313. La disposizione criticata impedisce al pubblico ministero di contestare e al giudice di accertare, nei procedimenti a carico di imputati ultraottantenni, la sussistenza dei presupposti per l'applicazione della recidiva (nelle sue varie forme), per le dichiarazioni di abitualita' e professionalita' nel reato e per l'inammissibilita' dell'oblazione discrezionale derivante da recidiva reiterata o da una delle dichiarazioni predette. E' bene sottolineare che la legge penale sostanziale non ha previsto in proposito alcuna condizione di favore per i soggetti di eta' avanzata, come pure sarebbe stato possibile e come, invece, il legislatore ha fatto, per esempio, per la sospensione condizionale della pena, stabilendo un limite piu' ampio (due anni e sei mesi contro il limite ordinario di due anni) per gli infraventunenni e per gli ultrasettantenni. Appare dunque irragionevole che l'art. 5 citato introduca surrettiziamente, ad esclusivo e inspiegabile vantaggio degli ultraottantenni, un ostacolo formidabile all'applicazione di norme penali che interessano, in modo indiscriminato, la generalita' dei soggetti imputabili, compresi i minorenni, ai quali invece il legislatore penale riserva trattamenti sanzionatori piu' favorevoli. Si e' gia' parlato degli effetti paradossali e clamorosamente contrari alla volonta' del legislatore che, a causa della prescrizione contenuta nell'art. 5, d.P.R. n. 313/2002, possono concretarsi nei procedimenti a carico di ultraottantenni relativamente alla sospensione condizionale della pena: applicazione del beneficio in violazione del limite di pena previsto dall'art. 163 c.p. o delle cause ostative previste dall'art. 164, comma 2, c.p.; pronuncia della sentenza di applicazione di pena anche quando la richiesta, subordinata alla concessione della sospensione condizionale, avrebbe invece dovuto essere rigettata per l'impossibilita' di concedere il beneficio. Proprio a causa di un ulteriore effetto distorsivo determinato dall'applicazione dell'art. 5, d.P.R. n. 313/2002 nei confronti degli ultraottantenni, pare poi difficilmente praticabile, pur a fronte di una concessione indebita avvenuta in presenza di cause ostative, la revoca contemplata dall'art. 168, comma 3, c.p. Infatti, davanti a un certificato del casellario giudiziale attestante un'assenza di iscrizioni non corrispondente alle condanne in realta' riportate dall'interessato, il pubblico ministero non e' messo in grado di richiedere e il giudice, anche d'ufficio, non puo' disporre la revoca delle sospensioni condizionali concesse malgrado la sussistenza di cause ostative. Si puo' aggiungere che nemmeno per la sospensione condizionale della pena, a parte il piu' ampio limite di pena previsto per gli ultrasettantenni, e' stato stabilito un trattamento piu' favorevole per le persone che abbiano maturato gli ottanta anni di eta' e che gli effetti vantaggiosi di cui si e' detto non paiono fondati su ragioni peculiari opportunamente valutate dal legislatore penale ma derivano, in modo surrettizio, dalla scelta, priva di ragionevolezza, di differenziare gli ultraottantenni da tutti gli altri soggetti imputabili di eta' inferiore agli ottanta anni quanto al regime delle iscrizioni nel casellario giudiziale. Un'altra situazione di ingiustificato e irragionevole vantaggio per i soggetti ultraottantenni deriva, a causa della disposizione qui censurata, quanto alla possibilita' di accesso al cosiddetto «patteggiamento allargato». Il comma 1-bis dell'art. 444 c.p.p. esclude che possano ricorrere all'applicazione di una pena superiore a due anni di reclusione e fino al limite di cinque anni, oltre che gli imputati per reati ritenuti particolarmente gravi, «coloro che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali e per tendenza, o recidivi ai sensi dell'art. 99, quarto comma, del codice penale». E' evidente che l'eliminazione delle iscrizioni dal casellario giudiziale puo' consentire a ultraottantenni per i quali ricorrano tali cause ostative di far valere una fittizia incensuratezza e di aggirare il divieto normativo accedendo cosi', abusivamente ma con la complicita' del fallace certificato del casellario giudiziale, a un rito speciale che garantisce riduzioni di pena di assoluto rilievo (fino a un terzo su una pena base che puo' arrivare a ben sette anni e sei mesi di reclusione) per reati comunque di notevole gravita' (si pensi al tentativo di omicidio, alla rapina o all'estorsione aggravate o alla violenza sessuale). Anche in questo caso non si comprende quale ragione vi sia per differenziare un soggetto che abbia compiuto ottanta anni di eta' da uno che tale eta' non abbia ancora raggiunto, soprattutto quando si pensi alla notevole entita' della differenza sul piano sanzionatorio e sul piano degli ulteriori benefici derivanti dall'accesso al rito speciale.