ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 91, comma 1,
lettera a)  del  d.P.R.  30 maggio  2002,  n. 115  (Testo unico delle
disposizioni  legislative  e  regolamentari  in  materia  di spese di
giustizia),  promossi  con  ordinanze  del 13 maggio 2004 dalla Corte
d'appello  di  Torino  e  del 6 maggio 2004 dal giudice per l'udienza
preliminare del Tribunale di Venezia nei procedimenti penali a carico
di  F.  B.  e  di  D.  F.  F.  ed altri iscritte ai nn. 723 e 934 del
registro  ordinanze  2004 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica nn. 38 e 48, 1ª serie speciale, dell'anno 2004.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 6 aprile 2005 il giudice
relatore Alfio Finocchiaro.
    Ritenuto che, con ordinanza del 13 maggio 2004 la Corte d'appello
di  Torino  ha  sollevato,  in  riferimento all'art. 24, terzo comma,
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 91,  comma 1, lettera a), del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115
(Testo  unico  delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in
materia  di spese di giustizia), secondo cui l'ammissione al gratuito
patrocinio  e'  esclusa per l'indagato, l'imputato o il condannato di
reati   commessi   in  violazione  delle  norme  per  la  repressione
dell'evasione  in  materia  di  imposte  sui  redditi  e  sul  valore
aggiunto;
        che,  rileva  il  rimettente,  B. F. aveva presentato ricorso
contro  il  provvedimento  di altra sezione della Corte d'appello che
aveva rigettato la sua istanza di ammissione al gratuito patrocinio;
        che  il  ricorrente  era  stato condannato per i reati di cui
agli  artt. 8 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 (Norme generali per la
repressione  delle violazioni delle norme finanziarie), 110 cod. pen.
e  4  lettera d), del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429 (Norme per
la  repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul
valore  aggiunto  e  per  agevolare  la definizione delle pendenze in
materia tributaria), convertito, con modificazioni, in legge 7 agosto
1982, n. 516, per avere emesso fatture per operazioni inesistenti nei
confronti  di  diverse  societa'  negli  anni 1995  e  1996  e  aveva
documentato  i  requisiti  reddituali richiesti dal d.P.R. n. 115 del
2002 per ottenere il gratuito patrocinio;
        che,    pertanto,    la    decisione   della   questione   di
costituzionalita'   e',  ad  avviso  del  rimettente,  rilevante  nel
giudizio a quo;
        che,   quanto  alla  non  manifesta  infondatezza,  la  Corte
d'appello  rileva che il legislatore costituzionale ha previsto, come
unico  requisito per l'ammissione al gratuito patrocinio, lo stato di
non abbienza, con esclusione di ulteriori limitazioni (art. 24, terzo
comma,   della  Costituzione),  mentre  con  la  norma  impugnata  il
legislatore  ordinario  ha  apportato una deroga al principio sancito
dalla norma costituzionale;
        che  con  ordinanza del 6 maggio 2004 il giudice dell'udienza
preliminare  del  Tribunale  di  Venezia  ha  sollevato  questione di
legittimita'   costituzionale   della   stessa  norma  impugnata  con
l'ordinanza  di  cui  sopra,  in  riferimento  agli artt. 3, 24 e 27,
secondo comma, della Costituzione;
        che,  secondo  il rimettente, F. D. F., imputato del reato di
cui  all'art. 8 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei
reati  in  materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto), per
aver  emesso, al fine di consentire a terzi l'evasione fiscale, delle
fatture  relative  ad operazioni inesistenti, aveva chiesto di essere
ammesso  al  gratuito  patrocinio, e che la questione di legittimita'
costituzionale  aveva decisiva rilevanza nel processo, riguardando il
fondamentale diritto di difesa dell'imputato;
        che la norma costituzionale garantirebbe il diritto di difesa
dei  non  abbienti,  senza  alcuna  limitazione,  per cui non sarebbe
consentito  al legislatore escludere coloro che siano in possesso dei
requisiti  reddituali previsti solo perche' e' stato loro ascritto un
particolare tipo di reato;
        che   la   disposizione   impugnata   porrebbe,  invece,  una
presunzione  assoluta  per  cui chi e' indagato ovvero imputato di un
reato finanziario non possa essere in condizioni economiche disagiate
o,  comunque, non sia meritevole della tutela a spese dello Stato, in
contrasto  con  altra  disposizione costituzionale per cui la persona
non  puo'  essere considerata colpevole fino alla condanna definitiva
(art. 27,  secondo  comma,  della  Costituzione),  ed  in violazione,
altresi',  di  un  semplice  criterio  di ragionevolezza, giacche' e'
evidente  che  taluno  possa essere incriminato erroneamente e venire
poi assolto;
        che  la  limitazione  introdotta  dal  legislatore  creerebbe
inoltre,  a  giudizio del rimettente, un'ingiustificata disparita' di
trattamento   nei  confronti  degli  indagati  o  imputati  di  altre
violazioni  penali,  in  violazione  del  principio di cui all'art. 3
Costituzione;
        che,  nel  caso di specie, peraltro, sarebbe stata contestata
non  gia'  una  condotta  di  vera e propria evasione fiscale bensi',
sostanzialmente,  una  condotta  di  favoreggiamento dell'evasione di
altri;
        che  il  Presidente  del Consiglio dei ministri, intervenuto,
con  il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, nel giudizio
introdotto  con  l'ordinanza del Tribunale di Venezia, ha chiesto che
la questione venga dichiarata inammissibile o comunque infondata.
    Considerato  che  i  due  giudizi,  avendo ad oggetto la medesima
questione, vanno riuniti per essere decisi con unico provvedimento;
        che   i  provvedimenti  di  rimessione  omettono  di  fornire
qualsiasi  descrizione in ordine alle fattispecie concrete sottoposte
all'esame  dei  giudici  a  quibus,  dal momento che, in particolare,
l'ordinanza  del  giudice  dell'udienza  preliminare del Tribunale di
Venezia  non  accenna  alla  sussistenza  dei  presupposti reddituali
previsti  per la concessione del beneficio, mentre quella della Corte
d'appello  di  Torino  si  limita  ad  affermare  che  il  Fabbri «ha
documentato i requisiti reddituali richiesti dal d.P.R. n. 115/2002»,
senza  tenere  presente  l'insufficienza della sola documentazione al
predetto  fine, ove non avvalorata dal riferimento al tenore di vita,
alle  condizioni  personali  e  familiari e alle attivita' economiche
eventualmente  svolte  (art. 96, secondo comma, del d.P.R. n. 115 del
2002),  dal  momento  che,  come riconosciuto dalla giurisprudenza di
legittimita',  la  norma  impugnata,  nell'escludere il beneficio del
patrocinio  dello Stato limitatamente ad una particolare categoria di
reati,  presume,  non irragionevolmente, l'impossibilita' di verifica
delle  condizioni  economiche dell'autore sulla sola base documentale
(Cass. n. 31177 del 2004 e n. 2023 del 2000);
        che,  per costante giurisprudenza di questa Corte, il giudice
deve  rendere  esplicite  le  ragioni  che lo inducono a sollevare la
questione  di  costituzionalita' con una motivazione autosufficiente,
tale  da  permettere  la  verifica della valutazione sulla rilevanza,
cio'  che,  per le evidenziate lacune, non risulta possibile nei casi
di specie;
        che  tale  insufficienza  della  motivazione, non consentendo
alla Corte il controllo sulla rilevanza della questione nei giudizi a
quibus,  determina  la  manifesta  inammissibilita'  della  questione
sollevata  (cfr.,  ex plurimis, ordinanze n. 365, n. 309 e n. 257 del
2004).
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.