IL TRIBUNALE

    In  relazione  alla  causa  iscritta  al  n. 1347/2001  del ruolo
generale  previdenza,  vertente  tra  f.lli Russo fu Natale S.a.s. di
Raffaele  Russo,  in  persona  del  legale  rapp. te pro tempore sig.
Raffaele  Russo,  elett. te domiciliato in Gragnano (Napoli) alla via
S.  Sebastiano  n. 1, presso lo studio dell'avv. Ferdinando Grammegna
che   lo   rappresenta   e   difende,   opponente,   e   societa'  di
Cartolarizzazione  dei  crediti  I.N.P.S.  (S.C.C.I.), in persona del
legale  rapp.  te  p.t.,  con sede in Roma alla via Giambattista Vico
n. 9,  rapp.ta e difesa dagli avv. Paolo Paolucci e Vincenzo Di Maio,
con  cui  elett.  te  domicilia  in Castellammare di Stabia, alla via
Raiola   n. 56,   presso   la   sede   I.N.P.S.,   opposti,   nonche'
concessionario del servizio nazionale di riscossione per la provincia
di  Napoli  -  Commissario  Governativo  Banco  di Napoli S.p.a. - in
persona  del  suo  legale  rapp.  te  pro tempore: domiciliato per la
carica in Napoli, alla via Nazario Sauro n. 17, convenuto contumace;

                            O s s e r v a

    Nell'ambito    del   presente   giudizio,   avente   ad   oggetto
l'opposizione   a   cartella   di   pagamento   concernente   crediti
previdenziali,  il procuratore della parte opponente ha sollevato una
serie   di   eccezioni   preliminari   relative   alla   legittimita'
costituzionale   di   alcune   norme   relative  al  procedimento  di
riscossione   coattiva  dei  crediti  degli  Enti  previdenziali;  in
particolare,  il  predetto  procuratore  ha  dedotto l'illegittimita'
costituzionale  dell'art. 24,  quinto  comma, del d.lgs. n. 46 del 26
febbraio 1999.
    Tra  le  varie  questioni  prospettate  dal difensore della parte
opponente,  ad  avviso dello scrivente, una in particolare appare non
manifestamente infondata e meritevole di un intervento chiarificatore
da parte della Corte costituzionale.
    Lo  scrivente  intende  riferirsi  alla possibilita' che l'intero
art.  24 del d.lgs. succitato sia in contrasto con l'art. 11, secondo
comma,   della   Costituzione,   cosi'  come  novellato  dalla  legge
costituzionale  23  novembre  1999, n. 2, norma che prevede che «Ogni
processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di
parita', davanti a un giudice terzo e imparziale.».
    Si  osserva,  infatti, che l'art. 24 d.lgs. n. 46 del 26 febbraio
1999  attribuisce  agli enti previdenziali - tra cui e' da annoverare
l'I.N.P.S.,  parte  del  presente giudizio, il potere di riscuotere i
propri  crediti  attraverso un titolo (il ruolo, da cui scaturisce la
successiva  cartella  di  pagamento) che si forma prima e al di fuori
del  giudizio,  e  in  forza  del quale l'Istituto puo' conseguire il
soddisfacimento  della  pretesa a prescindere da una verifica in sede
giurisdizionale  della  sua fondatezza, ed anzi anche quando essa sia
stata contestata.
    La  possibilita',  riconosciuta al debitore dal gia' citato comma
5, dell'art. 24, «di proporre opposizione al giudice del lavoro entro
il  termine  di  quaranta  giorni  dalla  notifica  della cartella di
pagamento»  impedisce  che  la  disposizione di legge in parola possa
essere  in  contrasto  con  l'art.  24  Cost.,  ma  e' anche vero che
probabilmente  le  posizioni da cui le parti iniziano il giudizio che
si  va  a  instaurare non sono di assoluta parita', cosi' come invece
richiederebbe il novellato art. 111 Cost.
    Detto  giudizio, infatti, inizia con un soggetto (con riferimento
al  caso  di  specie,  l'I.N.P.S.,  che non e' certamente un semplice
«operatore  economico  al  pari  di  altri»,  come  l'ha  definito il
procuratore  dell'opponente  nel  proprio ricorso, ma e' comunque una
parte processuale come lo e' un qualsiasi cittadino) il quale dispone
gia'  di un titolo esecutivo, formato al di fuori di qualsiasi vaglio
giurisdizionale, di cui il giudice puo' sospendere l'esecuzione, solo
per  «gravi  motivi» (cfr. art. 24, d.lgs n. 46/1999) e che e' di per
se'  idoneo  a  permettere  l'integrale soddisfacimento della pretesa
creditoria  anche  prima  che ne sia stata dichiarata con sentenza la
fondatezza.
    Questo  giudicante  non ignora le precedenti pronunzie con cui la
Corte  costituzionale  ha dichiarato legittime le norme relative alla
riscossione   coattiva  mediante  ruoli,  evidenziando  il  carattere
primario  dell'attivita' di recupero dei crediti dello Stato (e degli
Enti  pubblici  in  generale)  attraverso  un  sistema  celere  ed al
contempo incisivo, diretto a salvaguardare e tutelare i crediti delle
pubbliche   amministrazioni;  si  chiede,  tuttavia,  se  un  modello
processuale  come quello delineato dall'art. 24 del d.lgs. n. 46/1999
sia  compatibile  con  i  principi del giusto processo introdotti dal
novellato   art. 111  Cost.,  attesa  la  signifcativa  posizione  di
squilibrio da cui le parti fanno valere le rispettive pretese.
    E',  inoltre,  ben presente allo scrivente l'esistenza nel nostro
ordinamento di altre ipotesi in cui un titolo esecutivo viene formato
prima  dell'eventuale  processo  e al di fuori di qualsiasi controllo
giurisdizionale, come avviene, ad esempio, nel caso della cambiale.
    In  tali  ipotesi,  e  tuttavia,  alla  base del titolo esecutivo
stragiudiziale  vi e' un accordo tra creditore e debitore, mentre nel
caso  della  riscossione  mediante ruoli dei crediti previdenziali la
formazione  del  titolo  avviene  in  forza  di  un  atto di imperio,
unilaterale,  di un soggetto che nell'ambito del processo e' parte al
pari di qualsiasi cittadino.
    Va  altresi'  sottolineata  la differenza esistente tra l'attuale
procedimento  di  riscossione  dei  crediti  previdenziali  e  quello
risultante  dalla  normativa  precedentemente vigente, e segnatamente
dagli  artt. 444, 633 e segg., 642 c.p.c., nonche' dall'art. 1, comma
13, legge n. 11/1986
    Infatti,  anche  se  l'Istituto  di  previdenza  poteva  ottenere
l'emanazione  di un decreto ingiuntivo, provvisoriamente esecutivo ex
artt. 642  c.p.c.  e  1,  comma  13,  legge  31 gennaio  1986, n. 11,
comunque  la  sua  pretesa  creditoria  non  era  sottratta al vaglio
preventivo da parte del giudice, sia pure nei limiti della cognizione
sommaria  propria del procedimento monitorio, con conseguente aumento
delle  garanzie  del  cittadino  contribuente.  Pertanto, prima della
riforma  attuata  dall'Esecutivo sulla base della delega conferitagli
con  la  legge  n. 337/1998,  vi  era  comunque  l'emanazione  di  un
provvedimento  del  giudice,  emesso  inaudita  altera  parte,  ma in
relazione  al  quale  poteva  essere  instaurato  un  contraddittorio
differito.
     Nel sistema attualmente vigente, cosi' come delineato dal d.lgs.
n. 46/1999 (nonche' dai decreti legislativi n. 37/1999, n. 112/1999 e
n. 326/1999,  parimenti  emanati  in  attuazione  della delega di cui
sopra),  l'Istituto previdenziale dispone immediatamente di un titolo
esecutivo  che  si  forma  completamente  al  di  fuori  di qualsiasi
intervento  del  giudice,  mentre  e'  onere  del  cittadino proporre
ricorso giurisdizionale avverso tale titolo, nel ristretto termine di
quaranta  giorni (previsto, secondo l'orientamento prevalente, a pena
di   decadenza),   sulla  base  delle  sole,  sintetiche  indicazioni
contenute  nella  cartella  di  pagamento, senza potersi giovare, per
contestare  la pretesa creditoria dell'Istituto, della documentazione
depositata  unitamente al ricorso per decreto ingiuntivo (come invece
poteva  fare  prima della riforma), e rischiando, per l'incompletezza
dei  dati a sua disposizione, di incorrere nelle rigide preclusioni e
decadenze previste dagli artt. 442 e segg. c.p.c., come richiamano la
normativa dettata per le controversie individuali di lavoro.
    Vi  e',  pertanto,  il  fondato dubbio che il modello processuale
previsto dall'art 24, d.lgs.n. 46/1999 non assicuri la parita' tra le
parti,  quanto  meno  nella  fase  iniziale  del giudizio, e che tale
squilibrio  iniziale  possa  ripercuotersi  significativamente  anche
sull'andamento  complessivo  del  processo, condizionandone l'esito a
tutto vantaggio dell'istituto previdenziale.
    Si  osserva altresi' che la questione di cui sopra ha un'indubbia
rilevanza nel processo de quo, atteso che l'eventuale declaratoria di
illegittimita'  costituzionale  del  citato art. 24 determinerebbe la
caducazione  del  titolo  attraverso  cui  l'I.N.P.S.  ha azionato la
propria pretesa.
    Infatti,   venendo  meno  la  norma  attributiva  del  potere  di
procedere   alla   riscossione  coattiva  dei  crediti  previdenziali
mediante iscrizione a ruolo, la cartella esattoriale emessa proprio a
seguito  di  tale  iscrizione e oggetto dell'opposizione proposta non
potrebbe conservare alcuna validita' ed efficacia.
    Per  tutte le suesposte considerazioni, questo giudice ritiene di
dover  sospendere  il presente processo, ai sensi dell'art. 23, legge
n. 87/1953,  e  di dover rimettere gli atti alla Corte costituzionale
perche'  valuti  la  questione  sollevata  con  la presente ordinanza
avente   ad   oggetto   la  possibile  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 24,  d.lgs.  26  febbraio  l999,  n. 46  per  contrasto con
l'art. 111,  secondo  comma,  Cost., cosi' come novellato dalla legge
Costituzionale  23 novembre  1999,  n. 2,  ritenendosi tale questione
rilevante nei giudizio de quo e non manifestamente infondata.