ha pronunciato la seguente Sentenza nei giudizi di legittimita' costituzionale degli articoli 1, comma 4; 3; 4; 5, comma 1, 5, 6 e 7; da 6 a 20; 22, commi 1 e 5, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28 (Riforma della disciplina in materia di attivita' cinematografiche, a norma dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137) e degli articoli 1, commi 2 e 4, lettere a), c) e d); 3, commi 1, 2 e 3; 4; da 8 a 17; 19; 22, comma 1, lettere a), b), c) e d), 4 e 5 dello stesso decreto legislativo, promossi con ricorsi delle Regioni Emilia-Romagna e Toscana, notificati il 5 aprile 2004, depositati in cancelleria il 14 successivo ed iscritti ai nn. 45 e 46 del registro ricorsi 2004. Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 5 aprile 2005 il giudice relatore Ugo De Siervo; Uditi gli avvocati Giandomenico Falcon per la Regione Emilia-Romagna, Fabio Lorenzoni per la Regione Toscana e l'avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1. - La Regione Emilia-Romagna, con ricorso notificato il 5 aprile 2004 e depositato il 14 aprile 2004, ha impugnato numerose disposizioni del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28 (Riforma della disciplina in materia di attivita' cinematografiche, a norma dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137). 2. - La Regione premette che il provvedimento impugnato - il quale reca la disciplina amministrativa dell'attivita' cinematografica - benche' emanato sulla base della delega contenuta nell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 (Delega per la riforma dell'organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonche' di enti pubblici) avrebbe mantenuto «all'intervento pubblico nel settore il carattere accentrato che esso aveva nel precedente sistema», ancorche' il primo dei principi espressi in sede di delega fosse «l'adeguamento agli articoli 117 e 118 della Costituzione, ovviamente in relazione alla nuova formulazione della legge costituzionale n. 3 del 2001». L'assunto di fondo del ricorso e' che l'attivita' cinematografica, in quanto non ricompresa nell'elencazione contenuta nell'art. 117 Cost., sarebbe materia di competenza regionale residuale, ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost. La ricorrente prospetta poi due qualificazioni alternative, ma identiche quanto a conseguenze sul piano della disciplina delle competenze: ove si intendesse valorizzare il profilo imprenditoriale connesso all'attivita' cinematografica, la stessa andrebbe ricondotta in parte nella materia «industria» (per quanto attiene alla produzione dei film), in parte nella materia «commercio» (per quanto attiene alla distribuzione dei film ed alla gestione delle sale cinematografiche). Si tratterebbe, in entrambi i casi, di materie non nominate dall'art. 117 Cost., e dunque da ritenersi affidate alla competenza regionale residuale. In via subordinata, la Regione prende in considerazione l'ipotesi della sussunzione dell'attivita' cinematografica nella materia - di competenza concorrente - «promozione e organizzazione di attivita' culturali», evidenziando come anche in tale prospettiva sarebbero da mantener «fermi ed ugualmente validi» i motivi del ricorso; infatti, ad avviso della ricorrente, il legislatore delegato non avrebbe affatto tenuto conto della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), ma sarebbe intervenuto nella materia mantenendosi nella logica della competenza costituzionale statale su tutto cio' che riguarda il cinema e riconoscendo alle Regioni un ruolo del tutto marginale, peraltro in palese violazione del criterio direttivo di cui all'art. 10, comma 2, lettera a), della legge n. 137 del 2002. A sostegno dell'assunto formulato in via principale, la ricorrente ripercorre l'evoluzione normativa che ha interessato l'attivita' cinematografica, ponendo in evidenza come, a suo dire, tale evoluzione si caratterizzerebbe per un «processo di autonomizzazione dalla materia dei beni culturali». Originariamente, infatti, l'art. 49, comma 2, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), consentiva alle Regioni l'esercizio di funzioni amministrative in materia di attivita' cinematografica in quanto inclusa fra le «attivita' di promozione educativa e culturale». Tuttavia, la successiva disciplina avrebbe superato questa opzione qualificatoria, scorporando la materia dello «spettacolo» da quella dei «beni ed attivita' culturali»: il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), infatti, disciplina separatamente tali attivita', rispettivamente, nel capo VI e nel capo V del Titolo IV. Siffatto inquadramento sarebbe stato poi confermato dal d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300 (Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59), che ha mantenuto la distinzione fra le aree funzionali della «tutela, gestione e valorizzazione dei beni culturali e dei beni ambientali», e della «promozione dello spettacolo (attivita' teatrali, musicali, cinematografiche, di danza, circensi, dello spettacolo viaggiante), anche tramite la promozione delle produzioni cinematografiche, radiotelevisive e multimediali». Date le superiori premesse in punto di qualificazione dell'attivita' disciplinata dal d.lgs. n. 28 del 2004, con il ricorso vengono quindi censurate numerose disposizioni di tale provvedimento. 2.1. - Innanzitutto viene impugnato l'art. 1, comma 4, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. La disposizione in esame disciplina i compiti del Ministero per i beni e le attivita' culturali in materia di attivita' cinematografica. Tale disciplina, ad avviso della ricorrente, in quanto incentrata sulle nozioni di promozione e di coordinamento, per un verso, conterrebbe una qualificazione dei compiti del Ministero riduttiva rispetto alle analitiche attribuzioni contenute nelle disposizioni successive; e, per altro verso, pur nella sua qualificazione minimalista, risulterebbe comunque lesiva delle prerogative costituzionali delle Regioni. Le attivita' disciplinate dall'art. 1, comma 4, sarebbero da ricondurre in parte alla competenza legislativa piena delle Regioni (in relazione allo sviluppo ed al miglioramento della produzione cinematografica, da intendere quale materia autonoma), e in parte a quella concorrente, in relazione ai profili afferenti la materia «commercio con l'estero». Anche a voler riconoscere la competenza statale in materia di «promozione e organizzazione di attivita' culturali» e di «sostegno all'innovazione per i settori produttivi», in ogni caso, secondo la Regione, l'attribuzione ad organi statali di funzioni amministrative invaderebbe comunque la competenza regionale nell'allocazione delle funzioni amministrative in materie di competenza concorrente, al di fuori dell'ipotesi - quale quella esaminata dalla sentenza di questa Corte n. 303 del 2003 - in cui esigenze unitarie giustifichino l'intervento del legislatore statale (fatta salva, comunque, la necessita' dello strumento dell'intesa). Conclude, sul punto, la ricorrente, affermando che le funzioni amministrative disciplinate dall'art. 1, comma 4, spetterebbero alle Regioni, con particolare riferimento all'esercizio della vigilanza. 2.2. - La Regione Emilia-Romagna censura, inoltre l'art. 3 (tranne i primi due periodi del primo comma), l'art. 12 e l'art. 20, per violazione degli artt. 117, 118 e 119 Cost. L'art. 12, in particolare, istituisce presso il Ministero per i beni e le attivita' culturali il «Fondo per la produzione, la distribuzione, l'esercizio e le industrie tecniche», nel quale confluiscono le risorse esistenti nei fondi previsti dagli artt. 27 e 28 della legge 4 novembre 1965, n. 1213 (Nuovo ordinamento dei provvedimenti a favore della cinematografia), la percentuale relativa al cinema del Fondo unico dello spettacolo, di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163 (Nuova disciplina degli interventi dello Stato a favore dello spettacolo), ed altri fondi. Ad avviso della Regione, con tale previsione si sarebbe introdotto «un intervento diretto dello Stato a sostegno delle imprese operanti nel settore cinematografico», al di fuori del presupposto legittimante della rilevanza macroeconomica dell'intervento, come definita dalla sentenza di questa Corte n. 14 del 2004. Secondo un primo profilo, la mancata precisazione dell'entita' del Fondo disciplinato dall'art. 12 impedirebbe una valutazione della sua rilevanza macroeconomica da un punto di vista quantitativo. Inoltre, si osserva che le attivita' di cui all'art. 12, comma 3, lettere c) e d) del d.lgs. n. 28 del 2004 sono incluse - ad opera dell'art. 4, comma 3 - nel programma triennale, predisposto dalla Consulta territoriale per le attivita' cinematografiche ed approvato dal Ministro, contenente «l'individuazione, per ciascuna Regione, delle aree geografiche di intervento»; dunque, gli interventi in esame avrebbero carattere territorialmente limitato ad ambiti regionali definiti, il che costituirebbe un ulteriore elemento sintomatico per escluderne la rilevanza macroeconomica. Del resto, sotto un diverso profilo, l'attivita' cinematografica, pur se non priva di rilevanza sul piano economico-produttivo, tuttavia non potrebbe essere considerata, da un punto di vista «ontologico», un importante settore della politica economica statale, assimilabile a quello dell'agricoltura o dell'industria tessile. Tutti questi fattori escluderebbero che l'intervento statale possa trovare titolo nell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., sicche' l'istituzione del Fondo violerebbe gli artt. 117, 118 e 119, in relazione alla competenza delle Regioni ad orientare i finanziamenti nelle materie loro attribuite. A giustificazione di tale disciplina non sarebbe poi invocabile lo schema di cui alla sentenza n. 303 del 2003: sia per l'assenza del presupposto (esigenze unitarie, tali da attrarre le funzioni al livello statale), sia perche' mancherebbe comunque il coinvolgimento delle Regioni. I commi 4 e 5 dell'art. 12 sarebbero costituzionalmente illegittimi, in quanto prevedono meccanismi decisionali e gestionali, relativi alle quote del fondo, che escludono la partecipazione delle Regioni. Il comma 5 presenterebbe, quale ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale, la violazione dell'art. 117, sesto comma, Cost., in quanto prevederebbe «un potere sostanzialmente regolamentare», avuto riguardo ad un criterio non formale di individuazione della natura dell'atto (in argomento la ricorrente richiama la sentenza di questa Corte n. 88 del 2003). Dalla dedotta illegittimita' costituzionale dell'art. 12, discenderebbe l'illegittimita' costituzionale anche dell'art. 3 (ad eccezione dei primi due periodi del comma 1), nella parte in cui disciplina l'iscrizione, in elenchi informatici istituiti presso il Ministero, delle imprese cinematografiche, e nella parte in cui subordina a tale iscrizione l'accesso ai benefici di cui al richiamato art. 12. La disciplina dell'elenco delle imprese cinematografiche, stante il suo carattere di dettaglio, sarebbe incompatibile con il sistema costituzionale del riparto di competenze legislative fra Stato e Regioni: una volta esclusa la qualificazione della disciplina come afferente alla materia della «tutela della concorrenza», ne conseguirebbe l'illegittimita' delle disposizioni che disciplinano in dettaglio il presupposto dell'accesso ai benefici; l'illegittimita' costituzionale della disciplina in questione, comunque, dipenderebbe anche dalla mancata previsione di un'intesa con le Regioni quanto all'adozione del decreto di cui all'art. 3, comma 2. Infine, nello stesso gruppo di censure si colloca la prospettata illegittimita' costituzionale dell'art. 20, nella parte in cui prevede che la denuncia di inizio di lavorazione del film sia presentata al Direttore generale competente, «anziche' alla competente autorita' regionale, secondo discipline operative regionali». 2.3. - La ricorrente censura, in relazione agli artt. 3, 117 e 118 Cost., gli artt. 4, e 22, comma 5, del decreto legislativo impugnato. Questa censura, avente ad oggetto le disposizioni che regolano l'attivita' della «Consulta territoriale per le attivita' cinematografiche», e' articolata in piu' profili. In relazione all'art. 4, comma 3, lettere a) e b) - vale a dire alla disciplina del contenuto del programma triennale predisposto dalla Consulta - la ricorrente ne riconduce l'illegittimita' costituzionale alla censura proposta contro l'art. 12 e, in ogni caso, ove fosse riconosciuta la legittimita' della gestione centrale prevista da tale ultima disposizione, afferma che residuerebbe comunque il profilo della mancata previsione di un'intesa con le Regioni per la elaborazione ed approvazione del programma. In relazione all'art. 4, comma 3, lettera c), la ricorrente rinvia alle censure proposte contro l'art. 19 del decreto legislativo impugnato, di cui subito infra. Con riferimento, poi, al comma 5 dell'art. 4, che prevede un parere vincolante della Consulta per il rilascio dell'autorizzazione, da parte del Direttore generale competente, all'apertura di multisale con piu' di milleottocento posti (di cui all'art. 22, comma 5), ritiene la ricorrente che la disciplina si collochi nella materia del «commercio», di piena competenza regionale ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost., trattandosi di provvedimento autorizzatorio che ha riguardo unicamente ai profili commerciali dell'attivita', e non anche a quelli costruttivi o localizzativi connessi al profilo edilizio della disciplina dell'immobile nel quale detta attivita' si svolge. Dunque la previsione di funzioni amministrative statali in materia di competenza legislativa piena regionale o, in denegata ipotesi, di competenza concorrente, violerebbe gli artt. 117 e 118 Cost. Per un verso, infatti, non sarebbero individuabili esigenze unitarie, tali da legittimare l'intervento del legislatore statale nell'allocazione delle funzioni amministrative; per altro verso, la disposizione censurata sarebbe comunque incostituzionale, sotto il profilo della mancata previsione di un'intesa con le Regioni. Infine, la mancata previsione di una competenza regionale in ordine all'autorizzazione all'apertura delle multisale sarebbe altresi' irragionevole, essendo il livello di governo regionale quello piu' adatto ad operare le valutazioni propedeutiche al rilascio dell'autorizzazione, in considerazione della natura degli interessi implicati in tale ponderazione (profili urbanistici, programmazione regionale e locale in materia di commercio, determinazione del bacino d'utenza). Dalla ritenuta illegittimita' costituzionale dell'art. 22, comma 5, la Regione ricorrente inferisce l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 5, che rimarrebbe in tal modo privo di oggetto. In via subordinata, per l'ipotesi di riconosciuta competenza statale, ad avviso della ricorrente permarrebbe il profilo di incostituzionalita' relativo al fatto che il parere espresso dalla Consulta non varrebbe a surrogare lo strumento dell'intesa con le Regioni, in quanto in tale organo la rappresentanza regionale sarebbe «marginale». La denunciata illegittimita' costituzionale dell'art. 4 si estenderebbe inoltre al comma 6, che prevede la disciplina dell'organizzazione della Consulta, ad opera di un decreto ministeriale, escludendo ogni forma di coinvolgimento regionale. 2.4. - La Regione Emilia-Romagna censura l'art. 5, commi 1, 5 e 6, del d.lgs. n. 28 del 2004, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. Mancherebbero infatti esigenze unitarie per l'accentramento della funzione amministrativa di riconoscimento della nazionalita' italiana delle opere cinematografiche strumentale ai fini dell'ammissione ai benefici previsti dal decreto delle imprese nazionali di produzione. In ogni caso, l'art. 5, commi 1, 5 e 6 sarebbe illegittimo per il mancato coinvolgimento delle Regioni. Il comma 7 dell'art. 5, che non prevede funzioni amministrative statali ma disciplina il riconoscimento della nazionalita' italiana dei film agli effetti del conseguimento di contributi da parte degli esercenti di sale cinematografiche, e' invece censurato dalla ricorrente mediante un rinvio a quanto dedotto in relazione alle disposizioni del decreto legislativo che regolano i contributi statali. 2.5. - La ricorrente impugna, poi, l'art. 6 del d.lgs. n. 28 del 2004, deducendone l'illegittimita' costituzionale nella parte in cui prevede la stipula di accordi internazionali di reciprocita' relativi al riconoscimento come nazionali di opere cinematografiche realizzate in coproduzione con imprese estere. La norma censurata contrasterebbe, in particolare, con l'art. 117, nono comma, della Costituzione. Sul duplice presupposto della competenza legislativa regionale nella materia, e dell'interpretazione secondo la quale dall'insieme delle disposizioni contenute nell'art. 6 risulterebbe «che l'accordo internazionale e' concepito come concluso dallo Stato», la Regione ricorrente argomenta che, una volta stabiliti criteri uniformi per il riconoscimento alle coproduzioni internazionali della nazionalita' italiana, «dovrebbe spettare anche alle Regioni il potere di concludere accordi di coproduzione». In particolare, poi, i commi 6 e 8 dell'art. 6 sarebbero costituzionalmente illegittimi perche' prevedono funzioni amministrative statali in materia di competenza regionale senza un adeguato coinvolgimento delle Regioni, e in assenza di esigenze unitarie che possano legittimare una simile previsione. Il comma 7 dell'art. 6, sarebbe, inoltre illegittimo, in quanto conterrebbe una disciplina di dettaglio in materia non di competenza legislativa esclusiva dello Stato. 2.6. - La Regione Emilia-Romagna censura, in relazione agli artt. 117 e 118 Cost., anche l'art. 7 del d.lgs. n. 28 del 2004, il quale disciplina il riconoscimento dell'interesse culturale delle opere cinematografiche, anche mediante la previsione, in capo al Direttore generale competente, di poteri di deroga, da esercitarsi dietro parere della Commissione di cui all'art. 8, quanto alla valutazione della sussistenza dei requisiti previsti. Anche in questo caso, oggetto della censura non e' la predisposizione, con legge dello Stato, di criteri uniformi, ma la loro applicazione, in via amministrativa, da parte del Direttore generale del competente Ministero, al di fuori di alcuna esigenza unitaria che giustifichi l'assunzione da parte dello Stato di funzioni amministrative in materie non di competenza esclusiva statale, e comunque senza il necessario ed adeguato coinvolgimento delle Regioni. 2.7. - La Regione impugna, inoltre, l'art. 8, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. Tale disposizione regola l'istituzione ed il funzionamento della «Commissione per la cinematografia», prevedendone l'articolazione in due sottocommissioni, cui vengono attribuite le diverse funzioni della Commissione stessa. Fra tali funzioni vi e' quella di riconoscimento dell'interesse culturale delle opere cinematografiche e quella di promozione e di individuazione dei film d'essai. La partecipazione delle Regioni e' prevista (art. 8, comma 3) soltanto per la sottocommissione per la promozione e per i film d'essai. La censura in esame poggia sull'affermazione della illegittimita' costituzionale della allocazione al livello statale di funzioni amministrative in materia che non rientra nella potesta' legislativa esclusiva statale: da cio' discenderebbe l'illegittimita' delle disposizioni che regolano l'istituzione ed il funzionamento dell'organo attributario delle relative competenze. In via subordinata - nell'ipotesi cioe' in cui si considerasse conforme a Costituzione la allocazione al livello statale delle indicate funzioni amministrative, in nome di esigenze unitarie - la Regione ritiene comunque costituzionalmente illegittima la normativa denunziata in quanto: a) la Commissione dovrebbe comunque avere una composizione paritetica Stato-Regioni; b) il decreto ministeriale sulla composizione e sul funzionamento della Commissione dovrebbe essere adottato previa intesa. 2.8. - La ricorrente deduce, come ulteriore censura, la violazione degli artt. 117 e 118 Cost., ad opera dell'art. 9 del d.lgs. n. 28 del 2004, il quale disciplina l'individuazione dei requisiti delle opere cinematografiche che possono avere accesso ai benefici, l'accertamento di tali requisiti e le modalita' e condizioni di inserimento in tali opere di inquadrature di marchi e prodotti. Quest'ultimo profilo e' regolato dal comma 3 dell'art. 9, che viene ritenuto costituzionalmente illegittimo sia perche' detterebbe in materia norme di dettaglio, sia perche', nel rinviare ad un successivo decreto ministeriale, prevederebbe una normativa sostanzialmente regolamentare in materia di ritenuta competenza regionale, individuata nel «commercio» e, in particolare, nella «tutela del consumatore». L'illegittimita' costituzionale dei primi due commi dell'art. 9 sarebbe invece collegata dalla ricorrente ai vizi di cui si ritengono affette le norme «che prevedono i benefici in questione». 2.9. - La Regione Emilia-Romagna impugna, altresi', gli artt. 10 e 11, perche' in contrasto con gli artt. 3, 117, 118 e 119 Cost. Tali disposizioni disciplinano gli incentivi alla produzione e la loro liquidazione. Questa censura, analoga a quella proposta contro l'art. 12, poggia sull'assunto della illegittimita' costituzionale di disposizioni che prevedano interventi finanziari dello Stato in materie di competenza regionale, al di fuori dell'ipotesi - che la ricorrente ritiene non sussistente nel caso in esame - di rilevanza macroeconomica dell'intervento, prospettata da questa Corte nella sentenza n. 14 del 2004. In particolare, ritiene la Regione che non sia invocabile un simile titolo di legittimazione per il finanziamento statale in questione, in quanto esso sarebbe riservato «solo a una parte degli operatori del settore», non sarebbe «vincolato al reinvestimento in attivita' produttive», e sarebbe «destinato anche a persone fisiche che non svolgono attivita' d'impresa (regista e sceneggiatori)». Neppure sarebbe invocabile una giustificazione basata sul principio di sussidiarieta', non essendo individuabili esigenze unitarie tali da legittimare un simile intervento. Gli artt. 10 e 11, nel complesso, sarebbero dunque illegittimi perche' spetterebbe alle Regioni, nelle materie di loro competenza, «valutare gli interventi di sostegno da compiere». Inoltre, l'art. 10, comma 1, sarebbe illegittimo in quanto, nel disciplinare il procedimento di erogazione dei contributi, non prevede l'intesa con le Regioni. L'art. 10, comma 4, nel rinviare ad un successivo decreto ministeriale, da adottarsi senza il coinvolgimento delle Regioni (che invece dovrebbe essere previsto), istituirebbe un potere sostanzialmente regolamentare dello Stato in materia di ritenuta competenza regionale, cosi' violando l'art. 117, sesto comma, Cost. La disciplina dettata dall'art. 10, infine, sarebbe irragionevole, in violazione dell'art. 3 Cost., sotto il profilo della eterogeneita' funzionale fra il criterio individuato per la selezione delle opere destinatarie degli incentivi (legato agli incassi ottenuti), e la destinazione dei fondi liquidati a titolo di incentivo, il cui reinvestimento nella produzione di opere cinematografiche sarebbe soltanto eventuale (con conseguente trasformazione dell'incentivo in una sorta di «premio» ai film che hanno ottenuto maggiori incassi, al di fuori di una ragionevole giustificazione). 2.10. - La Regione Emilia-Romagna impugna, inoltre, gli artt. 13, 14, 15 e 16, per violazione degli artt. 117, 118 e 119 Cost. Le disposizioni censurate disciplinano i finanziamenti per le attivita' di produzione, distribuzione, esercizio e per le attivita' delle industrie tecniche, sostenuti dal Fondo di cui all'art. 12: di qui l'affermazione della ricorrente, secondo la quale l'illegittimita' delle disposizioni in esame discenderebbe dalla ritenuta illegittimita' costituzionale del citato art. 12. Quali autonome censure, inoltre, la ricorrente deduce il carattere di normativa di dettaglio degli artt. 13 e 14, per l'ipotesi - subordinata - che l'attivita' disciplinata da tali disposizioni (erogazione di contributi con finalita' di promozione di film di interesse culturale) non venga ricondotta alla materia dello «spettacolo», ma a quella della «promozione di attivita' culturali». Inoltre, si osserva che l'art. 13, comma 9, nel prevedere l'attribuzione di un «incentivo speciale» ad opera di una «apposita giuria composta da cinque eminenti personalita' della cultura, designate dal Ministro», escluderebbe completamente le Regioni dalla scelta relativa. L'art. 15, infine, che disciplina l'erogazione di contributi per la realizzazione di nuove sale, il ripristino di sale inattive, la trasformazione di sale esistenti, e per l'installazione, ristrutturazione e rinnovo delle apparecchiature, introdurrebbe una forma di intervento finanziario statale avente carattere territorialmente delimitato, e individuerebbe come destinatari i gestori di sale che non necessariamente proiettano film italiani. Questi due elementi sarebbero sintomatici dell'assenza di rilevanza macroeconomica dell'intervento. 2.11. - La ricorrente deduce poi la violazione degli artt. 117 e 118 Cost., ad opera dell'art. 17 del decreto legislativo impugnato. Questa disposizione prevede l'attribuzione, ad opera della giuria di cui all'art. 13, comma 9, di premi di qualita' alle opere cinematografiche che abbiano ricevuto un attestato di qualita' da parte del competente Direttore generale e demanda ad un successivo decreto ministeriale l'individuazione delle quote percentuali di ripartizione del premio fra le componenti che abbiano contribuito alla realizzazione dell'opera (impresa di produzione, regista, autore del soggetto, autore della sceneggiatura, autore del commento musicale, autore della fotografia cinematografica, autore della scenografia, autore del montaggio). Le relative risorse finanziarie sono individuate nel fondo di cui alla legge n. 163 del 1985. Tale disposizione, ad avviso della Regione, rappresenterebbe «soltanto la perpetuazione della precedente tradizione, risalente ad un periodo in cui le Regioni non avevano competenza costituzionale in materia». In ogni caso, rileverebbero specificamente a sostegno della illegittimita' costituzionale la mancanza di esigenze unitarie tali da legittimare l'allocazione al livello statale delle funzioni amministrative considerate, il mancato coinvolgimento delle Regioni nell'esercizio di tali funzioni, nonche', infine, la previsione di un potere sostanzialmente regolamentare in materia non di competenza legislativa esclusiva statale. 2.12. - Altra censura e' prospettata nei confronti dell'art. 18 del d.lgs. n. 28 del 2004, relativo alle associazioni nazionali e ai circoli di cultura cinematografica, per violazione dell'art. 117 Cost. La definizione di tali organismi contenuta nei primi due commi dell'art. 18 non avrebbe natura civilistica, di mera definizione di persone giuridiche di diritto privato, in quanto avrebbe la diversa funzione di individuare i destinatari degli interventi previsti dai commi successivi. Secondo la Regione, una simile previsione sarebbe legittima, quale espressione di un principio fondamentale, solo ove si ritenesse «che la relativa disciplina rientri nella promozione delle attivita' culturali». Inoltre, il comma 4, in base al quale «le associazioni e i circoli aderenti possono avvalersi, nell'ambito delle loro attivita', anche della riproduzione visivo-sonora da supporti video, ottici, elettronici, magnetici e digitali, previa adozione delle misure di tutela finalizzate ad evitare qualunque azione di sfruttamento illegale», non avrebbe alcun contenuto normativo, in quanto si limiterebbe a confermare la possibilita' di svolgere all'interno degli organismi in questione attivita' gia' ritenute lecite dall'ordinamento. Ancora, il comma 3 dell'art. 18, che prevede il potere dirigenziale di riconoscimento delle associazioni nazionali di cultura cinematografica, delle quali indica i requisiti di diffusione territoriale e di esperienza nel settore, sarebbe costituzionalmente illegittimo in quanto dovrebbe essere attribuita alle Regioni la competenza in materia di disciplina e di gestione amministrativa del riconoscimento delle associazioni, «eventualmente sulla base di principi fondamentali statali». In via subordinata, la disposizione in questione sarebbe illegittima perche', anche ove fosse ritenuta la competenza amministrativa statale nella materia in virtu' del principio di sussidiarieta' (cio' che la ricorrente peraltro contesta), la previsione risulterebbe comunque viziata a causa della mancanza di adeguati meccanismi di concertazione. Secondo la ricorrente, sarebbe illegittimo anche il comma 5 dell'art. 18, secondo cui alle associazioni nazionali viene concesso un contributo annuo, da prelevare sulle risorse di cui all'art. 19. Tale previsione non sarebbe riconducibile alla materia «tutela della concorrenza»: senza che in contrario possa rilevare la circostanza che le associazioni destinatarie dell'azione di sostegno operano in piu' Regioni. Infatti, la circostanza che l'ambito territoriale di operativita' di una impresa trascenda i confini regionali, non sarebbe ostativa al riconoscimento di un potere regionale di finanziamento delle attivita' svolte da soggetti aventi sede nel territorio della Regione, a meno che sussistano esigenze unitarie che tuttavia, nella fattispecie considerata, non sarebbero ravvisabili. Anche per il comma 5, come gia' per il comma 3, viene fatta valere, in via subordinata, la censura relativa alla mancata previsione di un'intesa, ove l'allocazione a livello statale delle funzioni amministrative considerate dovesse ritenersi legittima in virtu' di esigenze unitarie. Il comma 6, che prevede la possibilita' per le associazioni ed i circoli di assumere la gestione di sale cinematografiche riservate ai soci e di accedere alle provvidenze finanziarie ed alle agevolazioni creditizie previste a favore dell'esercizio cinematografico e della distribuzione di film, sarebbe illegittimo in quanto conterrebbe una normativa di dettaglio «in materia non di competenza esclusiva statale». 2.13. - La Regione Emilia-Romagna impugna, inoltre, in relazione agli artt. 117, 118 e 119 Cost., l'art. 19 del d.lgs. n. 28 del 2004, che disciplina la promozione delle attivita' cinematografiche. La ricorrente contesta la legittimita' della gestione a livello statale dei relativi contributi, rilevando anzitutto come la finalita' della disposizione in esame sia quella di promozione culturale, e non di sostegno alle imprese, con la conseguenza che «non potrebbe neppure invocarsi a fondamento la materia della tutela della concorrenza». In ogni caso, la ricorrente richiama le argomentazioni poste a fondamento della censura rivolta contro l'art. 12. Infine, non sarebbe ravvisabile alcuna esigenza unitaria, tale da giustificare l'allocazione di funzioni di amministrazione operata dal legislatore statale, anche in relazione a quelle attivita' promozionali, come la realizzazione di festival e rassegne di interesse nazionale ed internazionale, che si svolgono a livello nazionale, per la gia' affermata inidoneita' del carattere «nazionale» dell'attivita' a fungere da limite della competenza regionale. L'illegittimita' costituzionale dell'art. 19 implicherebbe poi quella dell'art. 4, comma 3, lettera c), concernente «l'individuazione degli obiettivi per la promozione delle attivita' cinematografiche di cui all'art. 19, comma 3, lettere b), c) e d)». In via subordinata, la Regione deduce comunque l'illegittimita' costituzionale dei commi 2, 3 e 5 dell'art. 19, i quali riconoscerebbero in capo allo Stato il potere di emanare atti sostanzialmente regolamentari in materie non di legislazione statale esclusiva, escludendo o prevedendo in termini insufficienti il coinvolgimento delle Regioni. Il comma 6 dell'art. 19, secondo il quale lo Stato autorizza le Regioni, le Province ed i comuni ad «attivare specifiche iniziative di sostegno alle produzioni cinematografiche che vengono realizzate nei territori di propria competenza», contrasterebbe con gli artt. 117 e 118 Cost. in quanto, per un verso, prevederebbe la concessione di un provvedimento abilitativo da ritenersi superfluo, e per altro verso limiterebbe illegittimamente l'attivita' regionale, che ben potrebbe avere ad oggetto non soltanto le produzioni cinematografiche realizzate all'interno del territorio regionale, ma anche quelle realizzate al di fuori di esso. 2.14. - Infine, la Regione Emilia-Romagna deduce la violazione degli artt. 117 e 118 Cost., ad opera dell'art. 22, comma 1, del decreto legislativo impugnato, la' dove e' previsto che «le regioni, con proprie leggi, disciplinano le modalita' di autorizzazione alla realizzazione, trasformazione ed adattamento di immobili da destinare a sale ed arene cinematografiche, nonche' alla ristrutturazione o all'ampliamento di sale e arene gia' in attivita', anche al fine di razionalizzare la distribuzione sul territorio delle diverse tipologie di strutture cinematografiche», secondo i principi fondamentali precisati dalla stessa disposizione. Lo Stato non avrebbe potuto dettare principi fondamentali in una materia di competenza legislativa primaria delle Regioni, individuata nella «regolazione della presenza dei cinema sul territorio». Secondo la ricorrente, infatti, ancorche' l'oggetto della disposizione sembrerebbe attenere ad una potesta' riconducibile alla materia edilizia, tuttavia i principi fissati, ai quali si dovrebbe attenere la futura legislazione regionale, intenderebbero invece «regolare e limitare l'attivita' economica di gestione dei cinema». Quest'ultima attivita', ad avviso della ricorrente, non tollererebbe una disciplina legislativa statale, neppure a livello di predisposizione di principi fondamentali. 3. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per l'infondatezza del ricorso, considerando che la disciplina dello «spettacolo» deve essere ricompresa nella categoria dei diritti civili e sociali, con conseguente riconduzione delle relative attivita' nella competenza legislativa esclusiva dello Stato concernente la «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» di cui all'art. 117, comma 2, lettera m), Cost. La difesa erariale, pur riconoscendo che lo spettacolo potrebbe essere considerato come materia innominata, come tale apparentemente riconducibile alla potesta' esclusiva delle Regioni, o al piu' alla potesta' concorrente relativa alla «promozione ed organizzazione di attivita' culturali», osserva tuttavia che le disposizioni della prima parte della Costituzione (artt. 7, 8, 9, 19, 21 e 33) «prendono in considerazione le attivita' culturali quale oggetto di diritti di liberta' civile». Un diverso titolo di legittimazione dell'intervento statale potrebbe individuarsi, secondo l'Avvocatura dello Stato, nella competenza statale esclusiva in materia di «tutela della concorrenza», come definita nella sentenza di questa Corte n. 14 del 2004. Questo rilievo consentirebbe di escludere la violazione dell'art. 119 della Costituzione ad opera delle disposizioni del d.lgs. n. 28 del 2004 che prevedono forme di finanziamento statale dell'attivita' cinematografica, o comunque interventi di sostegno in forma di contributo finanziario. Inoltre, la ripartizione costituzionale delle materie non escluderebbe che, per esigenze unitarie, correlate all'interesse nazionale, lo Stato garantisca un trattamento uniforme anche al di la' della ripartizione stessa, secondo la prospettiva indicata dall'art. 5 Cost. Secondo questa lettura, l'attribuzione alle Regioni della competenza in materia di promozione ed organizzazione di attivita' culturali, andrebbe «interpretata come affidamento alle Regioni di una competenza relativa alle attivita' culturali di mero interesse regionale». La difesa erariale sostiene inoltre che, in base al principio di sussidiarieta', e in applicazione dello schema ricostruttivo posto a fondamento della sentenza di questa Corte n. 303 del 2003, sarebbe legittima la allocazione a livello statale delle funzioni amministrative in materia di attivita' cinematografiche, giacche' tale materia sfuggirebbe «evidentemente ad ogni forma di territorializzazione degli interessi in essa coinvolti, se non per gli aspetti relativi alle sale cinematografiche». Pertanto, non sarebbe violato neppure l'art. 118 Cost. Le uniche esigenze riferibili ad un ambito non unitario sarebbero state quindi considerate, per un verso, dall'art. 22 del decreto legislativo impugnato, che rimanda alla legislazione regionale la disciplina delle modalita' di autorizzazione all'apertura delle sale cinematografiche; per altro verso, dalla previsione (art. 4) di un organo, la Consulta territoriale per le attivita' cinematografiche, la cui composizione garantisce adeguatamente il contemperamento dei diversi livelli di interessi coinvolti. 4. - Anche la Regione Toscana, con ricorso notificato il 5 aprile 2004 e depositato il 14 aprile 2004, ha impugnato numerose disposizioni del d.lgs. n. 28 del 2004. Premette la ricorrente che tale atto normativo e' stato approvato nonostante il parere negativo espresso, nella seduta del 26 novembre 2003, dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome e senza che fossero recepite le istanze espresse dalle autonomie regionali. L'esistenza di autonome funzioni amministrative delle Regioni in materia di attivita' di prosa, musicali e cinematografiche era gia' riconosciuta dall'art. 49 del d.P.R. n. 616 del 1977; successivamente, il d.lgs. n. 112 del 1998, agli artt. 148-156, aveva riconosciuto allo «spettacolo» un ambito distinto rispetto alle «attivita' culturali». Muovendo dalla considerazione che nel nuovo testo dell'art. 117 Cost. lo spettacolo non e' incluso ne' nelle materie attribuite alla potesta' legislativa esclusiva statale ne' in quelle per le quali e' prevista la potesta' concorrente dello Stato e delle Regioni, ritiene la ricorrente che esso rientrerebbe tra le materie riservate alla potesta' legislativa residuale delle Regioni. Ma anche laddove si ritenesse che lo spettacolo rientri nell'ambito delle attivita' culturali, di cui al terzo comma dell'art. 117 Cost., le disposizioni del d.lgs. n. 28 del 2004 sarebbero illegittime in quanto non si limiterebbero a dettare principi fondamentali, ma conterrebbero una disciplina di dettaglio, prevedendo procedure di erogazione di contributi e controlli sull'utilizzo di risorse che invece sarebbero rimessi alla legislazione regionale. Anche le materie dell'industria e del commercio, alle quali, almeno in parte, la disciplina censurata potrebbe afferire, spetterebbero alla competenza regionale. 4.1. - La Regione Toscana censura, anzitutto, l'art. 1, comma 2 e comma 4, lettere a), c) e d), per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. Benche' il comma 2 qualifichi le attivita' cinematografiche come di rilevante interesse generale, anche in considerazione della loro importanza economica ed industriale, cio' non costituirebbe titolo idoneo a legittimare la potesta' legislativa statale in materia. Il comma 4, che attribuisce al Ministero per i beni e le attivita' culturali compiti di promozione e coordinamento di iniziative per lo sviluppo e il miglioramento della produzione cinematografica, nonche' di vigilanza sugli organismi del settore, lederebbe le attribuzioni regionali in materia di spettacolo, industria e commercio, in base alle quali spetterebbe alle Regioni il coordinamento e la promozione delle attivita' attinenti al cinema, nonche' l'erogazione dei finanziamenti e il monitoraggio sull'utilizzo delle risorse. Le disposizioni censurate contrasterebbero altresi' con l'art. 118 Cost. in quanto l'attribuzione a livello centrale delle funzioni amministrative sopra dette non sarebbe giustificata dall'esigenza di esercizio unitario, ne' dai principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza. In ogni caso, la violazione dell'art. 118 Cost. conseguirebbe alla mancata adozione di procedure che assicurino comunque la partecipazione delle Regioni in quanto titolari di funzioni amministrative. Nel caso in esame, tale partecipazione avrebbe dovuto avvenire tramite una «intesa forte» tra Stato e Regioni, nel senso che il suo mancato raggiungimento avrebbe impedito la conclusione del procedimento, secondo quanto chiarito da questa Corte nella sentenza n. 303 del 2003 e nella sentenza n. 6 del 2004. 4.2. - La Regione Toscana censura poi l'art. 3, commi 1, 2 e 3, per violazione degli artt. 117, 118 e 119 Cost. Rileva la ricorrente che il comma 1 della disposizione impugnata prevede, quale condizione per l'ammissione delle imprese cinematografiche ai benefici economici previsti dal decreto, la loro iscrizione in appositi elenchi informatici istituiti presso il Ministero. Il comma 2 dispone che tali elenchi siano articolati in due categorie e il comma 3 dispone che il finanziamento sia determinato in modo differenziato sulla base di parametri da stabilirsi con apposito decreto ministeriale. La Regione sostiene che un sistema che accentri a livello ministeriale la gestione di tutti i finanziamenti contrasterebbe con l'art. 117 Cost. e non sarebbe neppure giustificabile in nome della sussidiarieta' ex art. 118 Cost. Inoltre, violerebbe l'art. 119 Cost., in base al quale i criteri di finanziamento dovrebbero essere disciplinati a livello regionale e le risorse dovrebbero essere previamente ripartite tra le Regioni. 4.3. - La ricorrente impugna, altresi', l'art. 4, il quale istituisce presso il Ministero la Consulta territoriale per le attivita' cinematografiche, presieduta dal Capo del Dipartimento per lo spettacolo e lo sport, e composta dal Presidente di Cinecitta' Holding s.p.a., da 4 membri designati dalle associazioni di categoria maggiormente rappresentative, da 3 rappresentanti delle Regioni designati dalla Conferenza Stato-Regioni, da 3 rappresentanti degli enti locali. La Consulta predispone un programma triennale, approvato poi dal Ministero, il quale, tra l'altro, individua per ciascuna Regione le aree geografiche ove realizzare nuove sale cinematografiche, il ripristino delle sale inattive, la trasformazione di quelle esistenti; individua le aree privilegiate di investimento e gli obiettivi per la promozione dell'attivita' cinematografica; svolge inoltre attivita' di consulenza per il Ministero ed esprime parere sulle richieste di autorizzazione all'apertura di multisale. Poiche' le attivita' cinematografiche atterrebbero a materie di competenza regionale, la previsione di un organismo, presso il Ministero, con compiti gestionali e di consulenza contrasterebbe con l'art. 117 Cost. in quanto lo Stato dovrebbe limitarsi, tutt'al piu', a dettare norme di principio. In subordine, la disposizione contrasterebbe con l'art. 118 Cost. in quanto il programma triennale interferirebbe con le competenze regionali attinenti all'attivita' cinematografica e pertanto sarebbe stata necessaria una «intesa forte» con le Regioni. A tal fine non potrebbe ritenersi sufficiente la previsione di taluni rappresentati delle Regioni in seno alla Consulta, stante il carattere marginale del loro ruolo, e il numero esiguo, pari a quello dei rappresentanti delle categorie associative. 4.4. - La Regione Toscana censura, ancora, l'art. 8 del d.lgs. n. 28 del 2004, il quale istituisce presso il Ministero la Commissione per la cinematografia, composta da due sottocommissioni: quella per il riconoscimento dell'interesse culturale e quella per la promozione e per i film d'essai. La disposizione impugnata, attribuendo a tali sottocommissioni rilevanti attivita' sia per quanto attiene al riconoscimento dell'interesse culturale dei film, sia per la promozione cinematografica, accentrerebbe in capo al Ministero tali funzioni in materia di spettacolo e industria, in violazione dell'art. 117 Cost. In contrasto con l'art. 118, poi, mancherebbero peraltro i presupposti perche' le funzioni amministrative di competenza regionale siano attratte allo Stato, non essendo stata prevista alcuna intesa con le Regioni. Ne' questa potrebbe in alcun modo ritenersi sostituita dalla partecipazione regionale in seno alle sottocommissioni, sia perche' tale partecipazione e' prevista, irragionevolmente, solo per la sottocommissione per la promozione e i film d'essai, sia perche', comunque, tale partecipazione sarebbe inidonea a ristabilire un equilibrio di competenze. Infine, la disposizione impugnata violerebbe l'art. 117, sesto comma, Cost. in quanto rinvia ad un futuro decreto ministeriale, di carattere regolamentare, la determinazione della composizione e delle modalita' di organizzazione e funzionamento delle sottocommissioni, mentre sarebbe impedito allo Stato di emanare regolamenti in materie che - come quella in esame - non sono riservate alla sua potesta' legislativa esclusiva. 4.5. - Ancora, la ricorrente censura gli artt. 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17 e 19 del d.lgs. n. 28 del 2004. Tutte tali disposizioni prevedono contributi ed agevolazioni per la produzione, la promozione, la distribuzione, l'esercizio delle attivita' cinematografiche, per i registi e per gli autori del soggetto e della sceneggiatura. Dunque intervengono nelle materie dello spettacolo e dell'industria, di competenza legislativa regionale. Gli incentivi previsti dall'art. 14, commi 2 e 3 del medesimo decreto legislativo, per le imprese di distribuzione nazionale e per quelle di distribuzione ed esportazione, attengono rispettivamente alla materia del «commercio», di competenza legislativa residuale regionale, e alla materia del «commercio con l'estero», di potesta' legislativa concorrente. In violazione dell'art. 119 Cost., il quale imporrebbe che i suddetti fondi fossero ripartiti tra le Regioni che dovrebbero poi disciplinare ed erogare i contributi, le disposizioni censurate prevederebbero finanziamenti diretti dello Stato a soggetti terzi. L'art. 12, inoltre, senza discutere con le Regioni i criteri, stralcia dal Fondo unico dello spettacolo (FUS) la quota prevista per il cinema, cosi' smembrando una parte rilevante del Fondo stesso. Tali forme di finanziamento diverrebbero uno strumento indiretto di ingerenza dello Stato nell'esercizio di funzioni regionali e di sovrapposizione di politiche governate centralmente rispetto agli indirizzi legittimamente decisi dalle Regioni in ambiti di propria competenza. L'art. 12, comma 3, lettera c), ancora, prevede che lo Stato finanzi la realizzazione di nuove sale o il ripristino di quelle inattive, nonche' l'adeguamento delle strutture e delle apparecchiature. L'art. 22 affida alle Regioni il compito di rilasciare le autorizzazioni per tali attivita'. Ad avviso della ricorrente il sistema cosi' delineato contrasterebbe con gli artt. 117, 118 e 119 Cost. e sarebbe inoltre irrazionale in quanto attribuirebbe alle Regioni la competenza legislativa e amministrativa per la realizzazione di nuove sale, ma allocherebbe al livello centrale la gestione del finanziamento delle relative attivita'. Inoltre, l'art. 10, comma 4, l'art. 12, commi 4 e 5, l'art. 17, commi 3 e 4, l'art. 19, commi 2 e 5, in quanto rimandano ad un futuro decreto ministeriale la determinazione delle modalita' e dei criteri per la ripartizione dei finanziamenti, violerebbero l'art. 117, sesto comma, Cost. Tali decreti, infatti, avrebbero natura regolamentare e dunque non sarebbero ammessi nelle materie in questione non riservate alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato. Le norme censurate, contrasterebbero altresi' con l'art. 76 Cost. per eccesso di delega: la legge delega, infatti, non prevedeva, tra i criteri direttivi, la possibilita' di stralciare una quota del FUS e disporne separatamente. Inoltre, permetteva di incidere sulla liquidazione dei contributi ma non di modificare i criteri di selezione dei soggetti destinatari degli stessi. 4.6. - La Regione Toscana censura, infine, l'art. 22, comma 1, lettere a), b), c), d), comma 4 e comma 5, del d.lgs. n. 28 del 2004. Il comma 1 affida alle Regioni la disciplina delle modalita' di autorizzazione alla realizzazione, trasformazione e adattamento di immobili da destinare a sale cinematografiche e alla ristrutturazione o ampliamento di sale esistenti. Tale disposizione atterrebbe alle materie del commercio e dell'industria - di competenza legislativa residuale delle Regioni - in quanto sarebbe finalizzata alla razionalizzazione della distribuzione delle strutture cinematografiche e avrebbe dunque finalita' diverse da quelle urbanistiche. Pertanto, la norma contrasterebbe con l'art. 117 Cost. in quanto detta principi fondamentali in materie riservate alla potesta' residuale regionale, nelle quali non vi sarebbe spazio per tale determinazione. Per le stesse ragioni, il comma 4 contrasterebbe con gli artt. 117 e 119 Cost., nella parte in cui dispone che le imprese, per essere ammesse ai finanziamenti, gestiti tutti a livello statale, debbano essere iscritte in un elenco gestito dal Ministero. Anche il comma 5, che attribuisce al livello statale (Direttore generale) la competenza a rilasciare l'autorizzazione per l'apertura delle multisale con piu' di 1800 posti, violerebbe l'art. 117 Cost. Infatti, tali strutture inciderebbero in misura rilevante sul governo del territorio, stante l'esigenza di creare parcheggi, adeguare la viabilita' e realizzare opere di urbanizzazione, nonche' sul commercio e l'industria. Inoltre per la autorizzazione alla loro apertura si dovrebbe tener conto della programmazione urbanistica, commerciale e dell'esercizio cinematografico definita a livello regionale. In subordine, la disposizione censurata contrasterebbe con l'art. 118 Cost. in quanto non sarebbe stata prevista l'intesa con la Regione interessata, essendo contemplato solo il parere della Consulta, all'interno della quale la presenza regionale sarebbe del tutto marginale. 5. - Si e' costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per l'infondatezza del ricorso, con argomentazioni del tutto analoghe a quelle svolte in relazione al ricorso presentato dalla Regione Emilia-Romagna. 6. - In prossimita' della data fissata per l'udienza pubblica, la Regione Emilia-Romagna ha depositato una memoria nella quale richiama le sentenze di questa Corte n. 255 e n. 256 del 2004, che hanno chiaramente ricondotto lo «spettacolo» nell'ambito della materia concernente la «valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione delle attivita' culturali», dando peraltro atto della necessita' di una profonda revisione della legislazione statale ad essa relativa. Il d.lgs. n. 28 del 2004, ad avviso della Regione, avrebbe compiuto una completa risistemazione della disciplina della cinematografia disattendendo le indicazioni della Corte, dal momento che avrebbe perpetuato il sistema centralizzato previgente, senza adeguarsi all'assetto delineato dalla legge cost. n. 3 del 2001. La ricorrente replica quindi alle argomentazioni svolte dall'Avvocatura dello Stato, contestando che la disciplina censurata possa essere ricondotta nell'ambito dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., perche' questa Corte avrebbe espressamente riconosciuto il valore costituzionale dello spettacolo quale forma di cultura, contestualmente affermando la competenza regionale. Del resto, osserva ancora la Regione, i «diritti di liberta' civile» oggetto delle attivita' culturali prese in considerazione dagli artt. 7, 8, 9, 19, 21 e 33 Cost. richiamati dalla difesa erariale, non costituirebbero affatto una materia statale in quanto, in base al riparto di competenze operato dall'art. 117 Cost., le Regioni disciplinano anche gli interventi concernenti diritti fondamentali (ad es. in materia di sanita); in ogni caso, allo Stato sarebbe riservata la competenza solo sui livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali. Del tutto infondata sarebbe poi l'argomentazione della Avvocatura basata sull'interesse nazionale, il quale, come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, non opererebbe piu' come limite alla competenza regionale. Inoltre, la richiamata sentenza n. 255 del 2004 avrebbe espressamente riconosciuto la competenza regionale in materia di promozione delle attivita' culturali senza limitarla a quelle di interesse regionale. Indimostrato sarebbe poi l'assunto secondo cui, comunque, tutte le norme del decreto censurato potrebbero essere giustificate in base al principio di sussidiarieta'. Anche l'erogazione di contributi potrebbe avvenire a livello regionale, in relazione alle imprese aventi sede nelle varie Regioni. Nel caso in cui le imprese siano concentrate in alcune Regioni, lo Stato potrebbe intervenire utilizzando gli strumenti di cui all'art. 119, quinto comma, Cost. Comunque, a giustificare l'erogazione diretta di contributi in materie regionali, non sarebbe sufficiente la portata nazionale dell'attivita' finanziata. Le norme impugnate sarebbero illegittime anche perche' non prevederebbero un adeguato coinvolgimento delle Regioni nell'esercizio di una funzione accentrata e, comunque, tale coinvolgimento, ove previsto, sarebbe insufficiente. Infine, la disciplina censurata non potrebbe essere ricondotta alla materia tutela della concorrenza, come sostenuto dalla difesa erariale, dal momento che sarebbe indimostrata l'esistenza dei requisiti che questa Corte, nella sentenza n. 14 del 2004, ha individuato a tal fine. 7. - Anche la Regione Toscana, in prossimita' dell'udienza pubblica, ha depositato una memoria nella quale replica alle argomentazioni svolte dall'Avvocatura generale dello Stato. Innanzitutto, la Regione - richiamando talune pronunce di questa Corte (sentenze n. 16 del 2004; n. 370 e n. 88 del 2003 e n. 282 del 2002) - esclude che la disciplina della cinematografia contenuta nel d.lgs. n. 28 del 2004 abbia ad oggetto la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni per il soddisfacimento di diritti civili, dal momento che essa non avrebbe ad oggetto la fissazione del livello minimo di soddisfacimento di tali diritti. Inoltre, la previsione di fondi non avrebbe nulla a che fare con la garanzia su tutto il territorio nazionale dei livelli essenziali. Mancherebbe, altresi', la previsione di adeguate procedure e precisi atti formali per procedere alle specificazioni ed articolazioni necessarie, secondo quanto precisato da questa Corte nella sentenza n. 88 del 2003. Infondata sarebbe anche l'argomentazione dell'Avvocatura secondo cui le attribuzioni regionali in materia di promozione e organizzazione delle attivita' culturali sarebbero limitate alle attivita' di mero interesse regionale, dal momento che il criterio della dimensione dell'interesse sarebbe estraneo all'art. 117, terzo comma, Cost. ai fini della attribuzione delle competenze legislative. Anche la Regione Toscana contesta il richiamo all'interesse nazionale quale limite alla legislazione regionale o quale fondamento dell'intervento statale in materie di competenza regionale. Solo i principi di sussidiarieta', adeguatezza e differenziazione di cui all'art. 118 Cost. potrebbero determinare l'ascesa della funzione normativa dalle Regioni allo Stato e purche' sia prevista un'intesa con la Regione interessata, da adottarsi nell'ambito di una procedura effettivamente basata sulla leale collaborazione, requisito, questo, che non sarebbe soddisfatto dalla previsione di un parere della Consulta. All'interno di tale organo, infatti, le Regioni sarebbero scarsamente rappresentate. Mancherebbero, inoltre, i requisiti individuati dalla giurisprudenza costituzionale per ricondurre l'intervento finanziario dello Stato previsto dalle norme censurate nell'ambito dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. Non sussisterebbe, infatti, ne' il requisito soggettivo, in quanto i contributi non sarebbero accessibili a tutti gli operatori, ne' il requisito oggettivo, in quanto mancherebbe l'impatto complessivo sull'economia e dunque il carattere macroeconomico dell'intervento. Essi mirerebbero piuttosto ad incentivare interventi effettuati da taluni operatori cinematografici. Nelle materie di competenza regionale - quale quella in questione - spetterebbe alle Regioni disciplinare gli interventi di sostegno secondo quanto affermato da questa Corte nella sentenza n. 77 del 2005, nonche' nella sentenza n. 51 del 2005 e nelle sentenze n. 423 e n. 424 del 2004. Inoltre, il d.lgs. n. 28 del 2004 avrebbe disatteso il monito contenuto nella sentenza n. 255 del 2004 concernente il Fondo unico dello spettacolo, ove si era espressamente affermato che interventi legislativi quale quello previsto dalla legge n. 163 del 1985 non sarebbero stati piu' giustificati in futuro. Infine, la Regione ribadisce l'illegittimita' costituzionale dell'art. 22, in particolare la' dove circoscrive la competenza regionale all'autorizzazione all'apertura di multisale con un numero inferiore a 1.800 posti, dal momento che tale autorizzazione riguarderebbe un'attivita' che attiene a materie di competenza legislativa concorrente e residuale delle Regioni, quale il governo del territorio, nonche' l'industria e il commercio. D'altra parte non vi sarebbe alcuna esigenza unitaria che giustifichi l'intervento statale e, comunque, non sarebbe prevista alcuna intesa con la Regione. Da ultimo la Regione da' atto del fatto che la delibera della Giunta regionale sulla cui base era stato presentato il ricorso avverso il d.lgs. n. 28 del 2004 era idonea a tal fine, stante il contenuto omogeneo del provvedimento impugnato. Considerato in diritto 1. - Le Regioni Emilia-Romagna e Toscana hanno impugnato numerose disposizioni del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28 (Riforma della disciplina in materia di attivita' cinematografiche, a norma dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137). Le prospettazioni contenute nei ricorsi introduttivi dei giudizi sollevano rilievi di costituzionalita' sostanzialmente analoghi e sintetizzabili nella pretesa violazione dei seguenti parametri costituzionali: l'art. 117, quarto comma, Cost., in quanto la normativa impugnata interverrebbe nella materia dell'attivita' cinematografica (cosi' il ricorso della Regione Emilia-Romagna) ed in quella dello spettacolo (cosi' il ricorso della Regione Toscana), affidate alla competenza residuale delle Regioni; ovvero, in subordine, in quanto la disciplina interverrebbe, per alcuni profili, nelle materie dell'industria e del commercio (o anche nella materia della «regolazione della presenza dei cinema sul territorio»), affidate alla competenza residuale delle Regioni: tali questioni investono l'art. 1, comma 2 (Toscana) e comma 4 (Emilia-Romagna e Toscana); l'art. 3, commi 1, 2 e 3 (Toscana); l'art. 4 (Toscana) e, in particolare, i suoi commi 3, lettere a) e b), 5 e 6 (Emilia-Romagna); l'art. 8 (Toscana); gli artt. 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17 e 19 (Emilia-Romagna e Toscana); l'art. 22, commi 1 (Emilia-Romagna e Toscana), 4 (Toscana) e 5 (Toscana e Emilia-Romagna); in via subordinata, l'art. 117, terzo comma, Cost., in quanto la normativa impugnata interverrebbe con una disciplina di dettaglio in materie, quali quella della «valorizzazione dei beni culturali ed ambientali e promozione e organizzazione di attivita' culturali», quella del «sostegno all'innovazione per i settori produttivi», quella del «commercio con l'estero» e quella del «governo del territorio», comunque affidate alla competenza concorrente di Stato e Regioni: tali questioni investono l'art. 1, comma 4 (Emilia-Romagna); l'art. 3, commi 1, 2 e 3 (Toscana); l'art. 4 (Emilia-Romagna e Toscana); l'art. 6, comma 7 (Emilia-Romagna); l'art. 8 (Toscana); gli artt. 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17 e 19 (Emilia-Romagna e Toscana); l'art. 18 (Emilia-Romagna); l'art. 22, comma 5 (Toscana); l'art. 118 Cost., sotto due distinti profili: a) si lamenta l'insussistenza delle esigenze unitarie che possono giustificare l'avocazione, da parte dello Stato, di funzioni amministrative nelle materie che non siano di sua competenza legislativa esclusiva: tali questioni investono l'art. 1, commi 2 e 4 (Emilia-Romagna e Toscana); l'art. 3, commi 1, 2 e 3 (Toscana); l'art. 4 (Emilia-Romagna); l'art. 5, commi 1, 5, 6 e 7 (Emilia-Romagna); gli artt. 6 e 7 (Emilia-Romagna); l'art. 8 (Emilia-Romagna e Toscana); l'art. 12 (Emilia-Romagna e Toscana); l'art. 13, comma 9 (Emilia-Romagna); gli artt. 17, 18, commi 3 e 5, 19, 20 (Emilia-Romagna), nonche' l'art. 22 (Toscana), quest'ultimo anche con specifico riferimento al suo comma 5 (Emilia-Romagna); b) si censura, comunque, la mancata previsione di strumenti di collaborazione e di forme di coinvolgimento delle Regioni in relazione a funzioni amministrative allocate al livello centrale in materie diverse da quelle contemplate nell'art. 117, secondo comma, Cost.: tali questioni investono l'art. 1, commi 2 e 4 (Emilia-Romagna e Toscana); l'art. 3, comma 2 (Emilia-Romagna); l'art. 4 (Emilia-Romagna), e in particolare il suo comma 3 (Toscana); l'art. 5, commi 1, 5, 6 e 7 (Emilia-Romagna); gli artt. 6, 7, 8, commi 3 e 4, 10, commi 1 e 4, 12, 13, comma 9, 17, 18, commi 3 e 5, e 19, commi 2, 3 e 5 (Emilia-Romagna); l'art. 22, comma 5 (Emilia-Romagna e Toscana); l'art. 117, sesto comma, Cost., in quanto la normativa impugnata avrebbe previsto un potere sostanzialmente regolamentare nell'ambito di materie non di competenza legislativa esclusiva statale: tali questioni investono l'art. 4, comma 6 (Emilia-Romagna); l'art. 8, commi 3 e 4 (Toscana); l'art. 9, comma 3 (Emilia-Romagna); l'art. 10, comma 4 (Emilia-Romagna e Toscana); l'art. 12, commi 4 e 5 (Emilia-Romagna e Toscana); l'art. 17, commi 3 e 4 (Emilia-Romagna e Toscana), l'art. 19, commi 2, 3 e 5 (Emilia-Romagna e Toscana); l'art. 119 Cost., sotto il profilo della ritenuta lesione dell'autonomia finanziaria delle Regioni: tali questioni investono l'art. 3, commi 1, 2 e 3 (Toscana); gli artt. 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17 e 19 (Emilia-Romagna e Toscana); l'art. 3 Cost., sotto il profilo della violazione del principio di ragionevolezza: tali questioni investono gli artt. 10 e 22, comma 5 (Emilia-Romagna); l'art. 117, nono comma, Cost., in quanto, attraverso l'art. 6, che disciplina le coproduzioni, e che in particolare prevede la stipula, ad opera dello Stato, di accordi internazionali di reciprocita' relativi al riconoscimento come nazionali di opere cinematografiche, verrebbe leso il potere delle Regioni di concludere accordi internazionali (Emilia-Romagna); l'art. 76 Cost., sotto il profilo dell'eccesso di delega: tali questioni, sollevate dalla Regione Toscana, investono gli artt. 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17 e 19. 2. - In considerazione dell'identita' di oggetto della gran parte delle questioni sollevate avverso il d.lgs. n. 28 del 2004 e dell'analogia di molti dei profili di censura prospettati, i giudizi devono essere riuniti per essere decisi con un'unica sentenza. 3. - In via preliminare, occorre chiarire a quali ambiti materiali, fra quelli contemplati nel Titolo V della Costituzione, siano da ricondurre, in via generale, le disposizioni del d.lgs. n. 28 del 2004 oggetto del presente giudizio, senza che cio' valga ad escludere che singole norme trovino la loro legittimazione costituzionale in diversi e specifici ambiti di competenza. Questa Corte ha gia' avuto occasione di affermare nella sentenza n. 255 del 2004 che «le attivita' di sostegno degli spettacoli», tra i quali evidentemente rientrano le attivita' cinematografiche, sono sicuramente riconducibili alla materia «promozione ed organizzazione di attivita' culturali» affidata alla legislazione concorrente di Stato e Regioni. E' pertanto infondata la tesi delle ricorrenti, formulata nei ricorsi introduttivi del giudizio, di ricondurre la disciplina dettata dal d.lgs. n. 28 del 2004 entro gli ambiti di competenza di tipo residuale delle Regioni, ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost., in ragione del fatto che si tratterebbe di materie di volta in volta definibili come «cinematografia», «spettacolo», «industria», «commercio». Le prime due materie appena citate non sono infatti scorporabili dalle «attivita' culturali» di cui all'art. 117, terzo comma, Cost., che «riguardano tutte le attivita' riconducibili alla elaborazione e diffusione della cultura, senza che vi possa essere spazio per ritagliarne singole partizioni come lo spettacolo» (sentenza n. 255 del 2004). Impropri appaiono anche i richiami alle materie dell'industria e del commercio, le quali, pur essendo evidentemente ricomprese nell'ambito complessivo delle materie nominate ed innominate dell'art. 117 Cost., non appaiono rilevanti nel caso di specie, poiche' la disciplina in esame si connota come mezzo a fine rispetto alla natura delle attivita' medesime, che consistono in rappresentazioni artistiche e di comunicazione culturale propriamente riconducibili, nella loro dimensione prevalente ed imprescindibile, al settore della cultura. D'altra parte e' significativo che il documento del 26 novembre 2003 della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, che pure ha espresso parere negativo sullo schema di decreto legislativo in tema di attivita' cinematografiche, affermi piu' volte che il cinema e' «da sempre stato considerato come ricompreso nella materia "spettacolo", oggi di competenza legislativa concorrente delle Regioni». Con particolare riferimento alla disciplina concernente l'apertura di sale cinematografiche, non puo' evidentemente avere fondamento l'asserzione secondo la quale esisterebbe una materia definibile come «regolazione della presenza dei cinema sul territorio», dinanzi alla agevole possibilita' di riferirsi, invece, a materie espressamente contemplate tra quelle di competenza ripartita fra Stato e Regioni, come soprattutto il «governo del territorio»; tale qualificazione, infatti, deve ritenersi prevalente, anche a fronte di profili attinenti alla «promozione ed organizzazione di attivita' culturali», nonche' inerenti alle attivita' commerciali (solo per quest'ultimo profilo, peraltro marginale, ci si troverebbe dinanzi ad una materia di cui all'art. 117, quarto comma, Cost.). Del pari infondate appaiono le argomentazioni dell'Avvocatura generale che anzitutto richiamano, peraltro in modo sommario ed anche perplesso, la competenza statale in tema di «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali»; come piu' volte ormai questa Corte ha affermato, tale titolo di legittimazione legislativa non puo' essere invocato se non in relazione a specifiche prestazioni delle quali la normativa statale definisca il livello essenziale di erogazione, risultando viceversa del tutto improprio e inconferente il riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., al fine di individuare il fondamento costituzionale della disciplina, da parte dello Stato, di interi settori materiali (cfr., fra le molte, le sentenze n. 120 del 2005; n. 423 e 16 del 2004 e n. 282 del 2002). Ne' basta affermare che esistono una serie di diritti costituzionali rispetto ai quali le attivita' cinematografiche possono venire in rilievo; occorrerebbe, invece, individuare puntualmente gli specifici livelli di prestazione in tema di spettacoli cinematografici il cui soddisfacimento sarebbe imposto dalla disciplina legislativa in questione. Appare improprio anche il generico riferimento operato dall'Avvocatura alla competenza legislativa statale di tipo esclusivo di cui all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., quale interpretata dalla sentenza di questa Corte n. 14 del 2004, per legittimare tutte le disposizioni del d.lgs. n. 28 del 2004 in tema di sostegno finanziario statale alle attivita' cinematografiche, dal momento che queste ultime non appaiono essenzialmente finalizzate a garantire la concorrenza fra i diversi soggetti interessati, quanto invece a sostenere selettivamente «i film che presentano qualita' culturali o artistiche o spettacolari» (art. 9) o altre particolari qualita' dei film o delle attivita' inerenti o connesse alla cinematografia (artt. 10, 13, 14, 15, 16, 17, 19). Ragionando diversamente, si arriverebbe alla inaccettabile conclusione secondo la quale la competenza statale in tema di tutela della concorrenza si sovrapporrebbe ad ogni tipo e forma di finanziamento delle attivita' riconducibili alle materie di competenza legislativa delle Regioni, sia di tipo concorrente che residuale. In altre parole, a ben vedere, le disposizioni che prevedono il sostegno finanziario ad opere cinematografiche che presentino particolari qualita' culturali ed artistiche si connotano semmai per il fatto di incidere sulla collocazione dell'offerta cinematografica sul mercato, nell'ottica della tutela dell'interesse, costituzionalmente rilevante, della promozione e dello sviluppo della cultura (art. 9 Cost.). 4. - Del pari infondata e' l'affermazione dell'Avvocatura secondo la quale si potrebbe riconoscere alle Regioni soltanto «una competenza relativa alle attivita' culturali di mero interesse regionale» e che solo «per i casi residuali, in cui la materia dello spettacolo assume caratteristiche esclusivamente regionali e locali, le Regioni,in relazione al loro livello di rappresentativita' degli interessi pubblici, potranno esercitare la propria potesta' normativa». Tutto cio' sarebbe possibile - secondo la difesa dello Stato - perche' «l'interesse nazionale continua ad operare imponendo il superamento della ripartizione costituzionale delle materie attraverso l'assegnazione al potere normativo statale delle questioni che, qualunque sia la materia a cui ineriscono, rivelino la esigenza di un trattamento uniforme su tutto il territorio dello Stato». Una tesi del genere urta palesemente con il vigente dettato costituzionale, caratterizzato dalla necessita' che i limiti alle potesta' regionali siano espressi, ed e' stata gia' piu' volte esplicitamente esclusa da questa Corte (cfr., in particolare, le sentenze n. 16 del 2004; n. 370 e n. 303 del 2003). Basti in questa sede ricordare ancora una volta quanto sul punto e' stato chiaramente affermato nella sentenza n. 303 del 2003: «Nel nuovo Titolo V l'equazione elementare interesse nazionale = competenza statale, che nella prassi legislativa precedente sorreggeva l'erosione delle funzioni amministrative e delle parallele funzioni legislative delle Regioni, e' divenuta priva di ogni valore deontico, giacche' l'interesse nazionale non costituisce piu' un limite, ne' di legittimita', ne' di merito, alla competenza legislativa regionale». Sulla base di queste premesse e' possibile esaminare le specifiche censure formulate dalle ricorrenti. 5. - Preliminarmente deve essere dichiarata l'inammissibilita' delle questioni con le quali si deduce la violazione dell'art. 3 Cost., in relazione al principio di ragionevolezza. Questa Corte ha piu' volte chiarito che le Regioni sono legittimate a denunciare la violazione di norme costituzionali non attinenti al riparto di competenze con lo Stato solo quando tale violazione abbia un'incidenza diretta o indiretta sulle competenze attribuite dalla Costituzione alle Regioni stesse (in tal senso, si vedano le sentenze n. 287 e n. 286 del 2004 e n. 303 del 2003). Con la censura concernente l'art. 10 del d.lgs. n. 28 del 2004, in relazione all'art. 3 Cost., la Regione Emilia-Romagna lamenta l'irragionevolezza della disciplina concernente l'individuazione del criterio per la selezione delle opere destinatarie degli incentivi e la destinazione dei fondi liquidati a titolo di incentivo, il cui reinvestimento sarebbe solo eventuale. In tale prospettazione, peraltro, non si evidenzia alcuna incisione, diretta o indiretta, delle competenze attribuite dalla Costituzione alle Regioni ricorrenti e pertanto le questioni devono essere dichiarate inammissibili. La censura proposta dalla Regione Emilia-Romagna ed avente ad oggetto l'art. 22, comma 5, del decreto in esame, sempre in relazione all'art. 3 Cost., deve essere dichiarata inammissibile, invece, per erronea individuazione del parametro. Infatti, mentre si invoca esplicitamente la lesione del principio di ragionevolezza, si lamenta in realta' la lesione dell'art. 118 Cost., in quanto si censura la mancata previsione di una competenza regionale in ordine alla autorizzazione all'apertura di alcune multisale, assumendosi il livello di governo regionale come maggiormente idoneo ad effettuare le valutazioni necessarie al rilascio delle suddette autorizzazioni. Peraltro, la allocazione di funzioni amministrative deve essere compiuta alla stregua dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza di cui all'art. 118 Cost. La pretesa maggiore adeguatezza del livello regionale, dunque, non puo' essere dedotta invocando l'art. 3 Cost. nella veste di una violazione del principio di ragionevolezza, dovendo viceversa essere motivata secondo le specifiche modalita' richieste dal richiamato art. 118. 6. - Quanto all'art. 6 del d.lgs. n. 28 del 2004, la Regione Emilia-Romagna sostiene che l'insieme delle sue disposizioni configurerebbe gli accordi internazionali in materia di coproduzioni come accordi solo statali, «in violazione dell'art. 117, nono comma, Cost., che attribuisce alle Regioni il potere di concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato»; cio' sarebbe ormai possibile dopo la fissazione, ad opera dello stesso decreto legislativo, dei criteri per il riconoscimento della nazionalita' italiana alle coproduzioni. La questione non e' fondata. L'art. 117, nono comma, infatti, si limita a facoltizzare le Regioni a concludere accordi internazionali nelle materie di loro competenza, ma non esclude affatto che lo Stato eserciti il potere estero nelle medesime materie. D'altra parte, anche l'art. 6, comma 3, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), nell'esplicitare limiti e procedure per l'eventuale stipulazione di accordi internazionali da parte delle Regioni, ne conferma il carattere meramente facoltativo (cfr. sentenza n. 238 del 2004). Appare evidente che nell'ipotesi in cui, al termine della procedura prescritta appunto dall'art. 6, comma 3, della legge n. 131 del 2003, si giunga effettivamente alla stipula di un accordo internazionale in tale particolare ambito, questo accordo disporra' della efficacia sua propria, in quanto speciale e successivo rispetto ai preesistenti accordi internazionali stipulati dallo Stato. 7. - La Regione Toscana impugna, per violazione dell'art. 76 Cost., le disposizioni in materia di finanziamento contenute negli artt. 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17 e 19 del d.lgs. n. 28 del 2004, dal momento che «la legge delega non prevedeva tra i criteri direttivi anche la possibilita' di stralciare la quota del Fondo unico per lo spettacolo per disporne separatamente», ne' prevedeva «di modificare i criteri di selezione dei soggetti destinatari dei contributi (come invece fanno le norme sopra impugnate)». Tale censura risulta infondata, in quanto incentrata su di una lettura parziale ed incompleta del dato normativo. Pur in una disposizione di delega notevolmente sintetica come l'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 (Delega per la riforma dell'organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonche' di enti pubblici), specie considerando la notevole complessita' della normativa vigente nelle cinque differenziate materie rispetto alle quali la delega legislativa e' stata conferita, emergono alcuni elementi che indicano con certezza come la delega nel settore cinematografico possa essere intesa nel senso di riguardare anche le disposizioni relative al finanziamento del settore, ivi compresa la rideterminazione dei requisiti per accedere ad essi. Anzitutto la delega non e' meramente di riordinamento, ma e' relativa al «riassetto» del settore; in secondo luogo, l'art. 10, comma 2, prevede che i decreti delegati non possano determinare «nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato»; in terzo luogo, soprattutto, l'art. 10, comma 2, lettera c), individua come principi e criteri direttivi anche il «miglioramento dell'efficacia degli interventi concernenti [...] le attivita' culturali, anche allo scopo di conseguire l'ottimizzazione delle risorse assegnate» e la «chiara indicazione delle politiche pubbliche di settore, anche ai fini di una significativa e trasparente impostazione del bilancio» (sull'interpretazione delle leggi di delegazione, cfr., ad es., sentenze n. 53 e n. 52 del 2005; n. 220 e n. 125 del 2003, n. 425 e n. 163 del 2000). La tesi della ricorrente appare, invece, erroneamente fondata su una lettura isolata della lettera e) del medesimo art. 10, comma 2. 8. - Sulla base delle precisazioni fin qui svolte puo' ora essere affrontato il problema fondamentale, relativo alla conformita' del d.lgs. n. 28 del 2004 rispetto a quanto previsto nel Titolo V della Costituzione, tenuto anche conto della circostanza che l'«adeguamento agli artt. 117 e 118 della Costituzione» costituisce il primo dei criteri direttivi della delega, di cui all'art. 10, comma 2, lettera a), della legge n. 137 del 2002. Dal momento che nella maggior parte le disposizioni impugnate del decreto legislativo riguardano, come visto al paragrafo 3, una materia di competenza legislativa ripartita fra Stato e Regione, di norma la legislazione statale dovrebbe limitarsi a definire i soli principi fondamentali della materia, mentre le funzioni amministrative dovrebbero essere attribuite normalmente ai livelli di governo substatali in base ai principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza indicati nell'art. 118 Cost. La disciplina in esame, invece, appare essenzialmente caratterizzata, sul piano legislativo, da una normativa completa ed autoapplicativa, senza distinzione fra principi e dettagli, e, sul piano amministrativo, da un modello di gestione accentuatamente statalistico ed essenzialmente fondato su poteri ministeriali, con una presenza del tutto marginale di rappresentanti delle autonomie territoriali. Tutto cio' parrebbe contrastante non solo con l'art. 117, terzo comma, Cost. ma anche con il primo comma dell'art. 118 Cost., dal momento che, ove si fosse voluto intervenire in questa particolare materia mediante una «chiamata in sussidiarieta» delle funzioni amministrative da parte dello Stato, cio' avrebbe richiesto, ormai per consolidata giurisprudenza di questa Corte, quanto meno «una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita' concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealta» (sentenza n. 303 del 2003; ma analogamente cfr. anche sentenze n. 242 del 2005, n. 255 e n. 6 del 2004). Deve tuttavia essere considerato come il livello di governo regionale - e, a maggior ragione, quello infraregionale - appaiano strutturalmente inadeguati a soddisfare, da soli, lo svolgimento di tutte le tipiche e complesse attivita' di disciplina e sostegno del settore cinematografico. Cio' in quanto tali attivita' - diversamente opinando - risulterebbero esposte al rischio di eccessivi condizionamenti localistici nella loro gestione, a fronte, invece, della necessita' di sostenere anche iniziative di grande rilevanza culturale prescindendo da questi ultimi. In tal senso depone, altresi', la stessa preesistenza, rispetto alla riforma di cui al decreto impugnato, di una organizzazione operante, almeno in larga parte, a livello nazionale. Cio' giustifica, di conseguenza, un intervento dello Stato che si svolga, anzitutto, mediante la posizione di norme giuridiche che siano in grado di guidare - attraverso la determinazione di idonei principi fondamentali la successiva normazione regionale soddisfacendo quelle esigenze unitarie cui si e' fatto riferimento (e a questo riguardo assume specifico rilievo la collocazione della materia de qua tra quelle a competenza ripartita), ma anche, la' dove necessario, mediante la avocazione in sussidiarieta' sia di funzioni amministrative che non possano essere adeguatamente svolte ai livelli inferiori, sia della relativa potesta' normativa per l'organizzazione e la disciplina di tali funzioni. Del resto, la sussistenza, nel settore del sostegno alle attivita' culturali, di esigenze che rendevano costituzionalmente legittima la allocazione allo Stato di alcune delle funzioni ad esso relative era gia' stata espressamente segnalata da questa Corte nella sentenza n. 255 del 2004, relativa al Fondo unico per lo spettacolo, la' dove si affermava che «almeno per i profili per i quali occorra necessariamente una considerazione complessiva a livello nazionale dei fenomeni e delle iniziative (ad esempio, si vedano le funzioni finora riservate allo Stato proprio dall'art. 156 del d.lgs. n. 112), dovranno essere elaborate procedure che continuino a svilupparsi a livello nazionale, con l'attribuzione sostanziale di poteri deliberativi alle Regioni od eventualmente riservandole allo stesso Stato, seppur attraverso modalita' caratterizzate dalla leale collaborazione con le Regioni». Se, quindi, il legislatore statale - in un settore di competenza legislativa ripartita, nel quale pero' esistono forti e sicuri elementi che esigono una gestione unitaria a livello nazionale - in astratto puo' realizzare una pluralita' di modelli istituzionali per dare, nel rispetto sostanziale del Titolo V, concretizzazione alla scelta di un modello diverso da quello ordinariamente deducibile dagli artt. 117 e 118 Cost., questa Corte, chiamata a giudicare della compatibilita' costituzionale di molte disposizioni del d.lgs. n. 28 del 2004, puo' semplicemente operare per ricondurre tale decreto legislativo al modello (prima definito come costituzionalmente compatibile) della «chiamata in sussidiarieta», affinche' la attrazione a livello statale delle funzioni amministrative nel settore delle attivita' cinematografiche avvenga nel rispetto delle attribuzioni costituzionalmente spettanti alle Regioni. Cio', tuttavia, in un quadro complessivo in cui le determinazioni operate direttamente dal legislatore delegato appaiono per lo piu' compatibili (salvo quanto si dira' infra) con i differenziati titoli di competenza di volta in volta adducibili: in parte come soggetto legittimato a determinare i principi fondamentali ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost.; in parte come soggetto titolare di poteri legislativi esclusivi ai sensi dell'art. 117, secondo comma, Cost; in parte come soggetto chiamato a disciplinare legislativamente l'ambito nel quale opera la «chiamata in sussidiarieta», ai sensi dell'art. 118, primo comma, Cost. 9. - Dal punto di vista del recupero in termini di strumenti concertativi del ruolo delle Regioni, e' anzitutto indispensabile ricondurre ai moduli della concertazione necessaria e paritaria fra organi statali e Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano (di seguito: Conferenza Stato-Regioni), tutti quei numerosi poteri di tipo normativo o programmatorio che caratterizzano il nuovo sistema di sostegno ed agevolazione delle attivita' cinematografiche, ma che nel decreto legislativo sono invece riservati solo ad organi statali. In particolare, l'art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 28 del 2004 prevede che un decreto ministeriale definisca «gli indicatori ed i rispettivi valori» relativi ai parametri indicati dal decreto legislativo medesimo per determinare il punteggio da attribuire alle imprese cinematografiche di produzione ai fini della individuazione della categoria di appartenenza sulla cui base viene determinato il finanziamento delle imprese medesime. L'art. 4, comma 3, prevede che il Ministro per i beni e le attivita' culturali approvi il «programma triennale» predisposto dalla Consulta territoriale per le attivita' cinematografiche; programma che - tra l'altro - individua le aree geografiche di intervento e individua gli obiettivi per la promozione delle attivita' cinematografiche. L'art. 8, comma 4, prevede che con decreto ministeriale siano stabiliti «gli indicatori del criterio di cui al comma 2, lettera d), e dei relativi valori percentuali, per un'incidenza complessiva non superiore al 50% della valutazione finale, nonche' l'arco temporale di riferimento del criterio stesso e la composizione e le modalita' di organizzazione e funzionamento delle sottocommissioni di cui al comma 1.». L'art. 10, comma 4, prevede che con decreto ministeriale «sono stabiliti il tetto massimo di risorse finanziarie, a valere sulla quota cinema del Fondo di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163, destinate» ai diversi incentivi alla produzione, nonche' «le modalita' tecniche di erogazione dei medesimi, i tempi e le modalita' dell'eventuale reinvestimento nella produzione del contributo di cui al comma 1, nonche' le modalita' tecniche di monitoraggio circa l'impiego dei contributi erogati». La stessa disposizione aggiunge che con «il medesimo decreto sono, altresi', definite la periodicita' di rilevazione degli incassi lordi ai fini della liquidazione dei contributi di cui al comma 1 ed al comma 5, e la percentuale del contributo di cui al comma 1 da versare alla Societa' italiana degli autori ed editori [...] come corrispettivo del servizio di rilevazione.». L'art. 12, comma 4, prevede che «con decreto ministeriale, sentita la Consulta, sono stabilite annualmente le quote percentuali» del Fondo per la produzione, la distribuzione, l'esercizio e le industrie tecniche, «in relazione alle finalita' di cui al comma 3». L'art. 17, comma 4, prevede che «con decreto ministeriale sono stabilite le quote percentuali di ripartizione del premio di cui al comma 3» fra le diverse categorie di soggetti che possono aspirare ai «premi di qualita». L'art. 19, comma 3, prevede che il Ministro definisca annualmente gli obiettivi che contribuiscono a far deliberare l'erogazione dei contributi alle attivita' cinematografiche. L'art. 19, comma 5, prevede che «con decreto ministeriale, sentita la Consulta, sono definiti i criteri per la concessione di premi alle sale d'essai e alle sale delle comunita' ecclesiali o religiose». In tutti questi casi appare ineludibile che questi atti vengano adottati di intesa con la Conferenza Stato-Regioni, in modo da permettere alle Regioni (in materie che sarebbero di loro competenza) di recuperare quantomeno un potere di codecisione nelle fasi delle specificazioni normative o programmatorie. Pertanto, deve essere dichiarata l'illegittimita' costituzionale delle disposizioni ora richiamate, nella parte in cui non prevedono che gli atti indicati siano adottati previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni. Quanto specificamente all'art. 8, comma 4, deve ritenersi esclusa dalla necessita' dell'intesa la disciplina della composizione e delle modalita' «di organizzazione e funzionamento delle sottocommissioni», data la prevalente inerenza di tale disciplina alla materia di cui all'art. 117, secondo comma, lettera g), Cost. Deve altresi' ritenersi esclusa dalla necessita' dell'intesa la disciplina affidata al decreto ministeriale di cui all'art. 10, comma 4, per la parte concernente la «periodicita' di rilevazione degli incassi lordi ai fini della liquidazione dei contributi di cui al comma 1 ed al comma 5, e la percentuale del contributo di cui al comma 1 da versare alla Societa' italiana degli autori ed editori (...) come corrispettivo del servizio di rilevazione», in considerazione, da un lato del suo contenuto meramente tecnico, dall'altro della sua prevalente inerenza alla materia dell'«ordinamento civile», di cui all'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. In altri casi, caratterizzati dalla natura tecnica del potere normativo previsto o dall'esercizio di poteri di nomina di particolare delicatezza, il coinvolgimento della Conferenza Stato-Regioni puo' limitarsi all'espressione di un parere obbligatorio: cosi' per l'art. 8, comma 3, che attribuisce al Ministro il potere di scelta degli esperti che compongono le sottocommissioni per la cinematografia; per l'art. 9, comma 3, che attribuisce ad un decreto ministeriale, da adottarsi sentito il Ministero per le attivita' produttive, il potere di determinare le «modalita' tecniche di attuazione» per la cosiddetta pubblicita' indiretta all'interno dei film; per l'art. 12, comma 5, che attribuisce ad un decreto ministeriale, adottato con il concerto del Ministro dell'economia e delle finanze, di stabilire «le modalita' tecniche di gestione del Fondo di cui al comma 1 e di erogazione dei finanziamenti e dei contributi, nonche' le modalita' tecniche di monitoraggio dell'impiego dei finanziamenti concessi»; per l'art. 13, comma 9, che prevede che il Ministro designi i componenti di «un'apposita giuria, composta da cinque eminenti personalita' della cultura», che deve selezionare tre progetti da premiare mediante il conferimento di incentivi speciali e attribuire i «premi di qualita»; per l'art. 19, comma 2, che prevede che «con decreto ministeriale, sentita la Consulta, sono stabilite le modalita' tecniche di gestione delle risorse» relative alla promozione delle attivita' cinematografiche e di monitoraggio circa il loro impiego. In questi ultimi casi appare necessario e sufficiente che questi atti vengano adottati con il parere della Conferenza Stato-Regioni. Deve, conseguentemente, essere dichiarata la illegittimita' costituzionale delle disposizioni appena richiamate, nella parte in cui non prevedono che gli atti ivi indicati vengano adottati sentita la Conferenza Stato-Regioni. Restano, invece, escluse dalla possibilita' di integrazione attraverso la partecipazione regionale quelle previsioni normative che concernono esclusivamente l'organizzazione delle strutture ministeriali, i relativi organi consultivi, nonche' l'esercizio delle puntuali funzioni amministrative e gestionali loro attribuite, dal momento che in materia assume rilievo prevalente la esclusiva competenza statale di cui all'art. 117, secondo comma, lettera g), Cost. 10. - Fondate sono anche le censure sollevate in relazione agli artt. 117 e 118 Cost., concernenti l'art. 22, comma 5, e l'art. 4, comma 5, del decreto legislativo n. 28 del 2004, relativi all'autorizzazione all'apertura «di multisale con un numero di posti superiori a milleottocento» che la disciplina in esame riserva al Direttore generale competente del Ministero, mentre alla Consulta territoriale e' attribuito in materia un potere consultivo. Al riguardo, premessa la gia' chiarita afferenza della disciplina in esame alla materia del «governo del territorio», di cui all'art. 117, terzo comma, Cost., deve essere osservato come appaia del tutto evidente la mancanza di esigenze unitarie tali da far ritenere inadeguato il livello regionale di governo allo svolgimento della funzione amministrativa in questione. Cio' rende del tutto ingiustificata l'attrazione di tale funzione in favore di organi amministrativi dello Stato operata dalla disposizione impugnata. Per queste ragioni, deve essere dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 22, comma 5, e dell'art. 4, comma 5, del d.lgs. n. 28 del 2004. 11. - Al contrario, debbono essere dichiarate non fondate le censure concernenti la pretesa illegittimita' costituzionale della previsione, in capo ad organi statali, di poteri asseritamente regolamentari in ambiti diversi dalle materie affidate alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato, in violazione dell'art. 117, sesto comma, Cost. Infatti, a prescindere dalla complessa qualificabilita' dei poteri in questione come espressione di potesta' regolamentare in senso proprio (ma senza dubbio e' da escludere la natura regolamentare quantomeno del decreto previsto dall'art. 17, comma 3), va ribadito anzitutto che alcune delle disposizioni censurate sotto questo profilo sono chiaramente riconducibili, almeno in parte, a materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato (cfr. l'art. 4, comma 6, l'art. 8, comma 4, limitatamente alla disciplina dell'organizzazione e funzionamento delle sottocommissioni, nonche' l'art. 10, comma 4, secondo periodo, nella parte in cui si riferisce alla determinazione della percentuale di contributo da versare alla SIAE come corrispettivo del servizio di rilevazione). Per le rimanenti disposizioni risulta invece determinante la loro riconduzione nell'ambito della «chiamata in sussidiarieta» da parte dello Stato, con le connesse dichiarazioni di illegittimita' costituzionale (di cui al precedente par. 9) per la mancata previsione degli adeguati strumenti di collaborazione con il sistema delle autonomie regionali. 12. - La medesima riconduzione del decreto legislativo oggetto del presente giudizio ad una ipotesi di «chiamata in sussidiarieta» di un intero segmento di attivita' amministrativa, con le conseguenti dichiarazioni di illegittimita' costituzionali di cui al precedente par. 9 (ivi incluse anche alcune disposizioni incidenti sul finanziamento delle attivita' cinematografiche: cfr. l'art. 10, comma 4, l'art. 12, comma 4, l'art. 17, comma 4, l'art. 19, commi 3 e 5), esclude, altresi', che possa sostenersi la fondatezza delle lamentate lesioni dell'art. 119 Cost., le quali - nella prospettazione fornitane dalle due ricorrenti - assumono come presupposto necessario la riconduzione della disciplina impugnata al modello di riparto di competenze ordinariamente ricavabile dagli artt. 117 e 118 Cost.