ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 78,
della  legge  23 dicembre  1996,  n. 662 (Misure di razionalizzazione
della  finanza  pubblica),  e  dell'art. 17,  comma  2,  della  legge
23 agosto  1988,  n. 400  (Disciplina  dell'attivita'  di  Governo  e
ordinamento  della  Presidenza  del Consiglio dei ministri), promosso
con  ordinanza  del  29 settembre  2003  dalla Commissione tributaria
provinciale  di  Chieti  nella  controversia  vertente  tra la s.n.c.
Agenzia Ippica Sirio di Maria Cipolla & C., e l'Agenzia delle entrate
ed altro, iscritta al n. 590 del registro ordinanze 2004 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 26, 1ª serie speciale,
dell'anno 2004.
      Visto  l'atto  di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
      Udito  nella  camera di consiglio del 25 maggio 2005 il giudice
relatore Franco Gallo.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Nel corso di un giudizio promosso da un'agenzia ippica nei
confronti   dell'Agenzia   delle   entrate  -  con  l'intervento  del
competente  Ispettorato  compartimentale  dei  monopoli  di  Stato  -
avverso  il  silenzio-rifiuto  formatosi  sulla richiesta di rimborso
dell'imposta  unica  sulle  scommesse  ippiche e sportive versata nel
periodo  compreso  tra  il  16 giugno 1998 ed il 19 febbraio 1999, la
Commissione  tributaria  provinciale  di  Chieti,  con  ordinanza del
29 settembre  2003,  ha sollevato - in riferimento agli artt. 23, 70,
76   e   77  della  Costituzione  -  due  questioni  di  legittimita'
costituzionale:  la prima concernente l'art. 3, comma 78, della legge
23 dicembre  1996,  n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza
pubblica);  la  seconda  concernente  l'art. 17, comma 2, della legge
23 agosto  1988,  n. 400  (Disciplina  dell'attivita'  di  Governo  e
ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri).
    1.1. - Quanto alla prima questione, il giudice rimettente ritiene
che  la  denunciata  disposizione  conferisca al Governo il potere di
individuare  con  regolamento  i  soggetti passivi dell'imposta unica
sulle  scommesse  relative  alle  corse dei cavalli e che pertanto si
ponga   in   contrasto  con  gli  evocati  parametri  costituzionali,
lasciando  all'arbitrio  dell'autorita'  governativa  la  definizione
degli elementi necessari per attuare concretamente la legge fiscale.
    1.2.  -  Quanto alla seconda questione, il rimettente ritiene che
l'art. 17,  comma  2, della legge n. 400 del 1988 (in forza del quale
e'  stato  emanato  il  regolamento  governativo  previsto dal citato
art. 3,  comma  78,  della  legge  n. 662  del 1996) violi gli stessi
parametri  costituzionali sopra citati, nella parte in cui stabilisce
che  le  leggi ordinarie, nell'autorizzare l'esercizio della potesta'
regolamentare  governativa in materie non coperte da riserva assoluta
di   legge,   possono   limitarsi  ad  indicare  le  «norme  generali
regolatrici  della  materia»,  anziche'  piu' restrittivi «principi e
criteri  direttivi»,  analoghi a quelli prescritti dall'art. 76 Cost.
per la delega al Governo dell'esercizio della funzione legislativa.
    1.3.  -  In  ordine  alla  rilevanza di entrambe le questioni, il
giudice a quo osserva che, in caso di loro accoglimento, non potrebbe
applicarsi nel giudizio principale il regolamento governativo emanato
in attuazione del menzionato art. 3, comma 78, della legge n. 662 del
1996,  cioe'  il  regolamento  di cui al decreto del Presidente della
Repubblica  8 aprile  1998,  n. 169 (Regolamento recante norme per il
riordino  della  disciplina  organizzativa,  funzionale e fiscale dei
giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli, nonche' per
il  riparto dei proventi, ai sensi dell'art. 3, comma 78, della legge
23 dicembre 1996, n. 662), ed in particolare il disposto dell'art. 15
di   questo,  secondo  cui  sono  soggetti  all'imposta  unica  sulle
scommesse  relative  alle  corse  dei cavalli anche «i titolari delle
agenzie  ippiche,  per  le scommesse dalle stesse accettate». Da cio'
deriverebbe  l'indebito pagamento dell'imposta, da parte dell'agenzia
ippica  ricorrente,  nel periodo corrispondente alla vigenza di detto
regolamento,  ossia  dal  16 giugno 1998 (data dell'entrata in vigore
del  d.P.R.)  al  19 febbraio  1999  (data  di  entrata in vigore del
decreto  legislativo  23 dicembre  1998,  n. 504,  recante  «Riordino
dell'imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, a norma
dell'articolo  1, comma 2, della legge 3 agosto 1998, n. 288», che ha
provveduto  alla «rilegificazione» della materia, in attuazione della
delega prevista dalla legge 3 agosto 1998, n. 288, recante «Delega al
Governo per la revisione della disciplina concernente l'imposta sugli
spettacoli  e  l'imposta  unica  di  cui alla legge 22 dicembre 1951,
n. 1379»),  con  correlativa  fondatezza  della richiesta di rimborso
della medesima imposta.
    2.  -  E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, deducendo l'infondatezza di entrambe le questioni.
    Per  la  difesa  erariale,  la  prima questione sarebbe infondata
perche'  i soggetti passivi dell'imposta sono comunque desumibili dal
contesto  della  disciplina relativa alla materia delegificata, ed in
particolare:  a)  dal  presupposto dell'imposta unica sulle scommesse
relative  alle  corse dei cavalli, costituito dall'accettazione delle
scommesse  (art. 14  del  d.P.R.  n. 169  del  1998); b) dai soggetti
abilitati  a tale accettazione, individuati negli aggiudicatari delle
concessioni  ministeriali  per l'esercizio delle scommesse (artt. 2 e
15  dello  stesso decreto presidenziale; c) dai luoghi in cui possono
essere  effettuate  le  indicate  scommesse,  circoscritti  a  quelli
gestiti  dagli esercenti autorizzati ad accettarle (art. 6 del citato
decreto presidenziale). A sostegno di tale impostazione, l'Avvocatura
erariale  richiama  la  giurisprudenza costituzionale secondo cui, in
caso   di   delegificazione,   la   delimitazione   della   «potesta'
amministrativa»  non  deve  necessariamente  risultare  dalla formula
della  norma  di  rango primario istitutiva della pretesa tributaria,
ben  potendo  risultare  da  tutto il contesto della disciplina della
materia  di  cui  essa  fa  parte e, segnatamente, dalla destinazione
della  prestazione,  dalla  composizione  e  dal  funzionamento degli
organi  competenti  a  determinarne la misura, oltreche' dalla stessa
esistenza   di   un   modulo   procedimentale  per  l'emanazione  dei
provvedimenti amministrativi concernenti le prestazioni, con il quale
si  realizzi  la  collaborazione  di  piu' organi, al fine di evitare
eventuali arbitri dell'Amministrazione.
    Anche  la  seconda  questione,  per  l'Avvocatura  generale dello
Stato,   sarebbe  infondata,  perche',  a  parte  la  genericita'  ed
astrattezza  della  sua prospettazione da parte del giudice a quo, la
legge   di   delegificazione   «ben   potrebbe  essere  censurata  di
illegittimita'  costituzionale  qualora  ponga principi contrari alla
Costituzione  od  ometta  di  fissare  preventivamente principi nelle
materie che, in base alla Costituzione, li richiedano».

                       Considerato in diritto

    1.  - La Commissione tributaria provinciale di Chieti dubita - in
riferimento  agli  artt. 23,  70,  76 e 77 Cost. - della legittimita'
costituzionale:  a)  dell'art. 3,  comma  78, della legge 23 dicembre
1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica); b)
dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina
dell'attivita'   di   Governo  e  ordinamento  della  Presidenza  del
Consiglio dei ministri).
    In ordine alla questione sub a) il rimettente deduce che la norma
denunciata   -  nel  consentire  il  riordino,  mediante  regolamento
governativo  di  delegificazione,  della  materia  dei giochi e delle
scommesse  relativi  alle  corse dei cavalli, per quanto attiene agli
aspetti organizzativi, funzionali, fiscali e sanzionatori, nonche' al
riparto  dei  relativi  proventi  -- avrebbe conferito al Governo, in
violazione  del  principio della riserva relativa di legge in materia
fiscale  e degli altri parametri costituzionali evocati, il potere di
individuare  i  soggetti passivi dell'imposta concernente le suddette
scommesse  ed  avrebbe  percio' omesso di fissare limiti all'arbitrio
dell'autorita' governativa.
    In   ordine   alla  questione  sub  b)  la  medesima  Commissione
tributaria provinciale deduce l'illegittimita' dell'art. 17, comma 2,
della  legge n. 400 del 1988 - in forza del quale e' stato emanato il
regolamento  governativo  previsto dal sopra citato art. 3, comma 78,
della  legge  n. 662  del 1996 - nella parte in cui stabilisce che le
leggi   ordinarie,   nell'autorizzare   l'esercizio   della  potesta'
regolamentare  governativa in materie non coperte da riserva assoluta
di   legge,   possono   limitarsi  ad  indicare  le  «norme  generali
regolatrici  della  materia»,  anziche'  piu' restrittivi «principi e
criteri  direttivi»,  analoghi a quelli prescritti dall'art. 76 Cost.
per la delega al Governo dell'esercizio della funzione legislativa.
    Il   rimettente   afferma,  poi,  la  rilevanza  di  entrambe  le
questioni,  perche',  in  caso  di  loro  accoglimento,  non potrebbe
applicarsi   in   giudizio  il  regolamento  governativo  emanato  in
attuazione  del  menzionato  art. 3, comma 78, della legge n. 662 del
1996,  cioe'  il  regolamento  di cui al decreto del Presidente della
Repubblica  8 aprile  1998,  n. 169 (Regolamento recante norme per il
riordino  della  disciplina  organizzativa,  funzionale e fiscale dei
giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli, nonche' per
il  riparto dei proventi, ai sensi dell'art. 3, comma 78, della legge
23 dicembre 1996, n. 662), ed in particolare il disposto dell'art. 15
di   questo,  secondo  cui  sono  soggetti  all'imposta  unica  sulle
scommesse relative alle corse dei cavalli, tra gli altri, «i titolari
delle agenzie ippiche, per le scommesse dalle stesse accettate». Tale
disapplicazione  comporterebbe,  per  il  giudice  a  quo, l'indebito
versamento dell'imposta, da parte dell'Agenzia ippica ricorrente, nel
periodo  corrispondente  alla  vigenza del citato regolamento - ossia
dal   16 giugno   1998  (data  dell'entrata  in  vigore  del  decreto
presidenziale)  al  19 febbraio  1999  (data di entrata in vigore del
decreto  legislativo  23 dicembre  1998,  n. 504,  recante  «Riordino
dell'imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, a norma
dell'articolo  1, comma 2, della legge 3 agosto 1998, n. 288», che ha
provveduto  alla «rilegificazione» della materia, in attuazione della
delega prevista dalla legge 3 agosto 1998, n. 288, recante «Delega al
Governo per la revisione della disciplina concernente l'imposta sugli
spettacoli  e  l'imposta  unica  di  cui alla legge 22 dicembre 1951,
n. 1379»)  -  e la conseguente fondatezza della richiesta di rimborso
avanzata dalla suddetta Agenzia.
    2.  -  La  prima questione, concernente l'art. 3, comma 78, della
legge n. 662 del 1996, non e' fondata.
    La  Commissione  tributaria  rimettente  basa  i  propri dubbi di
illegittimita'  costituzionale  sull'erronea  premessa interpretativa
che  la denunciata norma di delegificazione, prevedendo il «riordino»
degli  aspetti  fiscali  della  materia, consentirebbe al regolamento
governativo  anche l'individuazione dei soggetti passivi dell'imposta
sulle  scommesse  relative  alle  corse  dei  cavalli, cosi' violando
l'art. 23 Cost.
    Occorre  al riguardo preliminarmente rilevare che questa Corte, a
proposito   dell'ipotesi  analoga  (sotto  tale  aspetto)  di  delega
legislativa  volta  al  «riordino»  di  una  materia,  ha  piu' volte
affermato  che,  «in  mancanza  di  principi  e criteri direttivi che
giustifichino  la  riforma»  della  normativa preesistente, la delega
«deve  essere intesa in un senso minimale, tale da non consentire, di
per  se',  l'adozione  di  norme  delegate sostanzialmente innovative
rispetto  al  sistema  legislativo»  (v. la sentenza n. 354 del 1998,
richiamata dalle sentenze n. 66 del 2005 e n. 239 del 2003).
    Nella   specie,   la  norma  censurata  si  limita  a  consentire
all'autorita'  governativa di provvedere - con regolamento da emanare
ai  sensi  dell'art. 17,  comma  2, della legge n. 400 del 1988 - «al
riordino  della  materia  dei  giochi e delle scommesse relativi alle
corse  dei  cavalli,  per  quanto attiene agli aspetti organizzativi,
funzionali,  fiscalie sanzionatori, nonche' al riparto dei proventi»,
secondo i principi elencati nella stessa disposizione. Contrariamente
a  quanto sostenuto dal rimettente, tale norma, non prevedendo alcuna
specifica  direttiva in ordine ai soggetti passivi di imposta, lascia
immutata   la   disciplina   legislativa   concernente  gli  elementi
strutturali  del suddetto tributo e, quindi, impone al regolamento di
delegificazione  di  mantenere  gli  stessi soggetti passivi indicati
dalla  legislazione  preesistente.  Resta  di  conseguenza esclusa la
denunciata  violazione  del principio della riserva relativa di legge
in  tema  di  prestazioni  patrimoniali imposte, sancito dall'art. 23
Cost.,  e  degli altri evocati parametri costituzionali. Il giudice a
quo   aveva  dunque  l'obbligo  di  individuare  i  soggetti  passivi
dell'imposta in base alle leggi vigenti in materia.
    3.  -  La  seconda  questione  sollevata dalla stessa Commissione
tributaria,  concernente  l'art. 17,  comma 2, della legge n. 400 del
1988, e' inammissibile.
    La  censura  del  rimettente  si articola in diversi assunti, tra
loro strettamente connessi, nessuno dei quali e' motivato. Il giudice
a  quo  omette,  infatti,  sia di esplicitare le ragioni per le quali
ritiene  di  porsi  in  contrasto  con  l'unanime opinione dottrinale
secondo cui (data anche l'evidente differenza semantica tra i termini
«norma»  e «principio») le «norme generali regolatrici della materia»
hanno,  tendenzialmente,  una  funzione  delimitativa piu' stringente
rispetto  ai  «principi  e  criteri  direttivi»;  sia di precisare le
«norme  generali  regolatrici della materia» delegificata affette dal
dedotto vizio di genericita' e delle quali dovrebbe fare applicazione
nel   giudizio   principale.   Tali   carenze  rendono  la  questione
inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza.