ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del 26 novembre 2003 relativa alla insindacabilita', ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dal sen. Piergiorgio Stiffoni nei confronti del sindaco e degli assessori del comune di Nervesa della Battaglia, promosso con ricorso del Tribunale di Treviso, notificato il 10 gennaio 2005, depositato in cancelleria il 12 marzo 2005 ed iscritto al n. 14 del registro conflitti 2005. Visto l'atto di costituzione del Senato della Repubblica; Udito nella camera di consiglio dell'8 giugno 2005 il giudice relatore Annibale Marini; Ritenuto che il Tribunale di Treviso, con ricorso del 25 marzo 2004, pervenuto alla cancelleria della Corte costituzionale il successivo 3 giugno, ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Senato della Repubblica, chiedendo l'annullamento della deliberazione da questo adottata nella seduta del 26 novembre 2003 con la quale, conformemente alla proposta della Giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari, e' stata dichiarata, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, la insindacabilita' delle dichiarazioni del sen. Piergiorgio Stiffoni, oggetto di giudizio civile di fronte al medesimo Tribunale; che il Tribunale ricorrente premette che il giudizio al suo esame origina dalla richiesta di risarcimento dei danni, asseritamente patiti dall'ex sindaco e dagli ex assessori del comune di Nervesa della Battaglia, a seguito delle dichiarazioni rese dal senatore Stiffoni (collega di partito dell'attuale sindaco) «con una lettera aperta, pubblicata sul quotidiano La Tribuna di Treviso del 12 agosto 2003, indirizzata alla coordinatrice provinciale della Margherita», nella quale il senatore Stiffoni aveva sostenuto che l'adesione della precedente amministrazione comunale al Coordinamento Nazionale Enti Locali per la Pace era in realta' finalizzata al finanziamento «da amministrazioni di sinistra ad associazioni di sinistra»; che, a parere del Tribunale di Treviso, non puo' condividersi la deliberazione di insindacabilita' perche' nel caso di specie non sarebbe dato rinvenire alcun collegamento tra le citate opinioni espresse dal senatore Stiffoni e precedenti atti o attivita' da lui svolte in sede parlamentare; che in effetti la Giunta, prima, ed il Senato, poi, si sarebbero limitati a ricondurre le dichiarazioni del senatore ad un contesto genericamente politico; il che, ad avviso del Tribunale ricorrente, sarebbe «palesemente insufficiente a far scattare l'operativita' dell'art. 68, primo comma, della Costituzione»; che del tutto inconferente sarebbe d'altro canto l'argomento relativo alla non offensivita' delle dichiarazioni rese dal senatore Stiffoni, in quanto il giudizio di insindacabilita' avrebbe dovuto incentrarsi esclusivamente sulla riconducibilita' o meno delle dichiarazioni stesse all'attivita' di parlamentare; che, con ordinanza n. 436 del 2004 la Corte, valutata la sussistenza delle condizioni soggettive ed oggettive di ammissibilita', ha dichiarato ammissibile il conflitto, onerando il Tribunale di Treviso dei successivi adempimenti; che il Tribunale ricorrente, in data 10 gennaio 2005, ha provveduto a notificare al Senato, a mezzo del servizio postale, il ricorso introduttivo del conflitto e l'ordinanza di ammissibilita', provvedendo al deposito degli atti notificati nella cancelleria di questa Corte, mediante spedizione a mezzo posta effettuata il successivo 8 marzo; che il Senato della Repubblica si e' costituito in giudizio chiedendo che il conflitto sia dichiarato inammissibile o infondato. Considerato che il ricorso - notificato al Senato della Repubblica, unitamente all'ordinanza che lo ha dichiarato ammissibile, in data 10 gennaio 2005 - e' stato depositato presso la cancelleria di questa Corte a mezzo di raccomandata postale spedita l'8 marzo 2005 e pervenuta il 12 marzo 2005 e percio' ben oltre la scadenza del termine di venti giorni dalla notifica, previsto dall'art. 26, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale; che, come costantemente affermato da questa Corte (cfr., fra le tante, da ultimo, le ordinanze n. 76 del 2005, n. 61 del 2005 e n. 43 del 2005), tale deposito deve considerarsi tardivo, essendo il detto termine perentorio; che, pertanto, il giudizio deve essere dichiarato improcedibile.