ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge 30 gennaio 1991, n. 31 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 dicembre 1990, n. 367, recante misure urgenti a favore delle aziende agricole e zootecniche danneggiate dalla eccezionale siccita' verificatasi nell'annata agraria 1989-1990), promosso con ordinanza del 25 maggio 2004 dal giudice di pace di Taranto sul ricorso proposto da Locorotondo Cosimo contro la Regione Puglia ed altri, iscritta al n. 993 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, 1ª serie speciale, dell'anno 2004. Visti gli atti di costituzione di Locorotondo Cosimo e della Regione Puglia nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 6 luglio 2005 il giudice relatore Annibale Marini. Ritenuto che il giudice di pace di Taranto, con ordinanza del 25 maggio 2004, ha sollevato, in riferimento agli artt. 81, quarto comma, e 119 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale della legge 30 gennaio 1991, n. 31 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 dicembre 1990, n. 367, recante misure urgenti a favore delle aziende agricole e zootecniche danneggiate dalla eccezionale siccita' verificatasi nell'annata agraria 1989-1990); che il rimettente, premesso che la Regione Puglia, convenuta nel giudizio a quo, ha eccepito in una memoria l'illegittimita' costituzionale della suddetta legge, afferma la questione rilevante e non manifestamente infondata; che si e' costituita in giudizio la Regione Puglia, concludendo per l'accoglimento della questione o, in subordine, per una pronuncia che dia della legge impugnata una interpretazione conforme a Costituzione; che rileva, in particolare, la Regione che l'art. 2, comma 2, del decreto-legge n. 367 del 1990, come modificato dalla legge di conversione, nel prevedere un contributo una tantum in favore delle aziende agricole e zootecniche danneggiate dalla siccita' verificatasi nell'annata 1989-90, non tiene conto dell'entita' del relativo stanziamento statale previsto dal successivo art. 11 del medesimo decreto-legge, conseguentemente addossando alle regioni il maggior onere derivante dall'attuazione della norma; che ne risulterebbe in tal modo violato sia l'art. 119 della Costituzione, essendo posto a carico della regione un onere derivante da una legge statale, sia l'art. 81, quarto comma, della Costituzione, per la mancata individuazione dei mezzi per far fronte alle maggiori spese; che la rilevanza della questione sarebbe confermata dalla circostanza che l'art. 8-septies, comma 1, del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136 (Disposizioni urgenti per garantire la funzionalita' di taluni settori della pubblica amministrazione. Disposizioni per la rideterminazione di deleghe legislative e altre disposizioni connesse), aggiunto dalla legge di conversione 27 luglio 2004, n. 186, ha precisato che il suddetto contributo una tantum «deve intendersi erogabile dagli enti territoriali interessati entro i limiti dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 11 del medesimo decreto-legge e nell'ambito della quota destinata a ciascun ente»; che ha depositato fuori termine una memoria di costituzione Cosimo Locorotondo, attore nel giudizio a quo; che e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di manifesta inammissibilita' o di manifesta infondatezza della questione; che, secondo l'Avvocatura, la questione sarebbe manifestamente inammissibile per l'assoluto difetto di motivazione in ordine alla rilevanza ed alla non manifesta infondatezza; che, comunque, la questione stessa sarebbe priva di fondamento in quanto la norma impugnata - come del resto ulteriormente chiarito dall'art. 8-septies, comma 1, del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136 - va intesa nel senso che il contributo di cui si tratta va erogato dalle regioni nei limiti della somma per ciascuna di esse stanziata ai sensi dell'art. 11 del decreto-legge n. 367 del 1990. Considerato che tanto la rilevanza quanto la non manifesta infondatezza della questione sono apoditticamente affermate dal rimettente, senza motivazione alcuna ed in difetto di una pur minima descrizione della fattispecie dedotta in giudizio; che la questione stessa va conseguentemente dichiarata, per entrambi tali motivi, manifestamente inammissibile. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.