ha pronunciato la seguente Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione Abruzzo 23 gennaio 2004, n. 2 (Istituzione corsi di formazione professionale per l'esercizio dell'arte ausiliaria della professione sanitaria di massaggiatore-capo bagnino degli stabilimenti idroterapici), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 9 aprile 2004, depositato in cancelleria il 19 successivo ed iscritto al n. 47 del registro ricorsi 2004. Udito nell'udienza pubblica del 5 luglio 2005 il giudice relatore Franco Bile; Udito l'avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto Con ricorso notificato il 9 aprile 2004 e depositato il successivo 19 aprile, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato, in via principale, la legge della Regione Abruzzo 23 gennaio 2004, n. 2 (Istituzione corsi di formazione professionale per l'esercizio dell'arte ausiliaria della professione sanitaria di massaggiatore-capo bagnino degli stabilimenti idroterapici), che affida alla Regione l'istituzione e l'organizzazione di corsi di formazione professionale per l'abilitazione all'esercizio della professione sanitaria ausiliaria di massaggiatore-capo bagnino degli stabilimenti idroterapici (art. 1, comma 1); indica l'obiettivo da perseguire mediante tali corsi (art. 1, comma 2); demanda alla Giunta regionale di emanare linee guida per la realizzazione dei corsi e di specificarne «durata», «programmi di studio» e «modalita' di valutazione finale» (art. 2, comma 1); attribuisce alla stessa Giunta il compito di stabilire i requisiti delle strutture pubbliche e private necessari per ottenere dalla Direzione regionale sanita' l'autorizzazione ad effettuare i corsi, nonche' di individuarne i requisiti necessari per l'accesso alla frequenza (art. 2, comma 2). Secondo il ricorrente, questa legge - in quanto attinente alle «professioni» (sanitarie ausiliarie), ovvero («ma piu' latamente») alla «tutela della salute» - riguarda materia di legislazione concorrente ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, con il conseguente assoggettamento della potesta' legislativa regionale al rispetto dei principi fondamentali la cui determinazione, nelle singole materie, e' riservata alla legislazione statale. Il ricorrente richiama la sentenza n. 353 del 2003, con la quale questa Corte ha sottolineato che, dopo l'entrata in vigore del nuovo Titolo V della Parte II della Costituzione, nella materia concorrente delle «professioni» tali principi devono essere ricavati (in difetto di nuove formulazioni) dalla legislazione statale in vigore. E li rinviene, nella specie, nell'art. 3 del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, che - inserendo gli artt. 3-septies e 3-octies nel d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 - ha, da un lato, prefigurato le c.d. prestazioni socio-sanitarie, distinguendole in prestazioni «sanitarie a rilevanza sociale», «sociali a rilevanza sanitaria» e «sociosanitarie a elevata integrazione sanitaria», ed ha rimesso ad un apposito atto di indirizzo e coordinamento (ex art. 2, comma 1, lettera n, della legge 30 novembre 1998, n. 419) l'individuazione delle prestazioni da ricondurre a ciascuno dei tre tipi; e dall'altro (all'art. 3-octies, comma 5), ha demandato ad un decreto ministeriale di individuare le «figure professionali operanti nell'area sociosanitaria ad elevata integrazione sanitaria, da formare in corsi a cura delle regioni», e di «definire i relativi ordinamenti didattici». Poiche' in base all'art. 9 della legge 24 ottobre 2000, n. 323, «il profilo professionale di operatore termale che opera esclusivamente negli stabilimenti termali» e' soggetto alla disciplina del menzionato art. 3-octies, comma 5, del d.lgs. n. 502 del 1992, che lo ascrive tra le figure professionali di operatori in «area sociosanitaria ad elevata integrazione sanitaria», la difesa erariale deduce che gli artt. 1 e 2 della legge regionale impugnata (in difetto di individuazione da parte dello Stato delle figure professionali in esame e dei relativi ordinamenti didattici) contrastano con il principio fondamentale che riserva allo Stato siffatta «individuazione». Pertanto non spetta alle Regioni (che possono solo svolgerli) disciplinare tali corsi, in particolare determinandone «durata», «programmi di studio», «modalita' di valutazione finale» e requisiti di accesso, che rappresentano elementi essenziali degli «ordinamenti didattici», da determinarsi con atto statuale. E, ove anche il citato art. 3-octies, comma 5, non fosse applicabile alla figura del «massaggiatore-capo bagnino degli stabilimenti idroterapici», residuerebbe comunque la violazione del precedente art. 3-septies, comma 3, che riserva alla competenza statuale l'individuazione dei tre diversi tipi di prestazioni sociosanitarie (e, quindi, dei relativi operatori). Considerato in diritto 1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato la legge della Regione Abruzzo 23 gennaio 2004, n. 2 (Istituzione corsi di formazione professionale per l'esercizio dell'arte ausiliaria della professione sanitaria di massaggiatore-capo bagnino degli stabilimenti idroterapici), che - nei suoi due articoli - prevede e regolamenta l'istituzione e l'organizzazione di corsi di formazione professionale per l'abilitazione all'esercizio della professione sanitaria ausiliaria di massaggiatore-capo bagnino degli stabilimenti idroterapici. Secondo il ricorrente, la legge impugnata si pone in contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, perche' regola materie di legislazione concorrente, quali le «professioni» sanitarie ausiliarie e («ma piu' latamente») la «tutela della salute», pur in difetto di una specifica disciplina statale della figura professionale in questione; e in particolare viola la riserva allo Stato, posta dagli artt. 3-septies e 3-octies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, del potere di «individuare» le figure professionali degli operatori sociosanitari ad elevata integrazione sanitaria e di determinarne gli ordinamenti didattici. In linea subordinata, ove pure il citato art. 3-octies, comma 5, fosse inapplicabile alla figura del massaggiatore-capo bagnino degli stabilimenti idroterapici, la normativa impugnata violerebbe comunque la riserva alla legge statale dell'individuazione dei diversi tipi di prestazioni sociosanitarie, e quindi dei relativi operatori, di cui all'art. 3-septies, comma 3. 2. - Il ricorso e' fondato. 2.1. - La legge impugnata disciplina l'istituzione e l'organizzazione da parte della Regione Abruzzo di corsi di formazione professionale per l'abilitazione all'esercizio dell'arte ausiliaria della professione sanitaria di massaggiatore-capo bagnino degli stabilimenti idroterapici (art. 1, comma 1); individua la finalita' di tali corsi, «rivolti, in particolare, alla formazione di operatori tecnico sanitari in grado di prestare assistenza fisico manuale su prescrizione medica e di garantire, nel limite delle proprie competenze, attivita' di prevenzione, cura, riabilitazione e recupero funzionale idroterapico, balneotermale e massoterapico» (art. 1, comma 2); demanda alla Giunta regionale di emanare linee guida per la realizzazione dei corsi, specificandone «la durata, i programmi di studio e le modalita' di valutazione finale» (art. 2, comma 1), ed anche di stabilire i requisiti delle strutture pubbliche e private necessari per ottenere dalla Direzione regionale sanita' l'autorizzazione ad effettuare i corsi, nonche' di individuare i requisiti necessari per l'accesso alla frequenza degli stessi (art. 2, comma 2). Al di la' della denominazione data ai corsi, la specifica finalita' di abilitazione all'esercizio della professione di massaggiatore-capo bagnino degli stabilimenti idroterapici e l'attribuzione alla Regione dell'individuazione dei requisiti necessari per la relativa frequenza, dei programmi di studio e delle modalita' di valutazione finale escludono che la normativa sia riconducibile alla materia residuale della «formazione professionale» (come definita dalla sentenza n. 50 del 2005; v. anche le sentenze n. 51 e n. 175 del 2005). E dimostrano che essa si propone invece la finalita' - diversa ed ulteriore rispetto a quella propriamente formativa - di disciplinare una specifica figura professionale sociosanitaria, regolandone le modalita' di accesso e cosi' incidendo sul relativo ordinamento didattico (cfr. sentenza n. 82 del 1997). L'impianto generale, il contenuto e lo scopo della legge inducono pertanto a ritenere che il suo oggetto debba essere ricondotto alla materia concorrente delle «professioni» di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, ed in particolare delle professioni sanitarie. 2.2. - Ricondotta la normativa in esame alla materia concorrente delle «professioni», di cui all'art. 117, terzo comma, Cost., sono determinanti ai fini della decisione le argomentazioni svolte dalla citata sentenza n. 353 del 2003. Occorre quindi ribadire, in termini generali, che - nel sistema derivante dalla riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione - nelle materie di competenza concorrente la legislazione regionale deve svolgersi nel rispetto dei principi fondamentali determinati dalla legge dello Stato e che tali principi, ove non ne siano stati formulati di nuovi, sono quelli desumibili dalla normativa statale previgente (sentenze n. 201 del 2003 e n. 282 del 2002; art. 1, comma 3, della legge 5 giugno 2003, n. 131). E va parimenti riaffermato che, in materia di professioni sanitarie, dal complesso dell'ampia legislazione statale gia' in vigore, analiticamente richiamata dalla ricordata sentenza n. 353 del 2003, si ricava, al di la' dei particolari contenuti di singole disposizioni, il principio fondamentale per cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e ordinamenti didattici, e' riservata alla legislazione statale. Questo principio si pone quindi come un limite invalicabile dalla potesta' legislativa regionale. La legge impugnata - che tale limite non ha rispettato - deve percio' essere dichiarata costituzionalmente illegittima, restando assorbito ogni altro profilo di censura.