ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 26 maggio 2004, relativa alla insindacabilita', ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall'on. Giancarlo Cito nei confronti del signor Giovanni Liviano D'Arcangelo, promosso con ricorso del Tribunale di Taranto, seconda sezione penale, notificato il 12 gennaio 2005, depositato in cancelleria il 5 febbraio 2005 ed iscritto al n. 6 del registro conflitti 2005. Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati; Udito nella camera di consiglio del 4 maggio 2005 il giudice relatore Fernanda Contri. Ritenuto che nel corso di un procedimento penale a carico del deputato Giancarlo Cito, chiamato a rispondere dei delitti di ingiuria e minaccia in danno di Giovanni Liviano D'Arcangelo, il Tribunale di Taranto, seconda sezione penale, con ricorso del 16 giugno 2004, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera de deputati, in relazione alla deliberazione adottata nella seduta del 26 maggio 2004, con la quale la Camera medesima ha dichiarato che i fatti per i quali e' in corso il procedimento penale concernono opinioni espresse dall'onorevole Giancarlo Cito nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione; che il Tribunale sostiene che le dichiarazioni espresse dal parlamentare - intervenuto telefonicamente nel corso della trasmissione televisiva «Polifemo», diffusa dall'emittente locale «Blustar» - e contestate al medesimo come intimidatorie e offensive non possono ritenersi coperte dalla garanzia di immunita', non essendo in alcun modo riconducibili all'esercizio delle funzioni di parlamentare; che la consolidata giurisprudenza costituzionale anteriore all'avvento della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l'attuazione dell'articolo 68 della Costituzione nonche' in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato) e' nel senso che la prerogativa costituzionale in questione concerne soltanto i comportamenti dei parlamentari strettamente funzionali all'esercizio indipendente delle attribuzioni proprie del potere legislativo, non investendo invece l'intera attivita' politica di un membro del Parlamento; che tale quadro, secondo il Tribunale ricorrente, sarebbe rimasto immutato pur dopo l'entrata in vigore della citata legge n. 140 del 2003, giacche' la Corte avrebbe ribadito i confini ermeneutici e le condizioni interpretative entro le quali la disciplina in esame puo' ritenersi costituzionalmente legittima, precisando che non qualsiasi opinione espressa dai membri delle Camere e' sottratta alla responsabilita' giuridica, ma soltanto le opinioni espresse «nell'esercizio delle funzioni» (sentenza n. 120 del 2004); che il Tribunale ricorrente sottolinea poi come le cosiddette «attivita' non tipizzate» rientrino nella garanzia di cui all'art. 68 Cost. quando siano manifestate mediante strumenti, atti e procedure, anche innominati, purche' compresi nel campo di applicazione del diritto parlamentare, con la conseguenza che, ai fini dell'insindacabilita', cio' che rileva e' proprio il collegamento necessario con le funzioni del Parlamento, mentre nella fattispecie le dichiarazioni rese dall'imputato non sembrano potersi ricondurre ad alcuna attivita' parlamentare, sia pure atipica, del medesimo, inquadrandosi «in un contesto esclusivamente localistico e anzi trasmodando in un attacco tanto estemporaneo quanto prettamente personale»; che il ricorrente, dopo aver sottolineato come l'impugnata deliberazione della Camera dei deputati costituisca un'illegittima lesione della sfera di attribuzioni dell'autorita' giudiziaria, chiede che la Corte costituzionale «adotti la decisione prevista dall'art. 38 della legge 11 marzo 1953, n. 87»; che il conflitto e' stato dichiarato ammissibile con ordinanza n. 437 del 2004; che la predetta ordinanza, e' stata notificata alla Camera dei deputati, unitamente al ricorso introduttivo, in data 12 gennaio 2005 e, ai fini del prescritto deposito, gli atti sono stati inviati a mezzo del servizio postale in data 4 febbraio 2005 e sono pervenuti nella Cancelleria di questa Corte il successivo 5 febbraio 2005; che con atto depositato il 28 gennaio 2005 la Camera dei deputati, in persona del suo Presidente si e' costituita in giudizio chiedendo che il ricorso del Tribunale di Taranto sia dichiarato inammissibile ovvero improcedibile o, comunque, infondato nel merito; che la difesa della Camera ha osservato anzitutto che l'atto introduttivo non contiene alcuna indicazione relativa alla collocazione temporale delle dichiarazioni contestate, da cui deriverebbe l'inammissibilita' dello stesso per la carente allegazione di tali elementi; che nel merito la Camera ha sottolineato l'assoluta irrilevanza del carattere «localistico» delle opinioni espresse dal parlamentare in quanto questa visione darebbe luogo ad una concezione estremamente restrittiva dell'attivita' politico parlamentare, la quale puo' indirizzarsi anche verso questioni inerenti a singole e circoscritte realta' geografiche; che la Camera, contestando le asserzioni del ricorrente relative alla inesistenza di un collegamento delle opinioni espresse dal deputato a temi di rilevanza parlamentare, ha affermato che l'attivita' del predetto parlamentare e' stata caratterizzata da una particolare attenzione nei confronti delle vicende riguardanti la citta' di Taranto, come si puo' desumere agevolmente dalle attivita' ispettive compiute attraverso una serie di interrogazioni relative a varie vicende, quali la gestione della societa' di calcio professionistica di Taranto, l'organizzazione degli uffici giudiziari, la posizione di un consigliere comunale dipendente delle Ferrovie dello Stato e la concessione di un appalto ad opera dell'amministrazione provinciale; che ad avviso della Camera le opinioni espresse nella fattispecie dal deputato sono coperte dalla garanzia costituzionale in quanto rispecchiano l'attivita' del parlamentare, incentrata particolarmente su tematiche relative alla realta' tarantina, non potendo affermarsi che l'opinione sia insindacabile solo se si risolva in una mera riproduzione testuale di atti compiuti in sede parlamentare; che a parere della difesa della Camera sarebbe del tutto ininfluente l'argomentazione del Tribunale ricorrente, secondo cui la capacita' lesiva delle espressioni usate risulterebbe cosi' forte che queste non avrebbero potuto essere pronunciate in Parlamento ne' tantomeno extra moenia, poiche', diversamente opinando, si consentirebbe all'autorita' giudiziaria di apprezzare la stessa pronunciabilita' delle frasi e di compiere quindi una valutazione, che invece e' costituzionalmente riservata all'autonomia delle Camere; che in prossimita' della data fissata per la discussione in camera di consiglio, la difesa della Camera ha presentato una memoria, nella quale ha chiesto la dichiarazione di improcedibilita' per la tardivita' del deposito degli atti da parte del ricorrente Tribunale. Considerato che il ricorso introduttivo e' stato notificato alla Camera dei deputati, unitamente all'ordinanza che lo ha dichiarato ammissibile, in data 12 gennaio 2005 e gli atti sono stati inviati a mezzo del servizio postale in data 4 febbraio 2005 e sono pervenuti nella Cancelleria di questa Corte il successivo 5 febbraio 2005, ossia oltre il termine di venti giorni di cui all'art. 26, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale; che, in conformita' alla costante giurisprudenza di questa Corte (v., tra le molte, la sentenza n. 247 del 2004 e le ordinanze n. 249, n. 250 e n. 278 del 2004), tale deposito deve considerarsi tardivo, essendo detto termine da ritenere perentorio; che pertanto il giudizio deve essere dichiarato improcedibile.