ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale degli artt. 20 e 35 del
decreto   legislativo  28 agosto  2000,  n. 274  (Disposizioni  sulla
competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della
legge  24 novembre  1999,  n. 468),  promossi, nell'ambito di diversi
procedimenti  penali, dal giudice di pace di Tropea con due ordinanze
del  20 ottobre 2004 e dal giudice di pace di Patti con ordinanza del
3 gennaio  2005,  rispettivamente iscritte ai numeri 88, 89 e 165 del
registro  ordinanze  2005 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica numeri 10 e 13, 1ª serie speciale, dell'anno 2005.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 6 luglio 2005 il giudice
relatore Guido Neppi Modona;
    Ritenuto  che, nell'ambito di un procedimento penale per ingiuria
e  minaccia, con ordinanza del 20 ottobre 2004 (r.o. n. 88 del 2005),
il  giudice di pace di Tropea da' atto che il difensore dell'imputato
ha  eccepito,  in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, e
in  relazione  agli  artt. 552  del  codice di procedura penale e 159
delle  relative  norme di attuazione, l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 35   del   decreto   legislativo   28 agosto  2000,  n. 274
(Disposizioni  sulla  competenza  penale del giudice di pace, a norma
dell'articolo 14  della  legge  24 novembre  1999, n. 468), in quanto
nell'atto   di   citazione  a  giudizio  non  prevede  l'avvertimento
all'imputato «della possibilita' di estinzione del reato a seguito di
riparazione del danno cagionato»;
        che  il giudice rimettente, «ritenuta rilevante ed assorbente
la sollevata questione di legittimita' costituzionale», ha sospeso il
giudizio  ed  ha  rimesso  gli atti alla Corte costituzionale «per la
decisione sulla stessa»;
        che con altra ordinanza in pari data (r.o. n. 89 del 2005) il
medesimo  giudice, nell'ambito di un diverso procedimento per lesioni
personali  e  minaccia,  da'  atto  che il difensore dell'imputato ha
prospettato,  in  riferimento  agli artt. 3 e 24 Cost. e in relazione
agli artt. 552 cod. proc. pen. e 159 delle relative norme attuazione,
analoga  questione di legittimita' costituzionale degli artt. 35 e 20
del  decreto  legislativo  n. 274  del  2000, in quanto non prevedono
l'avvertimento  nell'atto di citazione a giudizio all'imputato «della
possibilita'  di  estinzione  del  reato a seguito di riparazione del
danno cagionato»;
        che  il  rimettente,  «ritenuta  rilevante  ed  assorbente la
sollevata  questione  di  legittimita' costituzionale», ha sospeso il
giudizio  ed  ha  rimesso  gli atti alla Corte costituzionale «per la
decisione sulla stessa»;
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata manifestamente
inammissibile;
        che  il  giudice di pace di Patti con ordinanza del 3 gennaio
2005  (r.o.  n. 165  del 2005), nell'ambito di un procedimento per il
reato   di   cui   all'art. 731   del   codice  penale  (Inosservanza
dell'obbligo dell'istruzione elementare dei minori), ha sollevato, in
riferimento  agli  artt. 3,  24,  secondo  comma, e 111, terzo comma,
Cost.,  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 20 del
decreto  legislativo n. 274 del 2000, «nella parte in cui non prevede
che  il  decreto  di  citazione  a giudizio avanti al giudice di pace
debba, a pena di nullita', contenere l'avviso che l'imputato, qualora
ne ricorrono i presupposti, prima della dichiarazione di apertura del
dibattimento  (ex art. 29, comma 6, del decreto legislativo 28 agosto
2000,  n. 274)  ha  la possibilita' di estinguere il reato a mezzo di
condotte  riparatorie  ai  sensi  dell'art. 35»  del medesimo decreto
legislativo;
        che  il rimettente osserva che l'istituto dell'estinzione del
reato  conseguente  a condotte riparatorie, disciplinato dall'art. 35
del  decreto  legislativo  n. 274 del 2000, «riveste chiare finalita'
deflative e rientra tra quelli utili alla piu' celere definizione dei
procedimenti penali davanti al giudice di pace»;
        che  di  conseguenza  l'art. 20  del  richiamato decreto, che
disciplina  il  contenuto  della  citazione a giudizio disposta dalla
polizia    giudiziaria    omettendo    qualsiasi   riferimento   alla
possibilita',   offerta   all'imputato  dal  successivo  art. 29,  di
accedere,  qualora ne ricorrono i presupposti, a forme alternative di
definizione  del  procedimento,  violerebbe  gli artt. 3, 24, secondo
comma, e 111, terzo comma, Cost.;
        che, in particolare, la disciplina censurata istituirebbe una
irragionevole   disparita'  di  trattamento  dell'imputato  citato  a
giudizio  dinanzi  al  giudice  di  pace  rispetto a quello tratto al
giudizio  del  tribunale  in  composizione  monocratica con citazione
diretta,  per  il  quale  l'art. 552, comma 1, lettera f), e comma 2,
cod.  proc.  pen.  prevede  a  pena  di  nullita'  che  il decreto di
citazione   contenga  l'avvertimento  che,  qualora  ne  ricorrono  i
presupposti,  prima della dichiarazione di apertura del dibattimento,
l'imputato  ha facolta' di accedere ai riti «premiali», che altro non
sarebbero che forme alternative di definizione del procedimento;
        che la disposizione censurata lederebbe inoltre il diritto di
difesa,   precludendo   all'imputato   la   conoscenza  e  quindi  la
possibilita'  di  ricorrere  ad  una  delle  due  «vie alternative al
processo percorribili» nel procedimento davanti al giudice di pace;
        che  la  norma  censurata violerebbe infine l'art. 111, terzo
comma,  Cost.,  che,  nell'enunciare  il  principio  che  la  persona
accusata  deve  essere  tempestivamente  informata  dell'accusa a suo
carico, postulerebbe altresi' «che, con congruo preavviso, l'imputato
sia   informato  delle  possibili  alternative  difensive  offertegli
dall'ordinamento,  si'  da poter decidere con piena consapevolezza se
affrontare  il  procedimento penale o attivarsi, preventivamente, per
la  riparazione  del  danno  in  ragione della futura declaratoria di
estinzione del reato»;
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia dichiarata inammissibile o
infondata;
        che  nell'ordinanza  di  rimessione  mancherebbe infatti ogni
descrizione della vicenda che ha dato origine al procedimento e della
fattispecie oggetto del giudizio a quo;
        che,  nel  merito,  la questione sarebbe infondata sulla base
delle  considerazioni  gia' svolte dalla Corte nelle ordinanze numeri
10, 11, 55, 56, 57 e 191 del 2004;
    Considerato  che  tutte  le  ordinanze  di rimessione prospettano
questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 20 del decreto
legislativo  28 agosto  2000,  n. 274, nella parte in cui non prevede
che  il  decreto  di  citazione a giudizio davanti al giudice di pace
debba   contenere   l'avvertimento   che   l'imputato,   prima  della
dichiarazione  di  apertura  del  dibattimento, ha la possibilita' di
estinguere  il  reato  a  mezzo  di  condotte  riparatorie  ai  sensi
dell'art. 35 del medesimo decreto legislativo;
        che  di  conseguenza  deve  essere  disposta  la riunione dei
relativi giudizi;
        che  le  ordinanze del giudice di pace di Tropea (iscritte ai
numeri  88  e  89  del  r.o.  del  2004)  sono  prive di qualsivoglia
motivazione  sulla  rilevanza  e  sulla  non manifesta infondatezza e
devono pertanto essere dichiarate manifestamente inammissibili;
        che  questioni  in  tutto  simili  a  quella  prospettata dal
giudice  di  pace  di  Patti in riferimento agli artt. 3, 24, secondo
comma,   e  111,  terzo  comma,  Cost.  sono  gia'  state  dichiarate
manifestamente infondate da questa Corte con le ordinanze numeri 56 e
11 del 2004;
        che,  in  particolare, nelle citate ordinanze si e' rilevato,
richiamando   l'ordinanza   n. 231  del  2003,  che  nell'udienza  di
comparizione   l'imputato   e'  obbligatoriamente  assistito  «da  un
difensore,  di  fiducia  o  d'ufficio,  si'  che risultano pienamente
garantite  la difesa tecnica e l'informazione circa le varie forme di
definizione del procedimento, anche alternative al giudizio di merito
(conciliazione  tra  le  parti,  oblazione,  risarcimento  del danno,
condotte riparatorie)», e che «l'udienza di comparizione, ove avviene
il  primo contatto tra le parti e il giudice, risulta sede idonea per
sollecitare  e  verificare  la  praticabilita' di possibili soluzioni
alternative»;
        che  inoltre  e'  stato ricordato che il comma 3 dell'art. 35
stabilisce  che  il  giudice di pace puo' disporre la sospensione del
processo  per  un  periodo  non  superiore  a tre mesi ove l'imputato
chieda nell'udienza di comparizione di poter provvedere alle condotte
riparatorie  e  dimostri  di  non  avere  potuto farlo in precedenza,
ovviamente anche per non essere stato informato di tale possibilita';
        che    la   questione   deve   pertanto   essere   dichiarata
manifestamente  infondata,  non  risultando profili diversi o aspetti
ulteriori rispetto a quelli gia' valutati con le pronunce richiamate;
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.