Ricorso  della Regione Toscana, in persona del suo presidente pro
tempore,  autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 664
del  27 giugno  2005,  rappresentato e difeso per mandato in calce al
presente  atto dagli avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni, presso lo
studio  di  quest'ultimo  elettivamente  domiciliato in Roma, via del
Viminale n. 43;

    Contro  il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, per
la  dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 5, commi
quinto,  settimo  e  nono; dell'art. 12, commi primo, secondo, terzo,
quarto,   quinto,  settimo  della  legge  14 maggio  2005  n. 80,  di
conversione,  con  modificazioni,  del  decreto  legge 14 marzo 2005,
n. 35,  recante «Disposizioni urgenti nell'ambito del piano di azione
per lo sviluppo economico, sociale e territoriale».
    Sulla  Gazzetta  Ufficiale  del  14 maggio  2005 n. 111, S.O., e'
stata   pubblicata   la   legge   n. 80/2005   di   conversione,  con
modificazioni, del d.l. n. 35/ 2005 gia' oggetto del ricorso promosso
da questa amministrazione (R.G. n. 55/05).
    La ricorrente amministrazione regionale non intende contestare le
misure  volte  a  favorire lo sviluppo e l'internazionalizzazione del
sistema  produttivo; tuttavia alcune specifiche disposizioni del c.d.
«decreto  competitivita»,  con le modificazioni apportate dalla legge
di conversione, si pongono in contrasto con gli artt. 117 e 118 della
Costituzione  e  sono  pertanto  lesivi  delle  competenze  regionali
costituzionalmente garantite, per i seguenti motivi di

                               Diritto

    1.  - Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, quinto comma per
violazione degli artt. 117 e 118 Cost.
    L'art. 5    disciplina    gli    interventi   per   lo   sviluppo
infrastrutturale,   al   fine   di  favorire  un'accelerazione  nella
realizzazione delle opere ritenute strategiche ed urgenti.
    In  tale  contesto  e'  illegittimo il quinto comma, ai sensi del
quale  con  decreto  del  Presidente  del  Consiglio dei ministri, su
proposta  del  Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, possono
essere  dichiarati interventi infrastrutturali strategici ed urgenti,
ai  sensi  della  legge  obiettivo  n. 443/2001, le opere ed i lavori
previsti  nell'ambito  delle concessioni autostradali gia' assentite,
anche  se  non  inclusi  nel  primo programma delle opere strategiche
approvato  dal  CIPE,  ove  ritenute  indispensabili  per lo sviluppo
economico del Paese. In base a tale previsione, quindi, e' attribuito
il  carattere  strategico  ed  urgente  ad  opere  e  lavori previsti
nell'ambito  di  concessioni autostradali, senza alcuna intesa con la
regione  e da cio' consegue che la programmazione e la localizzazione
di  tali  opere e lavori potranno essere decisi unilateralmente dallo
Stato  senza  coinvolgimento  regionale,  mentre e' innegabile che la
localizzazione   e   la   realizzazione   di   tali  opere  e  lavori
interferiscono   con   materie  di  competenza  regionale,  ai  sensi
dell'art. 117,  terzo e quarto comma, Cost. quali, in particolare, il
governo  del  territorio,  la programmazione delle infrastrutture, la
difesa  del suolo, le grandi reti di trasporto, la valorizzazione dei
beni ambientali, l'industria.
    Ne'   d'altra  parte  la  norma  impugnata  rispetta  i  principi
stabiliti  dalla  Corte  costituzionale  nella  sentenza  n. 303/2003
emessa in relazione alla legge obiettivo.
    In  tale  sentenza  la  Corte  costituzionale  ha  chiarito che i
principi  di  sussidiarieta',  adeguatezza  e differenziazione di cui
all'art. 118   Cost.   possono   determinare  uno  spostamento  delle
competenze  di  cui  all'art. 117  Cost.  dalle Regioni allo Stato; i
suddetti  principi,  pero',  «convivono  con  il  normale  riparto di
competenze legislative contenuto nel titolo V e possono giustificarne
una deroga solo se la valutazione dell'interesse pubblico sottostante
all'assunzione  di  funzioni  regionali  da  parte  dello  Stato  sia
proporzionata,  non  risulti affetta da irragionevolezza alla stregua
di  uno  stretto  scrutinio  di costituzionalita' e sia oggetto di un
accordo  stipulato  con  la  regione  interessata...  Predisporre  un
programma  di  infrastrutture  pubbliche  e private e di insediamenti
produttivi   e'   attivita'   che  non  mette  capo  ad  attribuzioni
legislative   statali,   ma   che  puo'  coinvolgere  anche  potesta'
legislative  concorrenti (governo del territorio, porti ed aeroporti,
grandi  reti  di  trasporto,  distribuzione  nazionale dell'energia).
Percio'  «per giudicare se una legge statale che occupi questo spazio
sia  invasiva  delle  attribuzioni regionali o non costituisca invece
applicazione  dei  principi di sussidiarieta' ed adeguatezza, diviene
elemento  valutativo  essenziale  la  previsione  di un'intesa fra lo
Stato  e  le Regioni, alla quale sia subordinata l'operativita' della
disciplina.
    Nel  caso  in  esame  tale  intesa  non  e'  prevista e quindi si
consentono  la  localizzazione  e la realizzazione di lavori ed opere
sul  territorio  regionale senza alcun coinvolgimento della Regione e
degli  enti  locali  interessati,  con  conseguente  violazione degli
artt. 117 e 118 Cost.
    2.  -  Illegittimita'  costituzionale dell'art. 5, settimo comma,
per violazione degli artt. 117 e 118 Cost.
    Nel  precedente  ricorso  n. 55/2005  proposto avverso il decreto
legge  n. 35  la Regione Toscana ha impugnato anche l'art. 5, settimo
comma:  qui  si prevedeva che per le opere di cui al precedente comma
quinto fosse nominato un commissario straordinario, al quale venivano
attribuiti  le  funzioni,  i  compiti ed i poteri gia' previsti dalla
legge  n. 135/1997;  il  commissario agiva con il precipuo compito di
evitare  o  rimuovere  gli  ostacoli o i ritardi per la realizzazione
delle opere.
    Tale   disposizione  e'  stata  contestata  nella  parte  in  cui
stabiliva  che la proposta di nomina o di sostituzione dei commissari
straordinari fosse formulata:
        sentito,  previamente  il  presidente  della  regione o della
provincia autonoma; nel caso di opera di interesse regionale,
        sentito   il  presidente  della  regione  o  della  provincia
autonoma  interessata,  ovvero  il sindaco della citta' metropolitana
interessata,   nel  caso  di  opera  di  interesse  interregionale  o
internazionale.
    La  legge di conversione n. 80/2005 ha modificato la formulazione
della disposizione, prevedendo che il Commissario sia sempre nominato
sentito il presidente della regione interessata.
    Dunque  viene  meno,  per  le  opere sovraregionali, l'originaria
prevista   alternativita'   tra   il  presidente  della  regione,  il
presidente  della  provincia ed il sindaco della citta' metropolitana
interessata  nell'espressione  del parere finalizzato alla nomina del
commissario,  alternativita' che faceva supporre che lo Stato potesse
unilateralmente  decidere  se  acquisire  il  parere  del  presidente
regionale  o provinciale o del sindaco prima di procedere alla nomina
del  commissario,  con  la  conseguenza che la regione avrebbe potuto
essere del tutto emarginata ed esclusa.
    Nonostante  tale  miglioramento  della norma, il settimo comma in
oggetto  resta  incostituzionale  perche'  la nomina commissariale e'
disposta,  in  ogni  ipotesi, sentito il presidente della regione. La
disposizione   non   rispetta  le  competenze  regionali;  infatti  i
commissari,  dovendo  garantire  la celere realizzazione delle opere,
interferiscono   con  la  loro  attivita'  nelle  molteplici  materie
regionali  coinvolte  nella  realizzazione  delle  opere  strategiche
medesime.
    Pertanto  il  rispetto delle attribuzioni regionali imporrebbe un
rafforzamento  del ruolo della regione, con la previsione dell'intesa
con la regione medesima, in caso di nomina commissariale per un opera
regionale,  e  del  parere  preventivo  della  regione a fronte della
nomina commissariale per un'opera sovraregionale.
    Il  comma  qui contestato, invece, contempla una mera «audizione»
del  presidente  della  regione,  neppure rafforzata dal fatto che la
stessa  debba  avvenire  prima  della  nomina; e' evidente che questa
previsione ben puo' risolversi in un adempimento solo formale che non
assicura,  come invece avviene con l'intesa o con piu' incisive forme
di  leale  cooperazione,  la  reale  partecipazione  della regione al
procedimento,  a  garanzia  del rispetto delle attribuzioni regionali
coinvolte.  In  sostanza  il  parere  e'  sempre superabile, anche se
negativo,  mentre l'intesa richiede che siano poste in essere fattive
trattative al fine di addivenire ad un accordo: il che e' necessario,
per  lo  meno  in  relazione  alle  opere  ed interventi di interesse
regionale.
    Per  i  suddetti motivi si ravvisa una lesione delle attribuzioni
regionali,  costituzionalmente  garantite  ex  artt. 117 e 118 Cost.,
incise   dall'attivita'   del   commissario  (quali  il  governo  del
territorio,  le  grandi reti di trasporto, la valorizzazione dei beni
culturali, l'industria).
    3.  -  Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma nono, per
violazione degli artt. 117 e 118 Cost.
    Il   comma   ottavo   dell'art. 5   prevede  che  il  commissario
straordinario   intervenga   quando   la  realizzazione  delle  opere
strategiche  di  cui  all'articolo  in  esame presenti rallentamenti,
ritardi  o impedimenti; la norma non indica i poteri del commissario,
ma  rinvia  a  tal  fine  a quelli previsti dall'art. 13, della legge
n. 135/1997. Si tratta in sostanza di poteri di sostituzione rispetto
agli  enti  ordinariamente  competenti  per  assicurare  che  l'opera
strategica proceda senza indugio.
    Il  comma  nono  qui contestato fa salva l'applicazione del comma
4-bis  del  citato  art. 13, della legge n. 135/1997, (cioe' i poteri
commissariali  di  deroga  mentre non richiama l'applicabilita' anche
del comma 4 del medesimo art. 13.
    Tale  comma  quarto  dispone  che, in caso di opere di competenza
regionale,  provinciale  e  comunale,  i  provvedimenti necessari per
assicurare  la  tempestiva  esecuzione dei lavori sono comunicati dal
commissario  al  presidente  della  regione  o  della  provincia e al
sindaco  del  comune  territorialmente  interessati,  i quali - entro
quindici giorni dalla ricezione - possono disporre la sospensione dei
provvedimenti commissariali anche provvedendo diversamente.
    L'applicabilita' di tale previsione della pregressa normativa non
e' richiamata dalla nuova disposizione, e percio' sorge il dubbio che
per  le nuove opere il commissario possa agire senza che la regione e
gli   enti   locali   abbiano   lo   strumento  per  intervenire  sui
provvedimenti  rientranti  nelle  rispettive  competenze,  con  grave
lesione  delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite ed
incise   dall'attivita'   commissariale;   percio'   si   chiede  che
l'impugnata  disposizione sia dichiarata incostituzionale nella parte
in  cui  non  fa  salva  l'applicabilita'  dell'art. 13, comma 4, del
decreto legge n. 67 del 1997, convertito dalla legge n. 135/1997.
    3.  -  Illegittimita'  costituzionale  dell'art. 12, commi primo,
secondo,  terzo,  quarto,  quinto  e  settimo  per  violazione  degli
artt. 117 e 118 Cost.
    3.1.  -  L'art. 12  prevede  un  rilevante intervento statale nel
settore  del  turismo per il coordinamento stabile delle politiche di
indirizzo del settore turistico in sede nazionale.
    In  particolare  il  primo comma istituisce il Comitato nazionale
per  il turismo; il secondo comma prevede la trasformazione dell'Ente
nazionale  per  il  turismo  (ENIT)  in Agenzia nazionale del turismo
italiana,  sottoposta  all'attivita'  di  indirizzo  e  vigilanza del
Ministero  delle  attivita'  produttive,  la quale succede in tutti i
rapporti  dell'ENIT  (quarto  comma);  il terzo comma qualifica detta
Agenzia  ente  giuridico  di  diritto  pubblico,  dotato di autonomia
statutaria,  regolamentare,  organizzativa, patrimoniale, contabile e
di  gestione.  Il  quinto comma elenca le entrate dell'Agenzia per le
proprie   spese   di  funzionamento,  prevedendo  a  tal  fine  anche
contributi delle regioni.
    Il  comma  settimo,  poi,  dispone  che con decreto ministeriale,
adottato  d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, saranno stabilite
l'organizzazione e la disciplina dell'Agenzia suddetta.
    3.2.  -  Le  suddette  disposizioni appaiono incostituzionali: la
materia  del  turismo  infatti  non  e'  ricompresa nell'elenco delle
materie  riservate allo Stato, ai sensi dell'art. 117, secondo comma,
Cost., ne' in quello delle materie soggette alla potesta' legislativa
concorrente.
    Non  sussiste dunque il titolo legittimante l'intervento statale,
in  quanto  il  turismo  attiene ad un ambito materiale di competenza
esclusiva regionale, ai sensi dell'art. 117, quarto comma Cost.
    Il  primo  comma  qui  contestato  vorrebbe individuare il titolo
legittimante  la  competenza statale nella finalita' di assicurare il
coordinamento  stabile  delle politiche del settore turistico in sede
nazionale e la sua promozione all'estero; tuttavia tali finalita' non
rendono  legittime le disposizioni contestate, secondo i parametri di
cui agli artt. 117 e 118 Cost.
    Come   piu'   volte   e'   stato  rilevato  dalla  giurisprudenza
costituzionale,  a  seguito della riforma del Titolo V, la dimensione
dell'interesse  non  e'  piu'  di per se' un criterio per ancorare la
competenza  legislativa  dello  Stato  ovvero  della  Regione (tra le
tante, in tal senso, sentenze n. 303/2003; 370/2003; 16/2004); dunque
l'interesse  nazionale  non  e'  piu'  oggi  un limite autonomo della
legislazione regionale, ne' puo' costituire autonomo fondamento di un
intervento  legislativo  statale  in materie di competenza regionale,
quale e' quella del turismo.
    Nello  stesso senso, neppure la promozione all'estero del turismo
e'   contemplata  nell'art. 117  Cost.  come  materia  di  competenza
statale.
    3.3.   -   Ne'   le   impugnate  disposizioni  possono  ritenersi
costituzionali in base all'art. 118 Cost.
    Infatti,     secondo    l'insegnamento    della    giurisprudenza
costituzionale,  la  suddetta norma legittima lo Stato a disciplinare
l'esercizio  di  funzioni  che,  per  esigenze di unitarieta', devono
essere allocate in capo allo Stato.
    Ma  le disposizioni censurate non provvedono a porre in capo allo
Stato  specifiche  funzioni nella materia, disciplinando le medesime,
ma  attribuiscono  all'amministrazione  statale  un esteso e generale
ruolo  di  coordinamento delle politiche di indirizzo nel settore del
turismo  che,  per  la  sua  indeterminatezza,  puo' legittimare ogni
intervento  statale,  creando  -  per  tali fini - appositi organismi
statali (il Comitato e l'Agenzia).
    Si  prevede  altresi'  che le regioni diano propri contributi per
far  fronte  alle  spese  dell'Agenzia  e  cio'  lede le attribuzioni
regionali  perche',  nelle  materie  di competenza, le regioni devono
poter  utilizzare  le  proprie  risorse  per  le  finalita'  da  esse
determinate e non gia' per finanziare le spese di funzionamento di un
organismo  statale, e spetta alle regioni disciplinare gli interventi
di sostegno da compiere.
    A tale proposito la Corte costituzionale ha rilevato:
        «dopo  la  riforma costituzionale del 2001 ed in attesa della
sua  completa  attuazione  in  tema  di  autonomia  finanziaria delle
regioni   -   l'art. 119  della  Costituzione  pone,  sin  d'ora,  al
legislatore  statale  precisi  limiti  in  tema  di  finanziamenti in
materie di competenza legislativa regionale, residuale o concorrente.
    In  primo  luogo,  la  legge statale non puo' - in tali materie -
prevedere  nuovi  finanziamenti a destinazione vincolata, che possono
divenire  strumenti indiretti, ma pervasivi, di ingerenza dello Stato
nell'esercizio  delle  funzioni  delle  regioni  e degli enti locali,
nonche'  di  sovrapposizione  di  politiche  e di indirizzi governati
centralmente  a  quelli  legittimamente  decisi  dalle  regioni negli
ambiti materiali di propria competenza.
    In  secondo  luogo  - poiche' le funzioni attribuite alle regioni
comprendono  la possibilita' di erogazione di contributi finanziari a
soggetti  privati,  dal momento che in numerose materie di competenza
regionale   le   politiche   pubbliche   consistono   appunto   nella
determinazione  di incentivi economici ai soggetti in esse operanti e
nella  disciplina  delle  modalita'  per loro erogazione - il tipo di
ripartizione  delle  materie  fra Stato e Regioni di cui all'art. 117
Cost.  vieta  comunque  che  in una materia di competenza legislativa
regionale,  in  linea  generale,  si  prevedano interventi finanziari
statali   seppur   destinati   a   soggetti   privati,  poiche'  cio'
equivarrebbe   a   riconoscere  allo  Stato  potesta'  legislative  e
amministrative  sganciate dal sistema costituzionale di riparto delle
rispettive  competenze.»  (sentenza  n. 77/2005  e nello stesso senso
n. 51/2005; 423 e 424/2004.
    Inoltre   la   giurisprudenza   costituzionale  ha  chiarito  che
l'attrazione  di competenze regionali in capo allo Stato per esigenze
di  sussidiarieta',  stante  la  rilevanza dei valori coinvolti, puo'
essere  giustificata  «solo se la valutazione dell'interesse pubblico
sottostante all'assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato
sia  proporzionata,  non  risulti  affetta  da  irragionevolezza alla
stregua  di  uno scrutinio stretto di costituzionalita' e sia oggetto
di  un  accordo  stipulato  con  la  Regione  interessata». (sentenza
n. 303/2003).
    Sono  dunque  necessarie  la ragionevolezza e la proporzionalita'
dell'intervento, nonche' l'evidenziazione delle esigenze di esercizio
unitario  delle  funzioni:  percio'  occorre che la normativa risulti
limitata a quanto strettamente indispensabile per tali fini.
    Inoltre  la  normativa  «deve  risultare  adottata  a  seguito di
procedure  che  assicurino  la  partecipazione dei livelli di governo
coinvolti  attraverso  strumenti di leale collaborazione o, comunque,
deve  prevedere  adeguati  meccanismi di cooperazione per l'esercizio
concreto  delle  funzioni amministrative allocate in capo agli organi
centrali» (sentenza n. 6/2004).
    Se  si  applicano  i  menzionati  criteri alla norma in esame, si
rileva  anzitutto  che  non  vi  sono  esigenze di sussidiarieta' che
rendano  necessario  istituire,  in  una materia regionale, organismi
statali;  inoltre non vi sono meccanismi di leale cooperazione idonei
a salvaguardare le attribuzioni regionali.
    Infatti  sono  previsti  alcuni  rappresentanti regionali in seno
all'istituito  Comitato  nazionale  per  il  turismo: si tratta di un
organismo  in  cui le Regioni sono scarsamente rappresentate, insieme
ed  alla  stessa stregua delle associazioni di categoria, pur essendo
titolari  di  competenze  costituzionalmente  garantite in materia di
turismo.
    L'intesa    richiesta    dalla    surrichiamata    giurisprudenza
costituzionale quale forma idonea di leale collaborazione tra Stato e
Regioni  non  puo'  essere dunque surrogata con la marginale presenza
delle regioni in seno al Comitato.
    Ne'  e'  sufficiente,  per i fini in esame, l'intesa prevista nel
comma  in esame per l'adozione del decreto che determinera' i compiti
e   l'organizzazione  dell'Agenzia,  perche'  questa  previsione  non
garantisce  la cooperazione con le regioni nell'esercizio dei compiti
che all'Agenzia stessa saranno attribuiti.
    3.4.   -   Il  settimo  comma  e'  inoltre  incostituzionale  per
violazione  dell'art. 117,  sesto comma, Cost., in quanto attribuisce
ad  un  atto  di natura regolamentare il compito di definire non solo
l'organizzazione,  ma  anche  la  disciplina  dell'Agenzia. Quindi il
futuro decreto dovra' stabilire anche le competenze di tale organismo
statale,  competenze  che  la  legge  non  definisce,  limitandosi  a
disporre  che  «tra  i  compiti dell'Agenzia (concretamente enucleati
nell'emanando  decreto) sono in particolare previsti lo sviluppo e la
cura  del  turismo  culturale e del turismo congressuale, in raccordo
con le iniziative di valorizzazione del patrimonio culturale» (ultima
parte del settimo comma in esame).
    Visti  quindi  i contenuti di tale atto ministeriale, il medesimo
viene  ad avere una natura regolamentare incidente in una materia non
riservata  allo  Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, Cost. e
cio'  costituisce  un  ulteriore  motivo di incostituzionalita' della
disposizione censurata.