ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale degli articoli 4 e 30
della  legge  della  Regione  Marche  5 agosto  1992, n. 34 (Norme in
materia  urbanistica,  paesaggistica  e  di  assetto del territorio),
promosso   con   ordinanza   del   31 gennaio   2004   dal  Tribunale
amministrativo regionale delle Marche sui ricorsi riuniti proposti da
Codacons  ed  altri  contro  il comune di Civitanova Marche ed altri,
iscritta  al  n. 406  del  registro ordinanze 2004 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 20,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2004.
    Visti  l'atto  di costituzione del Codacons Centro Marche nonche'
l'atto di intervento della Regione Marche;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  21  giugno 2005  il  giudice
relatore Alfio Finocchiaro;
    Uditi  l'avvocato Roberto Gaetani per il Codacons Centro Marche e
l'avv. Stefano Grassi per la Regione Marche.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - Nel corso di giudizi amministrativi, promossi dal Codacons,
da  articolazioni  regionali dello stesso Codacons, dalla Cooperativa
Adriatica  a  r.l.  e  dalla  Minerva  s.r.l.  contro  il  comune  di
Civitanova  Marche,  per  l'annullamento  di  atti  di pianificazione
attuativa  (e  delle  conseguenti  concessioni  edilizie)  delle aree
denominate,    complessivamente,    «zona   mostre»,   il   Tribunale
amministrativo   regionale   delle   Marche,   previa   riunione  dei
procedimenti,  ha  sollevato questione di legittimita' costituzionale
degli articoli 4 e 30 della legge della Regione Marche 5 agosto 1992,
n. 34  (Norme  in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del
territorio),  per  violazione  dell'articolo 117,  primo comma, della
Costituzione,  in relazione all'art. 24 della legge 28 febbraio 1985,
n. 47    (Norme    in    materia    di    controllo    dell'attivita'
urbanistico-edilizia,  sanzioni,  recupero  e  sanatoria  delle opere
edilizie).
    Con  ricorso  n. 844  del  1998, il Codacons e il Codacons Marche
hanno   impugnato,   denunciandone  illegittimita'  sotto  molteplici
profili,  le  delibere  consiliari  n. 2  del 1997, n. 127 del 1997 e
n. 27   del  1998  (e  delle  pregresse  deliberazioni  della  Giunta
municipale  n. 533  del  1994, n. 698 del 1994 e successive varianti,
aventi  ad  oggetto la perimetrazione del centro abitato), con cui il
comune  di Civitanova Marche ha definito la progettazione di massima,
nonche'  adottato  e  approvato il piano di lottizzazione relativo al
comprensorio «zona mostre».
    Con  ricorso  n. 1199  del 2000, il Codacons e il Codacons Marche
hanno  impugnato,  per  una  serie di vizi dedotti, la convenzione di
lottizzazione stipulata il 15 novembre 1999 e le concessioni edilizie
rilasciate  dal  comune  di  Civitanova  Marche, per la realizzazione
delle  opere  private previste dal piano di lottizzazione oggetto del
ricorso n. 844 del 1998.
    Con  ricorso n. 477 del 2002, il Codacons, il Codacons Marche, il
Codacons  Centro  Marche  e  la  Minerva  s.r.l.  hanno  impugnato le
delibere  consiliari  di adozione e approvazione delle varianti della
lottizzazione  «zona  mostre nord» e della lottizzazione «zona mostre
sud»,  nonche'  le  concessioni edilizie conseguentemente rilasciate,
enunciando,  tra  i  motivi  di  illegittimita',  anche la violazione
dell'art. 24  della  legge  statale  n. 47  del 1985, con conseguente
incostituzionalita'  dell'art. 4  della  legge  regionale, per essere
state  le  varianti della «zona mostre» definitivamente approvate dal
Consiglio  comunale senza passare per l'approvazione della provincia,
come  avveniva  antecedentemente  alla  legge  regionale, in ossequio
all'art. 24, secondo comma, della legge n. 47 del 1985.
    Con  ricorso  n. 450 del 2002, la Cooperativa Adriatica a r.l. ha
impugnato  la concessione edilizia in sanatoria rilasciata nel 2002 a
favore   della   Almar   s.r.l.  per  la  realizzazione  di  edificio
commerciale  all'interno  della  lottizzazione  «zona mostre sud», in
quanto  contraria agli strumenti urbanistici vigenti, e tenendo conto
che la lottizzazione non rispecchia la destinazione d'uso prevista da
questi.
    Secondo  il  Tar  e'  rilevante  e  non  manifestamente infondata
rispetto  alla  decisione  la  questione  di  costituzionalita' degli
articoli 4  e  30  della  legge  della  Regione Marche 5 agosto 1992,
n. 34,  perche'  in  contrasto  con l'art. 24 della legge 28 febbraio
1985,  n. 47,  e,  quindi,  in violazione dell'art. 117, primo comma,
della Costituzione.
    Sotto  il profilo della rilevanza, il Tar assume che il comune di
Civitanova  Marche  ha provveduto alla pianificazione attuativa della
«zona  mostre»  a  mezzo di piani di lottizzazione, cui in seguito ha
deciso  di  apportare  varianti. Tali atti sono stati introdotti alla
stregua  delle  competenze  stabilite  dall'art. 4  e seguendo l'iter
procedimentale  fissato  dall'art. 30 della legge regionale n. 34 del
1992.  La  pianificazione  attuativa  dunque  e'  svolta  dal  comune
autonomamente  senza  controlli  ne'  interferenze,  da  parte  della
Regione  o  della  Provincia (quest'ultima delegata dalla Regione, in
base  all'art. 3  della  stessa  legge  regionale n. 34 del 1992). La
riscontrata    illegittimita'    costituzionale    degli    atti   di
pianificazione  comporterebbe  l'illegittimita'  degli stessi e degli
atti  concessori  conseguenti,  indipendentemente dagli altri vizi di
legittimita' denunciati dai ricorrenti.
    In  ordine  alla  non  manifesta  infondatezza della questione di
legittimita' costituzionale, il Tar Marche rileva che l'art. 24 della
legge  28 febbraio 1985, n. 47 - nell'escludere che, in via generale,
i  piani  attuativi  necessitino  di  approvazione  regionale,  e nel
conferire alle Regioni il potere di disciplinare con proprie norme il
procedimento  di autoapprovazione dei piani, al fine di garantirne la
snellezza,  la  pubblicita'  e la partecipazione - ha anche previsto,
testualmente,  che  i comuni «sono comunque tenuti a trasmettere alla
Regione,  entro  sessanta  giorni, copia degli strumenti attuativi di
cui  al presente articolo. Sulle eventuali osservazioni della Regione
i comuni devono esprimersi con motivazioni puntuali».
    Tale   ultima   disposizione   deve  interpretarsi  come  obbligo
inderogabile  per  i comuni di portare a conoscenza delle Regioni gli
strumenti   attuativi,  e  di  dare  puntuale  riscontro  (pur  senza
l'obbligo di recepirle) alle eventuali osservazioni.
    Di  contro,  l'art. 30 della legge della Regione Marche n. 34 del
1992  prevede solo che i piani attuativi siano adottati dal Consiglio
comunale  e le relative deliberazioni depositate presso la segreteria
del  comune  per  trenta giorni consecutivi, dandosi comunicazione al
pubblico  mediante  apposito  avviso  affisso  all'albo  pretorio del
comune,  con  la  possibilita'  che  in  tale  periodo chiunque possa
prendere  visione  e  presentare,  entro  i successivi trenta giorni,
opposizioni    e   osservazioni.   La   giunta   comunale   sottopone
all'approvazione  del  Consiglio  detti  piani  urbanistici attuativi
unitamente alle opposizioni e osservazioni presentate ed il Consiglio
comunale approva definitivamente i piani decidendo contestualmente in
ordine alle opposizioni e osservazioni presentate.
    L'art. 4  della  stessa  legge  regionale  sottrae  gli strumenti
attuativi  ad ogni autorizzazione o approvazione da parte di organi o
uffici  della  Regione  previste da disposizioni statali e regionali,
venendo  gli  stessi  unicamente  approvati,  in  via definitiva, dal
Consiglio  comunale.  I  piani  attuativi  sono  cosi'  rimessi  alla
disponibilita'  esclusiva  dell'ente  locale,  senza  possibilita' di
interferenza,  o  anche  semplicemente  conoscenza,  da  parte  della
Regione (e della Provincia).
    Il   sistema,   secondo  il  giudice  rimettente,  contrasta  con
l'art. 24  della  legge  n. 47  del  1985,  non  solo perche' sottrae
all'approvazione  regionale  i piani relativi alle aree e agli ambiti
territoriali individuati dalle Regioni come di interesse regionale in
sede  di  piano  territoriale  di  coordinamento  o, in mancanza, con
specifica  deliberazione,  ma  anche perche' - ed e' questo l'aspetto
rilevante  per i giudizi a quibus - abolendo la trasmissione di copia
degli strumenti attuativi alla Regione (nelle Marche, alla Provincia,
per   via  della  delega  prevista  dall'art. 5  della  stessa  legge
regionale), impedisce di prenderne visione, valutare e fare eventuali
osservazioni,  vanificando  l'obbligo  dei  comuni  di  controdedurre
puntualmente. Viene cosi' cancellato un grado intermedio di attivita'
collaborativo-concertativa tra l'ente locale e la Regione, tributaria
di  potesta'  legislativa  e  quindi amministrativa in via ripartita,
nella  materia  urbanistica,  in  base  agli  artt. 117  e  118 della
Costituzione. Tale collaborazione, dopo la soppressione del potere di
approvazione  degli strumenti attuativi, gia' demandato alle Regioni,
la   norma   statale   ha  inteso  mantenere  attraverso  un  diverso
meccanismo,  tuttavia  a  tutela della conformita' dell'attuazione la
pianificazione generale.
    L'art. 24   della  legge  n. 47  del  1985  contiene  i  principi
fondamentali  ai  sensi  dell'art. 117  Cost.,  cui  la  legislazione
regionale  deve  conformarsi:  il  contrasto  tra  le norme regionali
indicate e la norma statale di principio, determina dunque violazione
dell'art. 117, primo comma, della Costituzione.
    2.  -  Nel  giudizio  si e' costituito il Codacons Centro-Marche,
sottolineando   che   la   Regione,   per   un   senso  di  malinteso
indipendentismo, ha omesso di recepire legislativamente l'obbligo del
comune,  sancito  dalla  legge  n. 47  del  1985, di trasmettere alla
Regione  gli  strumenti  attuativi  approvati, con il risultato che i
comuni,  abusando  del  potere,  apportano  surrettiziamente  con gli
strumenti  attuativi  sostanziali varianti, non esplicitate, al piano
regolatore  generale, in modo da evitare interferenze regionali sugli
abusi perpetrati.
    Le     recenti     innovazioni     legislative     in     materia
urbanistico-edilizia  non  hanno  modificato  il  principio  statuito
dall'art. 24  della  legge n. 47 del 1985, che deve essere rispettato
dalle  Regioni anche alla luce del nuovo art. 117 della Costituzione,
pur  se  la  questione sollevata dal Tar Marche va valutata alla luce
della  normativa  vigente  al  l'epoca, in applicazione del principio
tempus regit actum. In aggiunta a quanto osservato dal Tar Marche, si
puo'  suggerire il riferimento al principio di «leale collaborazione»
sancito  dall'art. 120  Cost., al fine di assicurare l'osservanza dei
principi  generali  (art. 117  Cost.)  e  buon  andamento  della p.a.
(art. 97  Cost.):  l'invio  dei  piani  attuativi  serve  anche  alla
formazione di un archivio centralizzato regionale, oltre che a creare
i  presupposti  conoscitivi  per  la  pianificazione di coordinamento
provinciale e paesistica, e inoltre a indurre i comuni, attraverso le
osservazioni  regionali, al rispetto del buon andamento della p.a. Il
conferimento  di  poteri  agli  enti  locali  non  puo'  impedire  il
coordinamento  degli  enti  superiori, anche al fine di esercitare il
potere  sostitutivo  (riconosciuto  alla Regione dalla sentenza n. 43
del  2004  della  Corte  costituzionale);  il  che  e' consentito, in
materia  urbanistica,  solo  se  la  Regione  e'  posta  in  grado di
conoscere i piani attuativi.
    3.  -  Nel  giudizio e' intervenuta la Regione Marche, che chiede
dichiararsi l'infondatezza della questione sollevata.
    La  stessa  legge  regionale  n. 34  del  1992  ha dato specifica
attuazione alla disposizione statale, con l'art. 35, per cui «al fine
della  programmazione  dell'uso  del  territorio i comuni trasmettono
alla provincia copia del riepilogo informativo statistico dei dati di
ogni  singolo  piano  entro  trenta giorni dalla data di esecutivita'
della   deliberazione   del   consiglio   comunale   che   lo  adotta
definitivamente».  Analogo obbligo e' previsto per i piani regolatori
vigenti   e   relative   varianti   (comma  2)  di  modo  che  l'ente
sovraordinato ha la possibilita' di ottenere il quadro completo della
pianificazione  territoriale  realizzata  dai  comuni.  Per  le  zone
soggette  a  tutela  paesistica,  poi, l'art. 4, comma 3, della legge
regionale prevede un ulteriore momento partecipativo della Provincia.
    Ulteriore   forma   di  coordinamento  e'  prevista  dalla  legge
regionale  nella  disciplina  della  «conferenza  dei comitati per il
territorio» (art. 60).
    Per  di  piu',  le  norme  della  legge  Marche  n. 34  del 1992,
denunciate  dal Tar, attengono all'edilizia, che, non compresa tra le
materie  nominate  dall'art. 117  Cost.,  e' collocabile nella fascia
residuale  del quarto comma, e quindi oggetto di potesta' legislativa
esclusiva  della  Regione.  Ma,  anche  a  considerarla  inquadrabile
nell'«urbanistica»  o  nel  «governo  del territorio», e dunque nella
legislazione   concorrente,   allo   Stato   e'   riservata  la  sola
determinazione  dei  principi  fondamentali,  e  tale non puo' essere
qualificata  la  previsione  dell'obbligo  di  trasmissione dei piani
attuativi  dai  comuni  alla  Regione,  che costituisce disciplina di
estremo   dettaglio   in   merito  all'approvazione  degli  strumenti
urbanistici  attuativi,  e dunque illegittima, siccome invasiva della
competenza legislativa esclusiva, o concorrente, delle Regioni.
    4. - Nell'imminenza dell'udienza, la Regione Marche ha presentato
memoria  con  la  quale  insiste  per l'infondatezza della questione,
richiamando le ragioni addotte nell'atto di intervento.
    La difesa regionale ribadisce che la legge regionale impugnata ha
dato  specifica  attuazione  alla disposizione statale, rileva che il
thema decidendum e' quello fissato dall'ordinanza di rimessione e non
puo'   essere  ampliato  con  riferimento  agli  ulteriori  parametri
invocati  dal  Codacons,  ed aggiunge che l'art. 24 della legge n. 47
del  1985  non  puo'  essere  interpretato  nel senso di escludere il
potere  della  Regione  di  stabilire  norme  di attuazione in ambito
regionale,  poiche',  diversamente,  tale  norma statale risulterebbe
invasiva di competenze regionali, in quanto di eccessivo dettaglio.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Tribunale  amministrativo  regionale delle Marche, nel
corso di giudizi riuniti aventi ad oggetto la legittimita' di atti di
pianificazione  attuativa  (e delle conseguenti concessioni edilizie)
riguardanti  la  «zona  mostre»  di  Civitanova  Marche, dubita della
legittimita'  costituzionale  degli articoli 4 e 30 della legge della
Regione  Marche  5 agosto  1992, n. 34 (Norme in materia urbanistica,
paesaggistica   e   di   assetto   del  territorio),  per  violazione
dell'art. 117,  primo  comma,  Cost.,  in relazione all'art. 24 della
legge   28 febbraio  1985,  n. 47  (Norme  in  materia  di  controllo
dell'attivita'  urbanistico-edilizia,  sanzioni, recupero e sanatoria
delle opere edilizie).
    Rileva  il  giudice  rimettente che - contrariamente al principio
fondamentale  espresso  dalla  norma  statale,  che, nel quadro della
semplificazione  delle procedure urbanistiche, emancipa la formazione
dei piani urbanistici attuativi dall'approvazione regionale, tuttavia
configurando l'obbligo del comune di invio del piano alla Regione per
eventuali osservazioni, che poi i comuni sono obbligati a prendere in
considerazione  - l'art. 4 della legge della Regione Marche n. 34 del
1992 attribuisce l'approvazione al Consiglio comunale e sopprime ogni
approvazione  regionale,  e  l'art. 30, nel regolare la procedura, si
limita  a  prevedere  il  deposito  del  piano  attuativo dopo la sua
adozione (e non anche l'invio alla regione), e poi l'approvazione del
Consiglio comunale.
    2.  - Va innanzitutto evidenziato che il Tar Marche, nel ritenere
rilevante   e   non   manifestamente   infondata   la   questione  di
costituzionalita' sollevata, ha dedotto la violazione, da parte della
legge   della   Regione,   dell'articolo 117,   primo   comma,  della
Costituzione,  nel  testo  originario,  per  non  avere  osservato  i
principi  fondamentali  delle  leggi  dello Stato senza in alcun modo
motivare  le  ragioni  per  le  quali  alla  fattispecie  in esame si
applichi tale normativa e non anche quella novellata.
    Cio'  pero'  non  determina l'inammissibilita' della questione di
legittimita' costituzionale, motivata con riferimento ad un parametro
costituzionale  modificato  dalla legge costituzionale n. 3 del 2001,
quando,  come  nella  specie,  nella  vigenza sia del «vecchio testo»
dell'articolo 117 della Costituzione sia del «nuovo», la Regione deve
esercitare   la   propria   competenza   nel  rispetto  dei  principi
fondamentali  stabiliti  dalla  legge dello Stato (v. sentenza n. 200
del 2005).
    3.  - Passando all'esame del merito della questione, la stessa e'
fondata.
    3.1.  -  --La censura di incostituzionalita' deve essere vagliata
sulla   base   del  parametro  costituzionale  invocato  dal  giudice
rimettente,  senza  alcuna possibilita' di prendere in considerazione
ulteriori parametri dedotti dalle parti.
    L'art. 24  della  legge  28 febbraio  1985,  n. 47,  compreso nel
capo II,  relativo  allo  snellimento delle procedure urbanistiche ed
edilizie,  testualmente  dispone:  «Salvo  che  per le aree e per gli
ambiti  territoriali  individuati  dalle  regioni  come  di interesse
regionale  in  sede  di  piano  territoriale  di  coordinamento o, in
mancanza,   con   specifica   deliberazione,   non   e'  soggetto  ad
approvazione   regionale   lo   strumento   attuativo   di  strumenti
urbanistici  regionali,  compresi  i piani per l'edilizia economica e
popolare  nonche'  i  piani  per  gli insediamenti produttivi» (primo
comma) . «Le regioni emanano norme cui i comuni debbono attenersi per
l'approvazione degli strumenti di cui al comma precedente, al fine di
garantire  la  snellezza  del  procedimento  e le necessarie forme di
pubblicita'  e  di  partecipazione dei soggetti pubblici e privati. I
comuni  sono  comunque  tenuti  a  trasmettere  alla  regione,  entro
sessanta  giorni,  copia degli strumenti attuativi di cui al presente
articolo.  Sulle eventuali osservazioni della regione i comuni devono
esprimersi con motivazioni puntuali» (secondo comma).
    Tale  disposizione  non e' derogabile dalle leggi regionali, come
si  evince  dal  precedente  articolo 1,  primo comma, secondo cui le
Regioni   emanano   norme  in  materia  di  controllo  dell'attivita'
urbanistica  ed  edilizia  e  di  sanzioni in conformita' ai principi
definiti  dai  capi  I,  II e III della stessa legge, senza che possa
trarsi  argomento  in  contrario dal secondo comma per il quale, fino
all'emanazione delle norme regionali, si applicano le norme contenute
nella legge statale.
    Con  la legge n. 47 del 1985, se da una parte si istituzionalizza
il disegno di semplificazione delle procedure in materia urbanistica,
eliminando  l'approvazione  degli  strumenti  attuativi,  dall'altra,
pero',  si accentuano le forme di pubblicita' e di partecipazione dei
soggetti pubblici e privati.
    La statuizione dell'art. 24, secondo comma, della legge n. 47 del
1985,  nella parte in cui prescrive l'invio degli strumenti attuativi
comunali  alla  Regione,  e'  chiaramente  preordinata  a  soddisfare
un'esigenza,  oltre  che di conoscenza per l'ente regionale, anche di
coordinamento dell'operato delle Amministrazioni locali ed, in questo
senso, la legge statale riserva alla Regione la potesta' di formulare
«osservazioni» sulle quali i comuni devono «esprimersi».
    Il  contrappeso  all'abolizione  dell'approvazione  regionale  e'
costituito  dall'obbligo imposto al comune di inviare alla Regione il
piano  attuativo,  al fine di sollecitarne osservazioni riguardo alle
quali il comune stesso e' tenuto a puntuale motivazione.
    Il  meccanismo istituito dall'art. 24 della legge n. 47 del 1985,
dunque,  in relazione allo scopo perseguito dalla legge, configurando
l'obbligo  dei  comuni  di  trasmettere i piani urbanistici attuativi
alla Regione, assume il carattere di principio fondamentale.
    3.2. - La legge urbanistica della regione Marche, come denunciato
dal Tar rimettente, abolisce l'approvazione regionale degli strumenti
attuativi  (e  tra  questi,  dei  piani di lottizzazione, oggetto dei
giudizi  a  quibus),  e l'attribuisce al Consiglio comunale (art. 4):
solo  per  le zone vincolate, e' previsto un parere preliminare della
Provincia  (che  nelle  Marche e' delegata alle funzioni urbanistiche
attribuite  alle  Regioni:  art. 4  legge reg. cit.). La procedura di
formazione   del   piano,   prevista   dall'art. 30,  pur  ammettendo
opposizioni  e  osservazioni  da  parte  di  «chiunque»,  non prevede
specificamente  l'invio  alla  Regione  (o  alla Provincia), previsto
dalla legislazione statale (art. 24, secondo comma, della legge n. 47
del  1985),  al  fine  di  sollecitare le osservazioni sulle quali la
legge  statale impone al comune l'obbligo (non gia' di recepirle, ma)
di  motivare  puntualmente (quindi anche di non accoglierle): obbligo
di  invio  che  la  legge  statale distingue facendone un quid pluris
rispetto  alle  forme  partecipative  consentite a soggetti privati e
pubblici  (art. 25),  tanto  da esigere una motivazione puntuale, che
non  e'  richiesta  nei  confronti  delle  osservazioni  degli  altri
soggetti.
    E'   indubbio   che   la   mancata   previsione  dell'obbligo  di
trasmissione  contrasta  con  un  principio  fondamentale della legge
statale  e  determina  l'incostituzionalita'  delle norme denunciate,
nella parte in cui non prevedono che copia dei piani attuativi, per i
quali  non  e'  richiesta l'approvazione regionale, sia trasmessa dai
comuni alla Regione o alla Provincia delegata.
    3.3.  -  Le  precedenti  osservazioni  non  sono  superate  dalle
argomentazioni della difesa della Regione Marche.
    La  previsione  dell'obbligo  di  trasmettere copia del riepilogo
informativo  statistico dei dati di ogni singolo piano (art. 35 della
legge  della  Regione  Marche  n. 34  del  1992), non e' idonea, data
l'evidente  schematicita'  del contenuto, a porre l'ente destinatario
in  grado  di  attuare  la collaborazione insita nelle osservazioni e
sollecitazioni  al comune a compiere nuove valutazioni (che l'art. 35
neppure prevede).
    La  materia  edilizia  rientra  nel  governo del territorio, come
prima   rientrava   nell'urbanistica,   ed   e'   quindi  oggetto  di
legislazione  concorrente, per la quale le regioni debbono osservare,
ora   come   allora,   i   principi   fondamentali  ricavabili  dalla
legislazione statale.
    Ne'  e'  sostenibile  l'ascrivibilita'  dell'art. 24  della legge
n. 47  del  1985 alla normativa di dettaglio, che sarebbe preclusa al
legislatore  statale,  atteso  che  l'ampio  ambito  di  operativita'
assicurato dal secondo comma dell'art. 24 alla legislazione regionale
e' soggetto ad una delimitazione di ordine generale, preordinata alla
tutela di interessi superiori.