ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 7, del
decreto legislativo 1° aprile 2004, n. 111 (Norme di attuazione dello
statuto  speciale  della regione Friuli-Venezia Giulia concernenti il
trasferimento  di  funzioni  in  materia  di viabilita' e trasporti),
promosso  con ricorso della Regione Veneto, notificato il 2-10 luglio
2004, depositato in Cancelleria il 9 luglio 2004 ed iscritto al n. 66
del registro ricorsi 2004.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;  nonche'  l'atto di intervento della Regione Friuli-Venezia
Giulia;
    Udito nell'udienza pubblica del 7 giugno 2005 il giudice relatore
Alfio Finocchiaro;
    Uditi   l'avvocato   Alfredo   Biagini  per  la  Regione  Veneto,
l'avvocato   dello  Stato  Giuseppe  Fiengo  per  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  e  l'avvocato  Giandomenico  Falcon  per la
Regione Friuli-Venezia Giulia.

                          Ritenuto in fatto

    1.   -   Con   ricorso   ritualmente   notificato   alla  Regione
Friuli-Venezia  Giulia  e  notificato al Presidente del Consiglio dei
ministri  presso  l'Avvocatura  generale dello Stato in data 2 luglio
2004  e presso la sede della Presidenza del Consiglio dei ministri in
data  10 luglio  2004,  la  Regione  Veneto ha sollevato questione di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 9,   comma 7,  del  decreto
legislativo  1 aprile 2004, n. 111 (Norme di attuazione dello statuto
speciale   della   regione   Friuli-Venezia   Giulia  concernenti  il
trasferimento  di  funzioni  in  materia  di viabilita' e trasporti),
pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  n. 103  del 4 maggio 2004, in
relazione  all'art. 65  dello  statuto  della  Regione Friuli-Venezia
Giulia,  nonche'  agli  artt. 3,  5,  76,  114,  117,  118, 123 della
Costituzione.
    Riferisce  la  ricorrente  che il decreto legislativo 19 novembre
1997,  n. 422  (Conferimento  alle  regioni  ed  agli  enti locali di
funzioni  e  compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma
dell'articolo 4,  comma 4,  della  legge  15 marzo  1997,  n. 59)  ha
conferito  alle  Regioni  ed  agli  enti locali funzioni e compiti di
programmazione  e  gestione in materia di trasporto pubblico locale e
che  lo  stesso  decreto  legislativo,  chiarendo che rientrano nella
nozione  di  trasporto  pubblico  di  interesse  regionale e locale i
servizi  di  trasporto  di  persone e merci non ricompresi tra quelli
tassativamente  individuati  dall'art. 3, ha conferito alle Regioni e
agli enti locali, con le modalita' di cui agli articoli 6 e seguenti,
tutti  i compiti e tutte le funzioni relativi al servizio pubblico di
trasporto  di  interesse  regionale  e  locale, in atto esercitati da
qualunque   organo   o   amministrazione   dello  Stato,  centrale  o
periferica,  anche  tramite  enti  o  altri soggetti pubblici, tranne
quelli espressamente mantenuti allo Stato dall'art. 4.
    La  Regione  Veneto  ha  dato  attuazione  al decreto legislativo
n. 422  del  1997  con  la  legge  regionale  30 ottobre  1998, n. 25
(Disciplina  ed  organizzazione  del  trasporto pubblico locale), che
detta  una puntuale regolamentazione delle funzioni di cui si tratta.
Quanto  alle  Regioni  a  statuto  speciale (ed, in particolare, alla
Regione   Friuli-Venezia  Giulia),  l'art. 1,  comma 3,  del  decreto
legislativo  n. 422  del  1997 ha stabilito che il conferimento delle
funzioni  ed  il  trasferimento dei relativi beni e risorse sarebbero
stati  disposti  nel rispetto degli statuti attraverso apposite norme
di attuazione. Dette norme, relativamente alla Regione Friuli-Venezia
Giulia,  sono  state  approvate  con il decreto legislativo 1° aprile
2004, n. 111.
    Quanto   al  settore  ferroviario,  le  specifiche  modalita'  di
ripartizione  delle  linee  interregionali  sono  state concertate, a
partire  dal  1998  e, dunque, prima della riforma costituzionale del
2001,  nell'ambito di ripetuti incontri ed accordi tra tutti gli enti
interessati.  All'originaria  regolamentazione  dettata dal Ministero
dei  trasporti  e  da F.S. S.p.a. nel febbraio 1998 era subentrato un
diverso  accordo  (al quale avevano concorso anche la Regione Veneto,
la  Regione  Friuli-Venezia Giulia e le Province autonome di Trento e
Bolzano)  con  il  quale,  tra  l'altro,  erano stati attribuiti alla
Regione  Veneto  tutti i servizi interregionali della linea Venezia -
Treviso  -  Udine  -  Trieste,  mentre al Friuli-Venezia Giulia erano
stati  assegnati tutti i servizi interregionali della linea Venezia -
Trieste.
    Il  richiamato  decreto  legislativo n. 111 del 2004, nel dettare
«norme   di   attuazione   dello   statuto   speciale  della  Regione
Friuli-Venezia  Giulia  concernenti  il  trasferimento di funzioni in
materia  di  viabilita'  e  trasporti» dispone altresi', con la norma
contenuta   nell'art. 9,  comma 7,  che  «Dei  servizi  di  trasporto
ferroviario  interregionale  tra  le  Regioni Friuli-Venezia Giulia e
Veneto  sono  attribuiti  alla  Regione  Friuli-Venezia Giulia quelli
individuati   sulla   base   di  un'intesa  tra  il  Ministero  delle
infrastrutture  e  dei trasporti e le citate Regioni, che tenga conto
della    prevalenza    dei    viaggiatori    per   chilometro   sulle
origini/destinazioni     esclusivamente    dell'utenza    ferroviaria
interregionale,  ovvero  dell'esistenza  di  coincidenze  nel nodo di
Mestre-Venezia  con  ulteriori  treni  di  lunga  percorrenza, per il
collegamento  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia con il resto del
territorio  nazionale.  Fino  alla  definizione della citata intesa i
servizi   interregionali   continuano   ad  essere  disciplinati  dal
contratto di servizio nazionale».
    Secondo   la  Regione  Veneto,  l'art. 9,  comma 7,  del  decreto
legislativo   n. 111  del  2004  presenterebbe  evidenti  profili  di
illegittimita'   costituzionale,   e,   in   particolare,  violerebbe
l'art. 65 dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia approvato
con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1; gli artt. 5, 76, 114,
117,  118,  123  della  Costituzione;  i  principi  di  autonomia, di
adeguatezza  e di sussidiarieta', nonche' di leale collaborazione tra
Stato e Regioni e di ragionevolezza.
    La potesta' attribuita al legislatore delegato dall'art. 65 dello
statuto  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  e' circoscritta alla
formulazione  di  «norme  di  attuazione  dello  Statuto» stesso e di
«quelle relative al trasferimento all'Amministrazione regionale degli
uffici  statali  che  nel  Friuli-Venezia Giulia adempiono a funzioni
attribuite  alla  Regione». In particolare, il d.lgs. n. 111 del 2004
ha   ad  oggetto  il  trasferimento  delle  funzioni  attinenti  alla
«viabilita'   [...]   di  interesse  locale  e  regionale»  ai  sensi
dell'art. 4,  comma 1,  n. 9,  dello  statuto,  riferendosi percio' a
«tutte  le  funzioni  amministrative in materia di pianificazione, di
programmazione,  di progettazione, di esecuzione, di manutenzione, di
gestione,  di  nuova costruzione o di miglioramento nonche' vigilanza
delle  reti  stradali regionale e nazionale, ricadenti sul territorio
regionale» (art. 1).
    Secondo  la  Regione  Veneto,  non risulterebbe che nel descritto
ambito di intervento normativo sia inclusa la predeterminazione delle
modalita'  mediante  le  quali  la Regione Friuli-Venezia Giulia e la
stessa  Regione  Veneto  dovranno  ripartire le linee interregionali.
D'altro  canto, il decreto legislativo in argomento e' stato adottato
nel quadro della procedura stabilita dal citato art. 65 dello statuto
della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia che, ai fini dell'approvazione
del   decreto   legislativo   di   attuazione,   richiede  la  previa
consultazione  di  una Commissione paritetica composta da sei membri,
di  cui  tre  nominati  dal Governo e tre dal Consiglio regionale del
Friuli-Venezia  Giulia. Conseguentemente, nessun rappresentante della
Regione  Veneto  e'  stato coinvolto nei lavori preparatori che hanno
condotto  alla  promulgazione  del decreto legislativo, ne' la stessa
Regione Veneto e' stata sentita al riguardo.
    La  norma  contenuta  nell'art. 9, comma 7, del d.lgs. n. 111 del
2004  sarebbe  pertanto  viziata per eccesso di delega, in violazione
dell'art. 76  della  Costituzione,  e  cio' in quanto l'art. 65 dello
statuto  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  non consentirebbe al
legislatore  statale  delegato  di  formulare  norme  che  non  siano
strettamente  connesse  e  circoscritte  all'attuazione dello statuto
stesso,  in conformita' ai principi costituzionali che garantiscono e
tutelano  l'autonomia, anche statutaria, di tutti gli Enti regionali,
implicitamente  vietando  che  l'attuazione del singolo statuto possa
incidere su questioni di portata ultraregionale.
    Il  d.lgs. n. 111 del 2004, dunque, avrebbe dovuto fare esclusivo
riferimento  alla viabilita' ferroviaria regionale del Friuli-Venezia
Giulia,   senza  poter  in  alcun  modo  disciplinare  questioni  che
coinvolgono anche la confinante Regione Veneto.
    L'introduzione  di  una  norma  quale quella contestata, la quale
delinea  speciali  prescrizioni  condizionanti  l'organizzazione  dei
servizi  ferroviari, che interessano il Veneto - di fatto comprimendo
la  rispettiva  autonomia regionale - appare altresi' discriminatoria
perche' lo Stato, inserendosi nei rapporti tra la Regione Veneto e la
Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  ha  accolto  le istanze espresse da
quest'ultima  (appositamente  sentita in proposito) senza coinvolgere
attivamente    la    Regione   Veneto   e   soddisfacendo,   percio',
esclusivamente  gli  interessi  della prima (attribuendole, di fatto,
tutti i servizi interregionali) a detrimento di quelli della seconda,
in  spregio  altresi'  al principio di ragionevolezza. Ed infatti, da
una  parte,  il  criterio  di ripartizione viaggiatore/chilometro non
rappresenta  adeguatamente  l'effettivo  servizio erogato dal momento
che  alla  maggiore lunghezza della tratta in territorio friulano non
corrisponde il reale utilizzo del mezzo in termini di residenza degli
utenti;  dall'altra, anche il criterio delle coincidenze penalizza la
Regione Veneto a tutto vantaggio della Regione Friuli-Venezia Giulia,
dal  momento  che,  proprio  per  garantire la massima efficienza del
servizio  e  per  corrispondere  alle  richieste della stessa Regione
Friuli-Venezia   Giulia,   la  Regione  Veneto  si  e'  positivamente
adoperata  nel  corso  degli  ultimi anni affinche' la programmazione
oraria  dei  servizi  regionali e interregionali avvenisse sulla base
delle  coincidenze  nei principali nodi con il servizio passeggeri di
lunga  percorrenza,  sicche'  tutti  i  treni  regionali,  diretti  e
interregionali si presentano al nodo ferroviario di Mestre-Venezia in
coincidenza con i treni di lunga percorrenza.
    Viene  poi  denunciata  la  contestuale violazione del riparto di
funzioni  tra  Stato e Regioni delineato dal novellato art. 117 della
Costituzione,  il  quale, con riferimento alla materia dei trasporti,
ha  riservato  alla potesta' legislativa (concorrente) dello Stato la
sola  disciplina  delle «grandi reti», dovendosi intendere i restanti
settori   inclusi  nella  residuale  potesta'  legislativa  esclusiva
regionale, con la conseguenza che, relativamente alle «grandi reti di
trasporto»,  l'intervento  legislativo  statale,  riferendosi  ad  un
ambito di legislazione concorrente, consiste, a mente del terzo comma
dell'art. 117 Cost., nella «determinazione dei principi fondamentali»
che  orientano  e delimitano la legislazione regionale. Per il resto,
la  materia  dei  trasporti  -  eccettuata dunque la disciplina delle
grandi  reti - e' assoggettata alla disciplina legislativa regionale,
la  quale  non  trova altro vincolo che quello derivante dal rispetto
della  Costituzione,  dell'ordinamento  comunitario  e degli obblighi
internazionali,  con  la  conseguente  incostituzionalita',  sotto il
dedotto  profilo,  della  norma  contenuta  nell'art. 9, comma 7, del
d.lgs.  n. 111 del 2004, che vincola le Regioni interessate a seguire
due  criteri  per  regolamentare le linee ferroviarie interregionali,
ovverosia,   in   alternativa:  la  prevalenza  dei  viaggiatori  per
chilometro   sulle  origini/destinazioni  esclusivamente  dell'utenza
ferroviaria  interregionale,  ovvero  l'esistenza  di coincidenze nel
nodo  di  Mestre-Venezia  con  ulteriori  treni di lunga percorrenza.
Apparirebbe  infatti  evidente  che  il  legislatore  statale  si sia
ingerito  nel  merito  di scelte di dettaglio riservate alla potesta'
legislativa regionale.
    Secondo la ricorrente, inoltre, i contenuti del d.lgs. n. 111 del
2004  sono  stati  concertati  -  nel  quadro  del  particolare  iter
procedimentale  disciplinato dall'art. 65 dello statuto della Regione
Friuli-Venezia   Giulia   -   tra  quest'ultima  e  lo  Stato,  senza
coinvolgere  in alcun modo la Regione Veneto, con violazione non solo
del  riparto  di  funzioni, ma anche del principio di sussidiarieta',
secondo  il  quale  i  pubblici poteri devono essere esercitati ad un
livello  di  governo  il piu' prossimo possibile ai cittadini utenti,
ammettendosi  l'intervento  dei livelli superiori di governo nei soli
casi  di inerzia da parte di quelli inferiori. Ed invero, lo Stato si
e'  determinato  nel  senso  di  concordare  con  uno  solo  (Regione
Friuli-Venezia   Giulia)   degli   Enti   interessati   dai   servizi
interregionali  in  oggetto  le concrete modalita' per gestire questi
ultimi, estraniando la Regione Veneto.
    Sarebbe altresi' violato il principio di leale collaborazione con
le  Regioni,  che imporrebbe allo Stato, in materie caratterizzate da
competenza  regionale  primaria,  di  raggiungere  un'intesa  con  la
Regione,   senza  neppure  limitarsi  alla  semplice  informazione  o
consultazione.  Al  contrario,  il  legislatore  ha  posto la Regione
Veneto di fronte ad una scelta compiuta, che disciplina nel dettaglio
le  modalita'  di ripartizione delle linee interregionali, imponendo,
in  via  alternativa,  l'adozione  dei  criteri  della prevalenza dei
passeggeri   ovvero   dell'esistenza   di   coincidenze  privando  di
significato  e di concreta rilevanza l'«intesa tra il Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti e le citate Regioni» nell'ambito della
quale,  secondo lo stesso art. 9, comma 7, dovrebbero essere adottate
le  scelte attinenti alla ripartizione dei servizi interregionali. E'
infatti   evidente   che  i  contenuti  essenziali  delle  scelte  da
effettuare  nell'ambito di tale intesa sono stati gia' predeterminati
dalla  stessa  norma in commento. In altri termini, il legislatore ha
gia'  individuato  i  servizi  di  trasporto  ferroviario che saranno
attribuiti  al  Veneto,  sottraendo le rispettive determinazioni alla
concertazione tra gli enti direttamente interessati.
    2. - Si e' costituita in giudizio la Presidenza del Consiglio dei
ministri,  rappresentata  e  difesa  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  il  ricorso  sia  dichiarato  inammissibile e
comunque infondato nel merito.
    Quanto  all'inammissibilita', osserva l'Avvocatura generale dello
Stato che il d.lgs. 1° aprile 2004, n. 111, e' stato pubblicato nella
Gazzetta  Ufficiale  n. 103  del 4 maggio 2004, mentre l'impugnazione
proposta  dalla Regione Veneto risulta notificata presso l'Avvocatura
generale dello Stato in data 2 luglio 2004 e presso la Presidenza del
Consiglio dei ministri solo in data 10 luglio 2004.
    Altro  profilo  di inammissibilita' deriverebbe dalla circostanza
che  il  provvedimento  legislativo  impugnato  costituisce  norma di
attuazione   dello  statuto  speciale  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia,  emanata  all'esito  di un procedimento previsto dall'art. 65
dello  statuto,  che richiede il previo intervento di una commissione
paritetica  composta  da  membri nominati dal Governo e dal Consiglio
regionale  del  Friuli-Venezia  Giulia.  Poiche' tale procedimento e'
stato   rispettato,  il  ricorso  della  Regione  Veneto  costituisce
un'ingerenza  di  una Regione «terza» nei rapporti di natura pattizia
destinati  a  regolare  la  materia.  Infatti, le norme di attuazione
degli  statuti  speciali  possono integrare le norme statutarie anche
aggiungendo  ad esse qualcosa che non contenevano (v. sentenza n. 212
del  1984).  Inoltre,  la  norma impugnata, non preclude alla Regione
Veneto  di  determinarsi nell'intesa futura sul trasporto ferroviario
interregionale  secondo  modalita'  distinte da quelle indicate nella
normativa  di  attuazione  dello statuto regionale del Friuli-Venezia
Giulia.
    Nel   merito   il   ricorso  sarebbe  infondato.  Appare  infatti
ragionevole  che,  in sede di attuazione dello statuto, lo Stato e la
Regione  si determinino nel senso di adottare, in vista di successive
intese  con  regioni  terze sul trasporto ferroviario interregionale,
criteri   minimi  condivisi  di  riparto  delle  competenze,  neppure
esclusivi,  che  garantiscano  la partecipazione della regione stessa
alla funzione del trasporto ferroviario.
    3.  -  Si  e'  costituita  in  giudizio la Regione Friuli-Venezia
Giulia,  eccependo  l'inammissibilita' del ricorso perche' notificato
presso  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  anziche' presso Palazzo
Chigi,   come   richiesto   per   i   giudizi   davanti   alla  Corte
costituzionale.
    4.  -  Con  memoria  depositata  nell'imminenza della udienza, la
Regione    Veneto    deduce    l'infondatezza    dell'eccezione    di
inammissibilita'  del  ricorso  per essere lo stesso stato notificato
presso  l'Avvocatura generale dello Stato, con l'intento che la Corte
costituzionale voglia rivedere la precedente, consolidata posizione.
    Secondo la Regione Veneto, l'art. 11 del regio decreto 30 ottobre
1933, n. 1611 (Approvazione del testo unico delle leggi e delle norme
giuridiche  sulla  rappresentanza  e difesa in giudizio dello Stato e
sull'ordinamento  dell'Avvocatura  dello  Stato) statuisce che quando
sia  invocata  in  giudizio  un'amministrazione  dello  Stato, l'atto
introduttivo  del medesimo deve essere notificato presso l'Avvocatura
generale dello Stato.
    A  detto  principio non apporta deroghe la disciplina di cui alla
legge  n. 87  del  1953 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento
della Corte costituzionale).
    La   notificazione   presso  l'Avvocatura  generale  dello  Stato
costituisce  regola  generale  ogni  qualvolta  l'Amministrazione sia
rappresentata  dall'Avvocatura  (Cons.  Stato,  Ad.  Plen.  n. 1  del
15 gennaio 1960).
    La   domiciliazione  presso  l'Avvocatura  generale  dello  Stato
risulta inoltre conforme al principio di ragionevolezza e di ordinato
contraddittorio  tra le parti: sussistendo infatti un mandato ex lege
all'Avvocatura  nei  giudizi di natura costituzionale in cui e' parte
lo  Stato,  sembra  coerente  che  i relativi atti vengano recapitati
all'Avvocatura stessa.
    5.  -  Con  memoria  depositata  nell'imminenza della udienza, la
Regione    Friuli-Venezia    Giulia    ribadisce    l'eccezione    di
inammissibilita'  del ricorso della Regione Veneto perche' notificato
oltre il termine di 60 giorni stabilito dall'art. 127 Cost.
    Nel   merito,   la   Regione   Friuli-Venezia   Giulia   sostiene
l'infondatezza  della tesi di carenza di potesta' legislativa statale
in  materia  di  linee  ferroviarie  regionali;  l'infondatezza della
censura  di  incompetenza  delle  norme di attuazione; l'infondatezza
della  censura  di  violazione del principio di leale collaborazione;
l'inammissibilita' e l'infondatezza della censura secondo la quale la
norma  impugnata  attribuirebbe  di fatto alla Regione Friuli-Venezia
Giulia  tutti  i  servizi  interregionali,  in  spregio  altresi'  al
principio di ragionevolezza.

                       Considerato in diritto

    1.  -  La Regione Veneto dubita della legittimita' costituzionale
dell'art. 9,  comma 7, del decreto legislativo 1° aprile 2004, n. 111
(Norme   di   attuazione   dello   statuto   speciale  della  regione
Friuli-Venezia  Giulia  concernenti  il  trasferimento di funzioni in
materia  di  viabilita' e trasporti), per violazione: a) dell'art. 65
dello   statuto   della   Regione   Friuli-Venezia   Giulia,  nonche'
dell'art. 123 Cost. che riconosce a ciascuna Regione il diritto a uno
statuto,  perche'  la  potesta'  attribuita  al  legislatore delegato
dall'art. 65  sarebbe  circoscritta  alla  formulazione  di  norme di
attuazione  dello  statuto di tale Regione, mentre la norma impugnata
avrebbe  ad  oggetto la predeterminazione delle modalita' mediante le
quali  la  Regione Friuli-Venezia Giulia e la Regione Veneto dovranno
ripartire    le   linee   interregionali;   b)   dell'art. 76   della
Costituzione,  e cio' in quanto l'art. 65 dello statuto della Regione
Friuli-Venezia   Giulia  non  consentirebbe  al  legislatore  statale
delegato  di  formulare  norme  che non siano strettamente connesse e
circoscritte   all'attuazione   dello   statuto   stesso  e  cio'  in
conformita'  ai  principi  costituzionali che garantiscono e tutelano
l'autonomia,  anche statutaria, di tutte le Regioni, Veneto compresa;
c)  del  principio di ragionevolezza e di non discriminazione (art. 3
Cost.), perche' sarebbero dettate speciali prescrizioni condizionanti
l'organizzazione  dei  servizi  ferroviari che interessano la Regione
Veneto,  e  perche' lo Stato, inserendosi nei rapporti tra la Regione
Veneto e la Regione Friuli-Venezia Giulia, avrebbe accolto le istanze
espresse da quest'ultima Regione (appositamente sentita in proposito)
senza  coinvolgere  attivamente  la  Regione  Veneto,  soddisfacendo,
percio',  esclusivamente gli interessi della prima (attribuendole, di
fatto,  tutti  i servizi interregionali) a detrimento di quelli della
seconda; d) dell'art. 117 della Costituzione (nonche' degli artt. 5 e
114  della  Costituzione,  in  relazione  alla lesione dell'autonomia
legislativa  regionale),  in quanto, con riferimento alla materia dei
trasporti,  e'  riservata alla potesta' legislativa concorrente dello
Stato  la  sola  disciplina  delle  «grandi  reti»,  mentre  la norma
impugnata,  vincolando  le  regioni interessate a seguire due criteri
per regolamentare le linee ferroviarie interregionali - ovverosia, in
alternativa,  la  prevalenza  dei  viaggiatori  per  chilometro sulle
origini/destinazioni     esclusivamente    dell'utenza    ferroviaria
interregionale,   ovvero  l'esistenza  di  coincidenze  nel  nodo  di
Mestre-Venezia  con ulteriori treni di lunga percorrenza - si sarebbe
ingerita  nel  merito  di scelte di dettaglio riservate alla potesta'
legislativa  regionale;  e) del principio di leale collaborazione con
le  Regioni,  che imporrebbe allo Stato, in materie caratterizzate da
competenza  regionale  primaria,  di  raggiungere  un'intesa  con  la
Regione;  f)  del principio di sussidiarieta' e adeguatezza (art. 118
Cost.),  in  quanto i contenuti della norma impugnata sarebbero stati
concertati   -   nel   quadro  del  particolare  iter  procedimentale
disciplinato  dall'art. 65 dello statuto della Regione Friuli-Venezia
Giulia - tra quest'ultima e lo Stato, senza coinvolgere in alcun modo
la  Regione  Veneto,  quando  invece  i pubblici poteri devono essere
esercitati  ad  un  livello  il piu' prossimo possibile ai cittadini,
ammettendosi  l'intervento  dei livelli superiori di governo nei soli
casi di inerzia da parte di quelli inferiori.
    2. - Il ricorso e' inammissibile.
    L'art. 127  della Costituzione stabilisce che «la Regione, quando
ritenga  che  una  legge o un atto avente valore di legge dello Stato
(...)  leda  la sua sfera di competenza, puo' promuovere la questione
di  legittimita'  costituzionale  dinanzi  alla  Corte costituzionale
entro  sessanta  giorni  dalla  pubblicazione della legge o dell'atto
avente valore di legge».
    L'art. 32   della   legge   11 marzo  1953,  n. 87  (Norme  sulla
costituzione  e sul funzionamento della Corte costituzionale) precisa
che «la questione della legittimita' costituzionale di una legge o di
un  atto avente forza di legge dello Stato puo' essere promossa dalla
Regione  che  ritiene  dalla  legge o dall'atto invasa la sfera della
competenza  assegnata  alla  Regione  stessa  dalla Costituzione e da
leggi  costituzionali.  La  questione di legittimita' costituzionale,
previa  deliberazione  della  Giunta regionale, anche su proposta del
Consiglio  delle  autonomie  locali, e' promossa dal Presidente della
Giunta   mediante   ricorso   diretto  alla  Corte  costituzionale  e
notificato  al Presidente del Consiglio dei ministri entro il termine
di  sessanta  giorni  dalla  pubblicazione  della  legge  o dell'atto
impugnati».
    Il  decreto  legislativo  1° aprile 2004, n. 111 - il cui art. 9,
comma 7,  e'  oggetto  di  impugnazione  -  e' stato pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 103 del 4 maggio 2004.
    Il  ricorso  e'  stato notificato al Presidente del Consiglio dei
ministri  presso la sede della stessa Presidenza il 10 luglio 2004, e
cioe'  oltre  il  termine  di sessanta giorni dalla pubblicazione del
decreto  legislativo  impugnato  nella  citata  Gazzetta Ufficiale, e
presso  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  il 2 luglio 2004, entro
detto termine.
    2.1.  -  Secondo  la costante giurisprudenza di questa Corte, «ai
giudizi costituzionali non si applicano le norme sulla rappresentanza
dello  Stato  in  giudizio  previste dall'art. 1 della legge 25 marzo
1958, n. 260 e dalla legge 3 aprile 1979, n. 103», con la conseguenza
che  per  la  rituale  proposizione  del  giudizio l'atto deve essere
notificato presso la sede del Presidente del Consiglio dei ministri.
    La  richiamata  giurisprudenza  va  confermata,  non  sussistendo
ragioni  per  discostarsene,  dato  che  la  parte  ricorrente non ha
prospettato argomenti nuovi, anche per quanto concerne la statuizione
che  l'irritualita'  della notificazione non puo' essere sanata dalla
costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei ministri,
per   mezzo   dell'Avvocatura   generale  dello  Stato,  quando  tale
costituzione  sia  avvenuta,  come  nel  caso  di specie, proprio per
eccepire la predetta inammissibilita'.
    Nella   fattispecie   in   esame,   quindi,  non  puo'  ritenersi
validamente  instaurato  il giudizio in forza della notificazione del
ricorso  al  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  avvenuta nei
termini  presso  l'Avvocatura generale dello Stato, ma tardivamente -
per  quanto  precisato  -  presso  la  Presidenza  del  Consiglio dei
ministri (v. ordinanza n. 42 del 2004; sentenza n. 333 del 2000).