Ricorso  ex  art.  37,  legge 11 marzo 1957, n. 87 ed articolo 26
deliberazione della Corte costituzionale 16 marzo 1956. Conflitto tra
la Corte di appello di Brescia e la Camera dei deputati.

    Premesso   che   in   occasione   della  trasmissione  televisiva
denominata  «Sgarbi  quotidiani»  mandata in onda il 28 dicembre 1995
sulla   emittente   Canale  5,  il  conduttore,  on. Vittorio  Sgarbi
all'epoca  dei fatti membro della Camera dei deputati, dava lettura e
commentava  alcuni  articoli  di  stampa  che  avevano  dato  notizia
dell'esito  dell'udienza  preliminare  svoltasi davanti al G.i.p. del
Tribunale di Milano conclusasi con il proscioglimento di alcuni degli
imputati,  fra  cui  Fedele  Confalonieri,  presidente della societa'
Mediaset  proprietaria  dell'emittente  televisiva,  per  i quali era
stata   chiesta   il   rinvio  a  giudizio  in  ordine  al  reato  di
finanziamento  illecito  al  partito  socialista  in  relazione  alla
concessione  di  contributi, formalmente corrisposti per la locazione
di  stand  in  occasione  di  manifestazioni  tenute  da quel partito
politico.  Nel dare lettura, in particolare, dell'articolo pubblicato
sul  quotidiano  «Il  Messaggero»  del 23 dicembre 1995, l'on. Sgarbi
esordiva   facendo   riferimento  al  magistrato  dott.  Paolo  Ielo,
sostituto  procuratore  presso la Procura della Repubblica di Milano,
ritenuto  colui  che  aveva  condotto  l'inchiesta  conclusasi con il
proscioglimento del Confalonieri.
    Affermava  in proposito lo Sgarbi «e qui si racconta che tutta la
costruzione  del  signor  Ielo era sbagliata. E un'ipotesi che non ha
trovato  conferma.  E  che Confalonieri, quasi arrestato incriminato,
presidente  di  quest'azienda  non  era  colpevole».  Veniva poi data
lettura del passo dell'articolo in cui il giornalista riferiva che il
giudice  aveva  respinto  le richieste di rinvio a giudizio formulate
dal  pubblico  ministero Ielo, aggiungendo il personale commento «che
quindi  ha  clamorosamente  sbagliato»; leggeva, quindi, i nomi degli
imputati  per  cui  era  stato  dichiarato  non  doversi  procedere e
commentava in proposito «nei confronti non di una persona... guardate
quanti  errori  ha  fatto  il signor Ielo». Al termine della lettura,
l'on. Sgarbi  affermava:  «Tutti  innocenti  e  sputtanati davanti al
mondo  per  l'inchiesta  di  un  magistrato  che li poteva anche fare
arrestare.  Erano  innocenti.  Allora  perche' credere alle parole di
uomini  come  Bocca  che  fanno  solo  retorica e non registrano ma i
diritti  qui di quelli che sono stati colpiti, sono stati infamati da
inchieste sbagliate».
    Successivamente, era mandato in onda un brano di una trasmissione
televisiva,  contenente  un'intervista  resa  da Fedele Confalonieri,
nella  quale  quest'ultimo  illustrava  la  vicenda  di cui era stato
protagonista,  affermando  che  era  stato  chiesto  il  suo rinvio a
giudizio con riferimento agli stand allestiti presso il congresso del
partito  socialista,  mentre  nessuna  richiesta  era stata fatta con
riferimento  ad analoga condotta tenuta in relazione a manifestazioni
organizzate da altri partiti, menzionando specificatamente il partito
comunista italiano.
    Nel  corso  ditali  dichiarazioni il Confalonieri faceva espresso
riferimento  al  pubblico  ministero  Gherardo  Colombo.  Ripresa  la
trasmissione in diretta, lo Sgarbi commentava: «viene fuori che si e'
condotta  un'inchiesta  per due anni infamando una persona, in questo
caso  Confalonieri,  soltanto  con  riferimento  a  quanto egli aveva
versato o aveva dato attraverso gli stand al partito socialista. Fino
ad  oggi quell'accusa era una responsabilita' ed era un fatto. Per la
stessa cosa fatta da Confalonieri con il partito comunista non si era
aperta  l'inchiesta.  Il che cosa vuol dire? Vuol dire due pesi e due
misure.  Vuol  dire  proteggere  il partito comunista e per lo stesso
reato  non  iniziare  neanche il procedimento, il quale dopo due anni
finisce  con  il  proscioglimento.  Ma  sono  due  anni in cui tu sei
ritenuto  un criminale, in cui sei un inquisito. Ma se hai dato soldi
al  partito comunista italiano non si apre neanche l'inchiesta. Se tu
hai  dato  soldi al PSI si apre l'inchiesta e se non trovi un giudice
coraggioso  che  archivia,  che proscioglie, vieni processato. E' una
cosa  intollerabile.  Perche'  il  sospetto  e' l'accusa per due anni
hanno  fatto  ritenere  Confalonieri colpevole di avere dato soldi al
PSI  che  vuol  dire  partito  dei ladri, partito di Craxi. La stessa
azione  per il partito comunista non ha dato adito neppure all'inizio
dell'azione  penale:  Questo  e'  intollerabile.  Io  qui  ho  voluto
ricordare  come un esempio di cattiva giustizia di cui, naturalmente,
il magistrato e' il pubblico ministero Ielo»;
        che,  proposta  querela  da  parte dello Ielo per il reato di
diffamazione, si e' proceduto nei confronti dell'on. Sgarbi il quale,
giudicato  in contumacia, con sentenza emessa dal giudice monocratico
presso  il  Tribunale  di  Brescia in data 9 maggio 2002 era ritenuto
responsabile  del  reato  di diffamazione aggravata dall'attribuzione
del   fatto   determinato  e  condannato,  previa  concessione  delle
attenuanti  generiche  dichiarate  equivalenti  alle aggravanti, alla
pena  di  Euro  800,00  di  multa nonche' al risarcimento del danno a
favore   della   parte   civile   costituita   che  veniva  liquidato
definitivamente in Euro 20.000,00;
        che  la  sentenza e' stata ritualmente impugnata dinanzi alla
Corte di appello di Brescia dal difensore dell'imputato;
        che  all'udienza dibattimentale del 6 giugno 2004 la Corte di
appello  di Brescia, non ravvisando la immediata applicabilita' della
causa  di  immunita'  prevista  dall'art. 68 Cost. ha provveduto alla
trasmissione  degli  atti alla Presidenza della Camera dei depuati ai
sensi   dell'art. 3,   legge   20  giugno  2003,  n. 140  perche'  si
pronunciasse  sulla  insindacabilita'  delle  espressioni  attribuite
all'on. Sgarbi;
        che la Camera dei deputati ha deliberato, nella seduta del 27
ottobre  2004, la proposta della giunta per le autorizzazioni secondo
la  quale  «i fatti per i quali e' in corso il procedimento rientrano
in opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle
sue  funzioni»  sia  perche' le affermazioni del deputato Sgarbi sono
parse  inserirsi  nel  contesto  della  perdurante  polemica politica
inerente  il  modo  di  procedere della magistratura e in particolare
nella  forte  critica  politica  manifestata  dal deputato Sgarbi nei
confronti  di  taluni magistrati, sia perche' la attivita' di critica
era  relativa  a  questione  all'ordine  del  giorno  della attivita'
parlamentare,  vertendosi  in  tema  di  finanziamento  pubblico  dei
partiti,  oggetto  di  un  referendum popolare nel 1978 e di numerosi
interventi legislativi nel 1997 e nel 1998.

                            O s s e r v a

    Che  le  frasi  riportate  nel  capo  di imputazione non appaiono
connesse  con  atti  tipici  delle funzioni parlamentari (proposte di
legge, interrogazioni, interpellanze, etc.) perche' non riproducenti,
seppure   sotto  diversa  forma  espressiva,  il  contenuto  di  atti
provenienti  dal  membro  del Parlamento dovendosi escludere anche il
collegamento con le funzioni parlamentari svolte dall'on. Sgarbi, sia
perche'   la  stessa  difesa  dell'imputato  non  ha  prodotto  alcun
documento  atto  a  provare  che  il  deputato  si  sia in precedenza
occupato  nella  sua  veste di parlamentare delle vicende giudiziarie
del  Confalonieri,  sia  perche'  le  opinioni  diffuse attraverso la
trasmissione televisiva costituivano un commento, avente carattere di
immediatezza,  alle  notizie  di  cronaca giudiziaria divulgate dalla
stampa  quotidiana  che l'on. Sgarbi diffondeva ai propri ascoltatori
nella  veste  di  opinionista  o  di  notista politico e non certo in
quella di membro del Parlamento. Come e' stato recentemente ricordato
dalla sentenza della Corte costituzionale del 16 aprile 2004, n. 120,
la  legge  n. 140/2003 in tema di attuazione dell'art. 68 della Cost.
ha   reso   semplicemente   espliciti   i   contenuti   della   norma
costituzionale, specificando che accanto agli atti di funzione tipici
rientrano  nella  garanzia della insindacabilita' anche quelli non di
carattere   tipico   che   siano   comunque  connessi  alla  funzione
parlamentare, prescindendo da ogni criterio di localizzazione.
    Di  conseguenza  questo  collegio giudicante non puo' condividere
l'assunto  posto  alla base della decisione della Camera dei deputati
sotto  ciascuno  dei  profili  che  sono  stati  messi  in luce dalla
proposta  della Giunta poi approvata dalla Assemblea. La circostanza,
infatti,  che  la  critica  svolta  dall'on  Sgarbi rivesta carattere
politico  (perche'  correlata  alle  note polemiche sul preteso ruolo
politico  svolto  dalla magistratura) non riferisce automaticamente i
commenti,  ritenuti  denigratori,  svolti  nei  confronti del singolo
magistrato,  ad  una attivita' di carattere parlamentare, trattandosi
di  opinioni  che non risulta abbiano un riscontro con la funzione di
membro  del  Parlamento  in  concreto  svolta  dall'on. Sgarbi e sono
piuttosto  riconducibili  alla  libera  manifestazione  del  pensiero
garantita  ad  ogni  cittadino  nei limiti generali della liberta' di
espressione  nel  bilanciamento  con  la  protezione  di  altri  beni
costituzionalmente protetti come la dignita' della persona. Del pari,
l'affermazione  secondo  cui il nesso funzionale sarebbe da cogliersi
per  il  collegamento fra il discorso proferito dall'on. Sgarbi nella
trasmissione  televisiva  ed  il  tema  del finanziamento dei partiti
ampiamente trattato dal Parlamento non sembra pertinente giacche' non
era  per  nulla questo il nucleo del tema trattato dall'on. Sgarbi in
corso  di trasmissione, nella quale prendendo spunto dal procedimento
promosso   nei   confronti   del   presidente   di  Mediaset,  Fedele
Confalonieri,  venivano  svolti  apprezzamenti  negativi sull'operato
della  magistratura  inquirente  ed  in  particolare  (a tenore della
sentenza di primo grado) sulla persona del querelante. Se e' pur vero
che  l'art. 3  della  legge  n. 140/2003  comprende nell'ambito della
prerogativa della immunita' le «attivita' di divulgazione, di critica
e  di  denuncia politica» non e' men vero che queste devono risultare
in  connessione  con  l'esercizio  di funzioni parlamentari mentre la
garanzia  della  immunita' non copre automaticamente ogni espressione
del  pensiero  del  parlamentare  in  ragione  esclusiva  del mandato
ricevuto dagli elettori.
    Pertanto,  la  deliberazione  della  Camera  dei  deputati appare
viziata  da  erronea  valutazione  dei presupposti giustificativi del
potere  proprio  di  tale  organo  costituzionale  e, quindi, atta ad
interferire in modo illegittimo nella sfera di attribuzioni di questa
autorita'   giudiziaria   procedente,  in  quanto  (diversamente  dal
deliberato   della   Camera   dei   deputati)  le  opinioni  espresse
dall'on. Sgarbi, quali recepite nel capo di imputazione, non appaiono
connesse  con  l'esercizio  delle  funzioni  parlamentari  e, quindi,
rientrare  nella  immunita'  prevista dall'art. 68 Cost. intesa nella
accezione risultante dalla giurisprudenza costituzionale;
    Di  conseguenza,  si  impone il controllo sul legittimo esercizio
dei  poteri  della  Camera  da parte della Corte costituzionale, alla
quale  debbono essere rimessi gli atti per la soluzione del conflitto
tra poteri dello Stato.