LA CORTE DEI CONTI

    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza n. 26/2005 nel giudizio di
pensione  iscritto al n. 30031 del registro di segreteria promosso ad
istanza  di  Ferrante  Anna  Maria,  rappresentata e difesa dall'avv.
Pompeo Mangano, nei confronti della Regione siciliana;
    Visto  l'atto  introduttivo del giudizio depositato il 18 ottobre
1999;
    Visti gli atti e documenti tutti del fascicolo processuale;
    Uditi  alla  pubblica udienza del 5 novembre 2004 l'avv. Giuseppa
Caraccia,  su delega dell'avv. Mangano, per il ricorrente ed il dott.
Costantino Sferrazza per la Regione siciliana.

                              F a t t o

    La sig. Anna Maria Ferrante, dipendente in servizio della Regione
siciliana,  con  istanza  del  16  aprile  1994 chiedeva, ai fini del
diritto e della misura di un'unica pensione, la ricongiunzione presso
la  Regione  siciliana  dei  periodi  assicurativi  di  contribuzione
obbligatoria,   volontaria  e  figurativa  precedenti  all'assunzione
presso la Regione medesima.
    L'istanza  veniva accolta con decreto del direttore regionale per
i  servizi  di  quiescenza, previdenza ed assistenza per il personale
n. 5512   del   27 ottobre  1996,  con  il  quale  veniva  ammesso  a
ricongiunzione  un  periodo  di  anni cinque mesi zero e giorni tre e
determinato un contributo complessivo di L. 18.237.450.
    Avverso il suddetto decreto l'interessata ha proposto ricorso con
atto    depositato    il   18 ottobre   1999,   lamentando   l'errata
individuazione  della  quota  pensione, nonche' la violazione e falsa
applicazione  dell'art. 2,  comma 2,  della legge regionale 28 maggio
1979,  n. 114  e  dell'art. 2  della legge 7 febbraio 1979, n. 29, in
relazione alle tabelle di cui all'art. 13 della legge 12 agosto 1962,
n. 1338 e del decreto ministeriale di attuazione del 27 gennaio 1964,
e  la  falsa applicazione del decreto ministeriale del lavoro e della
previdenza  sociale  del  19 febbraio  1981.  Ha  lamentato,  infine,
comunque, la presenza di errori materiali contenuto nel provvedimento
impugnato, nella fase di contabilizzazione.
    Si  e' costituita in giudizio la Regione siciliana, rappresentata
e  difesa  dall'Avvocatura  distrettuale  dello  Stato,  con  memoria
depositata  il  20 giugno  2003, con la quale, pur aderendo alla tesi
del  ricorrente per quanto attiene l'utilizzo delle tabelle di cui al
decreto ministeriale 27 gennaio 1964, ha chiesto nel resto il rigetto
del ricorso.
    Veniva,  inoltre, eccepita la prescrizione quinquennale dei ratei
riscossi,  a valere dalla data di deposito dell'atto introduttivo del
giudizio.
    Alla pubblica udienza del 5 novembre 2004 l'avv. Caraccia, per il
ricorrente,  ha  insistito  per l'integrale accoglimento del ricorso,
mentre  il  dott.  Costantino Sferrazza, per la Regione siciliana, ha
insistito  per  il suo parziale rigetto, evidenziando come la Regione
siciliana avesse assunto la determinazione di applicare ai dipendenti
regionali  le tabelle di cui al decreto ministeriale 27 gennaio 1964,
come  richiesto  dal ricorrente, ritenendo, pero', che, per il metodo
di determinazione della riserva matematica e prima ancora della quota
della  pensione  annuale  conseguibile,  si  dovessero  applicare  le
aliquote  annue del 3,33% fino a quindici anni di servizio e del 2,5%
per  ogni  anno successivo, fino ad un massimo di trentacinque anni e
non  quella  unica  del  2% per anno come stabilito per gli impiegati
dello  Stato,  allegando  la  circostanza  che  la giurisprudenza del
giudice  d'appello  sarebbe  orientata  in  tal senso (vedi Corte dei
conti,  sez. giur. d'appello per la Regione siciliana 22 aprile 2003,
n. 63/A/03).  Peraltro,  a  fronte  di specifico quesito da parte del
giudicante,  ha precisato che le aliquote applicate dalla Regione non
risultano  indicate  in  nessun  testo  di  legge  o  regolamento  ma
sarebbero   state  elaborate,  in  via  interpretativa,  al  fine  di
garantire   l'equilibrio   finanziario   del   sistema  pensionistico
regionale.

                            D i r i t t o

    L'art. 2   della   legge   n. 29/1979,  che  disciplina  ai  fini
pensionistici  la  ricongiunzione  di  periodi assicurativi presso la
gestione  cui  il lavoratore risulti iscritto all'atto della domanda,
prevede  al  comma  3  il  pagamento  di  un  contributo a carico del
richiedente  che  e' pari al 50% della differenza tra l'ammontare dei
contributi  trasferiti e l'importo della riserva matematica calcolata
in  base  ai  criteri  e  alle tabelle di cui all'art. 13 della legge
n. 1338/1962,  nel  cui  ultimo  comma  e'  disposto  che  la riserva
matematica  vada  calcolata in base alle tabelle che saranno all'uopo
determinate  e  variate, quando occorra, con decreto del Ministro del
lavoro e della previdenza sociale.
    Tali  tariffe  vennero  stabilite  con  decreto  del Ministro del
lavoro del 27 gennaio 1964.
    L'art. 4,  della  legge  n. 299/1980  ha  stabilito che a tutti i
dipendenti  pubblici  con  trattamento  pensionistico  a carico degli
ordinamenti  dello  Stato,  che  chiedano  la ricongiunzione ai sensi
della  legge n. 29/1979, siano applicati, per la determinazione della
riserva  matematica  prevista  nel citato comma 3, dell'art. 2, legge
n. 29/1979,   i   coefficienti   contenuti   nelle   tabelle  di  cui
all'art. 13,  della  legge  n. 1338/1962  approvati  con  il  decreto
ministeriale del 27 gennaio 1964.
    Successivamente  con  decreto del Ministro del lavoro, pubblicato
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  italiana n. 129 del 13
maggio 1981, e' stata approvata una nuova tariffa ai sensi del citato
art. 13 della legge n. 1338/1962.
    Secondo  la  prospettazione  del  ricorrente  dalle  norme  sopra
indicate,  in particolare dall'art. 4, della legge n. 299/1980, e' da
dedursi  il  principio che per i dipendenti pubblici esista un regime
speciale  dovendo  considerarsi  permanente il rinvio ai coefficienti
del   decreto   ministeriale   del  27 gennaio  1964  ai  fini  della
determinazione  della  riserva  matematica.  Questo giudice condivide
tale argomentazione.
    Deve  rilevarsi, infatti, che la legge n. 1338/1962 disciplina il
trattamento   di   pensione   dell'assicurazione   obbligatoria   per
l'invalidita',  la  vecchiaia  e i superstiti dei lavoratori non alle
dipendenze di ente pubblico.
    La   legge  n. 29/1979  prevede  la  ricongiunzione  dei  periodi
assicurativi  dei  lavoratori  ai fini previdenziali e nel dettare le
norme relative dirette a tutte le gestioni previdenziali indica quali
destinatari il lavoratore pubblico o privato.
    Soltanto    l'art. 4,    della   legge   n. 299/1980,   regolante
espressamente  l'ipotesi  del  dipendente  pubblico  con  trattamento
pensionistico  a  carico  degli  ordinamenti  statali,  che chiede la
ricongiunzione  dei  periodi  assicurativi,  indica,  ai  fini  della
determinazione della riserva matematica, i coefficienti approvati con
il  decreto  ministeriale  del 27 gennaio 1964 ai sensi dell'art. 13,
della legge n. 1338/1962.
    Appare  plausibile,  quindi,  che  se la norma dell'art. 4, della
legge  n. 299/1980  avesse  voluto  collegare  la  determinazione dei
coefficienti  alle  variazioni  che  sarebbero  intervenute nel tempo
avrebbe  disposto  il  rinvio  all'art. 13  della legge n. 1338/1962,
senza  alcun riferimento specifico al decreto ministeriale 27 gennaio
1964 (Corte dei conti, sezione del controllo, n. 1422 del 1984; Idem,
sezione III, Pensioni civili, n. 63936 del 1990).
    L'espresso  richiamo  a  quest'ultimo  decreto  fa ritenere senza
dubbio  che  l'art. 4,  della  legge  in  parola,  pienamente vigente
all'atto   della   presentazione  della  domanda  del  ricorrente  di
ricongiunzione presso la Regione dei pregressi servizi con iscrizione
all'INPS,  che, peraltro, in atto conserva la formulazione originaria
non  essendo intervenuta alcuna sua successiva modifica, abbia voluto
fissare  definitivamente  nei  confronti dei dipendenti pubblici quel
parametro di valutazione.
    Deve   aggiungersi,   poi,   che   la   citazione  ivi  contenuta
dell'art. 13,  della legge n. 1338/1962 si rendeva necessaria perche'
era  la  fonte giuridica del decreto medesimo del 1964. D'altra parte
nelle  premesse del decreto ministeriale del 19 febbraio 1981, che ha
variato  successivamente  i  coefficienti per la determinazione della
riserva  matematica, e' resa evidente la ragione della sua emanazione
che e' riferita espressamente alla necessita' della rivalutazione dei
coefficienti  per  il  calcolo  della  riserva matematica nell'ambito
della  assicurazione  generale  obbligatoria  al  fine  di  dare  una
adeguata     copertura     finanziaria    degli    oneri    derivanti
dall'applicazione  dell'art. 15 della legge n. 55/1958 e dell'art. 13
della   legge   n. 1338/1962   nell'ottica,  in  via  esclusiva,  del
riequilibrio  della  gestione  dell'INPS.  Il  che e' un riflesso del
principio del pluralismo previdenziale insito nel sistema legislativo
che tuttora, anche dopo la riforma generale pensionistica attuata con
la  legge n. 335/1995, mantiene una certa autonomia degli ordinamenti
pensionistici  per  tener conto delle peculiarita' che caratterizzano
l'ordinamento  relativo  ai dipendenti pubblici rispetto a quello dei
lavoratori privati.
    Cio'  posto  nei  confronti  del ricorrente cui, come gia' detto,
vanno estese, ai sensi dell'art. 18 della legge regionale n. 73/1979,
tutte  le  disposizioni  relative  al  conseguimento del diritto alla
pensione  concernenti  i dipendenti civili dello Stato in quanto piu'
favorevoli  ed, ai sensi dell'art. 2 della legge regionale n. 114 del
1979, le disposizioni sulla ricongiunzione di periodi assicurativi ai
fini  pensionistici  previste  dalla  legge 7 febbraio 1979, n. 29, e
deve  essere riconosciuto il diritto alla quota pensione conseguibile
con la ricongiunzione richiesta mediante determinazione della riserva
matematica  con  l'applicazione  delle  tabelle di cui al decreto del
Ministro   del   lavoro  del  27 gennaio  1964  ed  il  diritto  alla
restituzione  delle  maggiori somme trattenute per il titolo suddetto
con interessi e rivalutazione monetaria.
    A  tale  impostazione,  peraltro,  sembra  avere aderito anche la
Regione  siciliana  che, sul punto, ha dichiarato di avere avviato le
necessarie procedure di revisione dei provvedimenti impugnati.
    Alla  suddetta  estensione, pero', non sfugge (e non si vede come
potrebbe)  neppure la quantificazione dell'aliquota, nella misura del
2  per cento, per la determinazione della riserva matematica prevista
dall'art. 2, terzo comma, della legge 7 febbraio 1979, n. 29, e della
quota  di  pensione  relativa ai periodi da ricongiungere, cosi' come
espressamente previsto dall'art. 4, comma 1, della legge n. 299/1980,
operante  per  i  dipendenti regionali in forza del piu' volte citato
rinvio  di  cui  alle  leggi  regionali  nn. 73 e 114 del 1979, e non
quelle  piu'  onerose  invece invocate dall'Amministrazione regionale
perche',  a  suo dire, «deducibili dall'odierno sistema pensionistico
regionale  ex  lege regionale n. 2/62»: cio' in quanto il rinvio alle
disposizioni  statali  non e' stato operato dal legislatore regionale
in  quanto  compatibile  con  il  sistema pensionistico della Regione
siciliana,  ma  in  modo  pieno  ed  assoluto,  con  effetto, quindi,
derogatorio   di   ogni   principio   o   norma  regionale  con  esse
incompatibili.
    Si  tratta,  come  di  tutta  evidenza,  di  un  regime di palese
vantaggio  rispetto  al  resto  del pubblico impiego per i dipendenti
regionali,  la  cui  relativa  disciplina  rientra  nell'ambito della
competenza  legislativa  esclusiva  della Regione siciliana e ad essa
solo  il  legislatore  regionale puo' decidere di apportare eventuali
correttivi.
    A  tal  proposito  non  puo'  essere  in  alcun modo condivisa la
giurisprudenza   che   sembra   trovare  spazio  innanzi  al  giudice
d'appello,  il  quale  ha  indicato,  ma  sarebbe  piu' corretto dire
«creato»  in  via  pretoria,  parametri  diversi  da  quello  fissato
nell'art. 4,   comma   1,   della  legge  n. 299/1980  (2%)  (Sezione
giurisdizionale   d'appello   per   la  Regione  siciliana,  sentenza
n. 63/A/03 del 22 aprile 2003).
    Secondo l'interpretazione datane dal giudice di appello, le norme
citate  risulterebbero  modulate  tendenzialmente  verso  i  pubblici
dipendenti che fruiscono di un trattamento pensionistico assimilabile
al   combinato  disposto  degli  articoli  nn. 42  e  44  del  d.P.R.
29 dicembre 1973, n. 1092, in base al quale, partendo da una pensione
del  35%  della base pensionabile con quindici anni di anzianita', si
perviene  alla  percentuale  dell'80%  con  quaranta anni di servizio
(aggiungendo,  cioe',  l'1,80%  per  ogni anno successivo ai quindici
anni)  e  tale  meccanismo  appare sostanzialmente (ma non del tutto)
coerente  rispetto  alla  percentuale del 2% indicata nel primo comma
dell'art. 4 della legge n. 299/1980 per determinare la quota pensione
a  carico  del  dipendente ai sensi dell'art. 2, comma 3, della legge
7 febbraio 1979, n. 29.
    Al  contrario  sarebbe  agevole  affermare,  secondo  i  medesimi
giudici,  che il sistema pensionistico del personale dipendente dalla
Regione   siciliana,   in  base  all'art. 4,  della  legge  regionale
23 febbraio   1962,   n. 2   («la  pensione  e'  commisurata  al  50%
dell'ultima  retribuzione annua qualora il dipendente sia collocato a
riposo  dopo  quindici anni di servizio effettivo, con un aumento del
2,50%   per   ogni   anno   di  servizio  effettivamente  prestato  o
riconosciuto   utile   e   riscattato....,  fino  ad  un  massimo  di
trentacinque  anni  di  servizio utile»), sarebbe non coerente con la
predetta   impostazione  e  occorrerebbe  individuare  la  ratio  del
criterio  di  calcolo della riserva matematica e la quota pensione di
cui  all'art. 4,  comma  1,  della legge n. 299/1980, con riferimento
all'art. 2, comma 3, della legge n. 29/1979 (in particolare, per cio'
che  interessa  in  questa sede, l'aliquota del due per cento), ratio
che  risiederebbe, sempre secondo i giudici di appello, nel creare un
sistema  di  equilibrio contributivo-finanziario nell'ordinamento che
dovra'  poi  erogare  la  pensione  complessiva  e definitiva, e cio'
attraverso  il recupero, da una parte, di tutti i contributi affluiti
presso  la  gestione  (o  le  gestioni)  di  provenienza,  maggiorati
dell'interesse  composto  al  tasso annuo del 4,50% (art. 2, comma 2,
legge  n. 29/1979),  e, dall'altra, a carico del richiedente, del 50%
della  somma risultante dalla differenza tra la riserva matematica...
necessaria  per  la  copertura assicurativa relativa al periodo utile
considerato,  e  le  somme  versate  dalla  gestione o dalle gestioni
assicurative  a  norma del comma precedente» (art. 2, comma 3, stessa
legge), con la conseguenza che tale equilibrio, pensato ed ipotizzato
con  un sistema pensionistico, potrebbe non funzionare con un sistema
diverso come quello della Regione siciliana in quanto, ove si dovesse
ritenere indiscriminatamente applicabile l'aliquota del due per cento
gia'  piu'  volte  ripetuta,  studiata  per un sistema diverso e meno
favorevole,  tale  criterio  potrebbe  non  consentire di raggiungere
l'equilibrio   normativamente   perseguito,  necessitando  di  alcuni
adattamenti   nel  momento  in  cui  viene  applicato  nella  Regione
siciliana.
    Con  la  conseguenza che, stante che - come gia' si e' visto - in
corrispondenza  di  una  anzianita'  di  quindici  anni  produce  una
pensione,  nello Stato, del 35%, e, nella Regione siciliana, del 50%,
mentre,   per   anzianita'  superiori,  si  perviene  all'80%  per  i
dipendenti  statali  (dopo quaranta anni di servizio) e al 100% per i
dipendenti   regionali   (dopo   trentacinque   anni   di  servizio),
l'equilibrio  finanziario-contributivo nella Regione siciliana non si
puo'  perseguire  mutuando  per intero un meccanismo calibrato per un
sistema diverso (e meno favorevole) ma, per contro, applicando le (in
precedenza  evidenziate)  percentuali  di progressione della pensione
regionale in relazione all'anzianita' di servizio.
    Tali  argomentazioni  hanno  consentito  ai giudici di appello di
pervenire    all'autonoma    determinazione,    in    via   puramente
giurisprudenziale,   di  diverse  percentuali  di  calcolo  conformi,
peraltro, a quanto gia' elaborato dall'Amministrazione regionale.
    Tale  soluzione  giurisprudenziale  resta,  pero',  in  palese  e
testuale  quanto  inconciliabile  contrasto  con  il  disposto di cui
all'art. 18,  comma  1,  della  legge  regionale 3 maggio 1979, n. 73
(«ferme  restando  le  norme  di cui alla legge regionale 23 febbraio
1962,  n. 2,  e  successive modificazioni, si applicano ai dipendenti
regionali ed ai loro aventi diritto tutte le disposizioni relative al
conseguimento   del   diritto  alla  pensione  ed  all'indennita'  di
buonuscita concernenti i dipendenti civili dello Stato in quanto piu'
favorevoli»), ed all'art. 2, comma 2, della legge regionale 28 maggio
1979,  n. 114  («sono  estese  a  favore dei dipendenti della Regione
siciliana  e  con  la  medesima  decorrenza,  le  disposizioni  sulla
ricongiunzione di periodi assicurativi ai fini pensionistici previste
dalla  legge 7 febbraio 1979, n. 29») che, invece, depongono, in modo
chiaro  ed  inequivoco  per l'automatica ed integrale applicazione ai
dipendenti  della  Regione siciliana di tutte le disposizioni statali
dettate nella materia.
    Alla suddetta giurisprudenza, pertanto, questo giudice non reputa
di potere prestare acquiescenza.
    Tuttavia,  proprio  l'iter  interpretativo  seguito  dai  giudici
d'appello (e tuttora non condiviso dalla prevalente giurisprudenza di
questa  sezione)  per  le  norme  in  questione appare conducente per
evidenziare   fondati  dubbi  di  legittimita'  costituzionale  delle
medesime,  nella  lettura che questo giudice, ritiene, invece, che ne
debba essere fatta.
    Come  gia'  sottolineato la corretta lettura delle norme dovrebbe
portare  all'applicazione  della  percentuale  indicata  nell'art. 4,
comma  1,  della  legge  7 luglio  1980, n. 299 (2 per cento) e non a
quelle,  frutto  di  autonoma elaborazione, del 3,33 e 2,50 per cento
decise dall'amministrazione e condivise dal giudice d'appello.
    Tale   norma,  come  precisato  dai  giudici  d'appello,  risulta
modulata  tendenzialmente  per i pubblici dipendenti che fruiscono di
un trattamento pensionistico assimilabile al combinato disposto degli
articoli nn. 42 e 44 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, in base al
quale,  partendo  da una pensione del 35% della base pensionabile con
quindici  anni  di  anzianita', si perviene alla percentuale dell'80%
con  quaranta  anni di servizio (aggiungendo, cioe', l'1,80% per ogni
anno   successivo   ai  quindici  anni);  e  tale  meccanismo  appare
sostanzialmente  coerente  rispetto  alla percentuale del 2% indicata
nel  primo  comma dell'art. 4 della legge n. 299/1980 per determinare
la quota pensione a carico del dipendente ai sensi dell'art. 2, comma
3, della legge 7 febbraio 1979, n. 29.
    Cio'  considerato  va  rilevato  che il sistema pensionistico del
personale  dipendente  dalla  Regione  siciliana  in base all'art. 4,
della  legge  regionale  23  febbraio  1962,  n. 2  («la  pensione e'
commisurata   al   50%  dell'ultima  retribuzione  annua  qualora  il
dipendente  sia  collocato  a  riposo  dopo quindici anni di servizio
effettivo,  con  un  aumento  del  2,50%  per  ogni  anno di servizio
effettivamente prestato o riconosciuto utile e riscattato..., fino ad
un  massimo  di  trentacinque  anni  di  servizio  utile»)  e'  assai
differente da quello statale.
    La  ratio del criterio di determinazione della riserva matematica
e   la  quota  pensione  di  cui  all'art. 4,  comma 1,  della  legge
n. 299/1980   con   riferimento  all'art. 2,  comma  3,  della  legge
n. 29/1979  (in  particolare,  per cio' che interessa in questa sede,
l'aliquota  del  due per cento) non puo' prescindere, pero', con ogni
evidenza,     dal     creare     un     sistema     di     equilibrio
contributivo-finanziario  nell'ordinamento  che dovra' poi erogare la
pensione  complessiva e definitiva, e cio' attraverso il recupero, da
una  parte,  di  tutti i contributi affluiti presso la gestione (o le
gestioni) di provenienza, maggiorati dell'interesse composto al tasso
annuo del 4,50% (art. 2, comma 2, legge n. 29/1979), e, dall'altra, a
carico  del  richiedente,  «del  50%  della  somma  risultante  dalla
differenza  tra  la riserva matematica... necessaria per la copertura
assicurativa  relativa  al  periodo  utile  considerato,  e  le somme
versate  dalla  gestione  o  dalle  gestioni assicurative a norma del
comma precedente» (art. 2, comma 3, stessa legge), con la conseguenza
che   tale   equilibrio,   pensato   ed  ipotizzato  con  un  sistema
pensionistico, non appare idoneo con un sistema diverso.
    E   cio'   si   verifica   proprio  con  riferimento  al  sistema
pensionistico  suddetto  per  il  personale  dipendente dalla Regione
siciliana  in  quanto,  con  l'applicazione dell'aliquota del due per
cento gia' citata, studiata per un sistema diverso e meno favorevole,
tale  criterio  non  consente  «ex  se»  di  raggiungere l'equilibrio
normativamente  perseguito;  e  siccome  il sistema che ruota intorno
alle  leggi n. 1338/1962, n. 29/1979 e n. 299/1980 (e, ovviamente, al
decreto ministeriale 27 gennaio 1964) ha la duplice finalita', da una
parte,  di  consentire (per chi lo vuole) di unificare (allo scopo di
una  unica pensione) due o molteplici assicurazioni contributive, ma,
dall'altra   (si   vuole   ripetere),   di   perseguire  l'equilibrio
finanziario  della  gestione  di  destinazione, non appare dubbio che
tale  sistema  debba  subire necessari adattamenti nel momento in cui
viene applicato nella Regione siciliana.
    Conseguentemente,  stante  che  -  come  gia'  si  e'  visto - in
corrispondenza  di  una  anzianita'  di  quindici  anni  produce  una
pensione,  nello Stato, del 35%, e, nella Regione siciliana, del 50%,
mentre,   per   anzianita'  superiori,  si  perviene  all'80%  per  i
dipendenti  statali  (dopo quaranta anni di servizio) e al 100% per i
dipendenti   regionali   (dopo   trentacinque   anni   di  servizio),
l'equilibrio  finanziario-contributivo nella Regione siciliana non si
puo' certo perseguire mutuando per intero un meccanismo calibrato per
un  sistema diverso (e meno favorevole) ma, per contro, applicando le
percentuali  di  progressione  della  pensione regionale in relazione
all'anzianita'  di servizio o, comunque, attraverso l'elaborazione di
meccanismi  alternativi,  la  cui  determinazione rientra nell'ambito
della  discrezionalita'  del  legislatore,  pero'  idonei a garantire
l'equilibrio  finanziario  del  sistema  pensionistico  della Regione
siciliana.
    Le norme regionali che, sul punto, invece, prevedono l'automatico
ed  integrale recepimento della normativa statale appaiono, pertanto,
non  immuni da una plausibile censura costituzionale sotto il profilo
della  ragionevolezza (art. 3, Cost.) e della copertura della spesa e
della  tutela  dell'equilibrio  finanziario del sistema pensionistico
regionale (art. 81, Cost.).
    La  questione  e'  rilevante  in  quanto questo giudice deve fare
applicazione  delle  norme  censurate  e  dal  suo  accoglimento, nei
termini sopra prospettati, deriverebbe il rigetto del ricorso, mentre
una  dichiarazione  di infondatezza della questione porterebbe al suo
accoglimento.
    La  questione,  pertanto, va rimessa alla Corte costituzionale ed
il presente giudizio deve essere sospeso.