IL GIUDICE DI PACE Ha emesso la seguente ordinanza. Causa di opposizione ex art. 22, legge n. 689/1981 - n. 3674/2003 R.G. - promossa da: Sartori Antonella, nata a Cologna Venetra (Verona) il 27 giugno 1958 e residente a Fumane (Verona), via F. della Scala n. 5/a in proprio; Contro Comune di Verona, in persona del sindaco pro tempore, con il funzionario delegato. Oggetto del giudizio L'opponente Sartori Antonella si oppone al verbale di accertamento di violazione n. 5958292 61 88 emesso dal Comune di Verona in data 25 febbraio 2003 - con cui la medesima veniva contravvenzionata ai sensi dell'art. 158, comma 2, lett. g) codice della strada, in quanto la autovettura Lancia Y targata BW476SM di proprieta' della ricorrente, era rinvenuta sostare in corrispondenza del civico n. 15 di via Locatelli in Verona, in uno spazio destinato alla sosta dei veicoli al servizio degli invalidi, senza esporre il prescritto contrassegno. La stessa doveva recarsi in un vicino negozio per portare ad aggiustare una stampante, e decideva di sostare con la propria autovettura in uno spazio riservato agli invalidi, essendo ella invalida civile seppur non in possesso del contrassegno apposito, perche' «deambulante». Nel proprio ricorso in opposizione la ricorrente sostiene di essere invalida civile con riduzione permanente della capacita' lavorativa con riconosciuta percentuale del 60% a seguito di una paralisi del plesso brachiale al braccio destro, come da accertamento eseguito dalla Commissione di prima istanza per l'accertamento degli stati di invalidita' civile - Regione Veneto - sede di Verona, depositata in atti. Per quanto sopra, attesa la evidente e reale difficolta' di accedere all'esercizio portando con se la stampante da aggiustare, la ricorrente sostava nello spazio riservato agli invalidi civili, in quanto piu' vicino e agevole al luogo ove doveva recarsi, sentendosi - seppur priva del dovuto contrassegno - a cio' legittimata per la propria realta' di invalida civile e per la obbiettiva situazione di ostacolo in cui trovavasi. Contestava pertanto la violazione amministrativa accertata, eccependo la esimente dello stato di necessita'. La ricorrente, in realta', non poteva esibire alcun contrassegno legittimante la sosta negli appositi spazi, in quanto - come puntualmente riferito dal Comune di Verona nella propria comparsa di costituzione, il testo dell'art. 12, d.P.R. 24 luglio 1996 n. 503, che detta le norme per il rilascio del «contrassegno per invalidi», recita: «1. Alle persone con capacita' di deambulazione sensibilmente ridotta e' rilasciato dai comuni, a seguito di documentata istanza, lo speciale contrassegno di cui al d.P.R. 16 dicembre 1992 n. 495, che deve essere apposto sulla parte anteriore del veicolo. 2. Il contrassegno e' valido per tutto il territorio nazionale. 3. La normativa di cui al presente articolo si intende estesa anche alla categoria dei non vedenti.». Lo stesso comune - nel proprio scritto difensivo, precisa che «Come si vede, non e' sufficiente soffrire di un qualche handicap per avere il diritto di richiedere il noto contrassegno arancione; bisogna che la menomazione riguardi la capacita' di deambulazione, capacita' che, nella ricorrente, non sembra essere compromessa. Ne consegue che la signora Sartori non avrebbe mai potuto ottenere il «permesso» in questione e, quindi, non puo' in alcun modo legittimamente usufruire degli stalli di sosta previsti dall'art. 188 c.d.s.». Il sottoscritto giudice di pace, alla udienza del 13 ottobre 2003 sospendeva il presente procedimento ritenendo di sollevare questione di costituzionalita' come specificamente precisata in diritto nella ordinanza depositata in data 14 ottobre 2003. In data 25 novembre 2004 la Corte costituzionale depositava propria ordinanza con cui dichiarava la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale sollevata, in quanto nella ordinanza di rimessione veniva «omesso di fornire qualsivoglia elemento descrittivo in ordine alla fattispecie concreta sottoposta al suo giudizio». Con la presente ordinanza, con cui nuovamente si solleva la questione di legittimita' costituzionale, ritenuta di assai rilevante momento, viene colmata la segnalata lacuna, in quanto l'oggetto preciso del presente giudizio e' sopra descritto sotto la intestazione «Oggetto del giudizio». Quindi con la presente ordinanza, si ripropongono le censure di legittimita' costituzionale, cosi' formulate: «Il giudice di pace - letti gli atti e i documenti di causa - ritiene di sollevare d'ufficio questione di legittimita' costituzionale con riferimento agli artt. 158, comma 2, lett. g) codice della strada, in combinato disposto con gli artt. 11 e 12, del d.P.R. n. 503/1996 e con riferimento all'art. 381, d.P.R. 16 dicembre 1992 n. 495, regolamento di esecuzione del c.d.s. - laddove si individuano quali soli soggetti legittimati a beneficiare degli appositi contrassegni per invalidi civili, abilitanti alla sosta e parcheggi delimitati sulle strade comunali - gli invalidi civili non deambulanti e non invece anche altri invalidi civili - parimenti affetti da patologie gravemente invalidanti, che causa la loro patologia, si trovano ad essere impossibilitati o seriamente ostacolati, seppur deambulanti, a liberamente esplicare la propria liberta' di locomozione. Al sottoscritto giudice appare cioe' seriamente prospettabile, con riferimento alle sopracitate norme, una grave incongruenza logica, tale da determinare una ingiustificata disparita' di trattamento fra invalidi civili «non deambulanti» e invalidi civili che, seppur in grado di deambulare, parimenti soffrono a causa della loro patologia invalidante gravi limitazioni alla facolta' di deambulazione o comunque alla liberta' di locomozione, quale piu' ampia liberta' di movimento corporeo. Pare cioe' decisivo rilevare come la norma che riconosce il diritto al contrassegno per la sosta o il parcheggio in determinati spazi comunali, ha quale obbiettivo quello di rimuovere gli ostacoli e le difficolta' che i non deambulanti hanno nel recarsi in determinati luoghi o nell'accedere a determinati esercizi, uffici o altro. La «non deambulazione» non viene quindi presa in considerazione in se' e per se' - afinalisticamente - ma invece quale requisito che di per se' giustifica una impossibilita' o seria difficolta' di accedere in determinati luoghi, uffici, servizi o altro. Dunque viene assunta teleologicamente nell'ottica di una rimozione degli ostacoli e delle difficolta' alla libera e piena esplicazione della liberta' di locomozione umana. Ebbene, le medesime difficolta' e la necessita' conseguente di rimuovere gli ostacoli che si frappongono, sussistono anche per altri invalidi civili che pur non essendo «non deambulanti», in quanto aventi comunque funzionalita' agli arti inferiori, e quindi capacita' di camminare, possono comunque, a causa della loro patologia invalidante (ad esempio agli arti superiori come nel caso oggetto di giudizio) trovarsi in situazioni di pari impossibilita' o seria difficolta' nel recarsi o nell'accedere a determinati luoghi, uffici, centri o altro. Ad esempio, nel caso che ci occupa, la ricorrente affetta da invalidita' all'arto superiore destro, trovavasi in seria difficolta' nel recarsi, con la stampante in braccio, presso il riparatore, quindi si fermava nello spazio, pur riservato agli invalidi civili, piu' vicino e accessibile all'esercizio ove doveva recarsi. Tale ingiustificata disparita' di trattamento fra soggetti afflitti da patologie, parimenti invalidanti e parimenti impeditive o seriamente ostative alla facolta' di accedere a uffici o servizi pubblici o di pubblica utilita' o comunque a pubblici esercizi, centri sociali o altro, determina una chiara violazione dell'art. 3 della Carta costituzionale laddove afferma che «E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli... che, limitando di fatto la liberta' e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana....», sul presupposto che «Tutti i cittadini hanno pari dignita' sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione... di condizioni personali ....(art. 3, primo comma, Costituzione).