IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 12762/04 reg.
gen. proposto da Rusdial S.r.l., in persona del legale rappresentante
presidente   pro  tempore  del  Consiglio  di  amministrazione  dott.
Fabrizio Cerino, rappresentata e difesa dall'avv. Valerio Barone, con
lo  stesso elettivamente domiciliata in Napoli alla piazza Sannazzaro
n. 71;
    Contro  Regione  Campania,  in persona del presidente pro tempore
della  giunta regionale, rappresentata e difesa dagli avv.ti Vincenzo
Baroni,   Almerina   Bove  e  Beatrice  Dell'isola,  con  gli  stessi
elettivamente  domiciliata  in  Napoli  alla  via S. Lucia n. 81, per
l'annullamento   della  delibera  di  giunta  regionale  n. 1526  del
29 luglio  2004,  recante  la  definizione  dei requisiti ulteriori e
delle  procedure  per  l'accreditamento  istituzionale  dei  soggetti
pubblici   e   privati   che   erogano   prestazioni   di  assistenza
specialistica   di  emodialisi  e  di  riabilitazione  ambulatoriale;
nonche' degli atti connessi;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio della regione;
    Vista    la    memoria   difensiva   e   i   documenti   prodotti
dall'amministrazione resistente;
    Vista la memoria difensiva prodotta dalla societa' ricorrente;
    Visti gli atti tutti di causa;
    Alla  pubblica  udienza  del  16 febbraio 2005, relatore il cons.
Donadono, uditi gli avvocati presenti di cui al verbale di udienza;
    Premesso  che  la  societa'  ricorrente, titolare di un centro di
dialisi,  impugna  gli  atti  con  i  quali  la  Regione  Campania ha
disciplinato  l'accreditamento  istituzionale nelle specialita' della
emodialisi    e    della   riabilitazione   ambulatoriale,   all'uopo
denunciandone l'illegittimita' sotto i seguenti profili:
        la  giunta  regionale non avrebbe competenza per l'emanazione
di  un  atto avente natura regolamentare, la cui approvazione sarebbe
tuttora riservata al consiglio regionale, ai sensi dell'art. 19 dello
Statuto, rimasto immutato anche dopo la riforma dell'art. 121 Cost. e
non  contraddetto  dall'art. 9  della legge regionale n. 28 del 2003,
che  demanda  alla  giunta  regionale  il  compito  di  provvedere in
materia,   posto   che   la  citata  disposizione  regionale  sarebbe
costituzionalmente  illegittima  qualora fosse da intendere nel senso
di  attribuire alla giunta regionale anche l'esercizio della potesta'
regolamentare;
        la  delibera impugnata non conterrebbe alcuna indicazione dei
parametri   di   programmazione   sanitaria  ne'  del  fabbisogno  di
assistenza,  la cui determinazione sarebbe prioritaria, oltre che sul
piano logico, anche secondo il disposto dell'art. 8-quater del d.lgs.
n. 502  del 1992, ma farebbe invece riferimento alla sola delibera di
giunta  concernente  la mera proposta del Piano regionale ospedaliero
2004-2006;
        il  criterio  cronologico, scelto per l'esame delle istanze e
la  individuazione  delle  strutture da ammettere all'accreditamento,
sarebbe   illogico  ed  ingiusto  e  contrasterebbe  con  l'interesse
pubblico;
        per  la  richiesta  di  accreditamento  sarebbe  statuita  la
necessita' del possesso dell'autorizzazione sanitaria, regolata dalla
delibera  regionale  n. 3958/01,  per  il  cui  rilascio si sarebbero
manifestati ritardi e disfunzioni;
        sarebbe  incongrua  la  previsione  delle «classi di qualita»
dipendenti  dal  possesso dai requisiti specifici e rilevanti ai fini
della  quantificazione dei compensi, in quanto non accompagnata dalla
determinazione  del  premio  incentivante,  il  che  impedirebbe agli
operatori  del  settore la pianificazione economico-finanziaria degli
investimenti;
        sarebbe   viziata   da   una   ingiustificata  disparita'  di
trattamento  la  previsione  di  un  termine  diverso  per  l'accesso
all'accreditamento  per  le strutture pubbliche, le strutture private
provvisoriamente   accreditate   e  le  altre  strutture  private  in
esercizio.
    Rilevato   che  la  difesa  regionale  eccepisce  preliminarmente
l'inammissibilita'  del ricorso, essendo l'atto impugnato inidoneo ad
arrecare qualsivoglia pregiudizio attuale e concreto.
    Ritenuto che l'eccezione va disattesa in quanto:
        la    delibera    in   esame   regolamenta   l'accreditamento
istituzionale definendo le procedure per il rilascio ed il successivo
rinnovo, nonche' i requisiti generali e specifici (ulteriori rispetto
a  quelli  minimi  previsti  per  l'autorizzazione  all'esercizio  di
attivita'   sanitarie)   richiesti   come  condizione  per  l'accesso
all'accreditamento;
        per gli atti a contenuto generale ed astratto, l'interesse (e
quindi   l'onere)   a  propone  immediatamente  il  ricorso  in  sede
giurisdizionale   presuppone   che  si  sia  verificata  nella  sfera
giuridica  del  destinatario  una  lesione  attuale  e  concreta, per
effetto  diretto  dell'adozione dell'atto generale (o di alcuna delle
sue clausole) e prima ancora dell'emanazione degli atti applicativi;
        una   tale   attitudine  lesiva  (concreta  e  non  meramente
potenziale)  sussiste  nella  misura in cui un pregiudizio scaturisca
dalle clausole che determinano una immediata incidenza ostativa degli
interessati   alla   partecipazione   agli  iter  procedimentali  ivi
regolamentati (cfr. Cons. St., ad. plen., 23 gennaio 2003, n. 1);
        tale  situazione  sussiste nel caso di specie con particolare
riferimento    alla    fissazione   dei   requisiti   per   l'accesso
all'accreditamento istituzionale;
    Considerato  che,  nel  merito,  va prioritariamente esaminata la
censura  di incompetenza dedotta con l'atto introduttivo del giudizio
(cfr. Cons. St., sez. IV, 12 marzo 1996, n. 310);
    Rilevato  che  l'atto  impugnato  ha  una  natura  regolamentare,
poiche'  contiene una disciplina avente i caratteri della generalita'
ed  astrattezza  e  la  funzione di integrare e completare i precetti
delle  norme  primarie  per  l'applicazione  ripetuta  ad  una  serie
indeterminabile di casi concreti (cfr. Cons. St., ad. gen., 17 aprile
1997,  n. 46),  comprendendo nei suoi contenuti anche le disposizioni
attuative di criteri e principi dettati dall'art. 8-quater, comma 3 e
4,  del d.lgs. n. 502 del 1992 per l'esercizio della funzione statale
di indirizzo e coordinamento ex art. 8 della legge n. 59 del 1997, da
ritenere  superata  per  effetto  dell'art. 8  della legge n. 131 del
2003.
        l'art.  9,  comma 1  della  legge  regionale  n. 28  del 2003
prevede   che,   «al  fine  di  accelerare  l'iter  del  processo  di
accreditamento   istituzionale   di   cui   al   decreto  legislativo
n. 502/1992,  la  giunta  regionale, procedendo con atti separati per
settori di attivita', emana, entro 60 giorni dalla data di entrata in
vigore  della  presente  legge,  i  provvedimenti relativi ai settori
della  riabilitazione e della emodialisi e conclude i lavori relativi
agli altri settori di attivita' entro 180 giorni dalla stessa data»;
        la  citata  disposizione regionale, nonostante il riferimento
testuale ai «provvedimenti» non lascia margini di dubbio in ordine al
fatto che il legislatore regionale ha demandato alla giunta regionale
l'emanazione  di  tutti  gli atti, di qualsiasi natura, necessari per
provvedere  in  ordine  all'accreditamento  istituzionale, essendo da
escludere  che,  nei  ristrettissimi margini temporali previsti dalla
norma stessa, ci sia spazio per l'emanazione di atti regolamentari da
parte dell'organo consiliare;
        l'art. 19  dello  Statuto della Regione Campania (che riserva
al  Consiglio  regionale  il  potere regolamentare) nonche' l'art. 20
(che  elenca  le  attribuzioni  consiliari)  risultano vincolanti per
quanto   riguarda   la   distribuzione   delle  competenze  normative
nonostante  la  modifica  all'art. 121  Cost.  introdotta dalla legge
costituzionale  n. 1  del  1999  che,  nell'eliminare  la  riserva di
competenza   della   potesta'  regolamentare  all'organo  consiliare,
consente  alla  regione  una  diversa  scelta organizzativa la quale,
tuttavia,  non  puo'  che  essere contenuta in una disposizione dello
statuto regionale (cfr. Corte cost., 21 ottobre 2003, n. 313);
        l'art. 9,  comma 1,  della  legge  regionale  n. 28 del 2003,
nella parte in cui devolve alla giunta regionale l'emanazione di atti
di  tipo  regolamentare  in  materia di accreditamento istituzionale,
comporta  lo  spostamento del potere regolamentare dal consiglio alla
giunta, in contrasto con il vigente statuto regionale che, nelle more
della  riforma  statutariara  in  itinere,  non  e'  suscettibile  di
disapplicazione  o  modificazione  da  parte  di  una legge regionale
ordinaria;
        il  contrasto di una legge regionale con una norma statutaria
comporta   la  violazione  dell'art. 123  Cost.  (cfr.  Corte  cost.,
27 ottobre 1988, n. 993);
    Ritenuto   che   la   questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 9 della legge regionale n. 28 del 2003, nella parte recante
l'attribuzione  alla  giunta regionale di poteri spettanti all'organo
consiliare in base al vigente Statuto regionale, si palesa:
        rilevante, ai fini della decisione del giudizio, in quanto da
essa  dipende  la determinazione in ordine alla fondatezza del motivo
del  ricorso  con il quale e' dedotto il vizio di incompetenza contro
la  delibera impugnata, adottata dalla giunta regionale in attuazione
della suddetta disposizione regionale;
        non  manifestamente  infondata,  in quanto la norma regionale
risulta, per le ragioni sopra esposte, in contrasto con gli artt. 121
e  123  della  Costituzione,  in  relazione  agli artt. 19 e 20 dello
statuto regionale, approvato con legge 22 maggio 1971, n. 348;
    Ravvisato  che va pertanto disposta a sospensione del giudizio in
corso  e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, per la
decisione    sulla    questione    pregiudiziale    di   legittimita'
costituzionale,  siccome  rilevante  e  non manifestamente infondata,
mandando  alla segreteria per gli adempimenti di competenza, ai sensi
dell'art. 23 della legge n. 87 del 1953;