IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa iscritta al n. 920/2003, riservata in decisione all'udienza in data 15 luglio 2004 tra Lanzi Ivo, residente in Viterbo, ove elettivamente e' domiciliato in via Montello, 31, nello studio dell'avv. Carmelo Ratano che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso in opposizione all'esecuzione; e S.G.C. S.r.l. Societa' Gestione Crediti, con sede a Milano, viale Brenta 27/29, in persona dell'amministratore Philippe Couturier, nella sua qualita' di procuratore speciale della Spv Venezia S.p.A., giusta procura del 2 febbraio 2000 in autentica del notaio dott. Lorenzo Stucchi di Milano, rep. n. 126407, racc. 35991, rappresentata e difesa, in virtu' di delega a margine della comparsa di costituzione, dall'avv. Antonio U. Petraglia con studio in Roma, via Aureliana, n. 2, sia congiuntamente sia disgiuntamente all'avvocato Ferdinando E. Abbate, tutti elettivamente domiciliati presso lo studio del secondo, sito in Orte (Viterbo), via dei Gladiatori n. 12; Premesso con ricorso in data 3 aprile 2003, depositato in pari data, il sig. Lanzi Ivo, come sopra, proponeva opposizione all'esecuzione intrapresa, nelle forme del pignoramento presso terzi, dalla SGC S.r.l., come sopra, per un preteso credito di Euro 325.366,40; Il G.E., con decreto in data 9 aprile 2003: sospendeva l'esecuzione; fissava l'udienza del 2 luglio 2003, per la comparizione delle parti innanzi a se'; fissava la data del 20 maggio 2003 per la notifica, ad opera del ricorrente, del ricorso e decreto; Alla fissata udienza, il G.E., si riservava la conferma/revoca del decreto di sospensione; A scioglimento della riserva, il G.E. revocava il decreto di sospensione dell'esecuzione e rinviava, per trattazione, all'udienza del 12 novembre 2003. A sostegno dell'opposizione, il ricorrente deduceva: carenza di legittimazione attiva della societa' procedente; eccessivita' della somma pretesa, dovuta ad una capitalizzazione degli interessi, operata contra legem; assoluta incertezza in ordine all'effettiva entita' del credito azionato. Nel costituirsi, l'opposta S.G.C. S.r.l. contestava in toto le argomentazioni e le pretese dell'opponente, precisando che il credito era stato regolarmente ceduto dalla BNL a SPV Venezia S.p.A. in data 30 novembre 1999, nel contesto di una piu' ampia operazione di cessione dei crediti in blocco e di cartolarizzazione ex lege n. 130/1999; la SGC S.r.l. (gia' S.p.A.) aveva ottenuto, con procura notarile, la gestione anche giudiziale del credito ceduto (dalla BNL alla SPV Venezia S.p.A.); tutto quanto sostenuto dal ricorrente, in ordine a capitalizzazione degli interessi ed anatocisio, era da ritenersi del tutto infondato, alla luce di diversa interpretazione delle norme e della giurisprudenza in materia. Chiesti e concessi, con le rituali cadenze, i termini di cui agli artt. 183 - quinto comma - e 184 c.p.c., il giudice, all'udienza fissata per l'eventuale ammissione delle prove, si riservava di provvedere; A scioglimento della riserva, il giudice, con ordinanza del 5 maggio 2004: non disponeva la CTU contabile richiesta dall'opponente, «apparendo fondate le argomentazioni sviluppate dalla societa' opposta nelle memorie e repliche ex art. 184 c.p.c.»; rinviava, per la precisazione delle conclusioni, all'udienza del 15 luglio 2004, quando, concessi i termini di cui all'art. 190 c.p.c., la causa era trattenuta in decisione; avveniva, poi, che, per un disguido di cancelleria, il fascicolo fosse consegnato al giudice solo il 28 maggio 2005. Il giudice letti gli atti di causa e le deduzioni delle parti; O s s e r v a La contestazione di parte opponente circa la legittimazione attiva della S.G.G. S.r.l., induce ad una riflessione in ordine alla costituzionalita' della disciplina della cessione del credito cosi' come prevista dagli artt. 1260 segg. c.c.;, l'opposizione, tra l'altro, fa espresso riferimento all'art. 41 d.l. 385/1993 che consente, in subiecta materia, di procedere all'esecuzione senza previa notifica del titolo esecutivo, cosi' come, in, invece previsto, in via generale, dall'art. 479 c.p.c.; l'un rilievo e l'altro appaiono rilevanti, alla luce delle contrapposte argomentazioni difensive, come sopra riassunte, di talche' il giudizio di opposizione all'esecuzione non pare possa essere definito, indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' che viene sollevata d'ufficio, cosi' rendendosi superfluo qualsivoglia accenno alla non manifesta infondatezza; Ritiene sussistenti i presupposti per sollevare d'ufficio questione di legittimita' costituzionale: 1. - dell'art. 1260 c.c. per contrasto con gli artt. 2, 3 e 41 Costituzione, in relazione al disposto degli articoli: 1 legge 31 dicembre 1996 n. 675; 2, comma 1, d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196; 43-bis e 43-ter del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 (come integrati dal d.m. 30 settembre 1997 n. 384); 1262, 1406 c.c.; 2. - dell'art. 58 - commi 2, 3, 4 - del d.lgs. 1° settembre 1993 n. 385, nonche' dell'art. 4 - comma 1 - della legge 30 aprile 1999 n. 130 (che recepisce le citate disposizioni dell'art. 58 in questione), per contrasto con gli artt. 3, 41, 111 Costituzione, in relazione al disposto degli artt. 1263, 1264 c.c.; 3. - dell'art. 41, comma 1, d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385, per contrasto con gli artt. 3, 41 e 111 Cost., in relazione al disposto dell'art. 479 c.p.c.; 1) La previsione della cessione del credito anche senza il consenso del debitore fa dubitare della compatibilita' di detta disposizione - nell'inciso evidenziato in corsivo - con gli articoli 2, 3 e 41 della Carta costituzionale. Per quanto attiene all'art. 2, i diritti inviolabili dell'uomo sembrerebbero non garantiti da disposizioni di legge, come quelle che andremo esaminando, il risultato delle quali e' rappresentato dalla impossibilita', per il debitore, di controllare, in qualche modo, il destino della propria posizione debitoria, non scindibile dalla condizione della persona umana. L'art. 3 e' richiamato quale elemento sintomatico di irrazionalita' della disposizione denunciata oltre che per rilevare che la cessione del credito, attuata ad nutum del creditore, non pare rimuovere gli ostacoli di ordine economico che possono limitare di fatto la liberta' e l'eguaglianza dei cittadini. In contrasto, la denunciata disposizione, anche con quanto previsto dall'art. 41 della Costituzione. Quest'ultimo dispone, infatti, che la libera inziativa economica privata non puo' svolgersi in contrasto con l'utilita' sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla liberta', alla dignita' umana. Se si pensa che, in attuazione dell'art. 41 Cost. e' stata varata la legge 10 ottobre 1990 n. 287 (norme per la tutela della concorrenza e del mercato), si deve convenire che, per il legislatore, il quivis de populo vale meno, molto meno, a confronto delle imprese, tra le quali vanno annoverate - e perche' no? - anche le aziende ed istituti di credito, delle quali appunto si occupa l'art. 20 della legge in discorso. Non si e' ritenuto, invece, di muovere un dito, per evitare, ad esempio, che l'iniziativa economica potesse svolgersi in contrasto con la liberta' e la dignita' umana. La previsione dell'art. 1260 c.c., nell'inciso denunciato, sembra, allo stato, legittimare un esercizio dell'iniziativa economica privata che certamente non pare rispettosa della dignita' umana. Si consideri, inoltre, che cio' accade, nel contesto di un ordinamento nel quale: lodevolmente, il Legislatore si e' preoccupato - a partire dalla legge 31 dicembre 1996 n. 675 - di garantire che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti, delle liberta' fondamentali, nonche' della dignita' delle persone fisiche, con particolare riferimento alla riservatezza e all'identita' personale (art. 1); di poi, sempre nell'ottica commendevole di cui sopra, e' stato varato il d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali) che, all'art. 2, comma 1, recita: «Il presente testo unico, di seguito denominato codice, garantisce che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle liberta' fondamentali, nonche' della dignita' dell'interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all'identita' personale e al diritto alla protezione dei dati personali». Appare opportuno evitare tutte le citazioni che si potrebbero fare al riguardo. Pur mettendo in conto le eccezioni previste, per alcuni casi, nei quali il trattamento dei dati sensibili e' consentito anche senza il consenso dell'interessato, e' comunque, evidente una linea di tendenza - a livello comunitario e nazionale -- che lascia intendere uno spiccato interesse per diritti, la tutela dei quali, fino a venti anni fa, non era, per i piu', nemmeno ipotizzabile. La disposizione del codice civile - della legittimita' costituzionale della quale si dubita - appare in contrasto con tutto quanto si e' appena accennato e farebbe supporre che, rebus sic stantibus, siano - ed e' cosa buona e giusta - tutelati i dati personali sensibili, dei quali, com'e' noto, e' vietato il trattamento senza il consenso dell'interessato, mentre non vi sia tutela alcuna per la persona del debitore, globalmente intesa come complesso inscindibile di interessi ed affetti. E', forse, giunto il momento di capire come, oggi, sia mutato, rispetto al 1942, il contesto dei rapporti sociali ed economici, tra i consociati. Oggi, piu' che in passato, si dovrebbe seriamente considerare che la persona del creditore - e la conseguente gestione del credito - non e' affare indifferente per il debitore; e' noto, a tutti gli operatori del diritto, che il creditore puo' o meno aggredire il patrimonio del debitore, con piu' o meno diligenza; il creditore puo', ove ne ricorrano i presupposti, instare per la dichiarazione di fallimento del debitore; pero', potrebbe preferire non farlo; in termini economici, non e' esagerato ravvisare che vi sia, nel creditore, una sorta di ius vitae ac necis, inteso cum grano salis, nei confronti del debitore (massime, se operatore commerciale); quest'ultimo, quando contrae un debito, diciamo quando accende un mutuo, avra' i propri buoni (o cattivi) motivi per preferire la Banca B alla Banca C; Il fatto che il credito possa, de plano, essere ceduto anche senza il consenso del debitore, alla Finanziaria XYZ, crea qualche perplessita'; in sostanza, a ben guardare, l'art. 1260, nel testo attuale, sembra disciplinare la cessione del debitore piu' che la cessione del credito; appare significativo che l'art. 1264 c.c. parli, tra l'altro, di «debitore ceduto». Il sospetto, poi, che l'art. 1260 c.c. possa essere in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, e' esaltato dalla profonda differenza tra la previsione della norma in esame e quella che e' la regolamentazione di legge, quando debitore ceduto sia lo Stato; gli artt. 43-bis e 43-ter d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, in uno al d.m. 30 settembre 1997 n. 384, dettano tali e tante disposizioni, a cautela del debitore cedendo, da dare il capogiro; si omette, per rispettoso dovere di speditezza, la trascrizione degli articoli del d.P.R. teste' citato; pare possa concludersi per un situazione non proprio compatibile con lo Stato di diritto. Un dato di fatto, non contestabile, rafforza il sospetto circa l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1260 c.c.: l'art. 1406 c.c. consente la cessione del contratto, a patto che l'altra parte vi consenta; ora, con la cessione del credito - di cui all'art. 1260 c.c. - il cessionario e' messo nella condizione di agire, come e' avvenuto nel giudizio de quo, per la soddisfazione del credito; questo, portato, nel senso piu' letterale del termine, dal contratto; ai fini esecutivi (salvo quanto vedremo infra sub 3, per l'esonero dalla previa notifica del titolo esecutivo) anche il cessionario deve produrre in giudizio il titolo in forza del quale si procede; non e' un caso che, nel corso del giudizio de quo, la difesa dell'opposta abbia richiamato piu' volte il contratto (sempre, s'intende, di credito fondiario); ne' si puo' trascurare quanto dispone l'art. 1262 c.c.: il cedente deve consegnare al cessionario i documenti probatori del credito che sono in suo possesso; quindi, il cessionario del credito ottenuta la consegna dei documenti probatori; (acquisita, attraverso idonea procura, la legittimazione alla gestione, anche giudiziale del credito ceduto; si chiede, onestamente, perche' mai esistano gli artt. 1406 e segg. c.c., in un apposito Capo, dedicato alla cessione del contratto; e' bene ricordare, per i fini de quibus, che il codice civile del 1865 non conteneva una regolamentazione specifica per la cessione del contratto; Nella relazione al codice vigente (n. 640), si legge, in ordine all'opportunita' di introdurre un'apposita disciplina, al riguardo: (La cessione del contratto a' largamente diffusa nella pratica del commercio, e d'altra parte, la legge, a proposito della locazione, delle azioni non liberate e del contratto d'impiego ha, per sua parte, riconosciuto la possibilita' di far circolare un rapporto nel suo complesso, cie' nel suo insieme di diritti ed obblighi. La dottrina ha contrastato l'unita' fondamentale del fenomeno della circolazione del contratto, ed ha sostenuto la sola possibilita' di una separata trasmissione, degli elementi passivi e degli elementi attivi del contratto, mediante gli strumenti giuridici della cessione dei crediti e dell'accollo dei debiti. La pratica, estremamente sensibile ha invece avvertito la inscindibilita' della trasmissione alla stessa persona, di tutto il contenuto del rapporto. Ha parlato di vendita di contratto e ha talora rappresentato tale inscindibilita' mediante la creazione di titoli di credito (gli stabiliti) il cui possessore non puo' esigere la controprestazione, per l'obbligo implicitamente assunto, con l'acquisto del titolo. Il nuovo codice civile cerca di soddisfare le esigenze di tale pratica, in considerazione del fatto che essa risponde ad una funzione economica importante, qual'e' quella di eliminare complicate e dispendiose rinnovazioni del contratto»; quanto al consenso del contraente ceduto, e' da ricordare che non trattasi di pura formalita'; «il consenso del contraente ceduto non puo' assumere la forma ed il valore di una mera adesione all'accordo gia' intervenuto tra il cedente ed il cessionario, in quanto e', invece, elemento costitutivo della cessione medesima, la quale non puo' essere che la risultante della fusione delle dichiarazioni di volonta' e degli interessi del cedente, del cessionaro e del contraente ceduto. (Cass. civ., sez. III, 20 ottobre 1972, n. 3170); non e' pura formalita', neanche nel caso di cui all'art. 1407 c.c. (Cass. 25 agosto 1986, n. 5159); dal tutto, esce rafforzato il sospetto circa l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1260 c.c., nella parte in cui dispone che si possa prescindere dal consenso del debitore ceduto, atteso che, poi, visto funzionalmente in relazione con gli adempimenti legati al processo di esecuzione (artt. 555 e segg. c.p.c., segnatamente l'art. 557) e al disposto dell'art. 1262 c.c., consente, in effetti, la cessione del contratto anche senza il consenso del contraente ceduto; 2) quanto all'art. 58 - commi 2, 3, 4 - del d.lgs. 1° settembre 1993 n. 385, nonche' all'art. 4 - comma 1 - della legge 30 aprile 1999 n. 130 (che recepisce le citate disposizioni dell'art. 58 in questione), si puo' intanto osservare la rubrica dell'art. 58 in discorso: cessione di rapporti giuridici. Quindi, ne' cessione del credito, ne' cessione del contratto. Siamo in presenza di una legislazione particolare. I commi 2. 3. 4 del cennato art. 58 recitano: 2. La banca cessionaria da' notizia dell'avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubbilca italiana. La Banca d'Italia puo' stabilire forme integrative di pubblicita'. 3. I privilegi e le garanzie di qualsiasi tipo, da chiunque prestati o comunque esistenti a favore del cedente, nonche' le trascrizioni nei pubblici registri degli atti di acquisto dei beni oggetto di locazione finanziaria compresi nella cessione conservano la loro validita' e il loro grado a favore del cessionario, senza bisogno di alcuna formalita' o annutazione. Restano altresi' applicabili le discipline speciali, anche di carattere processuale, previste per i crediti ceduti. 4. Nei confronti dei debitori ceduti gli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 producono gli effetti indicati dall'art. 1264 del codice civile. Si tratta di una serie di disposizioni che oggettivamente creano (o contribuiscono a rafforzare) un mondo giuridico a parte. La particolare tutela apprestata, in via di facilitazioni, anche processuali, all'attivita' di cessione del credito (cedente e cessionario appartengono, di norma, come nel caso di specie, al mondo delle aziende ed istituti di credito o delle finanziarie) e' direttamente proporzionale ad un malcelato disinteresse per le sorti del singolo (mutuatario, debitore esecutato, espropriato etc.). Non e' chi non veda quanto sia improponibile l'equivalenza, per i fini di cui all'art. 1264 c.c., degli adempimenti di cui al secondo comma dell'art. 58 in discorso, cosi' come ritenuta dal quarto comma dello stesso articolo. Ove, tra l'altro, a differenza dell'art. 1264 c.c., non si parla di debitore ceduto, bensi' di debitori ceduti. Si prepara (siamo nel 1993) l'epoca delle cessioni in blocco, di cui alla legge n. 130/1999. Operazioni di massa. Il singolo sparisce, ma il singolare, nel diritto, aumenta di spessore (solo quantitativo, sia chiaro), con buona pace del brocardo privilegia ne inroganto. Riesce difficile immaginare un buon padre di famiglia che, la mattina, esca, diligentemente, da casa, per cercare la Gazzetta Ufficiale ed accertarsi che il credito vantato nei proprii confronti dalla Banca Z non sia stato, per caso, ceduto a ... non si sa. La cosa non cambia neanche se si ipotizza che la ricerca sia effettuata su internet, magari da un operatore commerciale. Si potrebbe essere indotti a ritenere che la complessiva disciplina delle norme in esame (artt. 1260, 1262 e 1406 c.c., artt. 555 e segg. segnatamente l'art. 557 - c.p.c., art. 58 - commi 2, 3, 4 - d.lgs n. 385 /1993, richiamati dall'art. 4 della legge 30 aprile 1999 n. 130) concorra ad una delusione di legge: consentire, a determinati soggetti giuridici, di ottenere un risultato equivalente a quello della cessione del contratto, senza dover sottostare al consenso del contraente ceduto, cosi' come, invece, previsto dall'art. 1406 c.c. 3) quanto all'art. 41 del d.lgs. 1° settembre 1993 n. 385, e' opportuna una premessa: parte opponente, rileva, dolendosene (pag. 4 dell'atto di opposizione), che l'esecuzione sarebbe stata intrapresa senza previa notifica del titolo esecutivo in forza di quanto dispone l'art. 41 del d.lgs. n. 385/1993. Su tale aspetto della vicenda non pare abbia preso posizione l'opposta societa'. Il richiamo normativo non e' corretto, anche se la notazione rimane rilevante. lnfatti, se da un lato, e' vero che l'esecuzione de qua (relativa a somme dovute per un mutuo contratto nel 1990) ha avuto inizio l'otto febbraio 2003, e' anche vero che, ai sensi dell'art. 161, sesto comma d.lgs. n. 385/1993, il nuovo T.U. Bancario e' applicabile solo ai contratti conclusi dal 1° gennaio 1994. Si e', comunque, in presenza, anche in questo caso, di una norma di diritto singolare, della quale e' bene ricordare la storia. Il r.d. 16 luglio 1905 n. 646, all'art. 43 - primo comma - recita(va): «Nel procedimento di espropriazione iniziato dagli istituti di credito fondiario, e' escluso l'obbligo della notificazione del titolo contrattuale esecutivo». Il sopravvenuto art. 41 del d.lgs 1° settembre 1993 n. 385 dispone: «Nel procedimento di espropriazione relativo a crediti fondiari e' escluso l'obbligo della notificazione del titolo contrattuale esecutivo.». Quindi, a norma del richiamato art. 43 del r.d. 646/1905, l'esclusione dall'obbligo della previa notifica del titolo contrattuale esecutivo, riguarda(va) il procedimento di espropriazione iniziato dagli istituti di credito fondiario. Nel giudizio che ci occupa la S.G.C. S.r.l. e la SPV Venezia S.p.A. sono cessionarie (recte: la prima e' procuratrice speciale della cessionaria ...) del credito, inizialmente vantato dalla BNL - Sezione Credito Fondiario - nei confronti del sig. Lanzi Ivo. Forse - senza forse - non si puo' tranquillamente equiparare una finanziaria ad un istituto di credito fondiario. Questo dato interpretativo - ed opinabile - e' indifferente, in questa sede. Il legislatore del 1905, forse, non aveva conoscenza di certe alchimie, di certi ludici artifici societari, legittimi quanto si vuole, ma, certo, da controllare, in sede di interpretazione della legge, con maggior rispetto anche per chi e' solo persona, e, per di piu', debitore. Il riferimento, ben circoscritto, al procedimento iniziato, dagli istituti di credito fondiario, e' figlio di quel tempo - che non conosceva la Costituzione Repubblicana - cosi' come la norma del 1993 e' l'espressione del proprio - piu' disinvolto - tempo. Il fatto che il Legislatore abbia avvertito la necessita' di spostare il baricentro del privilegio, dal requisito soggettivo (procedimento di espropriazione iniziato dagli istituti di credito fondiario) a quello oggettivo (procedimento di espropriazione relativo a crediti fondiari) lascia intendere la cosciente pervicacia di lasciare in vita un privilegio, ampliandone, sotto il profilo dei legittimati a fruirne, limiti e portata. In controtendenza, rispetto al complesso della legislazione che, in generale, tenderebbe ad evitare situazioni di ingiustificato vantaggio per questo o quegli. In violazione aperta di quanto dispongono gli artt. 2, 3, 41 e 111 della Costituzione. Per quanto attiene ai primi tre articoli, il dubbio nasce dalle stesse considerazioni svolte nei paragrafi precedenti. Una particolare attenzione meriterebbe il profilo del contrasto con l'art. 111 Costituzione. E' alquanto dubbio che la disposizione denunciata possa consentire un processo (esecutivo, nel caso di specie) tra parti che siano in condizioni di parita'. Oltretutto, l'irragionevole facilitazione e' accordata ad un soggetto che, proprio per la professionalita' spiccata, non dovrebbe avere difficolta' alcuna a notificare il titolo esecutivo. Quest'ultimo, poi, deve essere depositato in cancelleria (art. 557, secondo comma - c.p.c.) dal creditore pignorante che, si noti, non e' il soggetto giuridico indicato nel titolo. Una considerazione perplessa riguarda il fatto che il contratto - con tutti i dati ivi contenuti- si possa trovare (grazie anche a quanto dispone l'art. 1262 c.c.) in possesso di soggetto, diverso dai contraenti, abilitato, pero', pur senza essersi reso cessionario del contratto, ad esigerne l'esecuzione, senza dover notificare quel titolo esecutivo al debitore (che, invece, e' uno dei contraenti). Il che vuol dire che al debitore perviene un atto di precetto, ad istanza di un illustre sconosciuto. Cio', invero, riguarda, complessivamente, anche quanto si e' dedotto nel precedente paragrafo. Il che induce a considerare che, nel caso di specie, le norme sospettate di incostituzionalita' non operano in compartimenti stagno. Quanto si sospetta dell'art. 43 - primo comma - r.d. 16 luglio 1905 n. 646, vale anche per il degno discendente, art. 41 primo comma - d.lgs. 1° settembre 1993 n. 385. Tanto premesso, osservato e considerato. Visti gli artt. 134, Carta costituzionale e 23, legge 11 marzo 1953, n. 87;