IL GIUDICE DI PACE

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta
al  n. 660/2004  R.G.A.G., avente ad oggetto restituzione di somme da
assicurazione,  introitata  per la decisione all'udienza del 1° marzo
2005,  promossa  da Stifani Antonio rappresentato e difeso dagli avv.
Leonardo  Laudisa  e Venero Orlando e presso lo studio della seconda,
sito in Lecce alla via Di Porcigliano n. 48, domiciliato ai soli fini
del presente giudizio, per mandato a margine dell'atto di citazione;
    Contro  Reale  --  Mutua Ass.ni S.p.A., in persona del suo legale
rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv. Vittorio De Carlo e
Maria De Carlo e presso di loro domiciliata ai soli fini del presente
procedimento civile domiciliata per rituale procura alle liti.
                           I n  f a t t o
    Con  atto  di  citazione  ritualmente notificato, Stifani Antonio
evocava  in  giudizio  la  compagnia Reale Mutua -- ass.ni S.p.A., in
persona  del suo legale rappresentante in carica, perche' si sentisse
condannare  al  pronto  pagamento  della  somma  di Euro 207,23, piu'
accessori,  quale  somma  pagata  in  piu'  in  forza dell'accordo di
cartello fra la convenuta ed altre compagnie di assicurazioni, con un
atto   dichiarato   illegittimo   prima  dall'autorita'  antitrust  e
successivamente dal Consiglio di Stato.
    Si  tratta,  esattamente, della polizza R.C.A. contrassegnata dal
n. 308011,   stipulata   per  l'autovettura  targata  LE  619702  per
garantire  gli  eventuali  danni  prodotti  dalla  circolazione dalla
stessa dicembre 1994/giugno 2000.
    Si costituiva la compagnia convenuta eccependo:
        a) l'incompetenza  per  territorio  e  quella per materia del
giudice adito;
        b) l'infondatezza della domanda;
        c) l'assenza di prova della pretesa.
    Il  giudizio,  vertendo  questioni  di  puro  diritto, alla prima
udienza  di  comparizione  veniva rinviato a quella del 1° marzo 2005
per  la precisazione delle conclusioni e discussione. In detto giorno
passava  in  decisione,  sulla  base delle conclusioni rassegnate dai
procuratori delle parti cosi' come espresse in detto verbale di causa
e  delle memorie conclusive depositate su espressa autorizzazione nel
provvedimento di rinvio per tali attivita'.

                         I n  d i r i t t o

                             Paragrafo I
    1)  In  ordine  all'eccezione  di  «incompetenza  funzionale  del
giudice  adito» avanzata dalla difesa della convenuta, si osserva che
la  fattispecie  rispecchia  un diritto soggettivo determinato da una
singola  contrattazione  di polizza R.C.A., intercorsa tra l'attore e
la  convenuta  R.A.S.  Ass.ni.  In  forza della stessa il primo venne
obbligato  dalla  legge n. 990/1969 ad assicurare l'automobile di sua
proprieta'  per  ogni  eventuale  azione  riparatrice scaturita dalla
circolazione  del mezzo. Ci si trova, quindi, dinanzi ad un contratto
singolo,  anche  se  sottoscritto su di un modulo tipo predisposto da
ogni  singola  compagnia  di assicurazioni, generalmente tutti eguali
fra  loro,  che  ciascun  proprietario di autoveicolo sottoscrive, in
base  a  detta  legge,  in proprio, pagando col suo denaro le singole
rate del premio alle rispettive scadenze.
    Anche perche', non si tratta di un'attivita' di natura similare a
quella  dell'assistenza  sanitaria e/o della RAI, bensi' del rispetto
di  una  legge  dello  Stato  basata sul principio della solidarieta'
necessaria  per  le vittime della strada, demandata alle compagnie di
assicurazione,  che  accanto  agli  altri  rami, gestiscono quello in
questione,   senza,  percio',  divenire  portatrici  di  un  servizio
pubblico  per  la natura privatistica di ogni singolo contratto, nato
per  indeclinabili  esigenze  della  collettivita'. Il legislatore ha
inteso garantire, cosi', il patrimonio di colui che rimasto coinvolto
in  un incidente stradale, perda ogni forma di garanzia dinanzi ad un
investitore il quale, pur essendo proprietario di un veicolo a motore
senza guida di rotaie, e' privo di beni patrimoniali sui quali la sua
controparte  possa  ottenere  la  soddisfazione  economica di tutti i
danni  conseguenti  al sinistro subito. Singolo contratto che rientra
nell'attivita'   imprenditoriale   di  ogni  compagnia,  per  cui  le
doglianze  di  ogni  assicurato  sono  tutte  di natura personale, in
quanto   riguardanti   la  liberta'  di  scelta  dell'assicurato  nel
rivolgersi  all'a.g.o,  per dirimere ogni eventuale contrasto insorto
nel  corso  del  contratto,  avente,  per  la sua natura giuridica, i
precisi connotati di una ordinaria azione di responsabilita'.
    2)  E'  da  evidenziare  che  nessuna disposizione speciale possa
scalfire,  facendo  passare  in  suo  contenuto  in secondo piano, il
disposto  dell'art. 7  c.p.c., in ordine alla competenza per valore e
per  territorio,  sia perche' norma generale valevole erga omnes, sia
perche' attiene a vertenze derivate da un preciso negozio giuridico -
contratto  di  assicurazione  R.C.A.  -  concluso  tra  un  operatore
commerciale,  qual  e' la compagnia di assicurazioni convenuta avente
ad  oggetto una fornitura di beni e servizi, ed un consuntatore, qual
e'  l'assicurato.  Da  cio' discende il riconoscimento dell'esclusivo
foro   del   consuntatore   coincidente  con  la  sua  residenza,  ex
art. 1469-bis,  comma  3, n. 19. c.c. (Cass. civ., sez. III 14 luglio
2003,  n. 10983;  Cass.  ss.uu.  1° ottobre  2003,  n. 14669).  A tal
proposito,  si  rileva  che  il  premio contrattuale viene pagato dal
cittadino  di  tasca  propria,  con  l'ulteriore conseguenza che ogni
azione,   riflettente   il   rapporto  sinallagmatico  relativo  alla
prestazione  economica  cedente  a  suo  carico,  dev'essere  da  lui
esperita.  Infatti,  ci  si  imbatte  in  un  esborso incidente sulla
economia  personale  dell'assicurato,  che  non  ha  obbligo,  per un
contratto  stipulato  ai  sensi del codice civile, di rivolgersi alle
associazioni  della  categoria  -  consumatori  -  per  risolvere  le
questioni personali derivate da un negozio in parola.
    3)   Queste   osservazioni   permettono   di   affermare  che  le
controversie  insorte nel corso dell'esecuzione contrattuale spettino
alla  competenza,  per valore stabilita dall'art. 7, comma 1, c.p.c.,
in  forza  del  quale  il  giudice di pace e' competente per tutte le
cause  relative  a  beni  mobili  di  valore  non  superiore  a  euro
duemilacinquecentoottantadue  e  ventiquattro  centesimi...»  (cinque
milioni  del  vecchio  conio),  salvo che non appartengano, ex art. 9
c.p.c.  alla competenza del tribunale (qui del tutto inesistente). Si
assoggettano, altresi', al giudizio di equita' previsto dall'art. 113
c.p.c.,  nella  cui  applicazione  il  giudice di pace deve seguire i
principi  informatori  della  materia.  Le sentenze de quibus in base
all'ultima   novella  dell'art. 113  c.p.c.,  poiche'  provengono  da
contratti  stipulati  ai  sensi  dell'art. 1342  del  codice  civile,
possono  essere  soggette  ad appello e successivamente a ricorso per
cassazione:   la   regola   vale   sia   per   l'assicurato  che  per
l'assicuratore.
                            Paragrafo II
    1)  E'  pacifica  la  violazione perpetrata dalla compagnia Reale
Mutua  assicurazioni  ai  danni  dell'attore,  cosi'  come  stabilito
dall'autorita'  «antitrust»  e confermato dal Consiglio di Stato, cui
sono  ricorse, dopo la decisione del TAR, le societa' incriminate. La
decisione  suddetta  costituisce  una precisa forma di giudicato, dal
quale   non   ci   si   puo'  discostare  per  il  suo  carattere  di
definitivita', espressa a conclusione di ben determinati accertamenti
basati su elementi precisi e concordanti tra loro, dalla quale non si
puo' prescindere in queste controversie.
    2)  L'attore  ha fornito dimostrazione del suo assunto attraverso
la  documentazione  prodotta sia dall'iscrizione a ruolo della causa,
per  cui  si possono ritenere pacifici, sia l'esistenza del contratto
R.C.A.  stipulato  con  la  convenuta,  sia il pagamento dei premi in
misura maggiore del dovuto.
    Sul  totale  delle  corresponsioni  esistenti  nelle  ricevute di
pagamento  dei  premi annuali prodotte dall'attore, la convenuta, con
un premio pagato in via anticipata, in forza di una manifestazione di
volonta'  contra  legem  posta  in  essere  dal  c.d.  «cartello»  ha
incassato,  per  la  polizza  n. 308011 stipulata presso l'agenzia di
Maglie, Euro 207,23 in piu' del dovuto.
    3)  Detta situazione da un lato viola il disposto dell'art. 1419,
comma 2, c.c., in quanto elemento irreversibile del contratto de quo,
dall'altro   costituisce   il  nesso  di  causalita'  necessario  per
consentire  l'ingresso  dell'azione  di  indebito  oggettivo regolato
dall'art. 2033 c.c. in una con quella prevista dall'art. 2043 c.c. La
prima  ricorre  quando  viene  acclarata  la  mancanza  di  una causa
accipiendi  tanto  nel caso di nullita' quanto in quello contemplante
qualsiasi   altra   causa   che   faccia   venir   meno   il  vincolo
originariamente   esistente  tra  due  parti  legate  da  un  preciso
contratto, con conseguente restituzione delle somme pagate in maniera
illegittima.  La seconda esiste, perche' ogni azione di natura dolosa
e/o  colposa  (qui  c'e' la prima) comporta una forma di risarcimento
del   danno,   trattandosi   sempre  e  comunque  di  un  pregiudizio
patrimoniale  sofferto  dall'attore,  titolare di un diritto protetto
attivabile  direttamente nei confronti di colui che illecitamente gli
abbia  imposto  il  pagamento di un premio di assicurazione R.C.A., a
sua  insaputa,  superiore  alla  norma,  quale  frutto  di un accordo
illecito  inter  alios,  pena,  in  difetto, il mancato rinnovo di un
contratto che si rinnova tacitamente di anno in anno in assenza della
disdetta,  comportante un'azione tesa a riottenere quanto esortato in
piu'  in  modo  illegittimo,  oltre  ad una forma di risarcimento del
danno  che,  ex art. 2043 c.c., scaturisce in maniera fisiologica sia
dall'illecito  contrattuale  che  dal  disposto  dell'art. 2600  c.c.
perche'  contempla  la  reintegrazione dell'attore nel suo patrimonio
quo  ante  a  causa  di  una  precisa  forma  di  pregiudizio  per il
contraente piu' debole.
                            Paragrafo III
    1)  Dinanzi  alla  suindicata  situazione, e' evidente che non si
possa  negare  all'assicurato  il diritto di rivolgersi all'autorita'
giudiziaria  competente  per  territorio,  secondo  il  principio  di
diritto   stabilito  dalle  sezioni  unite  della  suprema  Corte  di
cassazione  del 1° ottobre 2003, n. 14669. E' evidente, altresi', che
il   disposto   dell'art. 7  e  quello  dell'art. 113  c.p.c.  vadano
coniugati   insieme   per   il  principio  di  eguaglianza  stabilito
dall'art. 3  della  Costituzione  valevole vuoi per tutti i cittadini
italiani che per tutte le imprese esercenti attivita' commerciale e/o
industriale   nel  territorio  nazionale.  A  tale  regola,  infatti,
soggiace  chi comperi un giornale e, sfogliandolo, trovi una facciata
non  stampata  che  gli  consente  di esperire l'actio quanti minoris
dinanzi  al  giudice  di  pace,  trattandosi di una spesa che rientra
nell'ambito  della sua competenza per valore. Vi soggiace, anche, una
casa  automobilistica,  una  ditta produttrice di elettrodomestici e,
con loro, una compagnia di assicurazione, nel momento in cui, per una
polizza  R.C.A., chieda la risoluzione di un contratto, oppure il suo
adempimento,  se  l'importo  pattuito  a  titolo di premio sia pari a
cinque  milioni  del  vecchio  conio.  La  stessa vi soggiace sia nel
momento  in  cui l'assicurato venga depauperato nel suo patrimonio da
un  suo  illecito  comportamento  messo in atto per colpa e/o dolo ed
all'insaputa, per cui lo evoca, dinanzi al giudice di pace competente
per  valore  e  territorio  ex art. 7 c.p.c., sia nell'ipotesi in cui
agisca  in  rivalsa  tutte le volte che abbia risarcito un danno, per
non  essendo  obbligata,  per  inadempimento contrattuale non potendo
rifiutare o ridurre la propria prestazione.
    2) da tali esemplificazioni e da tutte le altre situazioni che si
verificano  in  corso  «d'opera»  discende  la  natura funzionale del
giudice  di  pace  ex  artt. 7  e  113  c.p.c.  Sicche' le due regole
assumono  una  portata  primaria,  rispetto alla pretesa della difesa
della  compagnia convenuta che esige una declaratoria di incompetenza
per materia e per territorio di questo ufficio ai sensi dell'art. 33,
comma  2, legge 10 ottobre 1990, n. 287, in virtu' della quale, a suo
dire,  «le  azioni  di  nullita' e di risarcimento, nonche' i ricorsi
intesi  ad  ottenere  provvedimenti  di  urgenza  in  relazione  alle
violazioni  di  cui  ai  titoli  da I a IV sono promossi davanti alla
Corte  di appello competente per territorio». Con detta idea pensa di
equiparare il proprietario di un'automobile, obbligato a stipulare un
contratto R.C.A. con una delle compagnie esercenti il ramo in Italia,
al piccolo imprenditore, dimenticando a tale categoria appartengono i
soggetti  indicati  dall'art. 2083  c.c.,  esattamente: i coltivatori
diretti,  gli artigiani, i piccoli commercianti e non tutti gli altri
cittadini italiani che sono la stragrande maggioranza.
    3)  Inoltre,  nel  momento  in  cui  il legislatore ha dichiarato
appellabile  le sentenze pronunziate ex art. 113, comma 2, c.p.c., va
da se' che detta disposizione valga sia per gli assicurati che per le
compagnie,  che  non  possono  godere di una situazione di privilegio
scaturita dal citato art. 33, comma 2, legge 10 ottobre 1990, n. 287,
senza  urtare  contro  i  principi garantiti dalla Costituzione. Cio'
perche'  non ci si imbatte dinanzi ad una serie di passaggi nei quali
l'assicurato e', a mo' di ultimo anello di una catena, il consumatore
finale, bensi' il contraente piu' debole in un determinato contratto,
alla  stipula  del quale e' obbligato per poter circolare col proprio
automezzo,  al  fine di non incorrere nel rigore dell'art. 193 codice
stradale.  Con  la  conseguenza  che detto obbligo permette all'altro
contraente di assumere una posizione dominante che esula dal disposto
dell'art. 33,  comma  2, legge n. 287/1990. Detta normativa, inoltre,
se  guardata  nel  suo  complesso,  lascia  presumere  che  non venne
promulgata  per  i  consumatori  finali,  bensi' per le imprese e gli
organi pubblici incaricati della vigilanza sulle norme poste a tutela
della concorrenza.
    4) Da questa analisi risulta evidente lo stato di inferiorita' in
cui venga a trovarsi l'assicurato che voglia ottenere la restituzione
di  quanto  illegittimamente  corrisposto  a  titolo di premio ad una
delle  compagnie  incriminate dal provvedimento antitrust, cosi' come
confermato   dal  Consiglio  di  Stato  con  la  ben  nota  sentenza.
Situazione  di  inferiorita'  che comprime i suoi interessi, ai sensi
degli  artt. 3, 24 e 11 della Costituzione. Per il primo, li comprime
con  un  trattamento di disparita' tra l'assicurato e l'assicuratore,
facendogli  godere  un'ingiustificata posizione di preminenza. Per il
secondo,  perche'  gli impone di agire in giudizio secondo una regola
secondaria  rispetto  a  quella  primaria  dei  tre gradi di giudizio
stabiliti  dal codice processuale. Infatti, l'assicurato e' del tutto
estraneo alle norme antitrust, in quanto non pone in essere attivita'
tali   da   rispondere   dinanzi   all'autorita'   regolatrice  della
concorrenza,  anzi,  nella  fattispecie,  e'  rimasto  succube  della
combine intercorsa, a sua insaputa, tra le compagnie di assicurazione
incriminate, cui appartiene la Reale Mutua Ass.ni.
    Per  il  terzo,  perche'  non  gli permette di ottenere un giusto
processo  svolto  in tempi brevissimi relativamente alla fattispecie.
Difatti,  i  giudizi dinanzi al g.d.p. hanno una durata di gran lunga
inferiore  a  quelli  proposti  dinanzi alla Corte di appello, sia ex
art. 318  c.p.c.,  sia  ex  art. 342  che ex 352 c.p.c. Di tal che le
aspettative  dell'eventuale ripristino del patrimonio dell'assicurato
si  riducono notevolmente. Senza tacere, poi, dell'aggravio di lavoro
sulla Corte di appello per cause di poca entita'.
    A  tale  proposito,  non si puo' non rilevare che il costo di una
causa  dinanzi  al  giudice di pace e', per tariffa professionale, di
gran lunga inferiore a rispetto a quello che occorre sostenere per un
giudizio  dinanzi  alla  Corte di appello, in ordine al quale per gli
onorari non si puo' applicare «la tabella A degli onorari giudiziali»
-  causa  avanti  ai  giudici  di pace - prestazione fino Euro 600,00
minimo Euro 56 massimo Euro 190». Il rilievo e' importante perche' le
cause  de quibus non arrivano mai ad un valore di Euro 600,00. Non si
tace  neppure  che  per  un giudizio dinanzi alla Corte di appello il
deposito  forfetario  e'  maggiore di quello previsto per un giudizio
dinanzi  al  giudice di pace. Si nota, inoltre, che l'incarico per il
recupero  delle  somme  in  questione,  per  la sua semplicita', puo'
essere  affidato  ad  un  giovane dottore in giurisprudenza abilitato
all'esercizio professionale.
    5) In buona sostanza, a modesto parere di questo giudice di pace,
la  problematica  esaminata  appare rilevante ai fini della decisione
pregiudiziale  di incompetenza sollevata dalla difesa della compagnia
Reale  Mutua  Ass.ni  S.p.A.,  per  cui  gli permette di sollevare la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 33, comma 2, legge
10 ottobre 1990, n. 287.