IL TRIBUNALE REGIONALE DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 150 del 2004 proposto da Caushaj Hasan, rappresentato e difeso dall'avv. Mario Fedrizzi e presso lo stesso domiciliato in Trento, Via Roggia Grande n. 16; Contro il Ministero dell'interno - Commissariato del Governo per la Provincia di Trento, in persona dei Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato e presso la stessa domiciliati in Trento, largo Porta Nuova n. 9; per l'annullamento, previa sospensiva: del decreto del Commissario del Governo per la Provincia di Trento prot. n. SP/884/PRT/775/2003 del 4 agosto 2003, non notificato al ricorrente, con il quale veniva respinta l'istanza di regolarizzazione del soggiorno in Italia del medesimo per «mancato rilascio del n.o. da parte della questura in quanto lo straniero e' stato precedentemente espulso ed accompagnato alla frontiera». Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione statale intimata; Visti gli atti tutti della causa; Uditi alla pubblica udienza del 29 aprile 2005 - relatore il cons. Mario Mosconi - l'avv. Federico Fedrizzi, in dichiarata sostituzione dell'avv. Mario Fedrizzi, per il ricorrente e l'avvocato dello Stato Guido Denicolo' per l'amministrazione resistente; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue. F a t t o Con ricorso notificato in data 24 maggio 2004 il signor Hasan Caushaj, cittadino albanese, impugnava, chiedendone l'annullamento, previa sospensiva, il decreto del Commissario del Governo per la Provincia di Trento del 4 agosto 2003 (prot. n. SP/884/PRT/775/2003), con il quale - a seguito del diniego di nulla osta da parte della Questura di Trento, in quanto lo straniero risulta precedentemente «espulso ed accompagnato alla frontiera - e' stata respinta la domanda di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario ricorrente proposta dal datore di lavoro signor Giorgio Cont ai sensi del d.l. 9 settembre 2002, n. 195 (convertito con la legge 9 ottobre 2002, n. 222). A sostegno del ricorso deduceva le seguenti censure in diritto: 1) illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 8, lett. a), del d.l. n. 195/2002, come modificato dalla legge n. 222/2002, nella parte in cui esclude dalla possibilita' di regolarizzazione il lavoratore extracomunitario colpito da un provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica; 2) violazione di legge per erronea interpretazione e falsa applicazione dell'art. 1, comma 8, lett. a) del d.l. 9 settembre 2002, n. 195, come modificato dalla legge 9 ottobre 2002, n. 222. Si costituiva in giudizio l'amministrazione statale (centrale e periferica) intimata, eccependo in via preliminare il difetto di legittimazione attiva del ricorrente - dato che il provvedimento impugnato e' stato adottato nei confronti di un'istanza presentata da altro soggetto (datore di lavoro del ricorrente medesimo) - e contestando nel merito la fondatezza del ricorso, chiedendone quindi il rigetto. Con ordinanze n. 59/2004 e n. 73/2004 veniva respinta la formulata (e rinnovata) domanda incidentale di sospensione (per l'intervenuta modifica del rapporto di lavoro), facendo peraltro salvi «gli ulteriori provvedimenti della p.a. alla luce della nuova circostanza lavorativa in fatto individuata e pacifica». Alla pubblica udienza del 15 aprile 2005 la causa e' stata trattenuta in decisione. D i r i t t o 1. - Va, anzitutto, precisato che l'impugnato decreto commissariale costituisce la rigorosa applicazione del disposto del citato art. 1, comma 8, lett. a), del d.l. n. 195 del 2002, convertito nella legge n. 222 del 2002 (Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari), che esclude la possibilita' di regolarizzare la posizione del lavoratore extracomunitario quando esso sia stato colpito da un provvedimento di espulsione con successivo accompagnamento alla frontiera. Tale situazione ricorre appunto nel caso di specie, come si evince dal decreto del Prefetto della Provincia di Crotone del 21 marzo 2001, con il quale il signor Hasan Caushaj e' stato espulso dal territorio nazionale - disponendone l'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica -, semplicemente in quanto entrato in Italia «attraversando il confine del territorio italiano a Bari, sottraendosi ai controlli di frontiera». Appare allora evidente che la decisione del ricorso nel merito dipende esclusivamente dalla valutazione in ordine alla possibile incostituzionalita' (parziale) della citata norma (non venendo qui in considerazione - e lo si afferma incidenter tantum - gli altri aspetti ostativi posti dalla stessa): di qui la rilevanza processuale della questione di legittimita' costituzionale della norma medesima. Al qual riguardo, giova rammentare che detta questione e' gia' stata sottoposta da questo tribunale amministrativo per due casi analoghi (ordinanze n. 14 e n. 15 del 2004) al vaglio di codesto Giudice delle leggi, il quale peraltro l'ha dichiarata «inammissibile» sotto il profilo dell'impossibilita' del controllo sulla rilevanza del giudizio di merito per omessa motivazione dei provvedimenti di espulsione (ordinanza n. 126 del 2005). Orbene, nel caso in esame la circostanza negativa segnalata dalla Corte non e' ravvisabile, dato che il motivo della disposta espulsione di Hasan Caushaj trova esplicita menzione nel richiamato decreto prefettizio ed individua essenzialmente la presenza dell'interessato sul territorio italiano in assenza del regolare permesso di soggiorno. Ancora in tema di rilevanza si profila infondato, anche ad una prima e sommaria delibazione l'eccepito difetto di legittimazione attiva del soggetto ricorrente, perche', per quanto il rigetto si rivolga formalmente nei confronti dell'istanza proveniente dal datore (attualmente sostituito, per giunta, da altro datore), l'incidenza sostanziale sulla posizione giuridica dello straniero e' innegabile, come del resto finisce per ammettere la stessa difesa erariale, sia pure ai fini del riconoscimento di un interesse qualificato dell'extracomunitario. Cio' chiarito ai fini della «rilevanza» nel presente processo della predetta questione di legittimita' costituzionale, ritiene il collegio che la stessa «non sia manifestamente infondata» con riferimento agli artt. 3, primo comma, e 35, primo comma, Cost., nei termini appresso indicati. 2. - Statuisce, in concreto, l'art. 1, comma 8, lett. a), del d.l. n. 195 del 2002 (nel testo sostituito dalla legge di conversione) che le disposizioni sulla legalizzazione del rapporto di lavoro non si applicano ai lavoratori extracomunitari «nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno, salvo che sussistano le condizioni per la revoca del provvedimento in presenza di circostanze obiettive riguardanti l'inserimento sociale»; revoca che «non puo' essere in ogni caso disposta» non solo nelle ovvie e giustificate ipotesi di fatti a rilevanza penale, ma anche quando il lavoratore extracomunitario «risulti destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica». Questa parte della riportata norma pone, ad avviso del collegio, seri dubbi di costituzionalita' sotto una duplice angolatura. A) In primo luogo essa, con riguardo alle altre ipotesi ivi segnate e con richiamo all'art. 13 del T.U. sull'immigrazione (d.lgs. n. 286 del 1998 e succ. modif.), viene ad operare un identico trattamento negativo per situazioni profondamente diverse e cioe' da un lato le espulsioni, eseguite coattivamente, per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato o di pericolosita' sociale, e dall'altro le espulsioni, mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, per mera inerzia dell'interessato, spesso dovuta a difficolta' oggettive prive di una qualsivoglia rilevanza penale. Una siffatta scelta del legislatore, ingiustificata sul piano logico-giuridico ed inconcepibile in relazione alle intrinseche finalita' della legge, appare in contrasto il fondamentale principio di eguaglianza di cui all'art. 3, primo comma, Cost., che, imponendo appunto un eguale trattamento delle situazioni giuridiche identiche, vieta, per converso, l'adozione di una stessa disciplina per posizioni radicalmente differenziate, come quella di specie. B) In secondo luogo la norma in esame, laddove introduce il divieto di «revoca» del provvedimento di espulsione nell'ipotesi indicata (mero accompagnamento alla frontiera, senza presupposti di ordine pubblico o di pericolosita' sociale), sembra porsi in palese contrasto con il principio (precettivo e programmatico) di cui all'art. 35, primo comma Cost. secondo cui «la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni». Non v'e', infatti, dubbio che la regolarizzazione del rapporto di lavoro del cittadino extracomunitario concorre in maniera determinante a quell'«inserimento sociale» di cui parla la norma, rappresentando nel contempo la condizione per la «revoca» del provvedimento di espulsione. Una scelta restrittiva sul punto non e' certo conforme, sotto tale profilo, alla ratio della legge in parola e non risulta percio' stesso in sintonia con il richiamato canone costituzionale. 3. - Alla luce delle esposte considerazioni, il collegio ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, in parte qua dell'art. 1, comma 8, lett. a), del d.l. 9 settembre 2002, n. 195 (convertito con la legge 9 settembre 2002, n. 222), innegabile essendo d'altra parte, nei termini sopra prospettati, la sua rilevanza ai fini della decisione nel merito del ricorso in epigrafe.