IL GIUDICE DI PACE

    Ricorso  n. 1142/05  R.G. Jendoubi Abdel Kader, con l'avv. Manlio
Ingarrica, ricorrente;

    Contro il Prefetto della Provincia di Roma, avverso il decreto di
espulsione  del  Prefetto della provincia di Roma del 30 marzo 2005 e
notificato in pari data;
    Sciogliendo  la  riserva  assunta  nel  procedimento  in epigrafe
rubricato;
    Letti gli atti ed esaminati i documenti;
    Verificato  che  il  signor  Jendoubi Abdel Kader, nato a Siliana
(Tunisia)  il 4 giugno 1950, con ricorso depositato il 14 aprile 2005
ha   proposto  tempestivamente  opposizione  avverso  il  decreto  di
espulsione del Prefetto di Roma in data 30 marzo 2005;
    Rilevato,  che  il  Prefetto  della Provincia di Roma ha disposto
l'espulsione  del predetto ai sensi dell'art. 13, comma 2, lett. b) e
comma 5, del d.lgs. n. 268/1998, cosi' come modificato dalla legge 30
luglio  2002  n. 189,  e  successive modifiche d.l. n. 241/2004 cosi'
come  convertito  dal  d.lgs.  n. 271/2004,  per mancata richiesta di
rinnovo del permesso di soggiorno scaduto (25 giugno 2004) da piu' di
60  giorni  con  intimazione a lasciare il territorio dello Stato nel
termine di gg. 15 dalla notifica del decreto;
    Sentiti  il  difensore  ed  il  rappresentante  della  prefettura
all'udienza del 28 aprile 2005;
    Esaminata    la    pregiudiziale    eccezione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 13,  commi  3  e 8 del d.lgs. n. 286 del 25
agosto  1998,  come  modificato  dal  d.l.  14 settembre 2004 n. 241,
convertito   nella   legge   n. 271/2004   entrambi   in  riferimento
all'art. 24,   Cost.,   laddove   (art. 13,   comma  3)  e'  prevista
l'esecutorieta'  immediata  del  decreto  prefettizio  di  espulsione
ancorche'  sottoposto  a  gravame o impugnativa e, nella parte in cui
(art. 13,  comma 8) non prevede l'adozione di provvedimenti cautelari
di  sospensione  fino  alla  data fissata per la Camera di consiglio,
sollevata dalla difesa;

                            O s s e r v a

    Che anche dopo l'emanazione del d.l. n. 241 del 19 febbraio 2004,
convertito  in  legge  12  novembre  2004  n. 271,  che  ha  recepito
l'orientamento  dei  giudici  costituzionali  espresso nelle sentenze
n. 222  e  223  del  15  luglio 2004, non mancano fondati dubbi sulla
legittimita'   del   procedimento   che   si   instaura   a   seguito
dell'opposizione al decreto di espulsione amministrativa disposta dal
prefetto  nei  casi previsti dall'art. 13 n. 2, lett. a), b) e c) del
d.lgs.  n. 286/1998  laddove  il  terzo comma del vigente art. 13 del
testo  unico n. 286/1998 prevede l'immediata esecutivita' del decreto
di espulsione «anche se sottoposto a gravame o a impugnativa da parte
dell'interessato»,  previsione gia' in vigore al momento dell'entrata
in  vigore  della legge n. 40/1998, che, ora come allora, non prevede
la   possibilita'  per  il  giudice  di  sospendere  provvisoriamente
l'efficacia del decreto di espulsione, misura che si ritiene adeguata
e  necessaria  anche  in relazione alla previsione del consequenziale
ordine   del   questore,   (ordine   scritto  con  indicazione  delle
conseguenze  penali della sua trasgressione, consistenti nell'arresto
da  sei mesi ad un anno), di lasciare il territorio dello Stato entro
il  termine  di  cinque  giorni, disciplinata dall'art. 14, n. 5-bis,
testo unico cit. per il quale - a differenza dei casi di cui ai commi
4, 5 e 5-bis del richiamato art. 13, non sembra prevista alcuna forma
di convalida.
    A  ben vedere la procedura camerale di cui agli artt. 737 e segg.
c.p.c   applicabile   al   giudizio  di  opposizione  al  decreto  di
espulsione,  appare  strutturalmente  e  funzionalmente inadeguata ad
assicurare  la  tutela  dei  diritti  e degli status delle persone in
quanto  sotto  il  profilo  strutturale  non  assicura un trattamento
garantista  per  lo  straniero  e  sotto  il  profilo  funzionale non
consente   il   formarsi  del  giudicato,  ne'  dal  punto  di  vista
sostanziale  ne' da quello processuale. Inoltre la mancata previsione
della  tutela cautelare fino alla decisione crea in concreto un danno
irreparabile  per lo straniero costretto ad abbandonare il territorio
nazionale  molto  prima  della  scadenza  dei  termini fissati per la
verifica giudiziale sul suo ricorso.
    Non  ignora  questo  giudice  come  nel  recente passato la Corte
costituzionale   con   una   sentenza   (31   maggio   2000,  n. 161)
interpretativa  di  rigetto  abbia ritenuto infondata la questione di
costituzionalita'  sul  presupposto che tale previsione sarebbe stata
superflua,  «posto che la sospensione costituisce una forma di tutela
cautelare  anti  cipatoria  dell'esito  della decisione, e che la sua
necessita'  viene meno quando sia la stessa legge (come nella specie)
a  imporre che la pronuncia definitiva intervenga in un termine breve
dalla  formulazione  della  domanda  se  ed in quanto il procedimento
segua il suo iter normale». Tuttavia la Corte prosegue precisando che
la  tutela  anticipatoria  «e'  possibile  allorche', patologicamente
deviando  dallo  schema normativa astratto, il procedimento non possa
concludersi nei dieci giorni fissati.».
    Il  mutato  quadro  normativo esige un riesame della questione da
parte  della Consulta. Infatti la formulazione dell'art. 13, comma 8,
fissando termini lunghi - giorni 60 per la proposizione del ricorso e
giorni  20  per  la  decisione da parte del giudice - per la verifica
giudiziale  della  legittimita'  del  decreto di espulsione, ha fatto
venir  meno  la  coincidenza temporale tra la decisione e la scadenza
del termine per l'abbandono coatto del territorio nazionale, che - in
assenza  di  quelle  patologiche  deviazioni  dallo  schema normativo
astratto  ad  esempio  (come  precisato  nella  richiamata  sentenza)
«nell'ipotesi   di   legittimo  impedimento  del  giudice  o  di  sua
astensione   o   ricusazione,  o  per  interruzione  necessitata  del
procedimento» -, aveva determinato la Corte a dichiarare la manifesta
infondatezza  delle  precedenti  censure quando, come precisato nella
motivazione   della   sentenza  esaminata,  la  pronuncia  definitiva
intervenga  entro  il  breve  lasso di tempo previsto dalla legge (10
giorni)    e   determinato,   per   espressa   previsione   normativa
l'instaurazione  e  la  conclusione  del  procedimento in assenza del
ricorrente  in  evidente  contrasto  con  gli  indirizzi garantistici
sanciti  dal  giudice costituzionale ed in assenza di un procedimento
di  convalida  dell'ordine  del  questore  di  lasciare il territorio
nazionale.
    La previsione dell'immediata esecutivita' del decreto prefettizio
di  espulsione  dello  straniero,  anche  in  pendenza  di  gravame o
impugnativa,  e  l'assenza  di strumenti cautelari di garanzia almeno
fino  alla  data  fissata  per  la Camera di consiglio non e' affatto
rispondente   agli   indirizzi   garantistici  indicati  dal  giudice
costituzionale per l'effettiva tutela giurisdizionale dell'immigrato,
risolvendosi  in  una  enunciazione di garanzia priva di contenuto in
quanto  lascia  il  ricorrente  esposto  agli ulteriori provvedimenti
coercitivi  dell'autorita'  amministrativa di polizia, il tutto senza
che  sull'atto  presupposto sia avvenuta la verifica giudiziale della
sua  legittimita', che puo' avvenire nel termine massimo - tutt'altro
che  breve  - di ben ottanta giorni dalla sua emissione ed in assenza
di  un procedimento di convalida dell'ordine del questore di lasciare
il territorio nazionale.