ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 3, comma 78,
della  legge  23 dicembre  1996,  n. 662 (Misure di razionalizzazione
della  finanza  pubblica),  promossi  con  n. 2  ordinanze  emesse il
4 ottobre  2004  e  depositate  l'8 novembre  2004  dalla Commissione
tributaria  provinciale  di Genova nelle controversie vertenti tra la
s.n.c.  Ottonello  e Mosca, l'Agenzia delle entrate e altro, iscritte
ai  nn. 98  e  99  del  registro  ordinanze  2005  e pubblicate nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 10,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2005.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 6 luglio 2005 il giudice
relatore Franco Gallo.
    Ritenuto  che,  con due ordinanze di identico contenuto, entrambe
emesse  il  4 ottobre 2004 e depositate l'8 novembre successivo (r.o.
n. 98  e  n. 99 del 2004), nel corso di due diversi giudizi aventi ad
oggetto l'impugnazione del silenzio-rifiuto formatosi sulle richieste
di  rimborso  dell'imposta  unica  sulle scommesse ippiche e sportive
versata  nel periodo compreso tra il 16 giugno 1998 ed il 19 febbraio
1999,  promossi,  rispettivamente,  dalla  s.n.c.  Ottonello e Mosca,
agenzia  di Alassio, e dalla stessa s.n.c. Ottonello e Mosca, agenzia
di Albenga, nei confronti, congiuntamente, dell'Agenzia delle entrate
e  dell'Ispettorato  compartimentale dei monopoli di Stato di Genova,
la  Commissione  tributaria  provinciale di Genova, ha sollevato - in
riferimento agli artt. 23, 70, 76 e 77 della Costituzione - questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 3,  comma 78, della legge
23 dicembre  1996,  n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza
pubblica);
        che  la Commissione rimettente, affermata l'impossibilita' di
disapplicare  il  regolamento  di cui al decreto del Presidente della
Repubblica  8 aprile  1998,  n. 169 (Regolamento recante norme per il
riordino  della  disciplina  organizzativa,  funzionale e fiscale dei
giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli, nonche' per
il  riparto dei proventi, ai sensi dell'art. 3, comma 78, della legge
23 dicembre   1996,   n. 662),  perche'  stretto  da  una  «sorta  di
indissolubile legame» con il denunciato art. 3, comma 78, della legge
n. 662  del  1996,  ritiene che quest'ultima disposizione si ponga in
contrasto  con  gli evocati parametri costituzionali, non avendo essa
provveduto  all'individuazione  dei  soggetti passivi dell'imposta in
materia di scommesse relative alle corse dei cavalli;
        che,  in  ordine alla rilevanza delle sollevate questioni, il
rimettente  osserva  che,  in caso di loro accoglimento, non potrebbe
applicarsi  nei  giudizi il citato regolamento governativo emanato in
attuazione  della norma censurata (cioe' il d.P.R. n. 169 del 1998) e
pertanto   l'imposta   risulterebbe   indebitamente   versata   dalle
contribuenti  nel  periodo  corrispondente  alla  vigenza  del citato
regolamento,  e  cioe'  dal  16  giugno 1998 al 19 febbraio 1999, con
conseguente fondatezza delle richieste di rimborso;
        che  in  entrambi  i giudizi e' intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale dello Stato, deducendo l'infondatezza delle questioni;
        che,   per   la   difesa  erariale,  le  questioni  sarebbero
infondate,  perche'  i  soggetti  passivi  dell'imposta sono comunque
desumibili  dal  contesto  della  disciplina  relativa  alla  materia
delegificata,  ed  in  particolare:  a)  dal presupposto dell'imposta
unica  sulle  scommesse  relative  alle corse dei cavalli, costituito
dall'accettazione  delle  scommesse  (art. 14  del  d.P.R. n. 169 del
1998);  b)  dai  soggetti  abilitati a tale accettazione, individuati
negli  aggiudicatari  delle  concessioni ministeriali per l'esercizio
delle scommesse (artt. 2 e 15 dello stesso decreto presidenziale); c)
dai  luoghi  in  cui possono essere effettuate le indicate scommesse,
circoscritti   a   quelli  gestiti  dagli  esercenti  autorizzati  ad
accettarle (art. 6 del citato decreto presidenziale);
        che,  a  sostegno di tale impostazione, l'Avvocatura erariale
richiama  la  giurisprudenza  costituzionale  secondo cui, in caso di
delegificazione, la delimitazione della «potesta' amministrativa» non
deve  necessariamente  risultare  dalla  formula della norma di rango
primario  istitutiva  della pretesa tributaria, ben potendo risultare
da  tutto  il  contesto della disciplina della materia di cui essa fa
parte  e,  segnatamente,  dalla destinazione della prestazione, dalla
composizione   e   dal   funzionamento   degli  organi  competenti  a
determinarne la misura, oltreche' dalla stessa esistenza di un modulo
procedimentale  per  l'emanazione  dei  provvedimenti  amministrativi
concernenti   le   prestazioni,   con   il   quale   si  realizzi  la
collaborazione  di  piu' organi, al fine di evitare eventuali arbitri
dell'Amministrazione.
    Considerato  che la Commissione tributaria provinciale di Genova,
con  due  ordinanze  di  identico  contenuto  emesse nel corso di due
diversi  giudizi,  dubita - in riferimento agli artt. 23, 70, 76 e 77
della  Costituzione  - della legittimita' costituzionale dell'art. 3,
comma 78,   della   legge   23 dicembre   1996,   n. 662  (Misure  di
razionalizzazione della finanza pubblica);
        che,  secondo il giudice rimettente, la norma denunciata - la
quale  consente  il  «riordino»,  mediante regolamento governativo di
delegificazione, «della materia dei giochi e delle scommesse relativi
alle  corse  dei  cavalli,  per  quanto  attiene  agli  aspetti [...]
fiscali»  - non avendo indicato i soggetti passivi dell'imposta unica
sulle  scommesse  ippiche e sportive, avrebbe per cio' stesso violato
il principio della riserva relativa di legge in materia fiscale e gli
altri parametri costituzionali evocati;
        che,  per  il giudice a quo, proprio l'«indissolubile legame»
da  lui  ritenuto esistente tra la censurata norma di delegificazione
ed  il correlativo regolamento di cui al decreto del Presidente della
Repubblica  8 aprile  1998,  n. 169 (Regolamento recante norme per il
riordino  della  disciplina  organizzativa,  funzionale e fiscale dei
giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli, nonche' per
il  riparto dei proventi, ai sensi dell'art. 3, comma 78, della legge
23 dicembre   1996,   n. 662),  impedirebbe  la  disapplicazione  del
regolamento;
        che  i  giudizi  di  legittimita'  costituzionale,  avendo ad
oggetto  la stessa questione, vanno riuniti per essere congiuntamente
decisi;
        che  le  questioni  sollevate  dal rimettente sono state gia'
dichiarate non fondate da questa Corte con sentenza n. 303 del 2005;
        che,   con  tale  sentenza,  questa  Corte,  richiamando  per
analogia  la propria giurisprudenza concernente la delega legislativa
volta al «riordino» di una materia, ha preliminarmente affermato che,
«in  mancanza  di  principi  e criteri direttivi che giustifichino la
riforma»  della  normativa  preesistente, la norma di delegificazione
che   pone   al   regolamento  delegificatore  l'obiettivo  del  mero
«riordino»  «deve  essere  intesa  in  un senso minimale, tale da non
consentire,   di   per   se',   l'adozione  di  norme»  regolamentari
«sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislativo»;
        che  la  stessa  sentenza  ha  altresi'  rilevato  che, nella
specie, la norma censurata - volta appunto a consentire all'autorita'
governativa   il  «riordino»,  mediante  regolamento,  degli  aspetti
fiscali  della  materia  dei  giochi  e delle scommesse relativi alle
corse  dei cavalli - non prevede alcuna specifica direttiva in ordine
ai  soggetti  passivi  della  predetta  imposta  su  tali scommesse e
pertanto,  contrariamente  a  quanto sostenuto dal rimettente, lascia
immutata   la   disciplina   legislativa   concernente  gli  elementi
strutturali  del tributo, imponendo al regolamento di delegificazione
di  mantenere gli stessi soggetti passivi indicati dalla legislazione
preesistente;
        che,  di  conseguenza,  la  citata  sentenza  ha  escluso  la
denunciata  violazione  del principio della riserva relativa di legge
in  tema  di  prestazioni  patrimoniali imposte, sancito dall'art. 23
Cost., e degli altri evocati parametri costituzionali;
        che   il   giudice   rimettente  aveva  dunque  l'obbligo  di
individuare  i  soggetti  passivi  dell'imposta  in  base  alle leggi
vigenti in materia;
        che,  non  avendo  la  Commissione  tributaria provinciale di
Genova  prospettato  nuovi  profili  di  censura  rispetto  a  quelli
esaminati  dalla  menzionata  sentenza  n. 303 del 2005, le questioni
debbono essere dichiarate manifestamente infondate.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.