LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza n. 304/2005 nel giudizio di pensione iscritto al n. 22833 del registro di segreteria promosso ad istanza di Granvillano Francesco, deceduto, riassunto dagli eredi Fragetta Giuseppa, Granvillano Rocca ed Elena, tutti rappresentati e difesi dall'avv. Nino Gentile, nei confronti della Regione Siciliana. Visto l'atto introduttivo del giudizio depositato il 26 marzo 1997. Visto l'atto di costituzione in giudizio degli eredi depositato il 1° febbraio 2005. Visti gli atti e documenti tutti del fascicolo processuale. Udito alla pubblica udienza del 12 maggio 2005 l'avv. Vincenzo Farina, per la Regione Siciliana. Non rappresentati i ricorrenti. Vista la propria sentenza parziale n. 1149/2005 del 17 maggio 2005. F a t t o Le odierne ricorrenti, tutte, aventi causa dal defunto pensionato regionale Francesco Granvillano e costituitesi in giudizio nel processo instaurato dal loro dante causa, quest'ultimo cumulante in vita un trattamento di quiescenza diretto a carico della Regione Siciliana con altro trattamento di quiescenza privilegiato tabellare statale, lamentano la mancata percezione, sul trattamento di quiescenza regionale, dell'indennita' di contingenza di cui alla tabella «O» annessa alla legge regionale 29 ottobre 1985, n. 41. A fondamento del diritto invocato le ricorrenti hanno fatto riferimento alla sentenza n. 516 della Corte costituzionale del 21 novembre 2000, la quale ha dichiarato costituzionalmente illegittima la tab. «O» lett. B), comma 3, della legge regionale 29 ottobre 1985, n. 41, nella parte in cui non determina la misura del trattamento complessivo oltre il quale diventi operante, per i titolari di pensioni e assegni vitalizi, il divieto di cumulo della indennita' di contingenza ed indennita' similari. La pronuncia costituzionale e' stata costantemente interpretata dalla giurisprudenza di questa Corte - ed in tal senso puo' ormai pacificamente parlarsi di diritto vivente - nel senso che in caso di cumulo tra diversi trattamenti a titolo di attivita' di servizio o di pensione tra loro non incompatibili, in assenza di un ulteriore intervento legislativo che fissi un ragionevole limite minimo di trattamento economico complessivo, il divieto di cumulo della indennita' di contingenza ed indennita' similari per i pensionati regionali debba considerarsi venuto meno. Ne consegue che il ricorso, sul punto, deve considerarsi manifestamente fondato e da cio' deriva anche il diritto alla corresponsione degli arretrati ed accessori di legge, dalla data di maturazione di ogni singolo rateo di pensione. A tal fine questo giudice ha emesso sentenza parziale di accoglimento con condanna dell'amministrazione alla corresponsione dei ratei arretrati, oltre accessori di legge, per i ratei maturati dopo il 21 ottobre 1991, quinquennio precedente alla notifica dell'unico atto interruttivo della prescrizione costituito dall'atto introduttivo del giudizio notificato il 21 ottobre 1996. Sono rimasti impregiudicati gli ulteriori ratei maturati prima di quella data sui quali l'Amministrazione regionale ha sollevato eccezione di prescrizione quinquennale con riferimento al disposto di cui all'art. 2 del r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295. D i r i t t o Si pone il problema di stabilire la decorrenza del termine prescrizionale, se, cioe' esso debba decorrere dalla data di pubblicazione della sentenza n. 516/2000 della Corte costituzionale per tutti i rate maturati in data antecedente, o se, a prescindere dalla suddetta sentenza, esso debba decorrere per ogni rateo comunque dalla data di maturazione, anche se precedente alla citata sentenza, e cio' in quanto il ricorso risulta notificato l'8 luglio 2002, cioe' entro il quinquennio dalla pubblicazione della suddetta sentenza e, pertanto, l'accoglimento della prima tesi determinerebbe il diritto, per il ricorrente, agli arretrati sin dalla corresponsione della prima rata di pensione (1° marzo 1990), mentre l'accoglimento della seconda tesi comporterebbe il diritto ai soli arretrati gia' liquidati con la sentenza parziale, relativi al quinquennio precedente alla notifica dell'atto introduttivo del giudizio, con dichiarazione di prescrizione di quelli ulteriori antecedenti. La Corte suprema di cassazione ha, a tal proposito, ripetutamente affermato il principio che il vizio di illegittimita' costituzionale non ancora dichiarato dalla Corte costituzionale, non determinando un impedimento legale all'esercizio del diritto, ma ponendo in essere una mera difficolta' di fatto, non incide sulla decorrenza della prescrizione che, pertanto, ha inizio dal giorno in cui il diritto stesso poteva essere fatto valere, pur con il necessario giudizio incidentale di legittimita' costituzionale (Cass. civ., sez. lav., 3 giugno 2000, n. 7437; Cass. civ., sez. lav., 1° giugno 2000, n. 7289; Cass., 11 febbraio 1985, n. 1165). Sulla stessa linea si e' da tempo attestata la giurisprudenza di questa Corte, la quale ha ritenuto che al fine di stabilire la data di decorrenza della prescrizione dei ratei pensionistici da attribuire all'avente diritto a seguito della declaratoria di incostituzionalita' di una disposizione di legge, debba ritenersi che il vizio di illegittimita' costituzionale non ancora dichiarato costituisca una mera difficolta' di fatto all'esercizio del diritto assicurato dalla norma depurata dall'incostituzionalita', e pertanto non impedisce il decorso della prescrizione (art. 2935 c.c.), restando esclusa la possibilita' di far decorrere il termine prescrizionale dalla pubblicazione della pronunzia di incostituzionalita', atteso che anche tale sentenza non o' creatrice di una nuova norma, ma solo liberatrice di un contenuto normativo gia' presente, sia pure in nuce nella disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima; e, pertanto, la data di insorgenza oggettiva del diritto ai maggiori assegni pregressi, da attribuirsi al personale in pensione, a seguito della declaratoria di incostituzionalita' di una disposizione di legge, viene a coincidere con quella, diversa da caso a caso, del giorno in cui ogni avente titolo, con la presentazione della propria richiesta, ha consolidato il diritto alla riliquidazione del proprio trattamento pensionistico ed al suo quantum ed e' quindi da tale data che deve essere computato, a ritroso, il quinquennio prescrizionale, dato che con essa - e da essa - sorge il subordinato diritto alla liquidazione dei maggiori assegni arretrati (Corte dei conti, Friuli-V. Giulia, sez. giurisdiz., 17 aprile 1996, n. 49). Nello stesso senso si sono pronunciate le sezioni riunite di questa Corte, investite per definizione di questione di massima, con sentenze n. 8/2000/QM e n. 16/2003/QM. Tuttavia, la sezione giurisdizionale d'appello della Corte dei conti per la Regione Siciliana, con giurisprudenza ormai assolutamente costante (tra le tante vedi Corte dei conti, sez. giur. d'appello Sicilia, nn. 218/2004, 219/2004, 227/2004, 2/2005 e 4/2005), disattendendo sia l'orientamento della suprema Corte di cassazione sia quello delle sezioni riunite che delle altre sezioni d'appello centrali della Corte dei conti, e' dell'avviso che tale tesi non possa trovare immediato ingresso in materia pensionistica e che il termine prescrizionale debba, quindi, decorrere dalla data di pubblicazione della sentenza di dichiarazione dell'illegittimita' costituzionale, con conseguenti oneri finanziari per l'erario talora di non trascurabile entita'. Ad avviso dei giudici d'appello l'istituto pensionistico sarebbe configurabile come una situazione giuridica complessa, nella quale la realizzazione del diritto risulta necessariamente subordinata all'emanazione di un provvedimento amministrativo o ad una specifica disposizione di legge che esplicitamente attribuisca il diritto stabilendone misura e modalita' di erogazione. Conclusivamente, i giudici d'appello affermano che, mentre la norma non ancora dichiarata incostituzionale che vieta l'attribuzione di una prestazione pensionistica, in assenza dei suddetti presupposti, impedisce la realizzazione del diritto, con l'intervenuta declaratoria di incostituzionalita' della norma la pretesa patrimoniale viene a concreta esistenza, con la conseguenza che solo allora, divenendo concretamente azionabile il diritto, possono decorrere i termini prescrizionali. Orbene, tale interpretazione offerta dai giudici d'appello siciliani, per la stessa struttura del processo innanzi a questa Corte che non prevede ulteriori gravami alle sezioni riunite, sia pure solo per motivi di diritto, ne' l'efficacia vincolante in punto di diritto delle sentenze emesse dalle sezioni riunite su questioni di massima nell'esercizio della loro funzione nomofilattica, deve ritenersi che abbia acquisito, sia pure limitatamente ai giudizi pensionistici relativi ai ricorrenti residenti in Sicilia e che nella sezione giurisdizionale d'appello per la Regione Siciliana individuano il giudice d'appello precostituito per legge, la dignita' e le caratteristiche del c.d. diritto vivente, del quale questo giudice non puo' non prendere atto ai fini della pronuncia sul punto controverso, atteso che ogni eventuale decisione di segno contrario verrebbe inevitabilmente gravata di appello dalla parte interessata e conseguentemente cassata dai giudici del gravame. Cosi' come, peraltro, costituisce diritto vivente nel restante territorio nazionale l'interpretazione opposta, offerta dalla Corte suprema di cassazione e valida per i crediti di lavoro (alla cui tutela si ispira quella dei crediti pensionistici), sia per gli stessi crediti pensionistici, cosi' come prospettato dalla unanime giurisprudenza della Corte dei conti con l'eccezione qui allegata. Tale situazione, pero', genera una palese disparita' di trattamento, sotto un duplice profilo, l'uno intrinseco alla norma interpretata e l'altro che potremmo definire «di sistema». Sotto il primo profilo deve rilevarsi come l'art. 2, commi 2 e 4, del r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295, secondo l'interpretazione costituente diritto vivente per questo giudice, farebbero decorrere il termine di prescrizione quinquennale, nell'ipotesi di credito sorgente da una sentenza di illegittimita' della Corte costituzionale, dalla data di pubblicazione della sentenza medesima. Si tratta, come di tutta evidenza, di una condizione del tutto singolare ed eccezionale rispetto ai principi generali fatti propri dalla giurisprudenza di tutte le giurisdizioni sul punto e relativi ad ogni altro tipo di credito, ivi inclusi quelli da lavoro dipendente (oltre a quelli sempre pensionistici ma di competenza, in sede di appello, delle altre sezioni della Corte dei conti) per i quali opera il principio diametralmente opposto secondo cui l'incostituzionalita' delle norma non costituisce impedimento legale all'esercizio del diritto. Tale eccezione non trova alcuna ragionevole giustificazione, creando, invece, una palese condizione di disparita' di trattamento a discapito di tutti gli altri crediti di ogni natura, inclusi quelli da lavoro dipendente e previdenziali, per i quali la norma non si applica, con violazione, quindi, dell'art. 3 della Costituzione. Sotto altro profilo, che si e' gia' definito «di sistema» il sopravvivere di questo diritto vivente nei termini sopra descritti, fondato su basi territoriali liberamente predeterminabili dall'interessato (la competenza territoriale di primo grado e' determinata solo sulla base della residenza del ricorrente alla data di proposizione del ricorso), comporta un'irragionevole quanto ingiustificata disparita' di trattamento fra cittadini italiani che in relazione al giudice d'appello (da essi stessi peraltro opzionabile attraverso lo spostamento di residenza al momento di proposizione del ricorso) si vedono applicati due diversi quanto contrastanti diritti viventi, con palese violazione dell'art. 3 della Costituzione. Non appare, quindi, palesemente infondata, in relazione all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 2 e 4, del r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295 nella parte in cui prevede, secondo l'interpretazione costituente diritto vivente nell'ambito della giurisdizionale contabile siciliana, che il termine prescrizionale per i ratei dell'indennita' di contingenza o altre analoghe da corrispondersi sui trattamenti pensionistici decorra, se impedita dalla legge, dalla data di pubblicazione delle sentenze di illegittimita' della Corte costituzionale. La questione e' rilevante al fine del decidere, poiche' dall'accoglimento o dal rigetto della questione di costituzionalita' nei termini qui prospettati deriverebbe una notevole diversificazione nel diritto agli arretrati dei ricorrenti. Il processo deve, pertanto, essere sospeso ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e gli atti rimessi alla Corte costituzionale per il giudizio di competenza.