ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 13, comma 3-bis, e 14, commi 5-ter e 5-quinquies, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), promosso con ordinanza emessa dal Tribunale di Prato in data 31 gennaio 2003, nel procedimento penale a carico di O. J., iscritta al n. 981 del registro ordinanze 2003, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, 1ª serie speciale, dell'anno 2003. Udito nella camera di consiglio del 6 luglio 2005 il giudice relatore Giovanni Maria Flick. Ritenuto che con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale di Prato ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 13 e 24 della Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 13, comma 3, e 14, commi 5-ter e 5-quinquies, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo); che il giudice rimettente - chiamato a convalidare l'arresto di uno straniero, colpito da provvedimento di espulsione amministrativa, per il reato di ingiustificata inottemperanza all'ordine del questore di lasciare entro cinque giorni il territorio dello Stato, di cui all'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998 - dubita, in primo luogo, della legittimita' costituzionale del comma 5-quinquies del citato art. 14, nella parte in cui prevede che per il suddetto reato e' obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto e si procede con rito direttissimo; che tale previsione risulterebbe, per un verso, manifestamente irragionevole, dato che l'arresto obbligatorio ed il giudizio direttissimo sarebbero finalizzati «a provvedere all'espulsione dello straniero quando l'art. 14 della stessa legge» (recte: dello stesso decreto legislativo) «consente l'espulsione con accompagnamento alla frontiera indipendentemente dal giudizio penale»; e, per un altro verso, contrastante con l'art. 13, terzo comma, Cost., non risultando ravvisabili eccezionali ragioni di necessita' e di urgenza che legittimino l'autorita' di pubblica sicurezza ad adottare un provvedimento provvisorio - l'arresto - a fronte della successiva, doverosa rimessione in liberta' dell'arrestato da parte dell'autorita' giudiziaria, stante l'impossibilita' di applicare misure cautelari per il reato de quo, in quanto di natura contravvenzionale; che il rimettente dubita, altresi', della legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998, osservando come l'immediata esecutivita' del decreto di espulsione, anche in pendenza del termine di impugnazione del provvedimento - ivi prefigurata - leda il diritto di difesa dell'espulso, specie allorche' quest'ultimo risulti (come nel caso di specie) completamente privo di mezzi. Considerato che, successivamente all'ordinanza di rimessione, questa Corte, con sentenza n. 223 del 2004, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 13 Cost., l'art. 14, comma 5-quinquies, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nella parte in cui stabiliva che per il reato di ingiustificato trattenimento dello straniero nel territorio dello Stato, previsto dal comma 5-ter del medesimo articolo, e' obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto: e cio' in quanto tale misura «precautelare» si risolveva in una limitazione «provvisoria» della liberta' personale priva di qualsiasi giustificazione processuale, non potendo essere finalizzata all'adozione di alcun provvedimento coercitivo, data la natura contravvenzionale della fattispecie, ne' costituendo un presupposto del procedimento amministrativo di espulsione; che, dopo tale pronuncia, il decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241 (Disposizioni urgenti in materia di immigrazione), convertito, con modificazioni, in legge 12 novembre 2004, n. 271, ha mutato il trattamento sanzionatorio della figura criminosa, trasformandola da contravvenzione in delitto punito con la reclusione da uno a quattro anni - configurazione che consente, ai sensi dell'art. 280 cod. proc. pen., l'applicazione di misure coercitive - fatta eccezione per l'ipotesi dell'ingiustificato trattenimento nel caso di espulsione disposta perche' il permesso di soggiorno e' scaduto da piu' di sessanta giorni e non ne e' stato richiesto il rinnovo, la quale mantiene l'originaria natura contravvenzionale (comma 5-bis dell'art. 1 del decreto-legge n. 241 del 2004, aggiunto dalla legge di conversione); che, correlativamente, e' stata ripristinata - per le ipotesi di ingiustificato trattenimento che hanno assunto connotazione delittuosa - la misura dell'arresto obbligatorio (comma 5-quinquies, terzo periodo, dell'art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998, come sostituito dall'art. 1, comma 6, del decreto-legge n. 241 del 2004); che la decisione della Corte e la novella legislativa dianzi indicate, pur non incidendo direttamente sulla disciplina dell'espulsione amministrativa dello straniero sottoposto a procedimento penale - per la cui esecuzione l'impugnato art. 13, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998 richiede il nulla osta dell'autorita' giudiziaria, indicando i casi in cui puo' essere negato - hanno determinato significativi mutamenti delle relative modalita' operative; che, in particolare, riguardo ai fatti di ingiustificato trattenimento commessi anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 271 del 2004 (quale quello oggetto del giudizio a quo), una volta che non si proceda per essi - in virtu' della sentenza n. 223 del 2004 - all'arresto dell'autore della violazione, resta inoperante l'obbligo di rilascio immediato del nulla osta all'espulsione da parte del giudice in sede di convalida della misura, previsto dall'art. 13, comma 3-bis, del d.lgs. n. 286 del 1998; che, a loro volta, le successive modifiche legislative introdotte dal decreto-legge n. 241 del 2004, come integrato dalla relativa legge di conversione - ferma restando, ovviamente, l'impossibilita' di applicare la nuova disciplina sostanziale ai fatti anteriormente commessi, trattandosi di novella in malam partem - alterano la sequenza procedimentale denunciata; che, in particolare, l'applicabilita' della misura della custodia cautelare in carcere per il reato in questione, riguardo alle fattispecie trasformate in delitto - misura che impedisce il rilascio del nulla osta all'espulsione, ai sensi dell'art. 13, commi 3 e 3-bis, del d.lgs. n. 286 del 1998 - viene ad incidere, limitandolo, sull'«automatismo» del meccanismo di espulsione degli stranieri imputati del reato stesso, produttivo della lesione del diritto di difesa ravvisata dal giudice a quo; che gli atti vanno pertanto restituiti al Tribunale rimettente, ai fini di una nuova valutazione della rilevanza e della non manifesta infondatezza delle questioni alla luce dei sopravvenuti mutamenti del quadro normativo.