ha pronunciato la seguente Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), in relazione agli artt. 13, comma 13, e 17 del medesimo decreto legislativo, promossi con ordinanze emesse dal Tribunale di Napoli in data 13 marzo 2003 (n. 3 ordinanze), 14, 15 marzo 2003 (n. 2 ordinanze) e 29 settembre 2003, rispettivamente iscritte ai numeri 483, 484, 485, 486, 834 e 835 del registro ordinanze 2003 e 2 del registro ordinanze 2004, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 32, 43, 1ª serie speciale, dell'anno 2003, e 7, 1ª serie speciale, dell'anno 2004; Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 6 luglio 2005 il giudice relatore Giovanni Maria Flick; Ritenuto che con le ordinanze in epigrafe, di tenore sostanzialmente identico, il Tribunale di Napoli ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 24, 27 e 111 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), in relazione agli artt. 13, comma 13, e 17 del medesimo decreto legislativo; che il giudice a quo - chiamato alla convalida dell'arresto ed alla contestuale celebrazione del giudizio direttissimo nei confronti di stranieri imputati del reato di ingiustificato trattenimento nel territorio dello Stato, di cui all'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998 - dubita, anzitutto, della legittimita' costituzionale della scelta legislativa di prevedere, per tale fattispecie criminosa, un «anomalo» rito direttissimo, svincolato dagli ordinari presupposti; che tale soluzione normativa si porrebbe in contrasto con il principio di uguaglianza, con il diritto di difesa e con i principi del «giusto processo», in particolare perche' precluderebbe all'imputato lo svolgimento di attivita' - quali le indagini difensive - dirette a contrastare l'ipotesi accusatoria, dimostrando ad esempio l'esistenza di ragioni giustificative del mancato allontanamento dal territorio nazionale; che egualmente censurabile, sul piano costituzionale, sarebbe la previsione dell'arresto obbligatorio per il reato in questione; che detta previsione lederebbe l'art. 3 Cost., stante la natura contravvenzionale ed il mite trattamento sanzionatorio della fattispecie criminosa; nonche' l'art. 2 Cost., per contrasto con il principio di solidarieta' politica e sociale, essendo l'incriminazione riferibile esclusivamente a stranieri; che risulterebbe compromesso, altresi', il principio della finalita' rieducativa della pena, enunciato dall'art. 27 Cost., giacche' la norma impugnata commina una sanzione penale nei confronti di soggetti destinati ad essere immediatamente espulsi, con la conseguenza che essa non verrebbe di fatto mai eseguita; che alla stregua, infatti, dell'art. 13, commi 3 e 3-bis, del d.lgs. n. 286 del 1998, il decreto di espulsione dello straniero - la cui adozione costituisce un presupposto del reato de quo - e' immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa; mentre, se lo straniero e' sottoposto a procedimento penale, l'esecuzione dell'espulsione e' subordinata al nulla osta dell'autorita' giudiziaria: nulla osta che va peraltro rilasciato all'atto della convalida dell'arresto e puo' essere negato solo in ipotesi tassative - in pratica quasi mai configurabili rispetto alla fattispecie criminosa considerata - cosi' da risultare pressoche' automatico; che da cio' deriverebbe nuovamente una lesione del diritto dello straniero, tutelato dagli artt. 24 e 111 Cost., di difendersi dall'imputazione a suo carico, presenziando al dibattimento: senza che si possa far leva, in contrario, sulla facolta' dello straniero espulso di rientrare nel territorio dello Stato per l'esercizio del diritto di difesa, prefigurata dall'art. 17 del d.lgs. n. 286 del 1998, dato che detta facolta' presupporrebbe «formalita' burocratiche» tali da rendere praticamente impossibile il rientro in tempo utile per la partecipazione ad un processo celebrato con le rapide cadenze del rito direttissimo; che il meccanismo normativo censurato violerebbe, ancora, l'art. 10 Cost., stante la possibilita' che l'immediata espulsione determini il ritorno dello straniero in uno Stato nel quale gli e' impedito l'esercizio delle liberta' democratiche garantite dalla Costituzione; che sarebbe vulnerato, da ultimo, l'art. 3 Cost., in relazione agli artt. 5, comma 4, e 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, essendosi configurato un caso di restrizione della liberta' personale che non trova il suo naturale sbocco nel vaglio giurisdizionale del merito dell'accusa: e cio' stante la previsione in forza della quale il, acquisita la prova dell'avvenuta espulsione (conseguente, a sua volta, al rilascio del nulla osta), pronuncia sentenza di non luogo a procedere (art. 13, comma 3-quater, del d.lgs. n. 286 del 1998); che in cinque dei giudizi di costituzionalita' e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque infondata. Considerato che le ordinanze di rimessione sollevano identiche questioni, onde i relativi giudizi vanno riuniti per essere definiti con unica decisione; che il Tribunale rimettente, con le suddette ordinanze, censura la sequenza procedimentale che si innesca nel caso di (ipotizzata) commissione del reato previsto dall'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998 - vale a dire, la sequenza procedimentale dell'arresto obbligatorio, del conseguente giudizio direttissimo, del nulla osta all'espulsione dell'imputato e della successiva sentenza di non luogo a procedere per avvenuta esecuzione dell'espulsione stessa - reputando che tale meccanismo confligga, tanto nel suo complesso che nelle singole articolazioni, con plurimi parametri costituzionali; che, tuttavia, il giudice a quo - in luogo di sottoporre a scrutinio le disposizioni che contemplano le scansioni procedimentali censurate - si limita ad impugnare l'art. 14, comma 5-ter, «con riferimento agli artt. 13, comma 13, e 17», del d.lgs. n. 286 del 1998: ossia la sola norma - di natura sostanziale - che prevede la fattispecie criminosa dello straniero che, senza giustificato motivo, si trattiene nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore, stabilendo la relativa sanzione; unitamente a disposizioni - quelle di «riferimento», di cui ai citati artt. 13, comma 13, e 17 - regolative di aspetti non direttamente coinvolti dalle censure (rispettivamente, il divieto di rientro dello straniero espulso nel territorio dello Stato, salva speciale autorizzazione del Ministro dell'interno; e la facolta' di rientro del medesimo per l'esercizio del diritto di difesa); che il Tribunale rimettente denuncia, pertanto, norme inconferenti rispetto alle proprie doglianze, non essendo la prospettata lesione dei parametri costituzionali ricollegabile ad esse; che l'erronea individuazione delle norme da censurare rende le questioni sollevate manifestamente inammissibili (cfr., ex plurimis, ordinanze n. 153 del 2005 e n. 217 del 2003). Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, della norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.