IL GIUDICE DI PACE

    Nella  causa  civile  iscritta  al n. 2219/004 R.G., vertente tra
D'Amore  Antonietta,  rappresentata  e  difesa dall'avvocato Giuseppe
Murino   e   dall'avvocato   Clelia  di  Nardo,  tutti  elettivamente
domiciliati   presso  il  sig.  Sepe  Raffaele  in  Salerno,  via  L.
Vinciprova  n. 32,  e  Telecom  Italia  S.p.A., in persona del legale
rappresentante  pro  tempore,  rappresentata  e difesa dagli avvocati
Roberto  Bocchini  e  Filippo  Lattanti, elettivamente domiciliata in
Salerno,   corso   Vittorio   Emanuele   n. 58,   presso   lo  studio
dell'avvocato    Polverino,    solleva   questione   di   legitimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 11 legge n. 249/1997, nonche' degli
articoli 3, 4 e 12 della delibera Agcom, n. 182/02/CONS, in relazione
agli articoli 3, 24 e 25 della Costituzione.

                              F a t t o

    Concitazione  del  5 giugno 2004, D'Amore Antonietta conveniva in
giudizio   la   Telecom  Italia  S.p.A.  chiedendone  la  condanna  a
restituirgli  la  somma  di  euro 48,56, oltre accessori, relativa al
pagamento del canone di abbonamento.
    Motivava  assumendo  la vessatorieta' della voce siccome priva di
qualsiasi servizio corrispondente.
    Regolarmente  costituitasi,  la  Telecom Italia S.p.A. eccependo,
tra  l'altro,  la  improponibilita'  dell'azione  a causa dell'omesso
esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione;
    Argomentava che l'art. 1, comma 11, legge n. 249/1997, istitutivo
dell'Autorita'  per  le  garanzie  nelle comunicazioni, ha attribuito
alla   stessa   autorita'   il  potere  di  disciplinare  con  propri
provvedimenti le modalita' per la soluzione non giurisdizionale delle
controversie   che   possono   insorgere   tra  utenti  e  organi  di
telecomunicazione;
    Stabilendo  altresi' che, per tali controversie, «individuate con
provvedimenti  della  stessa  Autorita» «non puo' proporsi ricorso in
sede  giurisdizionale  fino a che non sia stato esperito un tentativo
obbligatorio  di  conciliazione»,  il  cui  procedimento,  giusto  il
successivo  art. 12, deve ispirarsi «ai criteri minimi adottati dalle
istituzioni   dell'Unione   europea  per  la  regolamentazione  delle
procedure  non  giurisdizionali  a  tutela  dei  consumatori  e degli
utenti».
    In   attuazione   di   tali   articoli,   l'Agcom,  con  delibera
n. 182/02/CONS,  ha adottato un regolamento ad hoc per la risoluzione
delle   controversie   (che   ha   individuato  di  sua  competenza),
disponendo:  con  l'art. 3: «gli utenti ..... ovvero gli organismi di
telecomunicazione  che  lamentino  la  violazione  di  un  diritto  o
interesse  protetti da un accordo di diritto privato o delle norme in
materia    di    telecomunicazioni    attribuite    alla   competenza
dell'Autorita'  ....  che  intendono agire in giudizio, sono tenuti a
promuovere  preventivamente  un tentativo di conciliazione dinanzi al
Corecom  (Comitato  regionale  per  le  comunicazioni) competente per
territorio».
    Con il successivo art. 4 che «il ricorso giurisdizionale non puo'
essere proposto sino a quanto non sia stato espletato il tentativo di
conciliazione ...»
    Ed  infine,  con  l'art.  12,  che  l'utente  ha  «la facolta' di
esperire,  in  alternativa  al  tentativo  di conciliazione presso il
Corecom  ....., un tentativo di conciliazione dinanzi agli organi non
giurisdizionali  di  risoluzione  delle  controversie  in  materia di
consumo che rispettino i principi sanciti dalla raccomandazione della
Commissione 2001/310/CE»
    Alternativa  che  (di  certo  in  Campania) e' diventata regola a
causa del mancato funzionamento dei Co.Re. Com. regionali.
    Osserva  che  la  normativa  richiamata:  art. 1, comma 11, legge
n. 249/1997,  impone effettivamente all'utente, siccome obbligatorio,
l'esperimento del tentativo di conciliazione.
    E che di conseguenza, per dirimere la controversia in atti, e' di
evidente   necessita'   decidere   la   questione   di   legittimita'
costituzionale che questa A.G. solleva.
    Orbene  sul  presupposto di tutto quanto premesso appare evidente
che  la  normativa  rimessa alla valutazione della Corte comporta, in
danno di chi invoca tutela, una violazione evidente degli artt. 3, 24
e 25 della Carta costituzionale.
    Per  il  primo  in  quanto,  diversamente  che  nei  confronti di
qualsiasi  altro  soggetto passivo, rende meno uguali i cittadini che
intendono  convenire  in  giudizio  la  Telecom  obbligandoli  ad  un
esperimento  quante  volte  dilatorio  e  quanto  altre evidentemente
defaticante   stante   la  localizzazione  dei  Co.Re.Com.  nei  soli
capoluoghi  di  regione  e  stante  la  complessita'  della procedura
rispetto alle attese dell'utenza.
    Per  il  secondo, il terzo ed ancora per il primo in quanto al di
la'  della  violazione  del principio secondo il quale «tutti possono
agire  in  giudizio  per  la  tutela  dei  propri diritti e interessi
legittimi»  e  «nessuno  puo'  essere  distolto dal giudice naturale»
operata dalla obbligatorieta' del tentativo; il mancato funzionamento
dei   Co.Re.Com.  aggiunge  alle  difficolta'  appena  rappresentate,
l'aggravio   dell'esborso   di   una   somma   di  denaro,  non  piu'
recuperabile,  cui e' subordinato l'accesso dinanzi agli organismi di
cui all'art. 12 delibera n. 182/02/CONS.
    Risolvendosi,    l'obbligatorieta'   dell'esperimento,   in   una
negazione di fatto dei richiamati diritti costituzionali.