IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile di primo
grado  iscritta  al  n. 202400  del  R.G.A.C.  dell'anno 2005, cui e'
riunita  la causa n. 202404/2005 vertente tra Parsi Alessia, Baldazzi
Paolo,  Kubes  Susannah,  Santilli  Stefania, Biasci Alessio, Vallese
Valeria, Sorensen Claudia Regina, con l'avv. C. De Marchis e il dott.
E. Morabito e Alitalia - Linee aeree italiane S.p.A., con gli avv. R.
De Luca Tamajo, M. Marazza, C. Boursier Niutta e R. Trodella;
    Sciogliendo la riserva di cui all'udienza del 30 giugno 2005;

                            O s s e r v a

    Con   distinti   ricorsi,   depositati   il   4 febbraio  2005  e
successivamente  riuniti,  i signori in epigrafe, tutti assistenti di
volo  alle  dipendenze  della  societa'  Alitalia, hanno convenuto in
giudizio   il   proprio   datore   di  lavoro  per  sentir  accertare
l'illegittimita'  del sistema di computo dell'indennita' di volo come
applicato  nel  corso  del  rapporto (CCA Alitalia Tim per il periodo
novembre  1996  -  dicembre  1999  e  CCA  Alitalia  per  il  periodo
successivo),  con  conseguente  declaratoria  del  loro  diritto alle
maggiorazioni  retributive  nella  misura dovuta e con condanna della
resistente  al  pagamento delle somme per ciascun ricorrente indicate
in atti sulla base di analitico conteggio.
    La  resistente  societa' Alitalia si e' costituita in giudizio ed
ha  eccepito,  pregiudizialmente,  in  entrambi  i  procedimenti,  la
parziale  estinzione  per  prescrizione  delle  differenze richieste,
comprese  tra  il  1997  e  il  2004,  prospettando  l'illegittimita'
costituzionale   dell'art. 937   del  codice  della  navigazione,  in
relazione  all'art. 3  della  Costituzione,  questione  peraltro gia'
sollevata  da  altro giudice di questo stesso tribunale con ordinanza
del 22 giugno 2004 in causa Brunelleschi contro Alitalia; nel merito,
la   convenuta   ha   contestato   le  avverse  domande,  chiedendone
l'integrale rigetto.
    L'art. 937, primo comma, c.n. prevede che i diritti derivanti dal
contratto  di  lavoro al personale di volo si prescrivono col decorso
di  due  anni  dal  giorno  dello  sbarco  nel  luogo  di assunzione,
successivamente alla cessazione o alla risoluzione del rapporto. Tale
disposizione  e' chiaramente applicabile al caso di specie, stante il
suo  rapporto  di  specialita'  rispetto  alla regola generale di cui
all'art. 2948,  n. 4,  c.c.  (l'indennita'  di  volo  in questione e'
periodica  ed  infrannuale),  confermato  dall'art. 1, secondo comma,
c.n.
    Va  tuttavia  osservato  che,  a  differenza di quanto ormai tale
ultima disposizione prevede, per effetto delle decisioni n. 63/1966 e
n. 174/1972  della Corte costituzionale, l'art. 937 c.n. in esame non
consente   il  decorso  della  prescrizione  in  corso  di  rapporto,
quand'anche  questo  sia assistito dalla cd. stabilita' reale, di cui
all'art. 18 della legge n. 300/1970 e successive modifiche, norma ora
applicabile,  ricorrendone le previste condizioni, anche alle imprese
di  navigazione  aerea,  per  effetto  della  sentenza n. 41/1991 del
Giudice delle leggi.
    Al  tempo  della  sua  entrata  in  vigore,  l'art. 937  c.n. era
inserito  in  un  sistema nel quale, da un lato, i rapporti di lavoro
aereo  non  erano  garantiti  da  alcuna forma di stabilita', potendo
essere  risolti  ad  nutum  (come,  d'altronde,  la  generalita'  dei
rapporti  di  lavoro  tra  privati);  da  un  altro  lato, il termine
prescrizionale  per i compensi periodici di lavoro decorreva anche in
corso  di  rapporto  ex  art. 2948,  n. 4,  c.c., testo vigente prima
dell'intervento  sopra  ricordato  della Corte cosituzionale. In tale
contesto,  la  disposizione  in  esame  anticipava per la generalita'
degli   arruolati   aerei   una   forma   di   tutela   poi  ritenuta
costituzionalmente  necessaria  per  i  soli lavoratori non garantiti
nella  «stabilita»,  ragionevolmente  contemperando  tale  forma piu'
avanzata  di  tutela  con la previsione di un termine di prescrizione
abbreviato  (due  anziche'  cinque  anni),  onde  assicurare  la piu'
sollecita  formazione della cd. certezza giuridica dei rapporti in un
settore  nel  quale,  come  lo  stesso  Giudice  delle leggi ha avuto
occasione  di  affermare (cfr. Corte cost. n. 98/1973), tale esigenza
di  certezza  riveste  una  funzione  particolarmente  meritevole  di
tutela.
    Nel  nuovo  quadro normativo determinato dai ricordati interventi
della  Corte costituzionale, la permanente non decorrenza del termine
prescrizionale  in  corso di rapporto, in rapporti ormai garantiti da
stabilita'  reale  (tali  devono  ritenersi,  senza  dubbio, anche in
difetto  di  qualsiasi  contestazione sul punto, i rapporti di lavoro
tra gli odierni ricorrenti e la soc. Alitalia), e, quindi, non idonei
a  sorreggere  la  presunzione di oggettiva dissuasione e difficolta'
del  lavoratore  di far valere il proprio diritto finche' il rapporto
perdura,  appare priva di ragionevole giustificazione e quindi lesiva
del  principio  costituzionale  di uguaglianza, assumendosi a tertium
comparationis   le  imprese  rientranti  nel  campo  di  applicazione
dell'art. 18  S.L.  e  non  aventi ad oggetto la navigazione aerea (o
marittima,  che  insieme rappresentano eccezioni rispetto alla regola
generale  ormai  vigente),  per  le  quali  il termine prescrizionale
decorre in corso di rapporto ove assistito da stabilita' reale.
    Nel nuovo contesto normativo, naturalmente produttivo di rapporti
di  lavoro  di lunga durata (virtualmente, fino al pensionamento), la
non  decorrenza  del  termine  prescrizionale  in  corso  di rapporto
confligge  persino  con  l'originaria  ratio della disposizione, che,
come   osservato   da  Corte  cost.  n. 98/1973,  mirava  a  tutelare
l'interesse   delle  imprese  di  navigazione  aerea  ad  una  rapida
definizione   dei   rapporti   di   debito-credito,   presumibilmente
coniugandole  con  ragioni  di tutela del diritto del lavoratore alla
garanzia giurisdizionale, cui parevano ostare, piu' che la natura del
rapporto  (in  effetti  mai caratterizzato, nella prassi, nel settore
aereo,  a differenza di quanto avveniva, un tempo, in certi casi, per
quello  marittimo,  per  il  quale vige regola analoga, da prolungati
allontanamenti   dal   luogo  di  arruolamento),  ragioni  di  timore
riconducibili alla non stabilita' del rapporto stesso.
    L'attuale   realta'   delle   imprese   di   navigazione   aerea,
caratterizzata  dalla  crescente  brevita'  dei  voli e dal frequente
ritorno  del  lavoratore  nello  scalo  di arruolamento, impedisce di
ravvisare  una  ragionevole  giustificazione  della  regola  in serie
difficolta'   frapposte  dalla  natura  del  servizio  alla  concreta
possibilita' per il lavoratore di far valere nel corso del rapporto i
propri diritti; mentre l'assoggettamento di alcuni dei detti rapporti
a  stabilita'  reale  svuota il fondamento razionale del differimento
del dies a quo della decorrenza della prescrizione.
    Deve  anche essere evidenziato che, in via generale, la regola di
non  decorrenza della prescrizione in costanza di rapporto di lavoro,
ove   non   giustificata  da  circostanze  idonee  a  far  temere  il
verificarsi  di  fenomeni dissuasivi della tempestiva attivazione del
diritto  alla  tutela  giurisdizionale,  appare  anch'essa  di dubbia
coerenza  coi  principi  fondanti di un evoluto consesso civile, alla
stregua   del  valore  della  certezza  delle  situazioni  giuridiche
soggettive,  che  invece  viene differita sine die anche per decenni,
con  effetti  disfunzionali  sul  diritto alla prova e lesivi di ogni
concreta  possibilita'  di reciproco affidamento, oltre che possibile
fonte   per   il   datore   di  lavoro  di  gravi,  ingiustificate  e
imprevedibili   conseguenze  sul  piano  patrimoniale,  con  negativi
riflessi sulla corretta e sana gestione dell'impresa e con potenziale
danno anche per tutti i lavoratori occupati.
    Per  le  ragioni  tutte  esposte  va,  dunque,  ravvisata  la non
manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 937,  primo  comma,  c.n.,  in riferimento all'art. 3 della
Costituzione,  nella  parte  in cui prevede la decorrenza del termine
biennale  di  prescrizione  dei  diritti  derivanti  dal contratto di
lavoro  del  personale di volo dalla data di cessazione o risoluzione
del  rapporto  anche quando si tratti di rapporto di lavoro assistito
dalla cd. stabilita' reale.
    La   proposta  questione  appare  anche  rilevante  nel  presente
giudizio. Al riguardo, si osserva, anzitutto, ai soli fini in esame e
senza con cio' anticipare in alcun modo il giudizio di merito, che la
domanda  attrice, alla luce del complessivo tenore della disposizione
contrattuale  invocata  in  causa e di precedenti decisioni di questo
stesso  tribunale  favorevoli  ai lavoratori, non risulta palesemente
infondata  ne'  pretestuosa, onde assume evidente rilievo l'eccezione
di  prescrizione  dell'Alitalia  e,  quindi,  il sollecitato esame di
costituzionalita' dell'art. 937 c.n., applicabile nella specie.
    Orbene,  non  essendo  stati  documentati atti interruttivi della
prescrizione  prima  della  richiesta del tentativo di conciliazione,
risalente al maggio 2003 per la Parsi e all'aprile 2004 per gli altri
ricorrenti,      all'eventuale      illegittimita'      dell'art. 937
c.n. conseguirebbe  la  fondatezza  (da escludere in base all'attuale
assetto  normativo)  della  suddetta eccezione di prescrizione per le
differenze  maturate  prima  del  biennio anteriore all'interruzione,
ovvero   prima   del   quinquennio,   ove  la  Corte  costituzionale,
riconosciuta   la   fondatezza   della   questione  qui  sollevata  e
ravvisando, conseguentemente, una ulteriore disparita' di trattamento
tra  lavoratori  in  punto  di  durata  del  termine  prescrizionale,
ritenesse  di  estendere  la declaratoria d'illegittimita' all'intero
primo comma del citato articolo.
    Non   sembra,   infine,  revocabile  in  dubbio  che  l'eventuale
pronuncia  di  illegittimita'  della  norma  scrutinanda  possa avere
effetto  anche nei confronti degli odierni ricorrenti quali parti del
giudizio  nel  cui  ambito  la  questione viene sollevata, parti che,
inoltre, non sono titolari, sul punto, di alcuna situazione giuridica
definitivamente  esaurita  e, quindi, non piu' modificabile. Con cio'
risultando  ulteriormente  confermata  la  rilevanza della questione,
atteso  che  deve,  appunto,  farsi  applicazione  nel caso di specie
dell'art. 937 c.n. della cui legittimita' si dubita.